I fanghi da depurazione possono essere conferiti in impianti terzi?

I fanghi da depurazione possono essere conferiti in impianti terzi
Il tema al centro dell'interpello ambientale che la Città metropolitana di Milano ha rivolto al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica

I fanghi da depurazione possono essere conferiti in impianti terzi? Questo il tema al centro dell'interpello ambientale che la Città metropolitana di Milano ha rivolto al ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica.

I fanghi da depurazione possono essere conferiti in impianti terzi

In particolare, è stato chiesto se:

  • un impianto di depurazione dotato di autorizzazione ai sensi della parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, nonché autorizzato allo scarico ai sensi dell’art. 124 del medesimo decreto, possa accogliere in regime di deroga ex art. 110 comma 3), D.Lgs. n. 152/2006, i fanghi derivanti da altri impianti di depurazione, tenuto conto che in assenza di sezioni impiantistiche dedicate andrebbe determinandosi, sin dalle fasi iniziali del processo, una commistione tra fanghi e altre tipologie di rifiuti sottoposti a regimi autorizzativi differenti;
  • se i quantitativi complessivamente trattati presso l’impianto, intesi come commistione di fanghi e altre tipologie di rifiuti provenienti da terzi, debbano essere globalmente e cumulativamente considerati per la verifica delle soglie di cui alle categorie Ippc 5.3.a e 5.3.b.
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Di seguito i testi dell'interpello e del parere del Mase.

I fanghi da depurazione possono essere conferiti in impianti terzi

Interpello ambientale della Città metropolitana di Milano 6 marzo 2025, n. 42147

 

Oggetto: Interpello in materia ambientale ai sensi dell’art.3-septies del D.Lgs. 152/2006. Trattamento di fanghi e rifiuti provenienti da terzi presso impianti di depurazione delle acque reflue urbane: definizione del campo di applicazione dell’art.110 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Visto l’art. 3 septies del D.Lgs. 152/2006, che introduce la possibilità di inviare a codesto Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica istanze di ordine generale sull’applicazione della normativa statale in materia ambientale, con la presente si intende proporre interpello in merito alla disposizione normativa di cui all’oggetto, in riferimento a fattispecie non rientranti nella casistica di cui all’interpello proposto dalla Regione Abruzzo del 9/01/2024 e al relativo riscontro espresso da codesto Spettabile Ministero con nota n. 65777.08-04-2024.

Si premette che la fattispecie già recentemente considerata da codesto spettabile Ministero è stata riferita al caso di un impianto di depurazione inizialmente autorizzato per lo scarico delle acque reflue urbane ai sensi dell’art. 124 D.Lgs. 152/2006, utilizzato nel contempo per il trattamento di soli fanghi derivanti da altri impianti di depurazione del Servizio Idrico Integrato, in applicazione della disciplina dettata dall’art.110 D.Lgs. 152/2006.

Nel caso di cui al presente interpello, si intende invece chiedere opportuni chiarimenti sul regime autorizzativo adottabile nel caso in cui il Gestore dell’impianto sia già in possesso di un’autorizzazione unica, ai sensi dell’art. 208 D.Lgs. 152/2006, rilasciata nel caso specifico per la messa in riserva (R13), digestione anerobica (R3), recupero energetico (R1) a partire da rifiuti biodegradabili per autoconsumo, e smaltimento mediante trattamento biologico (D8) di altre tipologie di rifiuti (in particolare, i rifiuti derivanti da matrici alimentari CER: 020201, 020204, 020301, 020304, 020305, 020399, 020501, 020502, 020599, 020601, 020603, 020699, 020701, 020704, 020705, 020799, 160306, 161002, 161004).

Si fa presente che tutte le attività, sia riferite al trattamento fanghi derivanti da altri impianti di depurazione ai sensi dell’art.110 D.Lgs. 152/2006, sia riferite alla gestione rifiuti autorizzata ai sensi della Parte IV del TUA in regime ex art. 208 D.Lgs. 152/2006, si svolgerebbero all’interno del medesimo impianto, attraverso l’utilizzo di sezioni impiantistiche comuni già esistenti.

Ne deriverebbe di conseguenza che, in assenza di sezioni dedicate, non risulterebbe possibile separare i flussi di varie tipologie di fanghi/rifiuti trattati, venendosi quindi a determinare, sin dalle fasi iniziali del processo, una commistione tra fanghi e altre tipologie di rifiuti ammessi a trattamento.

Al fine di meglio delineare l’ambito di applicazione dell’art.110 D.Lgs. 152/06, in un impianto già autorizzato a trattare rifiuti, nonché assicurare una gestione integrata dei procedimenti e degli atti autorizzativi, oltre che garantire una valutazione univoca e una regolare attività di controllo sui quantitativi trattati, col presente interpello si pongono pertanto i seguenti quesiti di ordine interpretativo:

  • se un impianto di depurazione dotato di autorizzazione ai sensi della Parte IV del D.Lgs. 152/2006, nonché autorizzato allo scarico ai sensi dell’art. 124 del medesimo Decreto, possa accogliere in regime di deroga ex art. 110 comma 3) del TUA i fanghi derivanti da altri impianti di depurazione, tenuto conto che in assenza di sezioni impiantistiche dedicate andrebbe determinandosi, sin dalle fasi iniziali del processo, una commistione tra fanghi e altre tipologie di rifiuti sottoposti a regimi autorizzativi differenti;
  • se i quantitativi complessivamente trattati presso l’impianto, intesi come commistione di fanghi e altre tipologie di rifiuti provenienti da terzi, debbano essere globalmente e cumulativamente considerati per la verifica delle soglie di cui alle categorie IPPC 5.3.a e 5.3.b.

***

Parere del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica 11 giugno 2025, n. 110619

Oggetto: interpello della Città Metropolitana di Milano in materia ambientale ai sensi dell’art.3- septies del D.Lgs. 152/2006, acquisito con prot. n. 42147 del 6 marzo 2025 - Trattamento di fanghi e rifiuti provenienti da terzi presso impianti di depurazione delle acque reflue urbane: definizione del campo di applicazione dell’art.110 del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

 

Con l’interpello indicato in oggetto, la Città Metropolitana di Milano ha posto i seguenti quesiti a questo Ministero con riferimento al tema del trattamento di fanghi e rifiuti provenienti da terzi, presso impianti di depurazione di acque reflue urbane:

“- se un impianto di depurazione dotato di autorizzazione ai sensi della Parte IV del D.Lgs. 152/2006, nonché autorizzato allo scarico ai sensi dell’art. 124 del medesimo Decreto, possa accogliere in regime di deroga ex art. 110 comma 3) del TUA i fanghi derivanti da altri impianti di depurazione, tenuto conto che in assenza di sezioni impiantistiche dedicate andrebbe determinandosi, sin dalle fasi iniziali del processo, una commistione tra fanghi e altre tipologie di rifiuti sottoposti a regimi autorizzativi differenti;

- se i quantitativi complessivamente trattati presso l’impianto, intesi come commistione di fanghi e altre tipologie di rifiuti provenienti da terzi, debbano essere globalmente e cumulativamente considerati per la verifica delle soglie di cui alle categorie IPPC 5.3.a e 5.3.b.”

Con riferimento al primo quesito, questa Direzione Generale, a seguito della nota prot. n. 63702 del 4 aprile 2025 ha acquisito i contributi delle Direzioni Generali: Economia Circolare e Bonifiche (ECB), trasmesso con nota prot. n. 68646 del 10 aprile 2025 e Uso Sostenibile del Suolo e delle Acque (USSA), inviato con nota prot. n. 77970 del 24 aprile 2025 e il contributo di ISPRA, trasmesso con nota prot. n. 31508/2025 del 3 giugno 2025, acquisito con prot. n. 108008 del 6 giugno 2025.

Normativa di riferimento

Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante “Norme in materia ambientale”, in particolare:

l’art. 110 (trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane) prevede: “1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, è vietato l'utilizzo degli impianti di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'ente di governo dell'ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione. 3. Il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;

b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;

c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente”.
L’art. 124, secondo cui “1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati. 2. L'autorizzazione è rilasciata al titolare dell'attività da cui origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano, tramite condotta, ad un terzo soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione è rilasciata in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle disposizioni della parte terza del presente decreto. 3. Il regime autorizzatorio degli scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti di
depurazione delle acque reflue urbane, è definito dalle regioni nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2”;

l’art. 74, comma 1, lett. bb), che definisce i “fanghi” come “i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane”;

l’art. 184, comma 3, secondo cui “sono rifiuti speciali.... g) i rifiuti derivanti dall'attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie”;

l’allegato D alla parte IV, che riporta il codice EER 190805 riferito ai “fanghi prodotti dal trattamento di acque reflue urbane” e il codice EER 200306 (che rientra nel capitolo 20 dedicato ai “Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata”) che comprende i “rifiuti della pulizia delle fognature”;

l’art. 127, in base al quale “1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell'impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato. 2. È vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre”.

“5.3. L’Allegato VIII, alla parte II del D.lgs. n. 152/2006, in base al quale sono sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale, ai sensi degli artt. 29 bis, ss. D.lgs. n. 152/2006, le installazioni che svolgono le seguenti attività:

a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) trattamento fisico-chimico;

3) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;

4) trattamento di scorie e ceneri;

5) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti. b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:

1) trattamento biologico;

2) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;

3) trattamento di scorie e ceneri;

4) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti. Qualora l'attività di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacità di siffatta attività è fissata a 100 Mg al giorno”.

Riscontro al quesito

L’art. 110, comma 1, D.lgs. n. 152/2006, vieta lo smaltimento dei rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue.

I commi 2 e 3 dell’art. 110 prevedono deroghe al divieto di cui al comma 1. In base al comma 2, l'autorità competente, d'intesa con l'ente di governo dell'ambito, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire rifiuti liquidi nel proprio impianto di trattamento di acque reflue urbane, in relazione a particolari esigenze, a condizione che lo smaltimento avvenga nei limiti della capacità residua di trattamento e limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.

Altro ordine di deroghe è previsto dall’art. 110, comma 3, secondo cui il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all’autorità competente per il rilascio dell’autorizzazione allo scarico, di cui all’art. 124, D.lgs. n. 152/2006, è comunque autorizzato ad accettare in impianti di depurazione, che abbiano capacità adeguata di depurazione e che rispettino i limiti di cui all’art. 101, commi 2 e 3, alcune categorie di rifiuti e materiali elencate nella stessa disposizione, “purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati”. Le categorie previste dall’art. 110, comma 3 sono le seguenti:

a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell'articolo 100, comma 3;

c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente”.

Come è stato chiarito da questo Ministero con la nota prot. n. 65777 dell’8 aprile 2024, di riscontro a un interpello della Regione Abruzzo, in base all’art. 74, comma 1, lett. bb), D.lgs. n. 152/2006, i fanghi, “in quanto “residui” della depurazione non possono, neanche astrattamente, assumere le caratteristiche dei rifiuti liquidi cui si riferisce la lett. a) e, per altro verso, in quanto “provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane”, non sono suscettibili di essere identificati con i rifiuti di cui alla lett. b) provenienti dalla manutenzione dei sistemi individuali o degli altri sistemi pubblici o privati per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche. Di conseguenza, perché essi possano essere trattati in impianti di depurazione, è necessario che siano ricompresi nella fattispecie della lett. c) dell’art. 110, comma 3, cit. e, dunque, che non siano qualificabili come rifiuti (così, anche Tar Lazio, Latina, sez. I, 13 novembre 2023, n. 778)”.

Al riguardo, si evidenzia che in base all’art. 127, comma 1, D.lgs. n. 152/2006, i fanghi “sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e comunque solo alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione”. Pertanto, ai fini della qualificazione dei fanghi come rifiuti, è necessario che sia completato il complessivo processo di trattamento.

Sul punto occorre segnalare la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che, con riferimento alla deroga prevista all’articolo 110, comma 3, lettera c), ha chiarito che “se il materiale non ha completato il suo processo di trattamento e viene trasferito in altro impianto [di depurazione delle acque reflue] non può essere considerato ancora rifiuto in senso stretto, ai sensi dell’articolo 127 del D.lgs. n. 152 del 2006” (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1064 del 10 febbraio 2025).

Pertanto, per poter conferire i fanghi in impianti di depurazione ai sensi dell’art. 110, comma 3, lett. c), tali materiali non devono essere stati sottoposti a un trattamento completo.

Nella diversa ipotesi in cui il trattamento depurativo sia stato completato, l’attività di trattamento svolta nell’impianto ricevente dovrebbe essere qualificata come smaltimento o recupero di rifiuti. Tali rifiuti possono essere trattati, comunque siano conferiti, in impianti di depurazione, gestiti dal gestore del servizio idrico integrato, qualora ricorrano i presupposti ai fini dell’applicazione dell’art. 110, comma 2 o dell’art. 110, comma 3, lett. a), D.lgs. n. 152/2006.

Da quanto è stato esposto, deriva che i quantitativi di fanghi conferiti in impianti di trattamento delle acque ai sensi dell’art. 110, comma 3, lett. c), D.lgs. n. 152/2006 non devono essere cumulativamente considerati insieme a determinate tipologie di rifiuti provenienti da terzi, ai fini della verifica delle soglie di cui alle categorie IPPC 5.3.a e 5.3.b.

La scrivente Direzione Generale ritiene che, invece, i fanghi devono essere cumulativamente considerati per la verifica delle soglie relative alle categorie IPPC sopra menzionate nelle diverse ipotesi in cui il trattamento depurativo degli stessi sia stato completato; in tali casi, infatti, i fanghi devono essere considerati rifiuti, secondo quanto previsto dall’art. 127, D.lgs. n. 152/2006.

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In conclusione, in merito al primo quesito, si ritiene che un impianto di depurazione dotato di autorizzazione ai sensi della Parte IV del D.Lgs. 152/2006, nonché autorizzato allo scarico ai sensi dell’art. 124 del medesimo Decreto legislativo, possa accogliere in regime di deroga ex art. 110 comma 3), lett. c) del TUA i fanghi derivanti da altri impianti di depurazione.

I quantitativi di fanghi che non siano stati sottoposti a trattamento completo e conferiti in impianti di trattamento delle acque ai sensi dell’art. 110, comma 3, lett. c), D.lgs. n. 152/2006 non devono essere cumulativamente considerati insieme a determinate tipologie di rifiuti provenienti da terzi, ai fini della verifica delle soglie di cui alle categorie IPPC 5.3.a e 5.3.b.

Devono, invece, essere cumulativamente considerati per la verifica delle soglie relative alle categorie IPPC 5.3.a e 5.3.b i fanghi da individuare come rifiuti, quali i fanghi che siano stati sottoposti a trattamento completo.

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