Danno ambientale: le richieste di intervento tra legislazione e giurisprudenza

Due le fattispecie che giustificano l’inoltro: l’istante è colpito direttamente o vanta un interesse legittimante la partecipazione al procedimento. Per entrambe i casi, il Mite ha previsto appositi modulistica e iter. Ciò nonostante, negli ultimi anni si è assistito a una proliferazione di invii, spesso, però, relativi a situazioni esterne alla fattispecie; al punto che la giurisprudenza è dovuta intervenire a più riprese per fare chiarezza

(Danno ambientale: le richieste di intervento tra legislazione e giurisprudenza)

 

Come è noto la normativa sul danno ambientale, a seguito dell’attuazione con la parte VI del D.Lgs. n. 152/2006 della direttiva 2004/35/Ce «sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale», ha subito una significativa reimpostazione rispetto al pregresso (disciplina di cui all’art. 18, legge n. 349/1986). In particolare, sono state esautorate, di fatto, le amministrazioni territoriali (comuni, province/Città metropolitane e Regioni) dal potere dispositivo e propositivo in precedenza vantato, significativamente ridimensionato con l’art. 309, comma 1, del D.Lgs. n. 152/2006. A tenore di questo nuovo dispositivo di legge, le Pa, nonché le persone fisiche o giuridiche «che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale o che vantino un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all'adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino previste dalla parte sesta» del D.Lgs. n. 152/2006 possono presentare al ministro della Transizione ecologica, depositandole presso le prefetture - uffici territoriali del Governo (Utg) - «denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale e chiedere l'intervento statale a tutela dell'ambiente a norma della parte sesta» del medesimo D.Lgs. n. 152/2006.

In precedenza, il menzionato art. 18, legge n. 349/1986, abrogato – ad eccezione del comma 5 – dall’art. 318, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, prevedeva, invece, a favore degli enti territoriali, il potere di promuovere «l'azione di risarcimento del danno ambientale» innanzi al giudice ordinario (art. 18, comma 3, legge citata), peraltro con mera facoltà di denuncia dei medesimi fatti rimessa a favore delle associazioni ambientaliste e ai cittadini (comma 4, art. 18 citato, sostanzialmente confermato dall’art. 309, comma 2, D.lgs. n. 152/2006).

La competenza ministeriale risulta oggi allocata in capo alla divisione IX, Danno ambientale, della direzione generale uso sostenibile del suolo e delle risorse idriche (Ussri), tra l’altro competente sulla «titolarità ed esercizio delle azioni di risarcimento del danno ambientale» [da ultimo, lettera m), art. 11, D.P.C.M. n. 128/2021] che si avvale, per l’incombente, dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), incaricato in genere della predisposizione di una relazione tecnica per l’accertamento e la valutazione del danno ambientale.

 

 

Box 1

Le competenze della divisione IX

Il regolamento del ministero della Transizione ecologica 10 novembre 2021, prot. UDCM n. 0000458, ha più ampiamente questa competenza, affermando, in particolare, che la divisione IX si occupa della: 1) «predisposizione dell’attività istruttoria (…) per la definizione dei criteri per l’uniforme esercizio delle azioni di risarcimento in materia di danno ambientale; 2) prevenzione e contrasto dei danni ambientali (…) ed azioni di prevenzione del danno nelle ipotesi in cui sia rilevata una minaccia imminente, monitorando, anche in collaborazione con ISPRA, le misure di prevenzione e messa in sicurezza predisposte dagli operatori; cura dei rapporti con l’Avvocatura dello Stato e le autorità competenti in tema di prevenzione e contrasto del danno ambientale; 3) titolarità delle azioni risarcitorie in materia di danno ambientale di competenza ministeriale(…); 4) cura delle attività istruttorie per individuazione e la quantificazione del danno ambientale, con riferimento ai procedimenti di bonifica di interesse nazionale ai fini dell’azione di risarcimento e ripristino in sede civile e penale e dell’adozione di ordinanze per la riparazione(…); 5) predisposizione delle relazioni relative ai ricorsi al Consiglio di Stato, al TAR e ai ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, nonché relative ai procedimenti civile e penali nei quali il Ministero è coinvolto per le materie del danno ambientale; 6) gestione dei contenziosi in tema di danno ambientale, monitoraggio sull’andamento delle azioni di risarcimento e ripristino in sede civile e penale, anche mediante l’adozione di ordinanze per la riparazione; 7) monitoraggio dell’attuazione delle misure riparative e del ripristino dello stato dei luoghi(…) 8) gestione delle azioni di rivalsa per il recupero dei costi nel caso in cui il responsabile del danno rimanga inerte o non sia individuato» [art. 11, lettera i), regolamento citato].

 

I presupposti affinché possa essere attivata una richiesta di intervento ex art. 309, citato, possono, dunque, essere diversi, ovvero:

  1. il fatto che il richiedente (istante) sia o possa essere colpito dal «danno ambientale»;
  2. il fatto che l’istante vanti un interesse legittimante la partecipazione al procedimento relativo all’adozione delle misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, previste dalla parte VI del D.Lgs. n. 152/2006.

In entrambi i casi l’istante potrà presentare al Mite, depositandole presso le prefetture – Utg, «denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale», chiedendo l’intervento statale a tutela dell’ambiente ai sensi della parte sesta del D.Lgs. n. 152/2006 (comma 1, art.309).

 

Se il richiedente è colpito dal «danno ambientale…

Relativamente alla prima ipotesi, la definizione di “danno ambientale” è contenuta all’art. 300, D.Lgs. n. 152/2006, a tenore del quale «È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest'ultima» (comma 1). Il concetto di significatività e misurabilità del deterioramento è stato assunto, come è noto, anche a fondamento delle fattispecie di «inquinamento ambientale» e di «disastro ambientale» ex artt. 452-bis e 452-quater del codice penale, introdotti dalla legge di riforma n. 68/2015, e poggia solo in parte su una logica di superamento dei valori limite (contaminazione del suolo o delle acque). Il comma 2 del menzionato art. 300 specifica, infatti, meglio questo «deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest'ultima» in funzione della risorsa ambientale considerata, come riportato nella tabella 1. Non è questa la sede per un approfondimento sulla definizione di danno ambientale. Basti dire, sul punto, come la problematicità della definizione (e relativo accertamento) è stato di recente affrontato dalla Commissione europea con la comunicazione (2021/C 118/01), «Linee guida per un’interpretazione comune del termine “danno ambientale” di cui all’articolo 2 della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale», pubblicata in G.U.C.E. C 7 aprile 2021, n. 118; ad ogni modo, a oggi rileva una ancora timida prima tendenza ampliativa del disposto di legge nella direzione di comprendere all’interno della definizione anche il deterioramento della risorsa “aria” laddove, a determinate condizioni, possa ricondursi alla nozione di danno ambientale anche «l’inquinamento dell’aria, ove significativo e misurabile» (Cassazione penale, III, n. 51475/2018).

 

Tabella 1
Art. 300, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006

 

È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest'ultima
Per fauna o flora …si deve trattare di «deterioramento, in confronto alle condizioni originarie, provocato: a) alle specie e agli habitat naturali protetti dalla normativa nazionale e comunitaria di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica, che recepisce le direttive 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979; 85/411/CEE della Commissione del 25 luglio 1985 e 91/244/CEE della Commissione del 6 marzo 1991 ed attua le convenzioni di Parigi del 18 ottobre 1950 e di Berna del 19 settembre 1979, e di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, recante regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, nonché alle aree naturali protette di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e successive norme di attuazione»
Per le acque interne …si deve trattare di azioni incidenti «in modo significativamente negativo su: 1) lo stato ecologico, chimico o quantitativo o il potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, fatta eccezione per gli effetti negativi cui si applica l'articolo 4, paragrafo 7, di tale direttiva, oppure; 2) lo stato ambientale delle acque marine interessate, quale definito nella direttiva 2008/56/CE, nella misura in cui aspetti particolari dello stato ecologico dell'ambiente marino non siano già affrontati nella direttiva 2000/60/CE»
Per le acque costiere ed acque ricomprese nel mare territoriale …deve trattarsi delle stesse tipologie di azioni indicate nel caso di deterioramento delle “acque interne” «anche se svolte in acque internazionali»
Per il terreno …si deve trattare di «qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell'introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l'ambiente»
Per l’aria… …si deve trattare di inquinamento dell’aria “significativo e misurabile” (corte di Cassazione penale, sez. III, n. 51475/2018)

 

… e se vanta un interesse legittimante la partecipazione al procedimento

La seconda ipotesi concernente la legittimazione a presentare istanze ex art. 309, D.Lgs. n. 152/2006, si avvicina alla sussistenza di un interesse alla partecipazione procedimentale nell’ambito di iter amministrativo volto all’adozione di misure di precauzione, di prevenzione o di ripristino, posto in essere ai sensi della parte VI del D.Lgs. n. 152/2006, cioè la potenziale partecipazione:

  • all’adozione di misure (richiesta informazioni o emissione di ordinanza ministeriale) per la prevenzione del danno ambientale ai sensi dell’art. 304 (allorché il danno ambientale non si sia ancora verificato), piuttosto che
  • all’adozione di misure di ripristino (ad esempio sempre richiesta informazioni o adozione di un’ordinanza riparatoria) ex 305 o, infine
  • all’adozione di misure di precauzione secondo quanto previsto dall’art. 301, D.Lgs. citato (allo stato la fattispecie più delicata e meno applicata).

 

In qualsiasi caso, l’istante che si trovi in una delle situazioni sopra descritte potrà presentare all’ufficio competente del Mite una richiesta di intervento statale ai sensi del menzionato art. 309, presentando «denunce e osservazioni, corredate da documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente di danno ambientale».

Danno ambientale richieste di intervento

 

Richieste e segnalazioni: gli strumenti e il diritto

La prassi ministeriale ha visto un aumento esponenziale delle istanze ex art. 309 negli ultimi anni, in crescita di alcune decine ciascun anno rispetto all’anno precedente.

La prima considerazione da fare sul punto è, tuttavia, come non tutte le istanze indicate come formulate ai sensi dell’art. 309 risultino effettivamente tali, trattandosi spesso di mere segnalazioni di abbandoni di rifiuti privi di potenziale lesività per le risorse di cui all’art. 300, D.Lgs. n. 152/2006, piuttosto che di segnalazioni a seguito di incidenti (naturali o per perdita di controllo di processi produttivi) non in grado di cagionare un danno ambientale; peraltro, nel caso dei fenomeni naturali rileva la stessa esclusione dell’applicazione della parte IV del D.lgs. n. 152/2006, ai sensi dell’art. 303, lettera a), n. 2); nel caso delle perdite di controllo di un processo – con conseguente incendio – potrebbero verificarsi più che altro problemi di emissioni senza deterioramento delle risorse tutelate ai sensi dell’art. 300.

Si è, inoltre, assistito negli anni ad una prassi estremamente eterogenea in ordine al livello di approfondimento delle segnalazioni ex art. 309 medesime, passando da relazioni accurate (con dovizia di certificati di analisi, relazioni tecniche e documentazione fotografica) a segnalazioni estremamente lacunose.

Per questi motivi, al fine di avere uno standard minimo circa il livello di approfondimento di questa tipologia di segnalazioni/richieste, il Mite ha pubblicato, nel novembre 2020, una modulistica denominata «Modello di richiesta di intervento ai sensi dell’art. 309, D.lgs. n. 152/2006», contenente una serie di schede riportate nella tabella 2. Questa modulistica è liberamente scaricabile dal sito internet www.minambiente.it, unitamente a una guida per la compilazione della stessa.

Contrariamente alle attese, tuttavia, anche dopo l’adozione della modulistica non sono mancati i problemi relativi alla compilazione di istanze magari complete sotto il profilo formale ma non portanti alla configurazione effettiva di un danno ambientale (sempre da acclarare anche attraverso sopralluoghi e prelievi condotti da Ispra nell’ambito del Snpa) o perché esposte al regime delle esclusioni della disciplina sul danno ambientale ai sensi dell’art. 303, D.Lgs.citato.

 

Tabella 2
Modello di richiesta di intervento ai sensi dell’art. 309, D.Lgs. n. 152/2006 (modulistica Mite)

 

1 soggetto istante e interesse alla presentazione dell’istanza
2 evento dannoso ed eventuale responsabile (soggetto ritenuto tale)
3 danno o minaccia di danno ambientale
4 localizzazione dell’evento dannoso
5 risorse naturali coinvolte e localizzazione del danno ambientale o della minaccia di danno ambientale
6 eventuali allegati (es. cartografie, documentazione fotografica, certificati di analisi etc.)

 

Il tema delle genericità delle domande ex art. 309, insuscettibili a costituire un obbligo di intervenire a carico del competente ministero, è stato affrontato, in particolare, dal Tar Basilicata in ordine al silenzio osservato dal ministero a fronte di un’istanza a intervenire ex art. 309 per la rimozione o prevenzione di presunti danni ambientali (Tar Basilicata n. 716/2016). In primis nel giudizio in questione è stata posta in evidenza l’importanza della ritualità della domanda, necessariamente da veicolare attraverso le prefetture territorialmente competenti (in analogia con le segnalazioni di eventi in grado di contaminare il sito ai sensi dell’art. 304, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006).

I giudici amministrativi si sono, inoltre, soffermati sull’importanza di allegare all’istanza un fatto configurabile quale “danno ambientale” ai sensi dell’art. 300, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006, nonché l’importanza del «prescritto corredo documentale ed informativo necessario a dare alla richiesta d’intervento un contenuto di specificità e concretezza».

Nella medesima pronuncia è stata, inoltre, affrontata la problematica – niente affatto residuale – concernente l’esperibilità del rimedio ex art. 309 in relazione a fattispecie nelle quali l’adozione degli istituti di prevenzione ambientale previsti dalla legge (nella fattispecie “valutazioni paesaggistiche”, ma potenzialmente applicabile anche a casi di decreto favorevole di Via) sarebbe già avvenuta (con autorizzazione alla realizzazione dell’opera). Per casi siffatti è stata affermata l’inutilizzabilità del rimedio contemplato dall’art. 309 «strumentalmente, per far valere ulteriori profili di illegittimità delle autorizzazioni già rilasciate, essendo approntata a tal fine l’ordinaria azione di annullamento, da proporre nei termini decadenziali di rito».

L’assenza, peraltro, di un obbligo a provvedere in merito alle istanze ex art. 309, D.lgs. n. 152/2006, era stata già affermata dai giudici amministrativi in altra questione con identificazione in siffatte tipologie di istanze di una «funzione meramente sollecitatoria, inadeguata a determinare l’obbligo di provvedere, e, quindi, a configurare ipotesi di silenzio-inadempimento» (TAR Liguria n. 893/2016).

Una via mediana risulta, infine, è stata osservata sul punto dal Tar Campania dove il giudice amministrativo ha inquadrato la richiesta di intervento statale ex art. 309, D.Lgs. n. 152/2006, quale determinante in capo all’Amministrazione «un obbligo di “valuta(re) le richieste di intervento e le osservazioni ad esse allegate afferenti casi di danno o di minaccia di danno ambientale” che non deve confondersi con l’assunziome doverosa e vincolata di azioni di precauzione, prevenzione o ripristino» bensì «imponendo semplicemente la verifica della effettiva ricorrenza dei presupposti per l’azione statale, salva ogni discrezionalità sulle misure più opportune da intraprendere a termini di legge: vale a dire l’obbligo di avvio di un procedimento che si chiude, come precisa la direttiva comunitaria, con una motivata “decisione di accogliere o rifiutare la richiesta di azione” formulata dal privato istante» (Tar Campania, I sez., n. 3373/2013, confermativa di Tar Campania, I sez., n. 676/2012).

La richiamata giurisprudenza appare condivisibile e improntata al buon senso oltre che a una chiara lettura logico-giuridica del testo di legge. Si ritiene, pertanto, che dalla richiesta di intervento statale ex art. 309, D.Lgs. n. 152/2006, non discenda, a favore del richiedente, alcun interesse pretensivo al conseguimento di specifiche utilità, dovendo valutarsi, al contrario, una discrezionalità dell’amministrazione ricevente, con vaglio di fondatezza circa l’attendibilità della domanda e, solo in seguito, con l’eventuale avvio di un procedimento che potrebbe portare, o meno, all’adozione delle invocate misure di prevenzione.

Da ultimo, ma non per importanza, si consideri il doveroso rispetto dell’iter per la presentazione delle istanze in questione, da inoltrare attraverso le prefetture – ufficiali di governo (art. 309, comma 1, cit.), alle quali spetterà la successiva trasmissione al competente ufficio del ministero della Transizione ecologica.

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