Informazioni ambientali: le modifiche al regolamento n. 1367/2006

Le novità nel regolamento (Ue) 2021/1767

Informazioni ambientali: modifiche al regolamento n. 1367/2006 sono state disposte del regolamento (Ue) 2021/1767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 ottobre 2021 (in G.U.C.E. L dell'8 ottobre 2021, n. 356).

Il regolamento n. 1367/2006 riguarda l’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale.

Inserito, tra gli altri, l'articolo 11 bis «Pubblicazione delle richieste e delle decisioni finali, e sistemi online per la ricezione delle richieste».

Di seguito il testo integrale del regolamento (Ue) 2021/1767.

 

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Regolamento (Ue) 2021/1767 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 ottobre 2021 relativo alla modifica del regolamento (CE) n. 1367/2006 sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale

(in G.U.C.E. L dell'8 ottobre 2021, n. 356)

 

IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 192, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione europea,

previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo[1]GU C 123 del 9.4.2021, pag. 66.,

previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria[2]Posizione del Parlamento europeo del 5 ottobre 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 ottobre 2021., considerando quanto segue:

(1) L’Unione e i suoi Stati membri sono parti della convenzione della commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale («la convenzione di Aarhus»)[3]Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124 del 17.5.2005, pag. 1). e sono investiti di competenze e obblighi individuali e concorrenti ai sensi di tale convenzione.

(2) Il regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio[4]Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264 del 25.9.2006, pag. 13).è stato adottato per contribuire all’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione di Aarhus stabilendo regole sulla sua applicazione alle istituzioni e agli organi dell’Unione.

(3) Nella comunicazione dell’11 dicembre 2019 sul Green Deal europeo, la Commissione si è impegnata a prendere in considerazione la possibilità di rivedere il regolamento (CE) n. 1367/2006 affinché i cittadini e le organizzazioni non governative impegnate a favore dell’ambiente che nutrono dubbi specifici circa la compatibilità con il diritto ambientale di atti amministrativi che hanno effetti sull’ambiente possano accedere più facilmente al riesame amministrativo e giudiziario a livello di Unione. La Commissione si è inoltre impegnata ad adottare misure per migliorare l’accesso dei cittadini e delle organizzazioni non governative alla giustizia dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali di tutti gli Stati membri. A tal fine ha pubblicato la comunicazione del 14 ottobre 2020 su «Migliorare l’accesso alla giustizia in materia ambientale nell’UE e nei suoi Stati membri», nella quale afferma che «l’accesso alla giustizia in materia ambientale, sia attraverso la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) che attraverso le autorità giurisdizionali nazionali in quanto unionali, è un’importante misura di sostegno per aiutare a realizzare la transizione del Green Deal europeo e un modo per rafforzare il ruolo che la società civile può svolgere come custode dello spazio democratico».

(4) Fatta salva la prerogativa della CGUE di ripartire le spese, i procedimenti giurisdizionali a norma del regolamento (CE) n. 1367/2006 non devono essere eccessivamente onerosi, in linea con l’articolo 9, paragrafo 4, della convenzione di Aarhus. Di conseguenza, le istituzioni e gli organi dell’Unione si impegneranno soltanto a sostenere e quindi a chiedere il rimborso di spese ragionevoli relative a tali procedimenti.

(5) Tenuto conto dell’articolo 9, paragrafi 3 e 4, della convenzione di Aarhus e delle conclusioni e del parere del comitato di controllo dell’osservanza della convenzione di Aarhus nel caso ACCC/C/2008/32, è opportuno che il diritto dell’Unione sia reso conforme alle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alla giustizia in materia ambientale in modo compatibile con i principi fondamentali del diritto dell’Unione e il suo sistema di riesame giudiziario.

(6) Con la decisione (UE) 2018/881[5]Decisione (UE) 2018/881 del Consiglio, del 18 giugno 2018, che invita la Commissione a presentare uno studio sulle opzioni dell’Unione per rispondere alle conclusioni del comitato di controllo dell’osservanza della convenzione di Aarhus relative al caso ACCC/C/2008/32 e, se del caso tenendo conto dei risultati dello studio, una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifichi il regolamento (CE) n. 1367/2006 (GU L 155 del 19.6.2018, pag. 6). il Consiglio ha richiesto uno studio sulle opzioni dell’Unione per rispondere alle conclusioni del comitato di controllo dell’osservanza della convenzione di Aarhus nel caso ACCC/C/2008/32, a cui deve far seguito, se del caso, una proposta di modifica del regolamento (CE) n. 1367/2006. Inoltre, il Parlamento europeo ha richiesto la modifica del regolamento (CE) n. 1367/2006 nelle risoluzioni del 15 novembre 2017 su un piano d’azione per la natura, i cittadini e l’economia[6]GU C 356 del 4.10.2018, pag. 38., del 16 novembre 2017 sul riesame dell’attuazione delle politiche ambientali dell’UE[7]GU C 356 del 4.10.2018, pag. 84.e del 15 gennaio 2020 sul Green Deal europeo[8]GU C 270 del 7.7.2021, pag. 2..

(7) L’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus prevede che, nel quadro del rispettivo diritto nazionale, ciascuna parte provveda affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri previsti dal diritto nazionale abbiano accesso a procedure di ricorso di natura giurisdizionale e non per contestare la legittimità sostanziale e procedurale di decisioni, atti od omissioni che violano le norme del diritto ambientale nazionale. La procedura di riesame amministrativo di cui al regolamento (CE) n. 1367/2006, integra il sistema di riesame giudiziario complessivo dell’Unione che consente ai membri del pubblico di far sottoporre a riesame gli atti amministrativi attraverso impugnazioni dirette a livello dell’Unione, segnatamente a norma dell’articolo 263, quarto comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e a norma dell’articolo 267 TFUE, attraverso gli organi giurisdizionali nazionali. Il diritto e l’obbligo degli organi giurisdizionali nazionali di sottoporre alla CGUE una domanda di pronuncia pregiudiziale a norma dell’articolo 267 TFUE costituiscono elementi essenziali in tale sistema. A norma dell’articolo 267 TFUE, come interpretato dalla CGUE, gli organi giurisdizionali nazionali degli Stati membri, in qualità di giudici di «diritto ordinario» dell’ordinamento giuridico dell’Unione, sono parte integrante del sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione[9]Parere della Corte dell’8 marzo 2011, Creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti, 1/09, ECLI: EU:C:2011:123, punto 80..

(8) La limitazione del riesame interno agli atti amministrativi di portata individuale prevista dal regolamento (CE) n. 1367/2006 è stato il principale motivo di non ammissibilità delle richieste di riesame interno a norma dell’articolo 10 di detto regolamento presentate dalle organizzazioni non governative impegnate a favore dell’ambiente, anche per quanto riguarda atti amministrativi di maggiore portata. È necessario pertanto ampliare l’ambito di applicazione della procedura di riesame interno prevista da tale regolamento per includervi gli atti non legislativi di portata generale.

(9) L’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1367/2006 comprende gli atti adottati nell’ambito o ai sensi del diritto ambientale. L’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus riguarda invece l’impugnazione di atti od omissioni «compiuti in violazione» del diritto ambientale. È quindi necessario precisare che un riesame interno dovrebbe essere condotto al fine di accertare se un atto amministrativo configuri una violazione del diritto ambientale.

(10) Nello stabilire se un atto amministrativo contenga disposizioni che, a causa dei loro effetti, potrebbero configurare una violazione del diritto ambientale, è necessario valutare se tali disposizioni possano incidere negativamente sul raggiungimento degli obiettivi della politica dell’Unione in materia ambientale elencati all’articolo 191 TFUE. In tal caso, è opportuno che la procedura di riesame interno si applichi anche agli atti adottati per attuare politiche diverse dalla politica dell’Unione in materia ambientale.

(11) A norma dell’articolo 263 TFUE, come interpretato dalla CGUE, un atto va considerato avente effetti esterni, e quindi in grado di essere oggetto di una richiesta di riesame, se è destinato a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Gli atti preparatori, le raccomandazioni, i pareri e altri atti non vincolanti che non producono effetti giuridici nei confronti di terzi e che quindi non possono essere considerati aventi effetti esterni, in conformità della giurisprudenza della CGUE, non dovrebbero pertanto essere considerati alla stregua di atti amministrativi ai sensi del regolamento (CE) n. 1367/2006[10]Sentenza della Corte di giustizia del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e altri/Parlamento europeo e Consiglio, C-583/11 P, ECLI: EU:C:2013:625, punto 56..

(12) Al fine di garantire la coerenza giuridica, un atto è considerato avente effetti giuridici, e quindi in grado di essere oggetto di una richiesta di riesame, a norma dell’articolo 263 TFUE, come interpretato dalla CGUE[11]Si veda la sentenza nella causa C-583/11 P, punto 56.. Considerare un atto come avente effetti giuridici implica che un atto possa essere oggetto di una richiesta di riesame, indipendentemente dalla sua forma, dato che la sua natura è considerata in relazione ai suoi effetti, al suo obiettivo e al suo contenuto[12]Sentenze della Corte di giustizia del 10 dicembre 1957, Usines à tubes de la Sarre/Alta autorità, 1/57 e 14/57, ECLI:EU:C:1957:13, pag. 114; del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio, 22/70, ECLI:EU:C:1971:32, punto 42; del 16 giugno 1993, Francia/ Commissione, C-325/91, ECLI:EU:C:1993:245, punto 9; del 20 marzo 1997, Francia/Commissione, C-57/95, ECLI:EU:C:1997:164, punto 22; e del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C-463/10 P e C-475/10 P, ECLI:EU:C:2011:656, punto 36..

(13) Per consentire un tempo sufficiente allo svolgimento di un processo di riesame adeguato, è opportuno prorogare il termine fissato nel regolamento (CE) n. 1367/2006 per la richiesta di riesame amministrativo e il termine entro il quale le istituzioni e gli organi dell’Unione devono rispondere a tali richieste.

(14) In conformità della giurisprudenza della CGUE[13]Sentenza della Corte di giustizia del 12 settembre 2019, TestBioTech/Commissione, C-82/17 P, ECLI:EU:C:2019:719, punto 69., le organizzazioni non governative impegnate a favore dell’ambiente o altri membri del pubblico che chiedono il riesame interno di un atto amministrativo sono tenuti, nell’esporre i motivi della richiesta di riesame, a indicare gli elementi di fatto o gli argomenti di diritto sostanziali che possono far sorgere dubbi plausibili, ossia seri.

(15) L’ambito di applicazione del procedimento di riesame a norma del regolamento (CE) n. 1367/2006 dovrebbe includere la legittimità sostanziale e procedurale dell’atto impugnato. In conformità della giurisprudenza della CGUE, un procedimento a norma dell’articolo 263, quarto comma, TFUE e dell’articolo 12 del regolamento (CE)
n. 1367/2006 non può essere fondato su motivi o elementi di prova che non compaiono nella domanda di riesame, salvo privare il fine del requisito relativo alla motivazione del riesame di una siffatta domanda, di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1367/2006, del suo effetto utile e modificare l’oggetto del procedimento avviato con tale domanda[14]Si veda la sentenza nella causa C-82/17 P, punto 39..

(16) Gli atti adottati dalle autorità pubbliche degli Stati membri, incluse le misure di esecuzione nazionali adottate a livello di Stati membri richieste da un atto non legislativo adottato a norma del diritto dell’Unione, non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1367/2006, in conformità dei trattati e del principio dell’autonomia degli organi giurisdizionali nazionali.

(17) Le organizzazioni non governative impegnate a favore dell’ambiente e altri membri del pubblico dovrebbero avere il diritto di chiedere il riesame interno degli atti amministrativi e delle omissioni delle istituzioni e degli organi dell’Unione in conformità delle condizioni stabilite dal regolamento (CE) n. 1367/2006, quale modificato dal presente regolamento.

(18) Nel dimostrare un pregiudizio ai loro diritti, i membri del pubblico dovrebbero dimostrare una violazione dei loro diritti. Ciò può includere una restrizione o un ostacolo ingiustificati all’esercizio di tali diritti.

(19) I membri del pubblico non sono tenuti a dimostrare di essere direttamente e individualmente interessati ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, come interpretato dalla CGUE[15]Sentenza della Corte del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, C-25/62, ECLI:EU:C:1963:17.. Tuttavia, al fine di evitare che membri del pubblico abbiano il diritto incondizionato di chiedere un riesame interno («actio popularis»), che non è richiesto a norma della convenzione di Aarhus, essi dovrebbero dimostrare di essere direttamente interessati rispetto al pubblico in generale, per esempio nel caso di una minaccia imminente alla propria salute e sicurezza, o di pregiudizio causato a un diritto spettante ai sensi della legislazione dell’Unione, derivante dalla presunta violazione del diritto ambientale, in conformità della giurisprudenza della CGUE[16]Sentenze della Corte del 25 luglio 2008, Janecek, C-237/07, ECLI:EU:C:2008:447; del 1o giugno 2017, Folk, C-529/15, ECLI:EU: C:2017:419, e del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e altri, C-197/18, ECLI:EU:C:2019:824..

(20) Nel dimostrare un interesse pubblico sufficiente, i membri del pubblico dovrebbero dimostrare collettivamente sia l’esistenza di un interesse pubblico nella salvaguardia, nella protezione e nel miglioramento della qualità dell’ambiente, nella protezione della salute umana, nell’utilizzo prudente e razionale delle risorse naturali o nella lotta contro i cambiamenti climatici, sia che la loro richiesta di riesame è sostenuta da un numero sufficiente di persone fisiche o giuridiche in tutta l’Unione mediante la raccolta fisica o digitale delle loro firme.

(21) Al fine di garantire procedure efficaci di riesame interno, e in particolare che le richieste di riesame soddisfino, se del caso, i criteri di cui al regolamento (CE) n. 1367/2006 e presentino fatti o argomentazioni giuridiche di merito sufficienti a sollevare seri dubbi sulla valutazione effettuata dall’istituzione o dall’organo dell’Unione[17]Si veda la sentenza nella causa C-82/17 P, punto 69., è opportuno che i membri del pubblico siano rappresentati da un’organizzazione non governativa impegnata a favore dell’ambiente che soddisfi i criteri di cui al regolamento (CE) n. 1367/2006, modificato dal presente regolamento, o da un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi a un tribunale di uno Stato membro.

(22) Nel caso in cui un’istituzione o un organo dell’Unione riceva più richieste di riesame per lo stesso atto o la stessa omissione e combini tali richieste per valutarle in un’unica procedura, l’istituzione o l’organo dell’Unione dovrebbe esaminare separatamente ciascuna richiesta nella sua risposta. In particolare, se una tale richiesta è considerata irricevibile per motivi procedurali o se è respinta nel merito, ciò non dovrebbe pregiudicare l’esame delle altre richieste di riesame trattate nella stessa procedura.

(23) Al fine di garantire che il trattamento dei casi sia efficace, è opportuno che le istituzioni e gli organi dell’Unione si adoperino per applicare in modo coerente i criteri di cui all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 1367/2006.

(24) Ai fini della trasparenza e dell’efficace trattamento dei casi, le istituzioni e gli organi dell’Unione dovrebbero poter istituire sistemi online per la ricezione delle richieste di riesame interno.

(25) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire stabilire norme dettagliate sull’applicazione delle disposizioni della convenzione di Aarhus alle istituzioni e agli organi dell’Unione, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

(26) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»), in particolare la necessità di integrare un elevato livello di protezione ambientale nelle politiche dell’Unione (articolo 37), il diritto a una buona amministrazione (articolo 41) e il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (articolo 47). Il presente regolamento concorre all’efficacia del sistema di riesame amministrativo e giudiziario dell’Unione e di conseguenza rafforza l’applicazione degli articoli 37, 41 e 47 della Carta, contribuendo così allo Stato di diritto sancito dall’articolo 2 TUE.

(27) È opportuno pertanto modificare di conseguenza il regolamento (CE) n. 1367/2006,

HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

Il regolamento (CE) n. 1367/2006 è così modificato:

1) all’articolo 2, paragrafo 1, le lettere g) e h) sono sostituite dalle seguenti:

«g) “atto amministrativo”: qualsiasi atto non legislativo adottato da un’istituzione o da un organo dell’Unione, avente effetti giuridici ed esterni e contenente disposizioni che potrebbero configurare una violazione del diritto ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f);

h) “omissione amministrativa”: la mancata adozione da parte di un’istituzione o di un organo dell’Unione di un atto non legislativo avente effetti giuridici ed esterni, qualora tale mancata adozione possa violare il diritto ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f).»;

2) l’articolo 10 è così modificato:

a) i paragrafi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Una qualsiasi organizzazione non governativa o altro membro del pubblico che soddisfi i criteri di cui all’articolo 11 ha il diritto di presentare una richiesta di riesame interno all’istituzione o all’organo dell’Unione che ha adottato l’atto amministrativo o, in caso di presunta omissione amministrativa, che avrebbe dovuto adottarlo, se ritiene che l’atto o l’omissione configuri una violazione del diritto ambientale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera f).

Tali richieste sono formulate per iscritto entro un termine massimo di otto settimane a decorrere dalla data più recente tra quelle di adozione, notifica o pubblicazione dell’atto amministrativo o, in caso di presunta omissione amministrativa, entro otto settimane dalla data in cui lo stesso avrebbe dovuto essere adottato. La richiesta deve contenere una motivazione del riesame.

2. L’istituzione o l’organo dell’Unione di cui al paragrafo 1 esamina tale richiesta a meno che essa sia manifestamente infondata o palesemente ingiustificata. Nel caso in cui un’istituzione o un organo dell’Unione riceva più richieste di riesame dello stesso atto amministrativo o della stessa omissione amministrativa, l’istituzione o l’organo può decidere di combinare le richieste e di trattarle come un’unica richiesta. Non appena possibile, e comunque entro sedici settimane dalla scadenza del termine di otto settimane stabilito al paragrafo 1, secondo comma, l’istituzione o l’organo dell’Unione risponde per iscritto adducendo le sue motivazioni.»;

b) al paragrafo 3, il secondo comma è sostituito dal seguente:

«L’istituzione o l’organo dell’Unione è tenuto ad agire in ogni caso entro 22 settimane dalla scadenza del termine di otto settimane stabilito al paragrafo 1, secondo comma.»;

3) l’articolo 11 è così modificato:

a) è inserito il paragrafo seguente:

«1 bis. Una richiesta di riesame interno può essere presentata anche da altri membri del pubblico, purché sussistano le condizioni seguenti:

a) sono tenuti a dimostrare che vi è un pregiudizio dei loro diritti causato dalla presunta violazione del diritto ambientale dell’Unione e che, diversamente dal pubblico in generale, sono direttamente interessati da tale pregiudizio; oppure

b) sono tenuti a dimostrare che la richiesta è giustificata da un interesse pubblico sufficiente ed è sostenuta da almeno 4 000 membri del pubblico residenti o stabiliti in almeno cinque Stati membri, con almeno 250 membri del pubblico provenienti da ciascuno di tali Stati membri.

Nei casi di cui al primo comma, i membri del pubblico sono rappresentati da un’organizzazione non governativa che soddisfa i criteri di cui al paragrafo 1 o da un avvocato abilitato a patrocinare dinanzi a un tribunale di uno Stato membro. Tale organizzazione non governativa o avvocato coopera con l’istituzione o l’organo dell’Unione interessato al fine di stabilire, ove applicabile, se le condizioni quantitative di cui al primo comma, lettera b), sono soddisfatte, e fornisce ulteriori prove in tal senso su richiesta.»;

b) il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

«2. La Commissione adotta le disposizioni necessarie a garantire che i criteri e le condizioni di cui al paragrafo 1 e al paragrafo 1 bis, secondo comma, siano applicati in modo trasparente e coerente.»;

4) è inserito l’articolo seguente:

«Articolo 11 bis

Pubblicazione delle richieste e delle decisioni finali, e sistemi online per la ricezione delle richieste

1. Le istituzioni e gli organi dell’Unione pubblicano tutte le richieste di riesame interno non appena possibile dopo averle ricevute, nonché tutte le decisioni finali relative a tali richieste non appena possibile dopo la loro adozione.

2. Le istituzioni e gli organi dell’Unione possono istituire sistemi online per la ricezione delle richieste di riesame interno e possono esigere che tutte le richieste di riesame interno siano presentate tramite i loro sistemi online.»;

5) all’articolo 12, il paragrafo 2 è sostituito dal seguente:

«2. Qualora l’istituzione o l’organo dell’Unione ometta di agire a norma dell’articolo 10, paragrafo 2 o paragrafo 3, l’organizzazione non governativa o altro membro del pubblico che ha presentato la richiesta di riesame interno in conformità dell’articolo 10 possono proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia a norma delle pertinenti disposizioni del trattato.»;

6) in tutto il regolamento i riferimenti alle disposizioni del trattato che istituisce la Comunità europea (trattato CE) sono sostituiti da riferimenti alle corrispondenti disposizioni del TFUE, con le necessarie modifiche grammaticali;

7) in tutto il regolamento, compreso il titolo, il termine «Comunità» è sostituito dal termine «Unione», con le necessarie modifiche grammaticali.

Articolo 2

Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

L’articolo 1, paragrafo 3, lettera a), si applica a decorrere dal 29 aprile 2023.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Note   [ + ]

1. GU C 123 del 9.4.2021, pag. 66.
2. Posizione del Parlamento europeo del 5 ottobre 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 ottobre 2021.
3. Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124 del 17.5.2005, pag. 1).
4. Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264 del 25.9.2006, pag. 13).
5. Decisione (UE) 2018/881 del Consiglio, del 18 giugno 2018, che invita la Commissione a presentare uno studio sulle opzioni dell’Unione per rispondere alle conclusioni del comitato di controllo dell’osservanza della convenzione di Aarhus relative al caso ACCC/C/2008/32 e, se del caso tenendo conto dei risultati dello studio, una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifichi il regolamento (CE) n. 1367/2006 (GU L 155 del 19.6.2018, pag. 6).
6. GU C 356 del 4.10.2018, pag. 38.
7. GU C 356 del 4.10.2018, pag. 84.
8. GU C 270 del 7.7.2021, pag. 2.
9. Parere della Corte dell’8 marzo 2011, Creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti, 1/09, ECLI: EU:C:2011:123, punto 80.
10. Sentenza della Corte di giustizia del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e altri/Parlamento europeo e Consiglio, C-583/11 P, ECLI: EU:C:2013:625, punto 56.
11. Si veda la sentenza nella causa C-583/11 P, punto 56.
12. Sentenze della Corte di giustizia del 10 dicembre 1957, Usines à tubes de la Sarre/Alta autorità, 1/57 e 14/57, ECLI:EU:C:1957:13, pag. 114; del 31 marzo 1971, Commissione/Consiglio, 22/70, ECLI:EU:C:1971:32, punto 42; del 16 giugno 1993, Francia/ Commissione, C-325/91, ECLI:EU:C:1993:245, punto 9; del 20 marzo 1997, Francia/Commissione, C-57/95, ECLI:EU:C:1997:164, punto 22; e del 13 ottobre 2011, Deutsche Post e Germania/Commissione, C-463/10 P e C-475/10 P, ECLI:EU:C:2011:656, punto 36.
13. Sentenza della Corte di giustizia del 12 settembre 2019, TestBioTech/Commissione, C-82/17 P, ECLI:EU:C:2019:719, punto 69.
14. Si veda la sentenza nella causa C-82/17 P, punto 39.
15. Sentenza della Corte del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, C-25/62, ECLI:EU:C:1963:17.
16. Sentenze della Corte del 25 luglio 2008, Janecek, C-237/07, ECLI:EU:C:2008:447; del 1o giugno 2017, Folk, C-529/15, ECLI:EU: C:2017:419, e del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e altri, C-197/18, ECLI:EU:C:2019:824.
17. Si veda la sentenza nella causa C-82/17 P, punto 69.

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