Accumuli di Posidonia spiaggiati: come si gestiscono?

I chiarimenti nella circolare del ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare 20 maggio 2019, n. 8838

Gli accumuli di Posidonia spiaggiati sono rifiuti o possono essere riutilizzati per altri scopi? A questa domanda ha risposto il ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare con la circolare 20 maggio 2019, n. 8838, pubblicata sul sito web del dicastero e riportata di seguito.

Nel documento, dopo una breve introduzione nella quale si ricorda che «Il materiale vegetale spiaggiato riveste però un importante ruolo nella conservazione delle coste e dei loro ecosistemi, in quanto fornisce alla flora e alla fauna costiere un’elevata quantità di nutrienti e, trattenendo grandi quantità di sedimento tra le foglie, consolida gli arenili», viene passata in rassegna la legislazione di riferimento. In sintesi si tratta:

  • della direttiva 92/43/CEE (cosiddetta “direttiva habitat”), recepita in Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357;
  • del D.Lgs. n. 152/2006 e del D.Lgs. n. 205/2010 (si veda sotto);
  • del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, che ha introdotto le alghe e le piante marine (Posidonia oceanica) tra le matrici organiche utilizzabili nella produzione di compost;
  • della circolare minAmb n. 8123/2006 avente ad oggetto la “Gestione della posidonia spiaggiata”.

In particolare, il D.Lgs. n. 152/2006, se all'art. 184, comma 2, lettera d), classifica come rifiuti urbani i residui di Posidonia, all’art. 183, comma 1, lettera n) dice anche che «non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminare alla raccolta dei materiali e delle sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale gli eventi li hanno depositati». Inoltre, l’articolo 39, comma 11, D.Lgs. n . 205/2010 stabilisce che «è consentito l'interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate, purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento».

Di seguito la circolare n. 8838/2019 dettaglia le possibili modalità di gestione degli accumuli:

  • mantenimento in loco degli accumuli (cosiddette "banquettes");
  • spostamento degli accumuli;
  • interramento in sito;
  • trasferimento degli accumuli presso impianti di riciclaggio;
  • trasferimento in discarica degli accumuli (soluzione residuale da attuarsi nell’impossibilità di ricorrere alle soluzioni alternative sopra descritte);
  • re-immissione in ambiente marino.

L'ultimo punto è dedicato alla gestione degli accumuli “antropici”.

Di seguito il testo della circolare del ministero dell'Ambiente 20 maggio 2019, n. 8838.

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Circolare del ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare 20 maggio 2019, n. 8838

Oggetto: gestione degli accumuli di Posidonia oceanica spiaggiati

1. Introduzione 

Gli accumuli di Posidonia oceanica che si formano quando i residui di foglie e rizomi trascinati dalle correnti e dal moto ondoso raggiungono la costa emersa, caratterizzano molte aree litorali del territorio italiano, sia a destinazione balneare che ad altri utilizzi.

Soprattutto in prossimità di centri abitati a vocazione turistica, i fruitori delle spiagge non sempre gradiscono la presenza di tali accumuli, in particolare quando gli stessi sono frammisti a rifiuti di origine antropica o comunque quando l’innescarsi dei naturali processi di degradazione batterica danno origine a cattivi odori.

Il materiale vegetale spiaggiato riveste però un importante ruolo nella conservazione delle coste e dei loro ecosistemi, in quanto fornisce alla flora e alla fauna costiere un’elevata quantità di nutrienti e, trattenendo grandi quantità di sedimento tra le foglie, consolida gli arenili limitando il processo di erosione, soprattutto nel periodo invernale quando sono più frequenti le mareggiate.

Tale funzione di protezione diventa ancora più significativa quando, nel tempo, l’accumulo delle biomasse vegetali spiaggiate combinandosi con la sabbia, porta alla formazione di “banquettes”: vere e proprie strutture vegetali, che in funzione dell’assetto geomorfologico della costa, possono raggiungere anche i 2 metri di altezza e svilupparsi per centinaia di metri lungo il litorale arrivando a costituire difese naturali all’azione dei marosi.

Se da un lato è quindi evidente la necessità di mantenere in loco gli accumuli per salvaguardare il fragile equilibrio dei litorali, d’altra parte la loro presenza è percepita dai turisti come un ostacolo alla fruizione delle spiagge e di conseguenza, le amministrazioni locali si trovano a dover a valutare la possibilità di rimuovere tali depositi dalle loro coste, per rendere le spiagge più gradevoli. Tuttavia, la rimozione e il successivo trattamento come rifiuto di tali accumuli oltre a compromettere l’integrità dell’habitat costiero, risulta economicamente molto onerosa.

Altresì, sebbene nel corso degli anni sia aumentata la sensibilità nei confronti di forme gestionali del materiale spiaggiato che favoriscano la valorizzazione di tali residui anche nell’ottica della prevenzione della produzione dei rifiuti, in alcuni casi le amministrazioni hanno dovuto rimuovere periodicamente le biomasse vegetali spiaggiate, accumulandole temporaneamente in zone limitrofe alla spiaggia e portando nel tempo alla formazione di accumuli “artificiali “di difficile gestione.

2. Inquadramento normativo 

In linea generale, i materiali vegetali spiaggiati sono considerati rifiuti qualora si manifesti la volontà di disfarsene, oppure risorse qualora utilizzati a protezione degli arenili e dei suoi ecosistemi.

Al riguardo, si premette che le praterie di posidonia sono classificate habitat prioritario di conservazione dalla Direttiva 92/43/CEE “Direttiva Habitat” recepita in Italia con il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357. Inoltre le medesime sono salvaguardate dal “Protocollo per le aree specialmente protette e la biodiversità del mediterraneo (ASPIM)” sottoscritto nell’ambito della “Convenzione per la protezione del Mar Mediterraneo dall’inquinamento” (Convenzione di Barcellona 1995), recepiti in Italia con la legge 27 maggio 1999, n. 175.

I residui di posidonia, al pari di altri materiali spiaggiati, vengono classificati come rifiuti urbani (art. 184 comma 2 lettera d) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152) e dunque si applica ad essi la disciplina sui rifiuti anche nelle fasi del trasporto e del successivo invio ad operazioni di recupero (da privilegiare in accordo con i principi dell’economia circolare) o di smaltimento.

Tuttavia, al fine della completezza del quadro normativo di riferimento, è necessario tenere presente anche quanto disposto all’art. 183, comma 1, lett. n) del d.lgs. 152/2006, dove vengono definite le diverse attività di gestione dei rifiuti, viene specificato che [...] “...non costituiscono attività di gestione dei rifiuti le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminare alla raccolta dei materiali e delle sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica effettuate, nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale gli eventi li hanno depositati”; nonché quanto indicato all’articolo 39, comma 11 del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il quale stabilisce che: “Fatta salva la disciplina in materia di protezione dell'ambiente marino e le disposizioni in tema di sottoprodotto, laddove sussistano univoci elementi che facciano ritenere la loro presenza sulla battigia direttamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, è consentito l'interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate, purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento.

Infine il Ministero delle politiche agricole e forestali ha modificato gli allegati del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, in tema di fertilizzanti, introducendo le alghe e le piante marine (posidonia oceanica) tra le matrici organiche utilizzabili nella produzione di compost.

Nel 2006 questo Dicastero, ha emanato la Circolare n. 8123/2006 avente ad oggetto la “Gestione della posidonia spiaggiata” indicando in particolare tre possibili tipi di intervento gestionale, da intraprendere in base alle specificità dei luoghi e delle situazioni sociali ed economiche.

Nonostante molte Regioni abbiano adottato regolamenti specifici per la gestione degli accumuli seguendo tali indicazioni, persistono tuttavia criticità gestionali degli stessi in molte realtà litorali.

Di seguito, seguendo lo schema concettuale della sopracitata Circolare, e sulla base dei diversi interventi normativi che sull’argomento si sono nel tempo succeduti, sono fornite alcune indicazioni aggiuntive volte a sottolineare che la gestione degli accumuli spiaggiati deve avere quale priorità primaria il riguardo degli aspetti connessi alla protezione degli ecosistemi costieri e delle spiagge anche in relazione ai fenomeni erosivi, considerando le esigenze socio economiche correlate alle attività turistico-ricreative, ma sempre in un’ottica di riduzione della produzione di rifiuti.

Si premette che indipendentemente da qualsiasi opzione di gestione si scelga (anche il mantenimento in loco), è in capo alle Amministrazioni comunali od al concessionario/gestore della spiaggia rimuovere qualunque rifiuto di origine antropica presente tra e sopra gli accumuli delle biomasse vegetali spiaggiate. La separazione di tali rifiuti dalla posidonia (che dovranno essere gestiti secondo quanto previsto dal d.lgs 152/06) potrà essere effettuata manualmente o, in caso di tratti litorali molto estesi, anche mediante l’ausilio di mezzi meccanici leggeri dotati di griglie in grado di consentirne la vagliatura ed impedire quanto più possibile, l’asportazione di sedimento. Non è consentito l’uso di mezzi meccanici cingolati

3. Modalità di gestione degli accumuli: 

In merito alle possibili misure gestionali degli accumuli di biomasse vegetali spiaggiate, si rappresenta quanto segue.

3.1 Mantenimento in loco delle banquettes. 

Si ribadisce il concetto per cui tale soluzione è ritenuta la migliore dal punto di vista ecologico e pertanto deve essere perseguita nella maggior parte delle spiagge ed in particolare in quelle che si trovano in forte stato di regressione. Le amministrazioni devono favorire lo sviluppo di un modello di “spiagge ecologiche” nelle quali svolgere anche attività di sensibilizzazione e comunicazione ai bagnanti riguardo l’importanza e il ruolo che gli spiaggiamenti, e la conseguente permanenza delle biomasse vegetali sugli arenili, rivestono all’interno del sistema duna- spiaggia. In ogni caso, è fatto salvo l’obbligo di garantire la pulizia delle spiagge e degli accumuli dai rifiuti di origine antropica.

Nei casi in cui le biomasse vegetali spiaggiate non possano più svolgere oggettivamente alcuna funzione di protezione dei litorali, perché accumulatesi in spiagge a uso turistico intensivo caratterizzate da una morfologia fortemente antropizzata compromettendo, conseguentemente, la normale fruibilità delle stesse, o altresì, nei casi in cui si verifichino situazioni di incompatibilità fra gli accumuli spiaggiati e la frequentazione delle spiagge per fenomeni putrefattivi in che causino problemi di carattere igienico sanitario, a seguito di apposito provvedimento da parte degli Enti Parco o dell’Autorità competente, il concessionario/gestore della spiaggia può scegliere tra le opzioni di seguito descritte.

3.2 Spostamento degli accumuli. 

Possono essere autorizzate dagli Enti Parco o dalle locali autorità competenti attività di movimentazione degli accumuli di posidonia finalizzate allo spostamento delle biomasse spiaggiate in zone appartate della stessa spiaggia dove si è accumulata o in spiagge limitrofe particolarmente esposte all’erosione.
Al fine di evitare che tale spostamento conduca alla realizzazione di vere e proprie strutture di deposito, cd. accumuli “antropici”, è necessario che la movimentazione ed il relativo stoccaggio degli accumuli nelle zone prescelte sia momentaneo, ossia se ne preveda il riposizionamento sulla battigia della spiaggia di provenienza durante la stagione invernale, al fine di proteggere la costa dall’erosione.

Come ampiamente sottolineato, gli accumuli devono essere ripuliti da ogni rifiuto di origine antropica periodicamente e prima di ogni spostamento. Durante tale processo di rimozione è necessario inoltre adottare tutte le cautele tese ad evitare perdite di sabbia. Al fine di ridurre l’impatto delle operazioni di pulizia è quindi opportuno e auspicabile che sia rimosso solamente lo strato più superficiale degli accumuli lasciando in loco i residui bagnati ed utilizzando macchinari leggeri (non cingolati) che consentano la percolazione del sedimento trattenuto.

Laddove all’interno dell’arenile non si riescano ad individuare aree idonee presso cui depositare gli accumuli di biomasse spiaggiate da rimuovere, è possibile prevedere il loro spostamento in altre spiagge per la ricostruzione di dune erose e/o la protezione di arenili interessati da un notevole trend erosivo, purché il sito di destinazione si trovi in prossimità del sito d’origine o comunque all’interno della stessa unità fisiografica, evitando che lo spostamento del materiale avvenga impiegando la viabilità ordinaria configurando una vera e propria operazione di trasporto.

3.3 Interramento in sito. 

Qualora ricorrano le condizioni di cui all' art. 39, comma 11 del d.lgs. 205\2010 è possibile l'interramento in sito delle biomasse spiaggiate, purché ciò avvenga senza trasporto né trattamento delle stesse, nelle modalità consentite dal predetto articolo.

Tale azione non dovrà in ogni caso alterare sostanzialmente la naturale stratigrafia della sezione di spiaggia oggetto di intervento, avendo cura di ridistribuire uniformemente sulla superficie emersa della stessa spiaggia i volumi di sabbia che dovessero residuare dalle operazioni di interramento senza realizzare in alcun modo variazioni della linea di riva in avanzamento e/o arretramento.

In ogni caso il materiale spiaggiato, prima dell’interramento, dovrà essere oggetto di puntuali azioni di rimozione dei materiali antropici eseguite a norma di legge.

Laddove all’interno dell’arenile non si riescano ad individuare aree idonee presso cui interrare le biomasse spiaggiate è possibile prevedere l’interramento in zone limitrofe purché all’interno della stessa unità fisiografica. Come rappresentato nel precedente caso 3.2 occorre evitare che si configuri un’operazione di trasporto.

3.4 Trasferimento degli accumuli presso impianti di riciclaggio. 

Tale opzione si prefigura laddove al il concessionario/gestore della decida di conferire il materiale organico presso impianti di riciclaggio. I residui di posidonia al pari di altro materiale organico possono essere utilmente impiegati come matrice in ingresso presso impianti di compostaggio o di  digestione anaerobica per la produzione di ammendanti ai sensi del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75.

Inoltre, appare opportuno evidenziare che il d.lgs. n. 75/ in tema di fertilizzanti, prevede l’utilizzo delle alghe e delle piante marine tra le matrici organiche utilizzabili in ingresso agli impianti per la produzione di ammmendante.

3.5 Trasferimento in discarica degli accumuli. 

Tale soluzione residuale è da attuarsi nell’impossibilità di ricorrere alle soluzioni alternative sopra descritte.

3.6. Re-immissione in ambiente marino. 

Tale operazione si configura come un’operazione di smaltimento, prevista dalla normativa comunitaria, e inserita nell’ordinamento nazionale tra le operazioni di smaltimento (Allegato B alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, operazioni D6 e D7) e richiede una specifica autorizzazione con le relative prescrizioni. Più in particolare l’articolo 195, comma 2 lettera p) del citato d.lgs. 152/06 stabilisce che tale autorizzazione venga rilasciata dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare su proposta dell’autorità marittima nella cui zona di competenza si trova il porto più vicino al luogo dove deve essere effettuato lo smaltimento ovvero, si trova il porto da cui parte la nave con il carico di rifiuti da smaltire. Va tuttavia evidenziato che tale operazione appare adeguata dal punto di vista ecologico in quanto ripristina il ciclo naturale delle biomasse vegetali laddove viene interrotto dall’uomo. Chiaramente la re – immissione in mare per essere resa ancor più ecocompatibile richiede che le banquettes siano preventivamente sottoposte ad un processo di vagliatura per rimuovere eventuali rifiuti presenti, ma anche la sabbia in esse contenuta.

3.7 Gestione degli accumuli “antropici”. 

In alcune situazioni lo spostamento temporaneo delle biomasse vegetali spiaggiate dalla battigia, ha comportato la formazione nel corso degli anni di ingenti accumuli di posidonia e sabbia sui quali hanno agito nel tempo, fenomeni atmosferici che li hanno completamente trasformati. Tali accumuli, che non possono più essere rimovimentati per svolgere la loro naturale funzione di protezione dall’erosione, sono definiti “accumuli antropici”. Molto spesso i processi di alterazione della componente organica sono spinti al punto tale che la sostanza vegetale è completamente mineralizzata. Gli accumuli si presentano quindi come ammassi di materiale prevalentemente sabbioso, almeno negli strati inferiori, frammisto a materiale antropico e spesso le amministrazioni ne prevedono l’impiego ai fini del ripascimento degli arenili.

La possibilità di utilizzare il citato materiale inerte andrebbe opportunamente analizzata caso per caso dalle competenti autorità locali valutandola ai sensi dell’art. 185 del d.lgs. 152/2006, in particolare verificando se sussistono le condizioni per l’esclusione del materiale sabbioso dalla disciplina dei rifiuti (art. 185 comma 1 lettera b) o se il suo utilizzo debba avvenire nell’ambito delle operazioni di recupero dei rifiuti urbani, individuate con codice R10 nell’Allegato C oppure applicando la disciplina dei sottoprodotti ai sensi dell’art. 184-bis del d.lgs. 152/06.

In conclusione si ribadisce che, quale che sia l’opzione scelta per la gestione degli accumuli di posidonia spiaggiata, si devono individuare modalità di fruizione delle spiagge e criteri di manutenzione delle stesse maggiormente responsabili ed ecosostenibili, con lo scopo di prevenire l’erosione delle coste ed al contempo prevenire la produzione di rifiuti biodegradabili.

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