Acque reflue depurate per antincendio in situazione di emergenza idrica. Questo il tema al centro dell'interpello ambientale presentato dall'autorità idrica pugliese al Mase.
In particolare, la questione riguarda:
- l'utilizzo di acqua reflua depurata e affinata, conforme ai limiti di qualità stabiliti dal D.M. n. 185/2003, in uscita dagli impianti di depurazione e stoccata in apposite vasche, per l’approvvigionamento delle auto pompa serbatoio (Aps) e auto botte pompa (Abp) dei vigili del fuoco, in assenza di rete duale, per interventi di spegnimento di incendi boschivi e non;
- l'utilizzo, in via eccezionale e temporanea, delle acque reflue depurate che rispettino i parametri della tabella 4 dell’allegato 5 alla parte III del D.Lgs. n. 152/2006, ai fini antincendio, in ragione dell’emergenza idrica in atto e della necessità di garantire disponibilità idrica immediata per finalità di pronto intervento.
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Di seguito i testi dell'interpello e del parere del Mase.
Interpello ambientale dell'autorità idrica pugliese 21 luglio 2025, n. 136815
Oggetto: interpello urgente in merito all'utilizzo di acque reflue depurate per scopi antincendio in situazione di emergenza idrica.
Lo scenario di crescente scarsità idrica che colpisce con particolare intensità le regioni mediterranee, e in particolare il territorio pugliese, comporta conseguenze rilevanti su settori strategici quali l’agricoltura, l’industria e la tutela della salute pubblica. Ciò impone una riflessione immediata sull’adozione di strategie sostenibili ed efficaci per una gestione attenta della risorsa idrica.
In questo contesto emergenziale, l’Autorità Idrica Pugliese (AIP) – soggetto istituzionalmente preposto alla governance del Servizio Idrico Integrato in rappresentanza dei Comuni pugliesi ai sensi della L.R. n. 9/2011 – è da tempo impegnata nella promozione di soluzioni orientate alla sostenibilità e al riutilizzo delle acque, con particolare attenzione alla chiusura del ciclo idrico.
In considerazione della stagione estiva che tradizionalmente è quella più critica sul fronte del rischio incendi boschivi e di vegetazione, AIP intende valutare ogni misura utile a garantire la disponibilità di risorse idriche adeguate al contrasto di tali eventi, riducendo contestualmente la pressione sulle già limitate risorse idropotabili.
Con riferimento specifico all’utilizzo delle acque reflue depurate, si richiama la vigenza del Regolamento (UE) 2020/741 in materia di riutilizzo a fini irrigui, applicabile dal 26 giugno 2023, nonché il DM 185/2003, per le parti non in contrasto con la normativa europea. È anche in fase di definizione il Decreto del Presidente della Repubblica per il riutilizzo delle acque reflue, destinato a fornire un quadro organico e aggiornato, attualmente sottoposto a consultazione pubblica.
Alla luce della situazione attuale e nell’attesa della piena operatività del suddetto DPR, si chiede cortesemente di voler fornire una interpretazione autorevole delle norme vigenti in relazione alle seguenti ipotesi operative, con finalità di protezione civile e ambientale:
1. Utilizzo di acqua reflua depurata e affinata, conforme ai limiti di qualità stabiliti dal DM 185/2003, in uscita dagli impianti di depurazione e stoccata in apposite vasche, per l’approvvigionamento delle Auto Pompa Serbatoio (APS) e Auto Botte Pompa (ABP) dei Vigili del Fuoco, in assenza di rete duale, per interventi di spegnimento di incendi boschivi e non.
2. Utilizzo, in via eccezionale e temporanea, delle acque reflue depurate che rispettino i parametri della Tabella 4 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. 152/2006, ai fini antincendio, in ragione dell’emergenza idrica in atto e della necessità di garantire disponibilità idrica immediata per finalità di pronto intervento.
La richiesta trova fondamento nella considerazione che i reflui trattati fino a tali livelli garantiscono già un grado di depurazione e sicurezza igienico-sanitaria compatibile con usi non potabili e non a contatto diretto con persone o alimenti. L’utilizzo proposto sarebbe, inoltre, attuato con tutte le cautele tecniche e sanitarie necessarie.
Si segnala, infine, che in ampi tratti del territorio costiero pugliese i Vigili del Fuoco si trovano spesso nell’impossibilità di rifornirsi tempestivamente di acqua, con gravi conseguenze sulla capacità di risposta e sulla tutela dell’ambiente e del patrimonio naturale.
Confidando nella Vostra disponibilità, si chiede un cortese riscontro in merito alla corretta interpretazione della normativa vigente, al fine di valutare l’attuabilità delle misure ipotizzate in un’ottica di massima prudenza, responsabilità e collaborazione istituzionale.
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Parere del ministero del ministero dell'Ambiente 11 agosto 2025, n. 152853
Oggetto: interpello urgente in merito all'utilizzo di acque reflue depurate per scopi antincendio in situazione di emergenza idrica – rif. nota prot. n. 136815 21-07-2025.
Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3 septies, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, acquisita al protocollo di questo Ministero con nota prot. n. 136815 del 21-07-2025, codesta Amministrazione ha richiesto un’interpretazione della vigente normativa in materia ambientale in tema di utilizzo di acque reflue depurate per scopi antincendio in situazione di emergenza idrica, proponendo i seguenti quesiti:
1. Utilizzo di acqua reflua depurata e affinata, conforme ai limiti di qualità stabiliti dal DM 185/2003, in uscita dagli impianti di depurazione e stoccata in apposite vasche, per l’approvvigionamento delle Auto Pompa Serbatoio (APS) e Auto Botte Pompa (ABP) dei Vigili del Fuoco, in assenza di rete duale, per interventi di spegnimento di incendi boschivi e non.
2. Utilizzo, in via eccezionale e temporanea, delle acque reflue depurate che rispettino i parametri della Tabella 4 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. 152/2006, ai fini antincendio, in ragione dell’emergenza idrica in atto e della necessità di garantire disponibilità idrica immediata per finalità di pronto intervento.
Riferimenti normativi
Con riferimento al quesito in oggetto, rilevano i seguenti riferimenti normativi:
- l’art. 74, comma 1, lett. i bis) d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Testo unico ambientale o TUA): «acque affinate: oltre alle acque reflue urbane di cui all'articolo 3, punto 4), del regolamento (UE) 2020/741 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, le acque reflue domestiche e industriali trattate conformemente all’allegato 5 alla parte terza del presente decreto e sottoposte a ulteriore trattamento in un impianto di affinamento, compatibilmente con la normativa dell'Unione europea»;
- l’art. 99, comma 1 TUA: «Con regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste e con il Ministro delle imprese e del made in Italy, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri, le modalità e le condizioni per il riutilizzo delle acque reflue»;
- l’art. 2 regolamento (UE) 2020/741: «Il presente regolamento si applica ogni volta che le acque reflue urbane trattate sono riutilizzate, in conformità dell’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 91/271/CEE, a fini irrigui in agricoltura, come specificato nell’allegato I, sezione 1, del presente regolamento»;
- l’Allegato I, sezione 1, regolamento (UE) 2020/741: «Fatte salve altre pertinenti normative dell’Unione nei settori ambientale e sanitario, gli Stati membri possono utilizzare le acque affinate per ulteriori scopi quali: [...] il riutilizzo a fini industriali [...] e [a] fini civili e ambientali»;
- l’art. 1, comma 1, d.m. 12 giugno 2003, n. 185, Regolamento recante norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152: «Il presente regolamento stabilisce, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, come sostituito dall'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modifiche ed integrazioni, le norme tecniche per il riutilizzo delle acque reflue domestiche, urbane ed industriali attraverso la regolamentazione delle destinazioni d'uso e dei relativi requisiti di qualità, ai fini della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, limitando il prelievo delle acque superficiali e sotterranee, riducendo l'impatto degli scarichi sui corpi idrici recettori e favorendo il risparmio idrico mediante l'utilizzo multiplo delle acque reflue»;
- l’art. 3 d.m. n. 185/2003: «Le destinazioni d'uso ammissibili delle acque reflue recuperate sono le seguenti: [...] c) industriale: come acqua antincendio, di processo, di lavaggio e per i cicli termici dei processi industriali, con l'esclusione degli usi che comportano un contatto tra le acque reflue recuperate e gli alimenti o i prodotti farmaceutici e cosmetici»;
- l’art. 4, comma 1, d.m. n. 185/2003 : « [...] In caso di riutilizzo per destinazione d'uso industriale, le parti interessate concordano limiti specifici in relazione alle esigenze dei cicli produttivi nei quali avviene il riutilizzo, nel rispetto comunque dei valori previsti per lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 [ora, tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del TUA] »;
- l’art. 6, d.m. n. 185/2003: «Nell’ambito della autorizzazione allo scarico con finalità di riutilizzo e, nel caso di impianti di recupero delle acque reflue urbane, dell’approvazione dei progetti ai sensi dell'articolo 47 del decreto legislativo n. 152 del 1999, sono dettate le prescrizioni atte a garantire che l’impianto autorizzato osservi i valori limite e le norme del presente regolamento e della normativa regionale di attuazione».
Considerazioni del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica
Questa Amministrazione precisa, innanzitutto, che la fattispecie in cui si inscrivono i quesiti posti è quella del riutilizzo delle acque reflue per scopi antincendio.
Come noto, il regolamento (UE) 2020/741, recante prescrizioni minime per il riutilizzo dell’acqua, limita il proprio ambito applicativo al riutilizzo di acque reflue urbane a fini irrigui in agricoltura (art. 2 reg. 2020/741). Pertanto, la vicenda in esame non è da considerare regolata dal suddetto regolamento.
Attualmente, nelle more dell’adozione del regolamento previsto dall’art. 99 TUA, il riutilizzo per fini diversi da quelli irrigui di acque reflue continua ad essere disciplinato dal d.m. n. 185/2003.
Esso, in particolare, subordina l’esercizio dell’attività di riutilizzo al rilascio di un titolo autorizzatorio nell’ambito del quale «sono dettate le prescrizioni atte a garantire che l’impianto autorizzato osservi i valori limite e le norme del presente regolamento e della normativa regionale di attuazione» (art. 6 d.m. n. 185/2003).
Con il quesito n. 1), codesta Amministrazione chiede se è ammissibile l’«utilizzo di acqua reflua depurata e affinata [...] per interventi di spegnimento di incendi boschivi e non».
Il suddetto d.m. n. 185/2003), ammette, oltre agli usi irrigui in agricoltura – ora, come osservato, disciplinati dal regolamento (UE) 2020/741 – anche gli usi civili e industriali (art. 3). In particolare, l’uso «come acqua antincendio» è espressamente contemplato dall’art. 3, lett. c) d.m. n. 185/2003, tra gli usi industriali.
Alla luce di quanto sopra espresso, sembra pertanto dover ritenere ammissibile una simile forma di riutilizzo, nel rispetto di tutte le prescrizioni previste dal d.m. n. 185/2003 in materia di riutilizzo a fini industriali.
L’esame di tali prescrizioni è utile ai fini del riscontro del successivo quesito n. 2).
Con esso, l’interpellante chiede se la pertinente normativa statale in materia ambientale ammetta un utilizzo a fini antincendio di «acque reflue depurate che rispettino i parametri della Tabella 4 dell’Allegato 5 alla Parte III del D.Lgs. 152/2006», ma che – sembra di capire – non siano state sottoposte a un ulteriore trattamento all’esito del quale esse possano essere qualificate come «acque affinate» ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. i bis) TUA.
A tal proposito, si osserva che, atteso quanto rilevato supra, sino all’entrata in vigore del regolamento previsto dall’art. 99 TUA, le «acque affinate» ai sensi dell’art. 74, comma 1, lett. i bis) TUA, ove destinate a usi diversi da quelli irrigui in agricoltura, sono acque trattate conformemente al d.m. n. 185/2003.
Pertanto, è ancora quest’ultimo l’unica fonte rilevante per la risoluzione del dubbio interpretativo.
In primo luogo, come già osservato, tutte le forme di riutilizzo cui si applica il decreto, senza alcuna eccezione o deroga, sono sottoposte a un titolo autorizzatorio ai sensi dell’art. 6 d.m. n. 185/2003.
Pertanto, non è ammesso l’esercizio di attività di riutilizzo in assenza del titolo rilasciato dall’autorità competente. La sussistenza di una crisi idrica, di per sé, non è suscettibile di giustificare un riutilizzo sine titulo, là dove non sanzionata da una dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi delle pertinenti normative statali o regionali da parte delle autorità competenti che preveda espressamente l’esercizio di siffatti poteri straordinari.
In secondo luogo, l’autorizzazione al riutilizzo ex art. 6 cit. detta le prescrizioni al fine del rispetto dei valori limite stabiliti dallo stesso regolamento e dalla normativa regionale di attuazione.
A tal proposito, l’art. 4, comma 1, d.m. n. 185/2003, dispone, per il riutilizzo a fini industriali, che «le parti interessate concordano limiti specifici in relazione alle esigenze dei cicli produttivi nei quali avviene il riutilizzo, nel rispetto comunque dei valori previsti per lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 [ora, tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del TUA]». La disposizione presenta un contenuto articolato, che merita di essere meglio esplicitato.
Per un verso, le acque reflue da riutilizzare a fini industriali devono rispettare «comunque [...] i valori previsti per lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999» (art. 4, comma 1, d.m. n. 185/2003). Questi ultimi costituiscono pertanto un limite minimo inderogabile in peius per il riutilizzo a fini industriali.
Per altro verso, la disposizione impone l’individuazione di «limiti specifici in relazione alle esigenze dei cicli produttivi nei quali avviene il riutilizzo».
Innanzitutto, l’art. 4 cit. prevede che i limiti specifici siano individuati in forma consensuale. Dunque, le parti interessate sono tenute a identificare i limiti specifici in sede di stipulazione di un accordo – sembrerebbe – integrativo ai sensi dell’art. 11 legge 7 agosto 1990, n. 241.
Quanto al presupposto al ricorrere del quale scatta l’obbligo di individuazione dei limiti specifici, dall’art. 4 cit. si desume agevolmente che esso sia da ricondurre alle ipotesi in cui lo standard minimo, identificato dal decreto nei valori limite previsti per lo scarico in acque superficiali, non assicuri un’adeguata tutela dell’ambiente, in relazione alla destinazione d’uso industriale specifica.
Strettamente collegato ai presupposti, e quindi alle finalità, dell’individuazione dei limiti è il loro contenuto. Dal complessivo senso della disposizione, si deduce, innanzitutto, che essi sono individuati con riferimento alla situazione concreta e che sono adeguati allo specifico utilizzo cui le acque reflue trattate sono destinate. Inoltre, devono assicurare un più elevato livello di protezione dell’ambiente rispetto allo standard minimo.
A tal proposito, senza entrare nel merito di valutazioni che non pertengono a questa Amministrazione, si osserva che i valori previsti per lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del TUA non sono, neanche astrattamente, idonei per usi quali lo spegnimento di incendi in ambienti naturali, urbani e agricoli che comportano lo spargimento di acque affinate sul suolo e nell’aria.
Peraltro, sebbene l’utilizzo antincendio di acque affinate sia stato inserito tra gli usi industriali, anche ove riguardante lo spegnimento di incendi boschivi, esso appare presentare caratteri materiali per molti versi assimilabili agli usi civili, come dimostrano del resto le scelte in proposito compiute in altri ordinamenti (per esempio, quello spagnolo: v. il decreto reale 1085/2024 del 22 ottobre 2024, recante il Regolamento de reutilización del agua). Pertanto, gli standard minimi previsti per gli usi civili dall’art. 4, comma 1, d.m. n. 185/2003 e dal punto 1 dell’allegato al d.m. n. 185/2003 costituiscono un solido riferimento ai fini del riutilizzo delle acque per usi antincendio.
Conclusioni
Sulla base delle considerazioni sopra espresse, si rassegnano le seguenti conclusioni.
Quanto al quesito n. 1), è ammesso il riutilizzo di acque reflue per scopi antincendio quale uso industriale ai sensi e per gli effetti del d.m. n. 185/2003. In particolare:
1. nel caso di riutilizzo a fini industriali, là dove lo standard minimo previsto per tali usi dall’art. 4, comma 1, d.m. n. 185/2003 non assicuri un adeguato livello di protezione dell’ambiente in relazione allo specifico uso industriale, i limiti da applicare nel caso concreto sono individuati in sede di autorizzazione all’esito di un accordo integrativo ex art. 11 legge n. 241/1990 in relazione agli specifici usi cui sono destinate le acque;
2. ferme le pertinenti valutazioni spettanti alle autorità competenti, i valori previsti per lo scarico in acque superficiali dalla tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del TUA non assicurano, neanche astrattamente, un adeguato livello di protezione dell’ambiente in relazione ad usi antincendio in ambienti naturali, urbani e agricoli;
3. ferme le pertinenti valutazioni spettanti alle autorità competenti, l’uso antincendio di acque affinate presenta caratteri materiali assimilabili agli usi civili, con la conseguenza che gli standard minimi previsti per questi ultimi dall’art. 4 comma 1 del d.m. 185/2003 e dal punto 1 dell’allegato allo stesso d.m. n. 185/2003 costituiscono un solido riferimento ai fini del riutilizzo delle acque per usi antincendio.
Quanto al quesito n. 2), ai sensi dell’art. 6 d.m. n. 185/2003, non è ammissibile alcuna forma di riutilizzo in assenza di un previo titolo autorizzativo.
Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3 septies TUA, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.





