End of waste per rifiuti conformi alle Csr/Csc: è possibile?

End of waste Csr/Csc
Questo l'oggetto di un interpello ambientale posto dalla Provincia di Novara al Mase

End of waste per rifiuti conformi alle Csr/Csc: è possibile? Questa il perno dell'interpello ambientale posto dalla Provincia di Novara al Mase.

In particolare, l'amministrazione locale chiede se:

- nell’ambito di interventi di bonifica di siti contaminati, i materiali originati dal trattamento effettuato mediante impianto mobile di “soil washing” da autorizzare ai sensi del comma 15 dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 possano cessare la qualifica di rifiuti ai sensi del’ art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/2006 qualora rispettino le Csr stabilite dal progetto di bonifica approvato;

- se possano cessare la qualifica di rifiuti i materiali derivanti dal trattamento di rifiuti, ad esempio con codice Eer 17 05 04, sottoposti a lavorazioni quali cernita/selezione, riduzione volumetrica, vagliatura, oppure “soil washing”, biorisanamento, desorbimento termico, ecc. che, oltre alle caratteristiche previste dalle norme UNI e dal test di cessione previsti dal D.M. n. 152/2022, abbiano valori di contaminazione conformi alla colonna A) o alla colonna B) della tabella 1 all’allegato V alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 in base alla destinazione d’uso del sito dove i materiali verranno impiegati.

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Di seguito i testi dell'interpello della Provincia di Novara e del successivo parere del Mase.

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Interpello della Provincia di Novara 25 luglio 2023, n. 0022483

Oggetto: Interpello ambientale ai sensi dell’ art. 3 septies del Dlgs 152/2006. Cessazione della qualifica di rifiuto a materiali conformi alla CSR o ai valori di CSC

La scrivente Amministrazione desidera sottoporre due quesiti di ordine generale sulla possibilità di far cessa - re la qualifica di rifiuto a materiali derivante da trattamento di rifiuti conformi alle CSR o alla CSC.

Il primo quesito deriva da un’ istanza di autorizzazione ai sensi del comma 15 dell’ art. 208 del D.lgs 152/2006 per un impianto mobile di “soil washing”, da utilizzarsi nell’ ambito di interventi di bonifica in siti contaminati, per il trattamento dei seguenti rifiuti aventi EER 170504, 170503*, 191301* e 191302 , con la precisazione che questi 2 ultimi rifiuti derivano , nell’ambito dell’attività svolta dall’Impianto nel sito di bonifi- ca, da attività di pretrattamento tramite vagliatura e/o frantumazione di matrici contaminate, prima del pro- cesso di recupero in impianto Soil Washing. Viene richiesto che i materiali originati dal trattamento di lavag- gio cessino la qualifica di rifiuti ai sensi del’ art. 184-ter del D.lgs 152/2006 qualora rispettino le CSR stabilite dal progetto di bonifica approvato.

Nello contributo tecnico richiesto ad ARPA l’ Agenzia, sullo specifico punto, si esprime così:

“Nel caso di utilizzo in un sito di bonifica, invece, l’impianto deve operare nel rispetto delle condizioni stabilite nel progetto autorizzato. La bonifica comprende la serie di interventi finalizzati all’eliminazione delle cause di inquinamento e alla riduzione di sostanze inquinanti presenti nelle matrici ambientali ad un livello uguale o inferiore ai valori delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR), che rappresentano gli obiettivi di decontaminazione che la bonifica deve raggiungere. I CSR, costituendo i livelli di “accettabilità” per il sito, sono determinati caso per caso con la procedura di analisi di rischio sito specifica e sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione. Il materiale risultante, dopo un trattamento di bonifica per il raggiungimento delle CSR, non è pertanto una materia "commerciabile".

La richiesta presentata dalla ditta si focalizza sulla possibilità di attribuire, a valle delle operazioni di soil washing, la qualifica di “end of waste” ai suoli su cui nel progetto di bonifica è stato stabilito il raggiungimento delle CSR.
Se si valuta la richiesta dal punto di vista della disciplina ex art. 184-ter D.Lgs. 152/06, ad un suolo conforme alla CSR non può essere attribuita la qualifica di “end of waste” in termini generali, poiché un limite definito per un progetto di bonifica ha una validità sito specifica. Le Linee Guida SNPA n. 41/2022 per la disciplina degli “end of waste”, di cui all’art. 184-ter D.Lgs. 152/06 argomentano in modo completo le condizioni e i requisiti per la loro produzione. Tra questi, rappresenta grande rilevanza la condizione di assenza di impatti negativi sull’ambiente (punto d Tabella 4.1), ed un suolo conforme alle CSR, autorizzate per un determinato sito e per specifici parametri, non potrebbe rispettare tale condizione in un contesto esterno, diverso da quello valutato nel progetto di bonifica.

Viceversa, la richiesta, valutata dal punto di vista della normativa sulle bonifiche, può risultare corretta se persegue lo scopo di ammettere la ricollocazione del suolo post trattamento in coerenza con il progetto autorizzato. Le Linee Guida SNPA n. 22/2019, al paragrafo 4.4 approfondiscono il caso del riutilizzo in sito di terre contaminate (non rifiuti) nei siti oggetto di bonifica, presentando una serie di fattispecie che si adattano al caso in esame. Il documento nazionale ribadisce che è consentito il riutilizzo se le terre conformi alle CSR sono utilizzate nella medesima area assoggettata all’AdR e nel rispetto del modello concettuale di riferimento per l’analisi di rischio, mentre non è consentito l’impiego di terre da scavo conformi alle CSR in sub aree per le quali è stato accertato il rispetto delle CSC.

L’attribuzione della qualifica giuridica di rifiuti a terreni da risanare nell’ambito di un progetto di bonifica non consente di esprimersi sulla possibilità di produrre “end of waste” conformi alle CSR, a causa del mancato riscontro di giurisprudenza disponibile sul caso specifico. Si ritiene che ricorrano le condizioni per l’Autorità Competente per richiedere al Ministero un parere in merito alla possibilità di far perdere la qualifica giuridica di rifiuto ai terreni risanati ai livelli delle CSR autorizzate e nelle condizioni definite nel progetto di bonifica, al fine di ricondurre la cessazione della qualifica di rifiuto alla specificità del progetto avviato sul sito in cui opera l’impianto. “

La scrivente Amministrazione ritiene, oltre a quanto evidenziato da Arpa, che un simile materiale non potrebbe cessare la qualifica di rifiuto poichè non sarebbero soddisfatti i requisiti cui alle lettere b) e c) dell’ art. 184-ter del D.lgs 152/2006 essendo difficilmente immaginabile una richiesta sul mercato di materiali contaminati a livello di specifiche CSR né a quali standard esistenti applicabili ai prodotti si potrebbe fare riferimento.

Infine si ritene inutile attribuire la qualifica di “end of waste” a tali materiali poichè la loro ricollocazione nel sito in bonifica deve essere prevista espressamente dal Progetto di Bonifica che quindi ne autorizza già il riutilizzo in loco, come peraltro avvenuto per il SIN di Pieve Vergonte (VB) approvato da codesto Ministero con Decreto n.4599 del 21.10.2013.

Il secondo quesito riguarda la possibilità di attribuire la qualifica di “end of waste” a materiali derivanti dal trattamento di rifiuti, ad esempio l’ EER 170504, sottoposti a lavorazioni quali cernita/selezione, riduzione volumetrica, vagliatura, oppure “soil washing”, biorisanamento, desorbimento termico ecc.. che, oltre alle caratteristiche previste dalle norme UNI e dal test di cessione previsti dal D.M. 152/2022, abbiano valori di contaminazione conformi alla colonna A) o alla colonna B) della tabella 1 all’ allegato V alla parte IV del D.lgs 152/2006 in base alla destinazione d’ uso del sito ove i materiali verranno impiegati.

La scrivente Amministrazione, in accordo con ARPA, ha sino ad oggi ritenuto che solo in caso di conformità alla colonna A) (siti con destinazione residenziale/verde pubblico) fosse possibile la cessazione della qualifica di rifiuto ritenendo che, in linea generale, non sia possibile considerare come materia prima una sostanza la cui commercializzazione è subordinata alla verifica della destinazione d’ uso del sito in cui dove essere recuperata. Ciò potrebbe essere causa di peggioramento delle caratteristiche ambientali nel sito di impiego, qualora lo stesso non abbia mai subito alcun fenomeno di contaminazione (ad esempio un terreno che, per una modifica al PRG, passi da una destinazione d’ uso residenziale/verde pubblico a commerciale industriale). Non si può peraltro escludere anche il rischio per la salute umana, in mancanza di un’analisi di rischio sanitario sito specifica in contrasto con quanto disposto dalla lettera d) del comma 1 dell’ art. 184 ter del D.lgs 152/2006.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 31 ottobre 2023, n. 174946

Oggetto: interpello ai sensi dell’art. 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 – chiarimenti in materia di cessazione della qualifica di rifiuto a materiali conformi alla CSR o ai valori di CSC
Quesito

Con istanza di interpello formulata ai sensi dell’art. 3-septies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la Provincia di Novara ha posto due quesiti di ordine generale sulla possibilità di far cessare la qualifica di rifiuto a materiali derivanti da trattamento di rifiuti conformi alle CSR o alla CSC e, in particolare, se:

- nell’ambito di interventi di bonifica di siti contaminati, i materiali originati dal trattamento effettuato mediante impianto mobile di “soil washing” da autorizzare ai sensi del comma 15 dell’art. 208 del D.Lgs. n. 152/2006 possano cessare la qualifica di rifiuti ai sensi del’ art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/2006 qualora rispettino le CSR stabilite dal progetto di bonifica approvato;

- se possano cessare la qualifica di rifiuti i materiali derivanti dal trattamento di rifiuti, ad esempio con codice EER 17 05 04, sottoposti a lavorazioni quali cernita/selezione, riduzione volumetrica, vagliatura, oppure “soil washing”, biorisanamento, desorbimento termico, ecc. che, oltre alle caratteristiche previste dalle norme UNI e dal test di cessione previsti dal D.M. 152/2022, abbiano valori di contaminazione conformi alla colonna A) o alla colonna B) della tabella 1 all’allegato V alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 in base alla destinazione d’uso del sito dove i materiali verranno impiegati.

Riferimenti normativi

Con riferimento al quesito proposto, si riporta quanto segue:

1)  Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale” e in particolare:

-  articolo 184-bis
-  articolo 184-ter
-  articolo 208, comma 15
-  il Titolo V della Parte IV “Bonifica di siti contaminati” e in particolare l’articolo 242 e l’allegato 3;

2)  DPR n. 120/2017 recante “La disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo”, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164;

3)  D.M. 152/2022 recante “Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.”
Considerazioni del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.

Dal quadro normativo sopraesposto emerge quanto segue.

Il primo quesito riguarda la cessazione della qualifica di rifiuto, ai sensi del’ art. 184-ter del D.Lgs. n.152/2006, di terre originate dal trattamento di lavaggio qualora tali terre rispettino le CSR stabilite dal progetto di bonifica approvato.

In merito si rileva che l’attività oggetto del quesito rientra nell’ambito di applicazione della Parte IV, Titolo V del D.Lgs. n.152/2006 recante “Bonifica di siti contaminati”. Infatti, l’impianto mobile di cui trattasi effettua sul terreno contaminato operazioni di decontaminazione finalizzate a ricondurre
ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni di soglie di rischio (CSR) il terreno stesso nel rispetto delle condizioni stabilite nel progetto autorizzato.

Pertanto, il caso prospettato sembra riguardare “interventi ex-situ on site con movimentazione e rimozione dei materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell'area del sito stesso e possibile riutilizzo” come definiti nell’Allegato 3 al Titolo V della Parte IV del D.Lgs. n.152/2006. Tale intervento è finalizzato ad operazioni di disinquinamento per eliminare e/o ridurre le sostanze inquinanti presenti nel suolo e pertanto tale trattamento dei terreni contaminati effettuato nell’ambito del progetto di bonifica non appare riconducibile ad un’operazione di gestione dei rifiuti.

In tal senso non appare possibile attribuire la qualifica di “end of waste” a tali materiali in quanto la loro eventuale qualifica come rifiuto non rileva finché sono gestiti all’interno del progetto di bonifica. Infatti la loro ricollocazione nel sito in bonifica, così come il trattamento, deve essere prevista espressamente dal Progetto di Bonifica la cui approvazione costituisce l’autorizzazione al trattamento e all’utilizzo in loco. Si ricorda infatti che, ai sensi del comma 7 dell’art 242, “Ai soli fini della realizzazione e dell'esercizio degli impianti e delle attrezzature necessarie all'attuazione del progetto operativo e per il tempo strettamente necessario all'attuazione medesima, l'autorizzazione regionale ... sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vigente compresi, in particolare, quelli relativi alla valutazione di impatto ambientale, ove necessaria, alla gestione delle terre e rocce da scavo all'interno dell'area oggetto dell'intervento ed allo scarico delle acque emunte dalle falde. L'autorizzazione costituisce, altresì, variante urbanistica e comporta dichiarazione di pubblica utilità, di urgenza ed indifferibilità dei lavori”.

In ultima analisi si ritiene che i due procedimenti, di bonifica e per la cessazione della qualifica di rifiuto, vadano tenuti distinti nel senso che l’applicazione dell’uno esclude il ricorso all’altro per il medesimo oggetto.

Con il secondo quesito la provincia di Novara chiede se possano cessare la qualifica di rifiuti i materiali derivanti dal trattamento di rifiuti, ad esempio con codice EER 17 05 04, sottoposti a lavorazioni quali cernita/selezione, riduzione volumetrica, vagliatura, oppure “soil washing”, biorisanamento, desorbimento termico, ecc. che, oltre alle caratteristiche previste dalle norme UNI e dal test di cessione previsti dal D.M. 152/2022, abbiano valori di contaminazione conformi alla colonna A) o alla colonna B) della tabella 1 all’allegato V alla parte IV del D.Lgs. n. 152/2006 in base alla destinazione d’uso del sito dove i materiali verranno impiegati.

In merito a questo quesito, per come lo stesso è formulato, non appare possibile valutare se quanto in esso indicato sia riconducibile all’ambito di applicazione di cui al Decreto 27 settembre 2022, n. 152, recante “Regolamento che disciplina la cessazione della qualifica di rifiuto dei rifiuti inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti inerti di origine minerale, ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

Qualora non ricadendo nell’ambito di applicazione del suddetto decreto, si intenda attribuire al terreno da risanare la qualifica di rifiuto, al fine dell’applicazione della cessazione della qualifica di rifiuto del materiale che esita dal trattamento ai sensi dell’articolo 184-ter, comma 3, appare utile richiamare quanto indicato nelle Linee Guida SNPA 41/2022 “Linee guida del sistema nazionale per la protezione dell’ambiente per l’applicazione della disciplina end of waste di cui all’art. 184 ter del d.lgs. n. 152/2006”- Revisione gennaio 2022”. Queste ultime, indicano dettagliatamente quanto dovrebbero riportare le autorizzazioni caso per caso: l’individuazione dei rifiuti ammissibili all'operazione di recupero, i processi e le tecniche di trattamento consentiti, i criteri di qualità per i materiali di cui è cessata la qualifica di rifiuto ottenuti dall'operazione di recupero, i requisiti affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto e, infine, un requisito relativo alla dichiarazione di conformità. Inoltre, i provvedimenti autorizzativi devono individuare le operazioni di recupero/riciclaggio compatibili con le caratteristiche dei rifiuti in entrata che garantiscano i requisiti di qualità dei materiali in uscita, nonché la conformità alle norme
tecniche di riferimento e gli standard tecnico prestazionali. Devono, inoltre, dettagliare gli usi ammessi per la sostanza o l’oggetto che cessa la qualifica di rifiuto, indicando le eventuali tipologie di processi produttivi in cui l’end of waste viene utilizzato, nonché i parametri da analizzare per la verifica delle condizioni per la cessazione della qualifica di rifiuti e la relativa frequenza di analisi.

Alla luce di quanto sopra, purché siano rispettati tutti i criteri e i requisiti richiesti, è corretto ritenere, in accordo con ARPAL e la Provincia di Novara, che solo in caso di conformità alla colonna A (siti con destinazione residenziale/verde pubblico) è possibile la cessazione della qualifica di rifiuto poiché, in linea generale, non è possibile considerare come materia prima “ una sostanza la cui commercializzazione sia subordinata alla verifica della destinazione d’uso del sito in cui dove essere utilizzata.”.

Considerazioni diverse si potrebbero fare nel caso in cui il materiale, soddisfacendo i requisiti di cui all’art. 184-bis, possa essere qualificato come sottoprodotto.

Si rappresenta che il D.P.R. n. 120/2017 recante “Disposizioni di riordino e semplificazione della disciplina inerente la gestione delle terre e rocce da scavo” regola la gestione delle terre e delle rocce da scavo qualificate come sottoprodotti ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. In particolare nell’art. 2 del medesimo decreto sono definite terre e rocce da scavo “il suolo escavato derivante da attività finalizzate alla realizzazione di un'opera” dove per opera si intende “il risultato di un insieme di lavori che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di difesa e di presidio ambientale e di ingegneria naturalistica.” Pertanto è possibile qualificare le terre come sottoprodotti se, oltre a soddisfare tutti i requisiti previsti dall’art. 184-bis, le attività dalle quali sono generate le terre e rocce da scavo rientrano fra quelle definite come “opere” ai sensi del D.P.R. n. 120/2017 tra le quali però non sono ricompresi gli interventi di bonifica, messa in sicurezza permanente ed operativa.

Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3- septies del decreto legislativo 152/2006, sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione.

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