Sottoprodotti: l’attività di lavanolo è un processo industriale?

Sottoprodotti lavanolo
Il tema al centro di un interpello di Confindustria al Mase

Sottoprodotti: l'attività di lavanolo è un processo industriale? Questa la domanda posta, sotto forma di interpello ambientale, da Confindustria al Mase.

In particolare è stato chiesto di chiarire se le fasi si lavaggio, essiccazione, stiratura siano riconducibili ad “attività di trasformazione” di una materia prima (cotone) o semilavorato (capo sporco) che consentono di ottenere quello che può essere considerato a tutti gli effetti un prodotto finito (capo pulito) destinato ai clienti/utilizzatori.

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Di seguito i testi dell'interpello di Confindustria e del parere del Mase.

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Interpello ambientale di Confindustria 10 luglio 2023, n. 112484

Oggetto: Istanza per interpello in materia ambientale ex art. 3 septies D. Lgs. 152/2006.

Spettabile Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica,

la scrivente Confindustria, principale associazione delle imprese italiane manifatturiere e dei servizi e rappresentata al CNEL, sottopone il presente interpello in materia ambientale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3-septies del D. Lgs. 152/2006, inerente all’interpretazione della nozione di “processo di produzione” ai fini della nozione di sottoprodotto ex art. 184-bis, co. 1, lett. a), D. Lgs. 152/2006, con specifico riferimento all’attività industriale di noleggio e lavaggio di capi tessili (cd. lavanolo).

In particolare, il quesito è il seguente: si intende per "processo di produzione" solo il processo finalizzato alla produzione di un bene finito, oppure nella definizione sono inclusi anche i processi come il lavaggio, l'essiccazione e la stiratura industriale dei tessili tipici del servizio in oggetto?

Come noto, ai sensi della summenzionata norma, un sottoprodotto per potersi considerare tale deve essere “originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto”. L’ex Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, con la Circolare prot. n. 7619 del 30 maggio 2017, al paragrafo 6.2, ha precisato che “Con riferimento alla nozione di processo di produzione, infine, ci si riferisce ad un processo che trasforma i fattori produttivi in risultati, i quali ben possono essere rappresentati da prodotti tangibili o intangibili, di talché anche la produzione può riguardare non solo i beni, ma anche i servizi e comprende non solo i processi tecnologici di fabbricazione dei componenti del prodotto e il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto all’attività di trasformazione, come manutenzione, controllo di processo, gestione della qualità, movimentazione dei materiali, ecc.. Conclusioni similari – con specifico riguardo a quanto qui di più prossimo interesse – sono state confermate anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., sent. n. 41839 del 2008; Consiglio di Stato, sent. n. 4151/2013).”

La menzionata sentenza della Cassazione Penale n. 41839 del 2008, richiamata dal Ministero ad esemplificazione di quanto affermato, dispone che “in materia di gestione dei rifiuti, ai fini della qualificazione di una sostanza quale sottoprodotto, non è più necessario, successivamente alla definizione introdotta dal novellato art.138, comma primo lett. p), D.Lgs. n. 152 del 2006, che il processo di lavorazione sia un processo industriale, ben potendo consistere anche nella produzione di un servizio” (fattispecie in cui la Corte ha riconosciuto la natura di sottoprodotti alle miscele di idrocarburi derivanti dallo svuotamento dei bracci di carico delle navi e dallo scarico delle valvole di sicurezza).

Peraltro, è appena il caso di rilevare che il medesimo Ministero, con la Circolare prot. 3983 del 15 marzo 2018, ha affermato che la disciplina del sottoprodotto può applicarsi anche agli sfalci e potature residui del servizio di manutenzione del verde pubblico e privato: “gli operatori del settore ... possono avvalersi a pieno titolo della disciplina sui sottoprodotti al fine della gestione semplificata degli sfalci e potature che non rientrano nell’ipotesi contemplata dall’eccezione stabilita dall’articolo 2 della direttiva rifiuti, come previsto dal decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 16 ottobre 2016, n. 264. Il citato decreto ministeriale adotta criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti, in particolare per alcuni materiali agricoli, quali ad esempio le ‘potature, ramaglie e residui della manutenzione del verde pubblico e privato’ ”.

Le lavorazioni (lavaggio, essiccazione, stiratura) sono riconducibili a quelle indicate dal Ministero nella Circolare del 2017 al par. 6.2, trattandosi di fatto di “attività di trasformazione” di una materia prima (cotone) o semilavorato (capo sporco) che consentono di ottenere quello che può essere considerato a tutti gli effetti un prodotto finito (capo pulito) destinato ai clienti/utilizzatori. Senza tale “trasformazione” il materiale tessile non sarebbe riutilizzabile ed è quindi fase necessaria per l’ottenimento di un prodotto finito e per la produzione di valore dell’attività.

In ogni caso, appare inconferente, ai fini della qualifica di sottoprodotto dei residui derivanti dalle predette lavorazioni di lavanderia, che i capi tessili puliti siano oggetto di noleggio, e dunque che l’attività produttiva come sopra intesa si inserisca in un quello che potrebbe definirsi un servizio. Invero, anche le sopra riportate indicazioni del Ministero ammettono chiaramente che un sottoprodotto possa esitare da una “produzione di un servizio”.

Tutto ciò osservato, si ritiene che, sulla base del dettato normativo vigente e poc’anzi esaminato e poiché le summenzionate circolari ministeriali e la giurisprudenza ammettono che un sottoprodotto possa derivare dalla produzione di un servizio, l’attività di lavanderia industriale, anche quando svolta nell’ambito di un’attività di lavanolo, rientri nel concetto di “processo di produzione” ex art. 184-bis, co. 1, lett. a), D. Lgs. 152/2006.

Ciò premesso, si chiede cortesemente al Ministero destinatario del presente interpello di confermare la correttezza della lettura normativa prospettata.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 17 novembre 2023, n. 187275

Oggetto: Interpello ai sensi dell’art. 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Chiarimenti in materia di attività industriale di noleggio e lavaggio di capi tessili (cd. lavanolo) – processo di produzione ai fini della qualifica di sottoprodotto ai sensi dell’art. 184 bis D.lgs. 152/2006

Quesito

Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’art. 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Confindustria ha richiesto di chiarire:
- se, ai sensi dell’art. 184-bis, co. 1, lett. a), D. Lgs. 152/2006, con il termine “processo di produzione” si intenda solo il processo finalizzato alla produzione di un bene finito, oppure nella definizione sono inclusi anche i processi di lavaggio, essiccazione e stiratura industriale dei tessili tipici del servizio di lavanolo (attività di lavanderia industriale di noleggio e lavaggio di capi tessili, anche quando svolta nell’ambito di un’attività di lavanolo)

Riferimenti normativi

Con riferimento al quesito proposto, si riporta quanto segue:

- Articolo 184-bis, del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante “Norme in materia ambientale”, che recita:

“1. È un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

2. Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti garantendo un elevato livello di protezione dell'ambiente e della salute umana favorendo, altresì, l'utilizzazione attenta e razionale delle risorse naturale dando priorità alle pratiche replicabili di simbiosi industriale.”

- Circolare esplicativa del Ministero dell’ambiente e del territorio e del mare n. 7619 del 30 maggio 2017, recante chiarimenti per l’applicazione del decreto ministeriale 13 ottobre 2016, n. 264.

Considerazioni del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica

Dal quadro normativo sopraesposto emerge quanto nel seguito riportato.

La definizione riportata all’articolo 183, comma 1, lett. qq) del D.lgs. 152/2006, definisce sottoprodotto qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1 o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2, rinviando pertanto al soddisfacimento delle specifiche condizioni riportate all’articolo 184-bis previsto in rigorosa attuazione dell’articolo 5 della direttiva quadro in materia di rifiuti.

La qualifica di sottoprodotto dipende, quindi, dalla contemporanea sussistenza di tutte le condizioni dell’articolo 184-bis, sin dal momento in cui il residuo viene generato. Il sottoprodotto quindi deve derivare da un “processo di produzione”, inteso come una serie di trasformazioni atte alla conversione di una materia prima, o eventualmente di un prodotto semi-lavorato, in un prodotto finito, la cui finalità non è la produzione di una sostanza od oggetto qualificabile come sottoprodotto. Infatti, con il termine “prodotto finito” ci si riferisce al prodotto che l’installazione (impianto di produzione) si prefigge di realizzare ed è commercializzabile da parte del produttore, indipendentemente dal fatto che sia diretto o meno al consumatore finale.

Facendo diretto richiamo alla nota esplicativa fornita nel 2017 dall’allora Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativa al decreto ministeriale 13 ottobre 2016, n. 264 recante «Criteri indicativi per agevolare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti per la qualifica dei residui di produzione come sottoprodotti e non come rifiuti», con la nozione di “processo di produzione” ci si riferisce quindi ad un processo che trasforma i fattori produttivi in risultati, i quali ben possono essere rappresentati da prodotti tangibili o intangibili, di talché anche la produzione può riguardare non solo i beni, ma anche i servizi e comprende non solo i processi tecnologici di fabbricazione dei componenti del prodotto e il loro successivo assemblaggio, ma anche processi di supporto all’attività di trasformazione, come manutenzione, controllo di processo, gestione della qualità, movimentazione dei materiali, ecc. Tale conclusione è altresì confermata dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen., sent. n. 41839 del 2008; Consiglio di Stato, sent. n. 4151/2013).

Una siffatta interpretazione, del resto, trova conferma anche nelle scelte legislative succedutisi nel tempo relativamente alla definizione di sottoprodotto riportata nel decreto legislativo n. 152 del 2006, che fino al 2008, esplicitamente richiamava il concetto di «processo industriale» poi modificato in «processo di produzione» con il Decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, e infine a norma vigente con l’intero articolo art. 184-bis dedicato all’argomento.

Il sottoprodotto può quindi derivare da qualsiasi processo tale da «produrre» dei risultati, ossia trasformare i fattori produttivi in risultati e, pertanto, potenzialmente, anche da attività che producono servizi.

Con riferimento al quesito posto si rappresenta che i processi di lavaggio, essiccazione e stiratura industriale dei tessili tipici del servizio di lavanolo (attività di lavanderia industriale di noleggio e lavaggio di capi tessili, anche quando svolta nell’ambito di un’attività di lavanolo) possono anch’essi originare sottoprodotti, purchè vi sia la sussistenza contemporanea di tutte le condizioni di cui all’articolo 184-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del decreto legislativo 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

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