Un dettagliato approfondimento di Luciano Butti e Federico Peres - dello studio B&P Avvocati - illustra la sentenza 28 marzo 2019 mettendo in luce l'impatto (notevole) che avrà sulle imprese

Classificazione dei rifiuti: La Corte di Giustizia europea interviene sul tema, sottolineando principi che - seppure di difficile applicazione - fanno luce su alcuni aspetti molto importanti, primo fra tutti i rapporti fra produttori/detentori e laboratori di analisi.

Un dettagliato approfondimento di Luciano Butti e Federico Peres - dello studio B&P Avvocati - illustra la sentenza 28 marzo 2019 mettendo in luce l'impatto (notevole) che avrà sulle imprese sul versante della classificazione dei rifiuti.

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Pericolosità o non pericolosità?

Tutto era partito dalla Corte di Cassazione che - in attesa di chiarimenti - aveva sospeso la decisione in merito a un procedimento che riguardava, appunto, la classificazione dei rifiuti. Quale? Gli imputati erano accusati di aver organizzato attività finalizzate al traffico illecito di rifiuti. L'accusa si basava sul fatto che erano stati classificati e gestiti come non pericolosi rifiuti che, applicando criteri diversi di classificazione, avrebbero potuto essere classificati, al contrario, come pericolosi. Ma le cose stavano davvero così? Va ricordato un aspetto: in questo specifico caso di classificazione dei rifiuti, si trattava di rifiuti con "codice a specchio" ovvero di rifiuti la cui natura pericolosa o non pericolosa non può essere determinata  - a priori e in via e in assoluta - dalla legge, ma deve essere determinata dal produttore/detentore dopo uno specifico ad hoc.

Quale accertamento?

Uno dei nodi da sciogliere era proprio questo: su che cosa deve vertere e come deve essere gestito questo accertamento per arrivare a una corretta classificazione dei rifiuti? Tema molto sentito tanto che, già da tempo, si erano formati nel mondo giuridico e tecnico due differenti orientamenti.

I due orientamenti

Il primo: per operare una classificazione dei rifiuti corretta con codici speculari è necessaria una conoscenza completa e specifica della composizione dei rifiuti stessi. Di conseguenza, l'analisi effettivamente rappresentativa sarebbe solo quella quantitativamente esaustiva. In altre parole: indagare tutte le componenti del rifiuto (la cosiddetta "tesi della certezza" o della "pericolosità presunta"). In base a questo orientamento, spetta al produttore/detentore l'onere di dimostrare che il rifiuto "a specchio" sia non pericoloso (il che significa, far svolgere specifiche analisi per verificare l'assenza di sostanze pericolose).

Il secondo: per compiere correttamente la classificazione, non è sempre e comunque necessario verificare analiticamente la presenza di tutte le sostanze pericolose (individuarne la concentrazione). Si tratta del cosiddetto "criterio di pertinenza" delle sostanza rispetto alle caratteristiche alla genesi del rifiuto. In sintesi: vanno ricercate e analizzate soltanto le sostanze potenzialmente presenti.

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La posizione della Corte di Giustizia

Ora la sentenza 28 marzo 2019 della Corte di Giustizia europea ha fatto pendere il piatto della bilancia su uno di questi due orientamenti. Una decisione senza dubbio complessa che dovrà essere applicata con molta attenzione. Va detto, però, che la posizione della Corte pone finalmente un punto fermo su un argomento che ha causato negli ultimi anni numerose perplessità. Se si tratterà di un orientamento a favore, non solo delle imprese, ma anche della tutela ambientale, lo si vedrà nella concreta applicazione.

L'approfondimento

Il dettagliato articolo di Luciano Butti e Federico Peres - dello studio B&P Avvocati - analizza in profondità la sentenza 28 marzo 2019, entrando nello specifico - innanzi tutto - dei due orientamenti esistenti sul tema della classificazione dei rifiuti, esaminando il quadro di riferimento legislativo europeo e nazionale per poi puntare l'attenzione sul percorso seguito dalla Corte di Giustizia e le conclusioni cui è giunta. Un'attenta disamina dei contenuti mette in risalto l'importanza di questa sentenza che sarà di sicuro interesse per un vasto numero di soggetti: imprese, aziende di servizi ambientali, consulenti ambientali, organismi di controllo e laboratori di analisi oltre, naturalmente, agli operatori di giustizia e del diritto.

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Un consiglio: scaricate l'articolo e leggetelo con attenzione, di questo tema (e soprattutto di questa sentenza) si sentirà parlare ancora per molto tempo.

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