Discariche: la tempistica per la copertura finale

Discariche copertura finale
Il tema al centro di un interpello ambientale che Confindustria ha posto al ministero dell'Ambiente in merito all’articolo 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152

Discariche: la tempistica per la copertura finale è l'oggetto di un interpello ambientale che Confindustria ha posto al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

Quattro sono i punti posti da viale dell'Astronomia in merito all’articolo 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:

  • se l'applicazione possa essere estesa alle discariche autorizzate precedentemente all’entrata in vigore dello stesso;
  • se il biennio occorrente per la valutazione degli eventuali cedimenti, nonché la tempistica necessaria per la realizzazione della copertura finale, debbano essere ricompresi all’interno del periodo di gestione operativa della discarica oppure in quello di gestione post-operativa;
  • se il termine di due anni dall’ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerata come tempistica massima;
  • se sia obbligatorio o meno ricorrere all’accordo interregionale di cui all’art.182, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006 nell’ipotesi in cui venga effettuato il conferimento presso impianti di recupero.

Clicca qui per altri pareri del Mase

Di seguito i testi dell'interpello di Confindustria e della risposta del Mase.

Non sei ancora abbonato ad Ambiente&Sicurezza? Clicca qui

 

Interpello ambientale di Confindustria 12 dicembre 2022, n. 155540

Oggetto: Interpello in materia ambientale ex art. 3-septies del Dlqs 152/2006

La scrivente Confindustria, principale associazione di categoria delle imprese manifatturiere e dei servizi italiane, rappresentata al CNEL, sottopone il presente interpello in materia ambientale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 3-septies del D.Igs. 152/2006.

In particolare, si sottopongono i seguenti quesiti:

  1. Si chiede se, in relazione alla modifica normativa introdotta dal D. Lgs. 121/2020, recante "Attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti", con riferimento al seguente passaggio, contenuto nel modificato par. 2.4.1, Allegato 1, D.Igs. n. 36/2003, ove si dispone che: "dopo due anni dall'ultimo conferimento, a seguito della valutazione di eventuali cedimenti secondari del corpo discarica, deve essere predisposto il sistema di copertura finale, da completarsi entro i successivi 36 mesi", tale prescrizione non debba essere applicabile alle discariche autorizzate precedentemente all'entrata in vigore dello stesso, come meglio specificato nel documento allegato;
  2. Si richiede, inoltre, se il biennio occorrente per la valutazione degli eventuali cedimenti, nonché la tempistica necessaria per la realizzazione della copertura finale, debbano essere ricompresi all'interno del periodo di gestione operativa della discarica, oppure in quello di gestione post-operativa. In particolare, si chiede conferma che le operazioni successive alla chiusura della discarica (ivi compresa la realizzazione della copertura superficiale finale eventualmente preceduta dalla copertura temporanea) siano ricomprese all'interno della gestione post-operativa;
  3. Si richiede se il termine di due anni dall'ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerato come tempistica massima, dando pertanto la facoltà al gestore, dopo aver verificato l'assenza di assestamenti sul corpo discarica, di effettuare una copertura definitiva in un tempo inferiore;
  4. Si richiede se è obbligatorio o meno il c.d. accordo interregionale di cui all'art.182, comma 3, D.Lgs. n.152/2006 s.m.i., nell'ipotesi in cui venga effettuato il conferimento presso impianti di recupero (per lo svolgimento di operazioni di recupero di tipo "R3"), con particolare riferimento a quelli per il trattamento meccanico-biologico (c.d. "TMB") di rifiuti urbani indifferenziati contrassegnati con il codice EER 20.03.01 (prodotti in regioni diverse da quelle in cui è localizzato l'impianto di TMB);Infine, si coglie l'occasione per richiedere se, in assonanza con il parere della Commissione Parlamentare Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici del 29 luglio 2020, che ad ogni buon fine si allega, il termine di due anni dall'ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerato come tempistica massima, dando pertanto la facoltà al gestore, dopo aver verificato l'assenza di assestamenti sul corpo discarica, di effettuare una copertura definitiva in un tempo inferiore.In conclusione, alla stregua del quadro normativo sinteticamente richiamato nel documento allegato e delle circostanze di fatto riferibili, in termini ovviamente generali, alle caratteristiche tecniche degli impianti di recupero presso i quali i rifiuti vengono conferiti, si chiede di confermare che:

    a)     non si applica il divieto di cui all'art.182, comma 3, D.Lgs. n.152/2006 in ipotesi di conferimento, extra regionale, di rifiuti urbani indifferenziati (codice EER 20.03.01) laddove conferiti ad impianti di trattamento meccanico-biologico — siti al di fuori della regione di produzione del rifiuto, all'uopo autorizzati allo svolgimento di attività di recupero (R3) — per lo svolgimento di effettive attività di trattamento di recupero (con produzione di CSS) preordinate al recupero;

    b)     nelle ipotesi di cui sopra — non operando il divieto di cui all'art.182, comma 3 — non è necessario alcun accordo interregionale (tra la Regione di produzione del rifiuto e quella in cui è localizzato l'impianto di trattamento) e che dunque tali conferimenti possono avvenire in forma libera, nel rispetto del principio di libera circolazione, fermo restando il rispetto della disciplina in materia di circolazione e trasporto di rifiuti urbani.

Allegato

Interpello in merito a:

a) applicazione di una disposizione del D.Lgs. 36/2003 e s.m.i. così come modificato dal D.Lgs. 121/2020 (quesiti 1,2 e 3);

b) obbligatorietà o meno dei c. d. accordi interregionale (ex art.182, c. 3, D.Lgs. n.152/2006 s.m.i.), per il conferimento presso impianti di recupero TMB per operazioni di recupero R3 di rifiuti urbani indifferenziati contrassegnati con il codice EER 20.03.01 (prodotti in regioni diverse da quelle in cui è localizzato la suddetta tipologia impiantistica) (quesito 4)

Quesito 1)

Si chiede se, in relazione alla modifica normativa introdotta dal D. Lgs. 121/2020, con riferimento al seguente passaggio, contenuto nel modificato par. 2.4.1, Allegato 1, D.Igs. n. 36/2003, ove si dispone che "dopo due anni dall'ultimo conferimento, a seguito della valutazione di eventuali cedimenti secondari del corpo discarica, deve essere predisposto il sistema di copertura finale, da completarsi entro i successivi 36 mesi", tale prescrizione non debba essere applicabile alle discariche autorizzate precedentemente all'entrata in vigore dello stesso.

Premessa

Il Decreto Legislativo 3 settembre 2020, n. 121, ha apportato talune modifiche al Decreto Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.

Con il presente interpello si fa specifico riferimento a quanto previsto all'Allegato 1 rubricato "Criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica" e, in particolare, al paragrafo 2.4.1 del citato Allegato, ove si dispone che "dopo due anni dall'ultimo conferimento, a seguito della valutazione di eventuali cedimenti secondari del corpo discarica, deve essere predisposto il sistema di copertura finale, da completarsi entro i successivi 36 mesi".

Quesito 1): si chiede se, in relazione alla modifica normativa introdotta dal D. Lgs. 121/2020, con riferimento al seguente passaggio, contenuto nel modificato par. 2.4.1, Allegato 1, D.Igs. n. 36/2003, ove si dispone che "dopo due anni dall'ultimo conferimento, a seguito della valutazione di eventuali cedimenti secondari del corpo discarica, deve essere predisposto il sistema di copertura finale, da completarsi entro i successivi 36 mesi', tale prescrizione non debba essere applicabile alle discariche autorizzate precedentemente all'entrata in vigore dello stesso.

Motivazione

Si presume che l'intento del Legislatore sia quello di una sua applicabilità esclusivamente sulle discariche di nuova realizzazione, e non su quelle autorizzate e coltivate già da molto tempo (in alcuni casi anche prima dell'entrata in vigore del D. Lgs. 36/2003) ed ormai arrivate quasi all'esaurimento delle proprie volumetrie disponibili.

Per tali discariche è infatti del tutto realistico ritenere gli assestamenti primari e secondari esauriti e quindi procedere, dopo l'approvazione della chiusura, ovvero in seguito ad un periodo ragionevolmente inferiore ai 2 anni, all'immediata realizzazione della copertura superficiale finale.

Infatti, nella denegata ipotesi in cui il periodo transitorio di cui al paragrafo 2.4.1 del citato Allegato 1 (corrispondente a 2 anni, oltre al tempo necessario per la copertura definitiva della discarica) sia da contemplare nell'ambito della gestione operativa, si determinerebbe una mancata copertura dei costi operativi da sostenere in tale periodo, con riferimento ai Piani Economico-Finanziari già approvati.

Si determinerebbe, infatti, la necessità di procedere con un riconoscimento degli extra-costi direttamente ai soggetti conferitori, anche in relazione a rifiuti smaltiti negli esercizi precedenti; in alternativa si presenterebbe la necessità dell'emissione di un nuovo Piano Economico-Finanziario che copra anche i costi relativi distribuendoli sulla vita utile residua della discarica.

È evidente che tale ultima soluzione determinerebbe un incremento molto elevato delle tariffe, soprattutto con riferimento alle discariche in esercizio con volumetrie disponibili limitate.

Come precedentemente anticipato, infatti, numerose discariche sono state realizzate ancora prima dell'entrata in vigore del D. Lgs. 36/2003: per questi siti, si sono prodotti gli adeguamenti dei relativi Piani Economico-Finanziari ma, in molti casi, si è quasi esaurita la volumetria autorizzata.

È del tutto evidente che l'applicazione di questo extra-costo (di fatto relativo ai costi operativi di un biennio) alle volumetrie disponibili residue determinerebbe tariffe insostenibili, con incrementi estremamente elevati in valore assoluto da distribuire su volumi molto limitati, che si riverserebbero inevitabilmente sui bilanci dei comuni conferitori.

Su tale tema si chiede pertanto un Vostro riscontro.

Quesito 2)

Si richiede se il biennio occorrente per la valutazione degli eventuali cedimenti, nonché la tempistica necessaria per la realizzazione della copertura finale, debbano essere ricompresi all'interno del periodo di gestione operativa della discarica oppure in quello di gestione post-operativa. In particolare, si chiede conferma che le operazioni successive alla chiusura della discarica (ivi compresa la realizzazione della copertura superficiale finale eventualmente preceduta dalla copertura temporanea) siano ricomprese all'interno della gestione post-operativa.

Premessa

Come evidente, tale discrimine è di fondamentale importanza al fine di una corretta
elaborazione del Piano Economico-Finanziario che ciascun gestore è tenuto a redigere.

A tale scopo, si richiama quanto previsto all'articolo 12, comma 3, del citato D.Lgs. 36/2003, così come modificato, secondo il quale "la discarica [...] è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione [...] ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera t), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura".

Motivazione

Si ritiene che tale attività che si ritiene possa essere realizzata in una tempistica ridotta — in quanto limitata al sopralluogo preliminare ed al conseguente procedimento amministrativo — e dunque di limitato impatto sul Piano Economico-Finanziario.

Invece il punto 2.4.3 dell'Allegato 1 prevede espressamente che "la realizzazione della copertura superficiale finale della discarica nella fase post-operativa può essere preceduta dalla realizzazione di una copertura provvisoria, con struttura semplificata, finalizzata ad isolare la massa di rifiuti in corso di assestamento".

Dalla lettura dei punti sopra riportati, risulterebbe pertanto evidente che le operazioni successive alla chiusura della discarica (ivi compresa la realizzazione della copertura superficiale finale eventualmente preceduta dalla copertura temporanea) debbano essere ricomprese all'interno della gestione post-operativa, secondo lo schema di seguito rimesso.

Si ritiene infatti che la ratio del legislatore sia ben individuata nel parere della  Commissione Parlamentare Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici dei 29 luglio 2020[1]Punto 3) si ritiene utile inserire, nel paragrafo 2.4.1 «Criteri generali per la protezione delle acque e del terreno» dell'Allegato 1 un termine certo di inizio della valutazione per la predisposizione della copertura finale, al fine di evitare che gli impianti possano essere lasciati, per tutto il periodo della fase post operativa, della durata di 30 anni, con la copertura provvisoria; sarebbe, pertanto, utile prevedere l'obbligo da parte del gestore di valutare, dopo due anni dall'ultimo conferimento, gli assestamenti/cedimenti secondari del corpo discarica allo scopo di predisporre un sistema di copertura finale della stessa,  secondo il quale "si ritiene utile inserire, nel paragrafo 2.4.1 «Criteri generali per la protezione delle acque e del terreno» dell'Allegato 1 un termine certo di inizio della valutazione per la predisposizione della copertura finale, al fine di evitare che gli impianti possano essere lasciati, per tutto il periodo della fase post-operativa, della durata di 30 anni, con la copertura provvisoria; sarebbe, pertanto, utile prevedere l'obbligo da parte del gestore di valutare, dopo due anni dall'ultimo conferimento, gli assestamenti/cedimenti secondari del corpo discarica allo scopo di predisporre un sistema di copertura finale della stessa".

Si richiede pertanto conferma in merito alla predetta interpretazione soprattutto alla luce dell'impatto che una diversa valutazione della collocazione temporale di tale periodo possa comportare nell'ambito dei Piani Economico-Finanziari sottesi alle tariffe adottate dalle discariche per il conferimento di rifiuti presso le stesse.

Quesito 3)

Si richiede se il termine di due anni dall'ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerato come tempistica massima, dando pertanto la facoltà al gestore, dopo aver verificato l'assenza di assestamenti sul corpo discarica, di effettuare una copertura definitiva in un tempo inferiore.

Infine, si coglie l'occasione per richiedere se, in assonanza con il citato parere della Commissione Parlamentare Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici del 29 luglio 2020, il termine di due anni dall'ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerato come tempistica massima, dando pertanto la facoltà al gestore, dopo aver verificato l'assenza di assestamenti sul corpo discarica, di effettuare una copertura definitiva in un tempo inferiore.

Quesito 4)

È obbligatorio o meno il c.d. accordo interregionale di cui all'art.182, comma 3, D.Lgs. n.152/2006 s.m.i., nell'ipotesi in cui venga effettuato il conferimento presso impianti di recupero (per lo svolgimento di operazioni di recupero di tipo "R3") con particolare riferimento a quelli per il trattamento meccanico-biologico (c.d. "TMB") di rifiuti urbani indifferenziati contrassegnati con il codice EER 20.03.01 (prodotti in regioni diverse da quelle in cui è localizzato l'impianto di TMB)?

Premessa

Il tema si sta ponendo, in modo sempre più frequente, con riferimento al conferimento presso impianti di recupero e/o di trattamento meccanico-biologico (cd. TMB) (autorizzati all'esecuzione di operazioni in R3), finalizzato alla produzione di Combustibile Solido Secondario (CSS) da rifiuti urbani indifferenziati contrassegnati con il codice EER 20.03.01, prodotti anche in regioni diverse da quelle in cui è localizzato l'impianto di TMB.

Si tratta di comprendere se, in relazione al suddetto conferimento:

  • si applichi o meno il divieto di cui all'art.182, comma 3 D.Lgs. n.152/2006 s.m.i, ovvero
  • sia obbligatorio o meno il cd. accordo interregionale di cui all'art.182, comma 3, D.Lgs. n.152/2006 s.m.i.
Motivazione

Cosi come in passato, il conferimento di rifiuti urbani indifferenziati (CER 20.03.01) presso impianti localizzati in regioni diverse da quelle di produzione del rifiuto continua ad avvenire, di regola, previo cd. accordo interregionale, ovvero tra la Regione di produzione dei rifiuti e la Regione in cui è localizzato l'impianto di destino.

Ciò avviene indipendentemente dalla destinazione finale dei rifiuti e cioè se essi siano destinati a smaltimento, per il quale effettivamente vige il divieto di conferimento extra-regionale, o a recupero, per il quale, invece, si ritiene tale accordo superfluo.

Con riferimento a quanto sopra è ben nota la vicenda che — in passato — ha interessato i cd. STIR della Regione Campania che, tuttavia, svolgevano mere attività di selezione e trattamento meccanico che, in ogni caso, non era sufficiente a mutare le caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto in ingresso, che quindi manteneva una natura sostanzialmente urbana, con conseguente pacifica applicabilità del divieto di smaltimento fuori regione.

In quel caso, pur riclassificando il rifiuto trattato con un codice CER proprio di rifiuti "speciali" — trattandosi sostanzialmente di conferimenti di rifiuti urbani tal quali finalizzati allo smaltimento — si è ritenuto correttamente applicabile il divieto di cui al ciato art.182, che ovviamente sarebbe stato superabile solo in forza del richiamato accordo interregionale.

Orbene, si chiede di confermare se sia obbligatorio o meno il cd. accordo interregionale di cui all'art.182, comma 3, D.Lgs. n.152/2006 s.m.i., in ipotesi di conferimento presso impianti di recupero (operazioni autorizzate in R3) di trattamento meccanico-biologico (cd. TMB) di rifiuti urbani indifferenziati contrassegnati con il codice EER 20.03.01 (prodotti in regioni diverse da quelle in cui è localizzato l'impianto di TMB).

Sul piano normativo vengono in rilievo:

  1. l'art.182, commi 3 e 3-bis, D.Lgs. n.152/2006 e s.m.i.;

2) l'art. 182-bis, comma 1;

3) l'art.181, commi 4 e 5.

Orbene:

1. l'art.182, ai commi 3 e 3-bis, D.Lgs. n.152/2006 e s.m.i. dispone rispettivamente che:

  • "È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano";
  • "Il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori del territorio della regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamità naturali per le quali è dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225";

In relazione alla suddetta disposizione si osserva che:

  • il divieto sancito dal citato art.182, comma 3 è espressamente riferito al solo "smaltimento" di rifiuti urbani e non anche ad eventuali attività di recupero;
  • la norma deve intendersi di stretta interpretazione e dunque non suscettibili di interpretazione estensiva e/o analogica;
  • la necessità dell'accordo interregionale — essendo prevista per superare il divieto sancito dal citato art.182, comma 3 — deve intendersi limitata alle sole ipotesi di smaltimento di rifiuti urbani.

Alla stregua della disposizione in commento, si ritiene non necessario il ricorso ad accordi interregionali laddove i rifiuti urbani indifferenziati vengano conferiti presso impianti localizzati in regioni diverse da quella di produzione del rifiuto, laddove tale conferimento sia finalizzato allo svolgimento di attività di recupero e dunque l'impianto di destino sia espressamente autorizzato allo svolgimento di attività di recupero e svolga effettivamente tale attività.

2. l'art. 182-bis, comma 1, il quale stabilisce che "Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;

c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica".

Anche la disposizione in commento conferma ulteriormente l'orientamento sopra esposto, laddove si consideri che:

  • per un verso, la lett. a) del citato art.182-bis limita l'applicazione del principio di autosufficienza alle sole attività di smaltimento di rifiuti urbani (e dunque tale principio non risulta esteso alle attività di recupero dei rifiuti medesimi);
  • per altro verso, la lett. b) del citato art.182-bis — che, invece, fa espresso riferimento sia alle attività di smaltimento che di recupero di rifiuti urbani —introduce il diverso principio di prossimità (che evidentemente è diverso e non sovrapponibile al principio di autosufficienza).

A ben vedere la formulazione e la portata dell'art.182-bis conferma, ad avviso della scrivente Associazione, la possibilità di conferire rifiuti urbani in una regione diversa da quella di produzione — senza ricorso ad accordi interregionali — laddove i rifiuti in commento siano destinati ad impianti di recupero all'uopo espressamente autorizzati e che effettivamente svolgano attività di recupero e/o di trattamento finalizzato al recupero.

3. infine, l'art.181, commi 4 e 5, il quale stabilisce rispettivamente che:

«Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse»;

«Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero».

Anche tale disposizione finisce col confermare l'interpretazione proposta dalla scrivente Associazione nella misura in cui afferma il principio della libera circolazione delle "frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero" che ben può riferirsi anche alla frazione indifferenziata dei rifiuti urbani, raccolti separatamente dalle altre frazioni nell'ambito dei sistemi di raccolta differenziata.

Peraltro — sebbene, sul piano letterale, si potrebbe astrattamente obiettare che la citata disposizione faccia riferimento alle frazioni di rifiuto urbano oggetto di raccolta differenziata e non anche al rifiuto urbano indifferenziato — un'interpretazione teleologica della norma finirebbe certamente col suffragare la suesposta interpretazione laddove si consideri che la ratio della norma in commento è certamente quella di favorire il ricorso alle attività di recupero dei rifiuti — nel rispetto della gerarchia sancita dalla Direttiva 2008198/EC e dall'art. 179 D.Lgs. n.152/2006 — attraverso il ricorso ad impianti tecnologici in grado di ridurre lo smaltimento in discarica e con il solo limite del principio di prossimità nella relativa individuazione.

Da ultimo, occorre richiamare le valutazioni svolte dall'intestato Ministero — n.q. di verificatore per conto del Consiglio di Stato — nell'ambito del giudizio che, anni fa, ha avuto ad oggetto le attività svolte dai cd. STIR della Regione Campania, nonché le successive determinazioni svolte dal Consiglio di Stato nella sentenza n.5242/2014.

Ebbene — senza volerci dilungare, in questa sede, sulla descrizione dell'oggetto di quel giudizio — ai fini che ci occupano è sufficiente rimarcare come, in quella occasione, il Ministero dell'Ambiente ebbe a precisare che "I rifiuti provenienti dagli STIR ai quali è attribuito il codice 19 continuano, pertanto, a essere assoggettati al regime dei rifiuti urbani, ma solo ai fini dello smaltimento, Tale vincolo non opera qualora siano conferiti ad impianti di recupero o avviati a operazioni finalizzate al recupero".

In altri termini, in quella occasione il Ministero dell'Ambiente ha affermato che:

  • i rifiuti provenienti dagli STIR — indipendentemente dall'attribuzione del codice CER 19 — mantenevano una natura sostanzialmente urbana (atteso che il processo di selezione e trattamento meccanico non ne mutava le caratteristiche chimico-fisiche);
  • per i predetti rifiuti — in quanto sostanzialmente urbani — si applicava il principio di autosufficienza "ma solo ai fini dello smaltimento",
  • il vincolo dell'autosufficienza non si applicava qualora i rifiuti fossero "conferiti ad impianti di recupero o avviati a operazioni finalizzate al recupero".

La valutazione svolta in quella occasione dal Ministero — e recepita totalmente dal Consiglio di Stato con la sentenza n.5242/2014 — può ritenersi, oggi, del tutto pacifica; ebbene, le medesime valutazioni consentono di risolvere anche l'odierno quesito, poiché già allora, l'intestato Ministero affermava che il principio di autosufficienza non operava laddove i rifiuti urbani venivano "conferiti ad impianti di recupero o avviati a operazioni finalizzate al recupero".

Del resto, se i rifiuti provenienti dagli STIR — ai quali veniva attribuito un codice CER 19 ma che in ogni caso avevano natura sostanzialmente urbana — potevano essere liberamente avviati al recupero senza che, operasse, in tal caso il vincolo dell'autosufficienza; il medesimo argomentare — applicato al conferimento di rifiuti urbani tal quali (rectius indifferenziati) — esclude l'applicazione del principio di autosufficienza qualora i rifiuti urbani siano destinati ad impianti di recupero.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 13 luglio 2023, n. 115039

Oggetto: interpello ai sensi dell’articolo 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – chiarimenti in materia di discariche e di accordi interregionali per l’avvio ad operazioni di recupero
QUESITO

Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’articolo 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Confindustria ha richiesto di chiarire:

- se la modifica normativa introdotta al paragrafo 2.4.1, Allegato 1, D.Lgs. n. 36/2003 introdotta dal D.Lgs. n. 121/2020, che dispone: “dopo due anni dall’ultimo conferimento, a seguito della valutazione di eventuali cedimenti secondari del corpo discarica, deve essere predisposto il sistema di copertura finale, da completarsi entro i successivi 36 mesi”, non debba essere applicabile alle discariche autorizzate precedentemente all’entrata in vigore dello stesso;

- se il biennio occorrente per la valutazione degli eventuali cedimenti, nonché la tempistica necessaria per la realizzazione della copertura finale, debbano essere ricompresi all’interno del periodo di gestione operativa della discarica oppure in quello di gestione post-operativa. In particolare, si chiede conferma che le operazioni successive alla chiusura della discarica (ivi compresa la realizzazione della copertura superficiale finale eventualmente preceduta dalla copertura temporanea) siano ricomprese all’interno della gestione post-operativa;

- se il termine di due anni dall’ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerata come tempistica massima, dando pertanto la facoltà al gestore, dopo aver verificato l’assenza di assestamenti sul corpo discarica, di effettuare una copertura definitiva in un tempo inferiore;

- se è obbligatorio o meno ricorrere all’accordo interregionale di cui all’art.182, comma 3 del D.Lgs. n. 152/2006 nell’ipotesi in cui venga effettuato il conferimento presso impianti di recupero (per lo svolgimento di operazioni di recupero di tipo R3), con particolare riferimento a quelli per il trattamento meccanico-biologico (c.d. TMB) di rifiuti urbani indifferenziati contrassegnati con il codice EER 20.03.01 prodotti in regioni diverse da quelle in cui è localizzato l’impianto di TMB.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Con riferimento al quesito proposto, si riporta quanto segue:
- il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Testo unico ambientale” e in particolare:

- articolo 182, comma 3 che recita: “È vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.”

- articolo 182-bis rubricato “principi di autosufficienza e prossimità”

- il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n.36 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” e il decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 121 “Attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti” e in particolare:

- articolo 8 (Domanda di autorizzazione) - “La domanda di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio di una discarica è presentata ai sensi degli articoli 27 e 28 del decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni, completa di tutte le informazioni richieste dagli articoli medesimi e deve altresì contenere almeno i seguenti dati e informazioni: ... omissis ...

g) il piano di gestione operativa della discarica, redatto secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2, nel quale devono essere individuati i criteri e le misure tecniche adottate per la gestione della discarica e le modalità di chiusura della stessa;

h) il piano di gestione post-operativa della discarica, redatto secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2, nel quale sono definiti i programmi di sorveglianza e controllo successivi alla chiusura;

l) il piano di ripristino ambientale del sito a chiusura della discarica, redatto secondo i criteri stabiliti dall'allegato 2, nel quale devono essere previste le modalità e gli obiettivi di recupero e sistemazione della discarica in relazione alla destinazione d'uso prevista dell'area stessa;

m) il piano economico-finanziario, redatto secondo i criteri stabiliti dall'Allegato 2 che preveda che tutti i costi derivanti dalla realizzazione dell'impianto e dall'esercizio della discarica, i costi connessi alla costituzione della garanzia finanziaria di cui all'articolo 14, i costi stimati di chiusura, nonché quelli di gestione post-operativa per un periodo di almeno trenta anni, siano coperti dal prezzo applicato dal gestore per lo smaltimento, tenuto conto della riduzione del rischio ambientale e dei costi di post-chiusura derivanti dalla adozione di procedure di registrazione ai sensi del regolamento (CE) n. 1221/2009 del Parlamento e del Consiglio del 25 novembre 2009...”

(Si fa presente che la citata lettera m), nel quale si legge che i costi di chiusura della discarica, da intendersi come i costi per la copertura finale della discarica, sono ben distinti dai costi per la gestione post-operativa, è stata introdotta con l’ultimo decreto di modifica, ossia il D.Lgs. n.121/2020.)”

- l’articolo 12, recante “procedura di chiusura”

- l’allegato 1 rubricato “criteri costruttivi e gestionali degli impianti di discarica”, e in particolare il paragrafo 2.4.1 che dispone “Dopo due anni dall’ultimo conferimento, a seguito della valutazione di eventuali cedimenti secondari del corpo discarica, deve essere predisposto il sistema di copertura finale, da completarsi entro i successivi 36 mesi” e il paragrafo 2.4.3 relativo alla “Copertura superficiale finale”

- l’allegato 2 rubricato “Piani di gestione operativa, di ripristino ambientale, di gestione post-operativa, di sorveglianza e controllo, finanziario” che riporta “...omissis ... 2. piano di gestione operativa ...omissis ... 3. piano di ripristino ambientale ...omissis ...4. piano di gestione in fase post-operativa”.

CONSIDERAZIONI DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA SICUREZZA ENERGETICA

Dal quadro normativo sopraesposto emerge quanto segue.

Con riferimento al primo quesito, si rappresenta che questo Ministero ha risposto ad analogo interpello circa l’applicabilità dei nuovi criteri costruttivi relativi alla copertura superficiale finale, introdotti con il Decreto Legislativo n. 121/2020, anche a discariche autorizzate con i precedenti requisiti. In considerazione del fatto che la norma nulla dispone relativamente alle discariche esistenti già autorizzate per le quali non si intenda realizzare nuovi lotti, è rimesso alla discrezionalità del gestore dell’impianto di discarica la scelta di procedere alla copertura finale per come progettata e già autorizzata, ovvero di presentare all’autorità competente una proposta di modifica della copertura finale con adeguamento ai nuovi criteri costruttivi.

Quest’ultima ipotesi non è quindi preclusa per le discariche esistenti, purché le scelte progettuali siano in linea con le disposizioni di nuova introduzione e che le stesse garantiscano la tutela dell’ambiente e della salute, senza alcun pregiudizio per la gestione post operativa della discarica.

Resta fermo che il sistema di copertura finale deve comunque tener conto degli assestamenti del corpo discarica, come peraltro già previsto all’allegato 1, punto 2.4.3 del del D. Lgs. n. 36/2003, prima delle modifiche intervenute con il d.lgs. n. 121/2020: “... omissis ... Poiché la degradazione dei rifiuti biodegradabili, incluse le componenti cellulosiche, comporta la trasformazione in biogas di circa un terzo della massa dei rifiuti, la valutazione degli assestamenti dovrà tenere conto di tali variazioni, soprattutto in funzione alla morfologia della copertura finale. La copertura superficiale finale come sopra descritta deve garantire l'isolamento della discarica anche tenendo conto degli assestamenti previsti ed a tal fine non deve essere direttamente collegata al sistema barriera di confinamento. La copertura superficiale finale della discarica nella fase di post esercizio può essere preceduta da una copertura provvisoria, la cui struttura può essere più semplice di quella sopra indicata, finalizzata ad isolare la massa di rifiuti in corso di assestamento. Detta copertura provvisoria deve essere oggetto di continua manutenzione al fine di consentire il regolare deflusso delle acque superficiali e di minimizzarne l'infiltrazione nella discarica. La copertura superficiale finale deve essere realizzata in modo da consentire un carico compatibile con la destinazione d'uso prevista. ... omissis ...”

Per quanto riguarda il secondo quesito si ritiene che sia necessario riportare quanto stabilito nell’articolo 12 del D.Lgs. n. 36/2003, recante “procedura di chiusura”, dal quale si evince chiaramente che la chiusura della discarica avviene dopo l’ispezione degli enti di controllo per la verifica di conformità morfologica della copertura finale della discarica nonché della conformità della discarica a quanto previsto nel progetto. I commi 2 e 3 del citato articolo 12, infatti stabiliscono che: “2. La procedura di chiusura della discarica può essere attuata solo dopo la verifica della conformità della morfologia della discarica e, in particolare, della capacità di allontanamento delle acque meteoriche, a quella prevista nel progetto di cui all'articolo 9, comma 1, tenuto conto di quanto indicato all'articolo 8, comma 1, lettere c), e) e f-bis). 3. La discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che l'ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione, di cui all'articolo 10, ha eseguito un'ispezione finale sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera l), e comunicato a quest'ultimo l'approvazione della chiusura. L'esito dell'ispezione non comporta, in alcun caso, una minore responsabilità per il gestore relativamente alle condizioni stabilite dall'autorizzazione. Anche dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore è responsabile della manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase di gestione post-operativa per tutto il tempo durante il quale la discarica può comportare rischi per l 'ambiente.”

In aggiunta, da una lettura complessiva del testo normativo, emerge chiaramente la successione delle fasi di gestione di una discarica che risultano individuabili in una fase operativa e una post-operativa, come esplicitato anche all’articolo 8 del D.Lgs. n. 36/2003 che indica dettagliatamente i contenuti della domanda di autorizzazione all’impianto, descrive i contenuti del piano di gestione operativo sia il piano di gestione post-operativo della discarica. Dall’esame degli allegati è inoltre confermato che la fase di chiusura della discarica, intesa come la copertura finale definitiva dell’invaso, è ricompresa nel piano di gestione operativa, mentre la gestione post-operativa, da mettersi in atto dopo il ripristino ambientale, consiste in attività di manutenzione e controllo delle opere e dei presidi.

Con il terzo quesito si chiede se il termine di 2 anni dall’ultimo conferimento per la predisposizione della chiusura definitiva debba essere considerata come tempistica massima, dando pertanto la facoltà al gestore, dopo aver verificato l’assenza di assestamenti sul corpo discarica, di effettuare una copertura in un tempo inferiore. Nel merito, la realizzazione della copertura definitiva è condizionata alla verifica dell’assenza di eventuali cedimenti secondari i cui tempi di norma non sono standardizzabili essendo legati primariamente alla degradazione della componente biodegradabile presente nei rifiuti. Il termine di due anni è pertanto da considerare come termine minimo nel quale cautelativamente si presuppone che i cedimenti siano in gran parte avvenuti e che pertanto la morfologia della discarica sia quella definitiva.

Infine, val la pena riportare il parere della Commissione Parlamentare Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici del 29 luglio 2020, citato nell’istanza di interpello, che costituisce ulteriore chiarimento relativamente alla necessità di stabilire una tempistica certa per l’ “inizio della valutazione per la predisposizione della copertura finale” al fine di garantire un periodo minimo di assestamento del corpo discarica, individuando un periodo minimo di 2 anni, a partire dal quale debba essere valutata l’esistenza delle condizioni tecniche per la realizzazione della copertura finale, ciò allo scopo di evitare che la copertura superficiale provvisoria venga mantenuta in sito troppo a lungo pur non avendo le caratteristiche tecniche necessarie per isolare il corpo della discarica.

Per quanto riguarda l’ultimo quesito, occorre far riferimento all’articolo 182, comma 3, del D.Lgs. n. 152/2006 che vieta lo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi al di fuori della regione in cui sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi tra regioni, sia all’art. 182-bis che al comma 1 stabilisce: “Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:

a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;

b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; ...omissis...”

Si fa presente che, ad oggi, è sempre stata data un’interpretazione estensiva della norma con l’obiettivo di garantire l’autosufficienza anche per il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati prevedendo quindi di utilizzare lo strumento dell’accordo interregionale anche nel caso in cui non sia possibile raggiungere tale autosufficienza.

In questo senso agisce anche il Programma nazionale per la gestione dei rifiuti, approvato con DM n. 254/2022 ai sensi dell’articolo 198-bis del D.Lgs. n. 152/2006, che richiamando il citato art. 182-bis al Capitolo 10 stabilisce che “Ogni Regione deve quindi garantire la piena autonomia per la gestione dei rifiuti urbani non differenziati e per la frazione di rifiuti derivanti da trattamento dei rifiuti urbani destinati a smaltimento.”, nell’ottica di raggiungere l’autonomia a livello regionale per la gestione dei rifiuti urbani non differenziati.

Il Programma Nazionale, qualora non sia possibile garantire l’autonomia gestionale, fornisce la possibilità di stabilire accordi al di là dei confini regionali (macroarea), ai sensi dell’art. 117, comma 8 della Costituzione, per i rifiuti indicati nella Tabella 33, destinati al recupero energetico.

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del decreto legislativo 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

Note   [ + ]

1. Punto 3) si ritiene utile inserire, nel paragrafo 2.4.1 «Criteri generali per la protezione delle acque e del terreno» dell'Allegato 1 un termine certo di inizio della valutazione per la predisposizione della copertura finale, al fine di evitare che gli impianti possano essere lasciati, per tutto il periodo della fase post operativa, della durata di 30 anni, con la copertura provvisoria; sarebbe, pertanto, utile prevedere l'obbligo da parte del gestore di valutare, dopo due anni dall'ultimo conferimento, gli assestamenti/cedimenti secondari del corpo discarica allo scopo di predisporre un sistema di copertura finale della stessa

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome