Fanghi di depurazione: la gestione per la prevenzione del Covid-19

Le indicazioni nel rapporto dell'istituto superiore di Sanità n. 9/2020

Fanghi di depurazione: la gestione per la prevenzione del Covid-19 è il contenuto del rapporto dell'istituto superiore di Sanità n. 9/2020.

Nel documento sono messi in luce:

  • gli scenari di rischio;
  • le indicazioni internazionali, l'occorrenza, la persistenza e l'infettività del Coronavirus per:

- le matrici idriche e le acque reflue;

- i fanghi di depurazione.

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Sempre in tema Covid-19, l'istituto superiore di Sanità ha pubblicato un rapporto sulla:

Di seguito il testo del rapporto ISS COVID-19 n. 9/2020.

 

Rapporto ISS COVID-19 del gruppo di lavoro ISS Ambiente – Rifiuti COVID-19, n. 9/2020

Indicazioni ad interim sulla gestione dei fanghi di depurazione per la prevenzione della diffusione del virus SARS-CoV-2

(versione del 3 aprile 2020)

Acronimi 

COViD-19 - Coronavirus Disease 2019

SARS-CoV-2 - Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 il coronavirus che causa la COVID-19

HCoV 229E - Coronavirus umano 229E

MHV - Mouse Hepatitis Virus, il virus dell’epatite di topo

FIPV -Feline Infectious Peritonitis Virus il coronavirus felino

Introduzione 

Le presenti indicazioni sono finalizzate a garantire la sicurezza della gestione – recupero, trattamento, smaltimento o riutilizzo – dei fanghi di depurazione, per la prevenzione della diffusione del Coronavirus (SARS-CoV-2) e della trasmissione dell’infezione (COVID-19).

A tal fine sono considerate le evidenze ad oggi note per quanto concerne la trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2, le disposizioni normative e le correnti conoscenze e pratiche applicate al ciclo idrico integrato, con particolare riguardo alla depurazione delle acque reflue provenienti da insediamenti civili e produttivi.

Scenari di rischio 

Lo scenario di rischio considerato si riferisce al possibile rilascio da soggetti con COVID-19 di escreti liquidi e solidi infetti che, trasferiti alla fognatura attraverso gli scarichi idrici di ambienti domestici e produttivi sono collettati con le acque reflue; queste ultime vengono trattate in impianti di depurazione generando, quali materiali di risulta, fanghi che, sottoposti a trattamenti di diversa natura, potrebbero causare esposizione professionale o generale a SARS-CoV-2 in funzione delle destinazioni d’uso.

In tale contesto è preliminarmente da osservare che:

  • l’origine delle acque reflue potenzialmente infette è riferita ad ambienti domestici e luoghi di lavoro; per tutti gli scarichi provenienti da complessi ospedalieri, case di cura, ambulatori, laboratori di analisi mediche e simili, con particolare riferimento ad ospedali specializzati per malattie infettive ed ai reparti infettivi degli ospedali generali esiste l’obbligo di disinfezione prima dell’immissione in fognatura[1]Com. int. Tut. Acque. Del. 4.2.77;
  • sono considerati nella presente valutazione i fanghi conferiti da impianti di depurazione a gestione specializzata o in economia; tuttavia, come noto, sussistono in alcune circostanze territoriali, soprattutto del sud Italia, insediamenti abitativi e produttivi non allacciati alla rete di fognatura e, a livello nazionale, una quota significativa di acque reflue non viene sottoposta a depurazione e generalmente è direttamente recapitata in acque superficiali. In tali contesti è evidente che lo scenario di diretta esposizione umana a reflui potenzialmente infetti può configurare un rischio a priori più critico;
  • la produzione di fanghi è correlata al corretto ed efficiente espletamento del servizio pubblico essenziale di depurazione delle acque reflue urbane, il cui esercizio è indispensabile per garantire la tutela della salute pubblica e la protezione dell’ambiente: la mancanza di modalità di gestione e destino per i fanghi prodotti dai depuratori - anche in condizioni di emergenza pandemica - potrebbe comportare il blocco del sistema di depurazione delle acque reflue con rilevanti problemi sanitari e ambientali;
  • nel quadro normativo di riferimento[2]DL.vo 152/2006 e s.m.i, DL.vo 92/1999, DL.vo 4/2008. e nelle pratiche correntemente adottate nella depurazione di reflui a livello nazionale, il rischio di esposizione umana a microrganismi patogeni (batteri, virus e parassiti), veicolati con le acque reflue e associato alla depurazione e al trattamento dei fanghi, è stimato sulla base di criteri e controlli rigorosi che regolano, in particolare, l’utilizzo dei fanghi trattati in agricoltura, incluso il compostaggio o il recupero energetico.

In questa sede si considera tuttavia opportuna una valutazione integrativa specifica in considerazione dell’attuale pandemia di COVID-19.

Analisi delle evidenze: indicazioni internazionali, occorrenza, persistenza e infettività di coronavirus, incluso SARS-CoV-2 

Non risultano in letteratura, anche in forma di rapporti o opinion papers[3]Consultazione informale aggiornata al 26.03.20 in ambito WHO Regulatory Network of Water Regulators , linee guida o valutazioni di rischio specifiche per il virus SARS-CoV-2 in relazione a fanghi di depurazione. È stata comunque di recente diffusa dall’OMS una nota informativa sui rischi da coronavirus nelle acque, incluse le acque reflue[4]Water, sanitation, hygiene and waste management for COVID-19-Interim guidance 19 March 2020.di cui i fanghi sono i materiali di risulta.

Matrici idriche e acque reflue 

Secondo le evidenze disponibili, la via di trasmissione delle infezioni da coronavirus, incluso il SARS- CoV-2, è rappresentata dal contatto diretto per diffusione di goccioline (droplets) emesse durante il respiro e gli atti del parlare, tossire, starnutire. Anche contatti diretti attraverso le mani e con superfici contaminate possono rappresentare importanti vie di trasmissione. Tuttavia, non si può, allo stato attuale, escludere una possibile trasmissione fecale-orale, mentre i dati disponibili portano ad escludere la trasmissione per via aerea, a parte situazioni specifiche in ambito ospedaliero.

In un contesto di rapida evoluzione di conoscenze deve essere comunque considerata la possibilità di diffusione del virus attraverso altre modalità.

In particolare, l’evidenza di manifestazioni cliniche associate a COVID-19, inclusa la diarrea, pone l’interrogativo circa la possibilità di trasmissione per via fecale-orale, a seguito del rilascio del virus nelle acque di scarico.

Sulla base dei dati disponibili in letteratura, circa il 2-10% dei pazienti con COVID-19 presentano diarrea, e due studi recenti hanno rilevato frammenti di RNA virale nelle feci[5]Xiao E, Tang M, Zheng Y, Li C, He J, Hong H, et al. Evidence for gastrointestinal infection of SARS CoV. medRxiv. doi:10.1101/2020.02.17.20023721. [6]Holshue ML, DeBolt C, Lindquist S, Lofy KH, Wiesman J, Bruce H et al. for the Washington State 2019-nCoV Case Investigation Team. First case of 2019 novel coronavirus in the United States. N Engl J Med 2020 Jan 31. doi:10.1056/NEJMoa200119 . Solo uno studio ha dimostrato presenza del SARS-CoV-2 in un campione di feci mediante colture cellulari[7]Zhang Y, Chen C, Zhu S et al. [Isolation of 2019nCoV from a stool specimen of a laboratory confirmed case of the coronavirus disease 2019 (COVID-19)]. China CDC Weekly 2020;2(8):123-4. Non sono stati segnalati comunque casi di trasmissione fecale-orale del virus SARS-CoV-2. Tuttavia, durante l’epidemia da SARS- CoV-1 del 2003 è stata dimostrata la presenza del virus nelle feci di pazienti infetti e la sua trasmissione attraverso produzione di droplets contaminati provenienti dal sistema fognario che venivano reintrodotti all’interno delle abitazioni attraverso le condotte aerauliche. Uno studio sul coronavirus felino (FCoV) afferma che il virus è relativamente fragile e le particelle virali rimangono stabili nelle feci per circa 10 giorni e possono persistere nell’ambiente per 3-7 settimane.

È stato anche osservato che il virus della SARS-CoV-1 può sopravvivere fino a 96 ore nei fluidi corporei come espettorato, feci e siero, ma è meno stabile nelle urine[8]Duan SM, Zhao XS, Wen RF, et al. Stability of SARS coronavirus in human specimens and environment and its sensitivity to heating and UV irradiation. Biomed Environ Sci. 2003;16(3):246-55..

È noto che, generalmente, i virus provvisti di envelope hanno caratteristiche di sopravvivenza notevolmente inferiori rispetto ai cosiddetti virus “nudi” (senza envelope), più suscettibili ai fattori ambientali (temperatura, luce solare, pH, ecc), oltre che a fattori fisici (grado di disidratazione della matrice) e biologici (antagonismo microbico). Pertanto, pur in assenza di dati specifici sulla sopravvivenza di SARS-CoV-2 nelle acque, è stato ipotizzato che sia molto probabile che il virus si disattivi in tempi significativamente più rapidi rispetto a virus enterici a tipica trasmissione idrica quali, ad esempio, adenovirus, norovirus, rotavirus e virus dell’epatite A, il controllo dei quali è in genere adeguatamente gestito nell’ambito del ciclo idrico integrato.

La persistenza dei Coronavirus (CoV) in ambienti idrici è stata valutata sperimentalmente in un numero estremamente ridotto di studi, e non esistono al momento attuale studi specifici sulla persistenza del SARS- CoV-2 nelle acque. La maggior parte dei dati disponibili, inoltre, è stata raccolta mediante uso di virus surrogati, ovvero di CoV animali quali il virus dell’epatite di topo (Mouse Hepatitis Virus, MHV), il virus della gastroenterite trasmissibile del maiale (Transmissible Gastroenteritis Virus, TGEV) e il coronavirus felino (Feline Infectious Peritonitis Virus, FIPV). Tali virus sono responsabili, nelle specie di riferimento, di patologie (es. gastroenteriti, epatiti, peritoniti) significativamente diverse rispetto alle affezioni respiratorie associate ai CoV umani. È pertanto opportuno operare con la dovuta cautela nell’inferire il comportamento dei CoV umani dai dati relativi ad altri virus.

In base agli studi effettuati sul SARS-CoV-1, responsabile dell’epidemia di SARS del 2003, i Coronavirus sopravvivono fino a 2 giorni a temperatura ambiente (20°C) in reflui urbani, reflui ospedalieri e acqua di rubinetto declorata, ma possono permanere fino a 14 giorni in queste matrici a 4°C[9]Wang XW, Li JS, Jin M, Zhen B, Kong QX, Song N, Xiao WJ, Yin J, Wei W, Wang GJ, Si BY, Guo BZ, Liu C, Ou GR, Wang MN, Fang TY, Chao FH, Li JW. Study on the resistance of severe acute respiratory syndrome- associated coronavirus. J Virol Methods 2005;126(1-2):171-7. . Ciò porta a considerare che la temperatura possa avere una significativa influenza sulla stabilità del virus negli ambienti idrici.

Alcuni studi riportano inoltre in che misura il SARS-CoV-1 è suscettibile ai disinfettanti (cloro e biossido di cloro) che si dimostrano in grado di disattivare completamente il virus a concentrazione e in tempi inferiori (es. 10 mg/L di cloro per 10 min; cloro libero residuo 0,5 mg/L) a quelli richiesti per abbattere le concentrazioni dei tradizionali indicatori batterici di contaminazione fecale (Escherichia coli), utilizzati per la valutazione della qualità microbiologica delle acque secondo le normative attualmente in vigore.

Studi analoghi condotti sulla persistenza del CoV umano 229E (HCoV 229E) e di CoV surrogati animali in acqua distillata o acqua di rubinetto[10]Casanova L, Rutala WA, Weber DJ, Sobsey MD. Survival of surrogate coronaviruses in water. Water Research 2009;43:1893-8.  [11]Gundy P, Gerba C, Pepper IL. Survival of coronaviruses in water and wastewater. Food Environ Virol 2009;1(1):10. doi:10.1007/s12560-008-9001-6 , hanno evidenziato, a temperatura ambiente (23-25°C), una capacità di perdurare nei due tipi di acqua variabile, di circa 12 giorni per il virus HCoV 229E in acqua di rubinetto e di 33 giorni per il virus TGEV in acqua distillata. Inoltre, anche in questo caso una riduzione della temperatura a 4°C determinava un notevole aumento dei tempi di persistenza del virus. In entrambi gli studi i CoV mostravano una minore persistenza nelle acque reflue, in cui a temperatura ambiente si otteneva una riduzione del 99.9% (3 log) in un intervallo variabile fra 2.77 giorni (HCoV 229E e FIPV in reflui di trattamento primario e secondario) e 14 giorni (virus MHV e TGEV in liquami pastorizzati). Uno dei due studi ha confrontato inoltre le caratteristiche di persistenza dei CoV con quelle del poliovirus 1, un enterovirus della famiglia Picornaviridae, dimostrando che, nelle condizioni sperimentali adottate, il poliovirus 1, manifesta una sopravvivenza sei volte superiore rispetto ai CoV testati nell’acqua di rubinetto e fino a 3 volte superiore nei reflui. Tale dato conferma, su base sperimentale, che i CoV, come più in generale i virus dotati di envelope, siano più suscettibili all’inattivazione dei virus ‘nudi’ (privi di envelope).

Tale osservazione è rafforzata dalle evidenze di un altro recente studio[12]Ye Y, Ellenberg R, Graham K, Wigginton K. Survivability, partitioning, and recovery of enveloped viruses in untreated municipal wastewater. Environ Sci Technol. 2016;50(10):5077-85. in cui si osserva una persistenza del virus ‘nudo’ (fago MS2), rispetto al CoV surrogato (virus MHV) utilizzato nella sperimentazione, di circa nove volte superiore in acque reflue non pastorizzate (121 ore contro 13 ore a 25 °C). Si evidenzia anche una più lenta inattivazione dei CoV nei reflui pastorizzati rispetto a quelli non trattati, riconducibile all’effetto di inattivazione da parte di enzimi extracellulari batterici e processi di predazione da parte delle comunità microbiche presenti.

Per quanto riguarda la presenza dei coronavirus in reflui urbani, uno studio ha indentificato SARS-CoV- 1, responsabile dell’epidemia del 2003, in reflui ospedalieri (sia prima che dopo la disinfezione) provenienti da strutture che ospitavano pazienti con SARS, utilizzando metodi molecolari[13]WangXW,LiJS,GuoTK,ZhenB,KongQX,YiB,LiZ,SongN,JinM,WuXM,XiaoWJ,ZhuXM,GuCQ,YinJ, Wei W, Yao W, Liu C, Li JF, Ou GR, Wang MN, Fang TY, Wang GJ, Qiu YH, Wu HH, Chao FH, Li JW. Excretion and detection of SARS coronavirus and its nucleic acid from digestive system. World J Gastroenterol 2005;11(28):4390-5. Non sono stati invece identificati virus vitali nei reflui grezzi e trattati mediante colture cellulari.

Per quanto riguarda specificatamente il SARS-CoV-2 in reflui urbani, tracce di RNA virale sono state di recente identificate in Olanda in uno studio effettuato dal RIVM nelle acque reflue di diversi centri urbani, tra cui Amsterdam[14]Medema G, Heijnen L, Elsinga G, Italiaander R. Presence of SARS-Coronavirus-2 in sewage. doi: https://doi.org/10.1101/2020.03.29.20045880 medRxiv preprint.. Non è invece stata dimostrata la presenza del virus in fanghi di depurazione. Tuttavia due studi di analisi metagenomica virale hanno dimostrato la presenza di CoV umani in fanghi di depurazione trattati destinati all’agricoltura: uno studio del 2011 identifica i coronavirus 229E e HKU1 in fanghi trattati in USA[15]Bibby K, Viau E, Peccia J. Viral metagenome analysis to guide human pathogen monitoring in environmental samples. Letters in Applied Microbiology 2011;52, 386-392 , ed un’altra ricerca riporta la presenza degli stessi CoV in fanghi in entrata e in uscita da digestori anaerobici[16]Bibby K, Peccia J. Identification of viral pathogen diversity in sewage sludge by metagenome analysis. Environmental Science & Technology 2013;47:1945-51. . Anche in questi studi non ci sono dati relativi all’infettività dei virus.

È da rilevare che la stessa agenzia per la protezione dell’ambiente (EPA) americana evidenzia che i dati relativi all’isolamento di patogeni in fanghi di depurazione grezzi oppure parzialmente o completamente trattati, non indica di per sé l’esistenza di un rischio; secondo l’ente americano infatti non risultano documentati scientificamente episodi epidemiologici associati a esposizione a microrganismi nei fanghi trattati[17]National Research Council. Biosolids applied to land: advancing standards and practices. Washington, DC: The National Academies Press; 2002. https://doi.org/10.17226/10426. . È anche rilevante osservare che alcuni dati sperimentali hanno messo in evidenza una elevata capacità di adsorbimento del coronavirus bovino (valore medio di adsorbimento 99,99%) a materiali solidi e particolato costituito da carbone, bentonite sodica, attapulgite, caolinite, mordenite, mica.

Fanghi di depurazione 

In tale contesto risulta essenziale valutare le condizioni di trattamento dei fanghi in relazione alla plausibilità di persistenza e virulenza del SARS-CoV-2 in questa matrice.

Il trattamento dei fanghi costituisce l’ultima fase funzionale del trattamento di depurazione dei reflui urbani e i prodotti di risulta che ne derivano tendono a concentrare gli inquinanti presenti delle acque reflue trattate. Il processo di trattamento dei fanghi, per essere ritenuto efficace deve garantire una sostanziale riduzione di densità dei patogeni presenti e l’assenza di fenomeni di ricrescita microbica. La riduzione microbica conseguita dal trattamento dipende da fattori intrinseci del processo quali la temperatura, disponibilità di acqua libera e il pH. Per i virus, ad esempio, i fattori che maggiormente influenzano la sopravvivenza sono l’esposizione al calore, il livello di disidratazione, l’antagonismo microbico, l’irraggiamento e il pH. Pertanto, per l’inattivazione del materiale virale infetto, sono particolarmente efficaci trattamenti quali la digestione termofila, la pastorizzazione, il trattamento con calce, il trattamento termico e il lagunaggio. Peraltro, generalmente i trattamenti che consentono il raggiungimento dei migliori risultati relativi alla limitazione dei disagi di tipo olfattivo non sono tuttavia i più efficaci in termini di riduzione microbica.

I fanghi da trattare derivano dai processi di sedimentazione primaria (fanghi primari), di ossidazione biologica (fanghi secondari, biologici o attivi) e di chiariflocculazione (fanghi chimici). Il fango che si origina, dopo parziale riutilizzo lungo la linea di trattamento delle acque, segue una serie di processi (trattamento dei fanghi di risulta o linea fanghi) atti alla riduzione del contenuto di sostanze organiche, della carica microbica e del contenuto di acqua.

L’obiettivo finale è quello di rendere migliori le caratteristiche del fango prima dell’avvio allo smaltimento finale (in discariche o inceneritori) o, tramite un abbattimento sostanziale dei patogeni, al riutilizzo in particolari ambiti (principalmente l’agricoltura).

Nella Tabella 1 sono elencate le principali operazioni sequenziali a cui vengono sottoposti i fanghi, alcune delle quali espletabili in aree esterne all’impianto di trattamento. Viene anche riportata la riduzione logaritmica di batteri indicatori di contaminazione e di virus enterici in funzione di alcuni dei processi di trattamento.

Entrambi i gruppi microbici rispondono in maniera variabile alle diverse condizioni operative.

Generalmente, le temperature che si raggiungono con i trattamenti termofili sono letali per tutti i patogeni se mantenute per un periodo di tempo sufficiente: 30 minuti a 65°C o 4 ore a 55°C durante il processo di digestione. A temperature mesofile i prodotti della digestione, ad esempio gli acidi grassi, aumentano l’effetto letale della temperatura. L’essiccamento al calore, a temperature superiori a 80°C, se il contenuto finale di acqua è meno del 10% è un mezzo efficace per abbattere il carico microbico. In genere, il semplice trattamento di essiccazione non è efficace.

L’uso di calce, con aumento del pH a 12 e con temperatura di almeno 55°C per almeno 2 ore produce un fango igienizzato.

Per quanto riguarda la destinazione d’uso dei fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue, la normativa stabilisce che siano sottoposti alla disciplina dei rifiuti (codici CER 190804 e CER 190805), alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. Viene inoltre previsto che i fanghi siano riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.

Conclusioni 

In conclusione considerando le modalità di smaltimento dei fanghi trattati, sostenibili nel contesto nazionale rispetto al rischio di infettività da SARS-CoV-2, nel rispetto delle prescrizioni normative di riferimento e limitatamente alle circostanze contingenti di emergenza della pandemia COVID-19 in corso, può raccomandarsi quanto segue.

  • Impianti di compostaggio, digestione anaerobica
    I tempi e le temperature di trattamento fanno ritenere irrilevante il rischio di trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2.

 

  • Incenerimento o disidratazione termica.
    Le condizioni e temperature di trattamento fanno ritenere irrilevante il rischio di trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2.

 

  • Smaltimento in discarica.
    La collocazione in discarica, cioè a giacimento controllato, va effettuata nel rigoroso rispetto delle norme di buona tecnica e di igiene e sanità pubblica all’interno degli impianti e in tutte le fasi di conferimento e utilizzo dei fanghi. In particolare, la raccolta dei fanghi presso gli impianti di depurazione deve avvenire con mezzi meccanici idonei e nel rispetto delle condizioni igieniche per gli addetti a tali operazioni e per l’ambiente, evitando la formazione di aerosol e polveri; il trasporto dei fanghi deve essere effettuato con mezzi idonei ad evitare ogni dispersione durante il trasferimento ed a garantire la massima sicurezza da punto di vista igienico sanitario.

 

  • Riutilizzo in agricoltura (spandimento o produzione di ammendanti e correttivi)
    I fanghi devono essere applicati in linea con le buone pratiche agricole. Per procedere a tale pratica deve essere assicurato il trattamento di stabilizzazione con calce, acido solforico, ammoniaca, soda o una combinazione di questi, digestione anaerobica (mesofila e termofila) o aerobica (mesofila e termofila), la disidratazione termica, l’idrolisi termica con temperatura superiore a 100°C per almeno 20 minuti, la pastorizzazione del fango liquido per un minimo di 30 minuti a 70°C o comunque deve essere garantito un tempo minimo di ritenzione (comprensivo di tempi di trattamenti e stoccaggio) del fango prima dell’utilizzo in funzione delle temperature di trattamento e stoccaggio, in accordo alla formula riportata in Allegato[18]EC Evaluation of sludge treatments for pathogen, 2001.reduction https://ec.europa.eu/environment/archives/waste/sludge/pdf/sludge_eval.pdf , assicurando che i fanghi da riutilizzare non siano integrati o miscelati con fanghi trattati che non assicurino le condizioni di ritenzione in impianto come sopra stabilito.

Possono inoltre considerarsi igienizzati fanghi che provengano da impianti di depurazione operanti a ossidazione prolungata in assenza di trattamento primario con tempi di permanenza del refluo nella vasca di ossidazione di almeno 24 ore e tempi di permanenza dei fanghi di almeno 15 giorni e concentrazione di solidi volatili nei fanghi di supero inferiore al 60% dei solidi totali.

Le condizioni sopra definite risultano conservative anche in considerazione della scarsa plausibilità di rilascio di aerosol, potenziale via di trasmissione di COVID-19, dai fanghi nelle condizioni di utilizzo ordinario sia rispetto a esposizione professionale che generale.

Si evidenzia infine l’opportunità di rafforzare i controlli su smaltimenti illeciti di acque reflue o fanghi non trattati in impianti di depurazione che potrebbero causare esposizione umana a materiali potenzialmente infetti da SARS-CoV-2, anche attraverso la contaminazione di falde sotterranee o superficiali.

Rapporti ISS COVID-19
  1. Gruppo di lavoro ISS Prevenzione e controllo delle Infezioni.Indicazioni ad interim per l’effettuazione dell’isolamento e della assistenza sanitaria domiciliare nell’attuale contesto COVID-19. Versione del 7 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020 (Rapporto ISS COVID-19, n. 1/2020)
  2. Gruppo di lavoro ISS Prevenzione e controllo delle Infezioni.
    Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-CoV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie (assistenza a soggetti affetti da covid-19) nell’attuale scenario emergenziale SARS-CoV-2. Versione del 14 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020 (Rapporto ISS COVID-19, n. 2/2020)
  3. Gruppo di lavoro ISS Ambiente e Gestione dei Rifiuti.
    Indicazioni ad interim per la gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2. Versione del 14 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020 (Rapporto ISS COVID-19, n.3/2020)
  4. Gruppo di lavoro ISS Prevenzione e controllo delle Infezioni.Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo dell’infezione da SARS-CoV-2 in strutture residenziali sociosanitarie. Versione del 16 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020 (Rapporto ISS COVID-19, n. 4/2020)
  5. Gruppo di lavoro ISS Ambiente e Qualità dell’aria indoor.
    Indicazioni ad per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-CoV-2. Versione del 23 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 5/2020).
  6. Gruppo di lavoro ISS Cause di morte COVID-19.Procedura per l’esecuzione di riscontri diagnostici in pazienti deceduti con infezione da SARS-CoV-2.Versione del 23 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 6/2020).
  7. Gruppo di lavoro ISS Biocidi COVID-19 e Gruppo di lavoro ISS Ambiente e Rifiuti COVID-19.Raccomandazioni per la disinfezione di ambienti esterni e superfici stradali per la prevenzione della trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2. Versione del 29 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 7/2020).
  8. Osservatorio Nazionale Autismo ISS.Indicazioni ad interim per un appropriato sostegno delle persone nello spettro autistico nell’attuale scenario emergenziale SARS-CoV-2. Versione del 30 marzo 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 8/2020).
  9. Gruppo di Lavoro ISS Ambiente – Rifiuti COVID-19.Indicazioni ad interim sulla gestione dei fanghi di depurazione per la prevenzione della diffusione del virus SARS-CoV-2. Versione del 3 aprile 2020.
    Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2020. (Rapporto ISS COVID-19, n. 9/2020).

In preparazione

Indicazioni ad interim su acqua e servizi sanitari in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2

Note   [ + ]

1. Com. int. Tut. Acque. Del. 4.2.77
2. DL.vo 152/2006 e s.m.i, DL.vo 92/1999, DL.vo 4/2008.
3. Consultazione informale aggiornata al 26.03.20 in ambito WHO Regulatory Network of Water Regulators
4. Water, sanitation, hygiene and waste management for COVID-19-Interim guidance 19 March 2020.
5. Xiao E, Tang M, Zheng Y, Li C, He J, Hong H, et al. Evidence for gastrointestinal infection of SARS CoV. medRxiv. doi:10.1101/2020.02.17.20023721.
6. Holshue ML, DeBolt C, Lindquist S, Lofy KH, Wiesman J, Bruce H et al. for the Washington State 2019-nCoV Case Investigation Team. First case of 2019 novel coronavirus in the United States. N Engl J Med 2020 Jan 31. doi:10.1056/NEJMoa200119 
7. Zhang Y, Chen C, Zhu S et al. [Isolation of 2019nCoV from a stool specimen of a laboratory confirmed case of the coronavirus disease 2019 (COVID-19)]. China CDC Weekly 2020;2(8):123-4.
8. Duan SM, Zhao XS, Wen RF, et al. Stability of SARS coronavirus in human specimens and environment and its sensitivity to heating and UV irradiation. Biomed Environ Sci. 2003;16(3):246-55.
9. Wang XW, Li JS, Jin M, Zhen B, Kong QX, Song N, Xiao WJ, Yin J, Wei W, Wang GJ, Si BY, Guo BZ, Liu C, Ou GR, Wang MN, Fang TY, Chao FH, Li JW. Study on the resistance of severe acute respiratory syndrome- associated coronavirus. J Virol Methods 2005;126(1-2):171-7. 
10. Casanova L, Rutala WA, Weber DJ, Sobsey MD. Survival of surrogate coronaviruses in water. Water Research 2009;43:1893-8. 
11. Gundy P, Gerba C, Pepper IL. Survival of coronaviruses in water and wastewater. Food Environ Virol 2009;1(1):10. doi:10.1007/s12560-008-9001-6 
12. Ye Y, Ellenberg R, Graham K, Wigginton K. Survivability, partitioning, and recovery of enveloped viruses in untreated municipal wastewater. Environ Sci Technol. 2016;50(10):5077-85.
13. WangXW,LiJS,GuoTK,ZhenB,KongQX,YiB,LiZ,SongN,JinM,WuXM,XiaoWJ,ZhuXM,GuCQ,YinJ, Wei W, Yao W, Liu C, Li JF, Ou GR, Wang MN, Fang TY, Wang GJ, Qiu YH, Wu HH, Chao FH, Li JW. Excretion and detection of SARS coronavirus and its nucleic acid from digestive system. World J Gastroenterol 2005;11(28):4390-5
14. Medema G, Heijnen L, Elsinga G, Italiaander R. Presence of SARS-Coronavirus-2 in sewage. doi: https://doi.org/10.1101/2020.03.29.20045880 medRxiv preprint.
15. Bibby K, Viau E, Peccia J. Viral metagenome analysis to guide human pathogen monitoring in environmental samples. Letters in Applied Microbiology 2011;52, 386-392
16. Bibby K, Peccia J. Identification of viral pathogen diversity in sewage sludge by metagenome analysis. Environmental Science & Technology 2013;47:1945-51.
17. National Research Council. Biosolids applied to land: advancing standards and practices. Washington, DC: The National Academies Press; 2002. https://doi.org/10.17226/10426.
18. EC Evaluation of sludge treatments for pathogen, 2001.reduction https://ec.europa.eu/environment/archives/waste/sludge/pdf/sludge_eval.pdf

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