Infortuni in missione e in trasferta: i chiarimenti di INAIL

Sul sito dell'Istituto la circolare 23 ottobre 2013,n.52
Gli infortuni che si verificano in missione o in trasferta non sono
omologabili a quelli in itinere (ovvero, nel tragitto tra casa/luogo di
lavoro, e viceversa). Questa particolare categoria va considerata,
infatti, alla stessa stregua di quelli occorsi in occasione di lavoro e –
di conseguenza – va indennizzata come tale. Chiarezza è stata fatta
dall’Inail in una recente circolare emanata dal direttore generale,
Giuseppe Lucibello, nella quale l’Istituto ha proceduto a un riordino
complessivo della materia, definendo per le sedi territoriali le
istruzioni operative per trattare in modo uniforme e omogeneo questa
particolare casistica su tutto il territorio nazionale.

Una differenza sostanziale rispetto agli infortuni in itinere.
Il documento evidenzia una distinzione sostanziale tra chi, per
esempio, è vittima di un incidente mentre si reca dalla propria
abitazione all’ufficio e chi subisce lo stesso incidente nel corso del
tragitto dall’albergo (o da un’altra dimora temporanea per motivi di
lavoro) al luogo in cui viene svolta la prestazione. In breve: per tutta
la durata della missione o della trasferta ogni azione compiuta è da
considerarsi esclusivamente ‘in occasione di lavoro’ (definizione che si
riferisce all’insieme di circostanze e di situazioni in cui le attività
o le loro modalità di organizzazione impongono comportamenti specifici
che espongono al rischio) e, quindi, deve essere indennizzata come un
qualsiasi altro infortunio tutelato.

Tutto ciò che accade in missione è necessitato dalla missione stessa.
“La missione è caratterizzata, nel suo complesso, da una situazione di
cosiddetta costrittività organizzativa - spiega l’avvocato Luciana
Romeo, coordinatore del settore Prestazioni presso l’Avvocatura generale
dell’Inail – tale che tutto ciò che accade nel corso della stessa
dovrebbe essere considerato come verificatosi in attualità di lavoro o
in occasione di lavoro, proprio in quanto accessorio all’attività
lavorativa e alla stessa funzionalmente connesso. Tutto questo dal
momento in cui la missione ha inizio fino al momento della sua
conclusione. In altri termini, tutto quello che accade durante una
missione – dal momento in cui il lavoratore esce dalla casa di
abitazione fino a quando vi fa rientro – è necessitato dalla missione
stessa. Infatti, l’interessato non ha alcuna libertà di scelta né
margini di discrezionalità: dal percorso da effettuare al mezzo di
trasporto utilizzato, fino al luogo nel quale pernottare”.

Assenza di abitudini consolidate e di punti di riferimento.
La mancanza di abitudini consolidate, di punti di riferimento o il
doversi muovere in ambiti essenzialmente sconosciuti: sono questi gli
elementi che distinguono l’agire in trasferta (o in missione) rispetto
al quotidiano percorso tra la propria abitazione e
l’ufficio/azienda/luogo di lavoro. Tale distinzione qualifica in modo
differente anche gli infortuni avvenuti all’interno della propria casa
rispetto a quelli verificati nell’albergo (o altra temporanea dimora in
trasferta).

Mancanza di controllo sulle condizioni di rischio.
Nel caso di infortunio verificatosi nella propria abitazione, infatti,
l’ambiente è noto e le eventuali condizioni di rischio a cui il
lavoratore si espone sono frutto di una scelta autonoma e personale,
secondo una discrezionalità nell’altro caso del tutto assente. “Per fare
un esempio pratico, la caduta nella doccia della propria abitazione
deve essere considerata diversamente da quella avvenuta nella doccia di
un albergo – spiega, ancora, la Romeo – Questo perché le condizioni in
cui si verifica l’infortunio, malgrado le apparenti similitudini, sono
totalmente diverse: la doccia di casa è, infatti, un luogo conosciuto e
in cui ci si muove con la totale consapevolezza che nasce dalla
quotidianità. La stanza d’albergo, invece, è un ambiente sconosciuto al
lavoratore, poiché temporaneo e imposto dall’azienda. A differenza della
propria abitazione, in breve, nell’albergo o nel residence non c’è il
medesimo controllo sulle condizioni di rischio né, di conseguenza, la
stessa possibilità di poter prevenire gli infortuni”.

Nessun indennizzo in caso di rischio elettivo.
Dunque, qualsiasi incidente in missione o in trasferta è classificabile
(e indennizzabile) come incidente in occasione di lavoro? Naturalmente
no. L’evento non può ritenersi indennizzabile nel caso in cui si
verifichi nel corso dello svolgimento di un’attività che non ha alcun
legame funzionale con la prestazione lavorativa (o con la costrittività
organizzativa) o nel caso di rischio elettivo: cioè, quando l’evento sia
riconducibile a scelte personali del lavoratore, irragionevoli e prive
di alcun collegamento con la prestazione lavorativa, tale da esporlo ad
un rischio determinato esclusivamente da queste scelte.

Necessari inoppugnabili criteri di ragionevolezza.
“Esistono dei rigorosi criteri di ragionevolezza che devono essere
comunque rispettati – conclude la Romeo – Prendiamo a esempio la scelta
del luogo di ristorazione. Un’eccessiva distanza tra il ristorante e la
sede della missione comporta un’esposizione al rischio che non è
necessaria e che fa venire meno la qualificazione dell’eventuale
incidente come ‘occorso in occasione di lavoro’. Cenare in un locale che
sta all’altro capo della città rispetto alla sede della missione,
infatti, – malgrado la disponibilità di ristoranti vicini – è
un’abnormità della scelta che non ha giustificazione con lo svolgimento
della mansione professionale. In questi casi, dunque, intervengono
criteri di ragionevolezza che dipendono dall’analisi di ogni singola
situazione”.

[Fonte: inail.it]

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