Datore di lavoro e preposto soggetti responsabili: Cassazione penale, sezione IV, 17 gennaio 2018, n. 1871 

Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Tutela delle condizioni di lavoro – Uso di attrezzatura di lavoro non idonea – Criticità dell’organizzazione aziendale della sicurezza - Soggetti responsabili – Datore di lavoro – Valutazione – Preposto – Qualifica prevenzionistica – Desumibilità dall’organigramma aziendale – Valutazione

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la condotta imprudente o negligente del lavoratore non assume alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza, qualora sussistano criticità del sistema di organizzazione aziendale della sicurezza approntato dal datore di lavoro. Questo sistema deve essere diretto a tutelare, infatti, il lavoratore anche in ordine a incidenti che possano derivare da sua colpa, e avendo il datore di lavoro l’obbligo specifico di prevedere e di evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli per ciascun singolo dipendente.

La qualifica prevenzionistica di preposto può essere desunta dall'organigramma aziendale, tanto più se confermata da una testimonianza assunta nel corso dell’istruttoria dibattimentale di primo grado (fattispecie in cui l’imputato aveva asserito di essere semplicemente un lavoratore più esperto della vittima con la quale lavorava al momento dell’infortunio)

NOTA

Il datore di lavoro e il preposto di un’azienda erano stati condannati nei due gradi di merito in relazione al grave infortunio sul lavoro di un dipendente, il quale era precipitato da una scala, da un'altezza di circa due metri, mentre era intento a smontare plafoniere sotto il soffitto di un padiglione. Al datore di lavoro era stato addebitato di avere consentito al dipendente di effettuare l’operazione di rimozione delle plafoniere, mediante utilizzo di una scala a pioli metallica, priva degli originari dispositivi antiscivolo (che erano stati sostituiti con sacchetti di plastica arrotolati), in condizioni tali da non garantire il livello di sicurezza e stabilità originari della scala e in assenza di altro lavoratore a terra che trattenesse la scala; al preposto era stato addebitato di non aver vigilato sull'operato del lavoratore e di non avere impedito l'uso dell’attrezzatura di lavoro, inidonea a garantire la dovuta sicurezza.

Con il ricorso per Cassazione era stato dedotto, tra l’altro, che la scala non era nella disponibilità dei dipendenti e che non c’era la prova che essa fosse di proprietà della ditta. In realtà, i dipendenti avevano a disposizione un trabattello, il quale, per poter essere utilizzato, doveva essere montato; ma la vittima era salita inopinatamente sulla scala proprio nel lasso di tempo in cui il collega si era allontanato per recuperare il trabattello e montarlo. Pertanto, l'infortunio sarebbe stato la conseguenza di un gesto imprevedibile del giovane operaio, il quale avrebbe deciso di salire sulla scala quando il lavoratore anziano si allontanò, tentando di effettuare una lavorazione impossibile per l'altezza da raggiungere. Per altro verso il datore di lavoro aveva fornito al dipendente i dispositivi di protezione individuale; aveva impartito l'opportuna formazione e, tramite l'organizzazione esistente sul luogo, aveva fatto in modo che il giovane non fosse esposto a pericolo; nondimeno, l'operaio apprendista si era determinato autonomamente a utilizzare la scala per salire in quota. Quindi, era stata dedotta da entrambi gli imputati l’interruzione del nesso causale, riconducibile a un uso improprio e non autorizzato della scala: poiché nessuno aveva mai ordinato al dipendente di fare il lavoro da solo e di salire sulla scala, l'infortunio non poteva essere messo in relazione con azioni od omissioni dirette del datore di lavoro e del preposto. Quest’ultimo aveva contestato anche l’attribuzione della qualifica prevenzionistica, deducendo che egli era semplicemente un operaio più esperto.

La Cassazione ha rigettato i ricorsi, rilevando che la scala che non garantiva un piano d'appoggio stabile, in quanto priva degli originari dispositivi antiscivolo sostituiti da sacchetti di plastica.

Escluso che la condotta del lavoratore presentasse i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità e dell'esorbitanza, rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute, essa non poteva assurgere a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a produrre l'evento, essendo oltretutto riconducibile all'area di rischio propria della lavorazione svolta. Nel caso di specie poi la condotta imprudente o negligente del lavoratore non avrebbe potuto dispiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza, a fronte delle evidenti criticità del sistema di organizzazione della sicurezza aziendale approntato dal datore di lavoro, il quale deve essere diretto a tutelare il lavoratore anche in ordine a incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, tra l’altro, il datore di lavoro prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli. Anzi, a questo riguardo i giudici di legittimità hanno puntualizzato che proprio la condizione di apprendista del lavoratore avrebbe dovuto indurre il datore di lavoro a essere particolarmente attento e zelante nel mettere a disposizione del giovane le attrezzature idonee per eseguire in tutta sicurezza il lavoro e nel renderlo edotto dei relativi rischi.

Quanto alla qualifica prevenzionistica del preposto, questa era stata desunta dall'organigramma aziendale e confermata altresì da una testimonianza assunta nel corso dell’istruttoria dibattimentale di primo grado.

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