Qualità delle acque per consumo umano: cambia la legislazione

Il decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18 ha come obiettivo primario la tutela sanitaria dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione. Tanti gli aggiornamenti in materia, dall’inclusione dei Pfas (e non solo) alla revisione del sistema sanzionatorio. Abrogato il D.Lgs. n. 31/2001. Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di Ambiente&Sicurezza

Qualità delle acque per consumo umano: cambia la legislazione per effetto della pubblicazione del decreto legislativo 23 febbraio 2023, n. 18, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano» (in Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 2023, n. 55 ).

Si tratta della nuova disciplina sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, abrogativa della pregressa datata normativa di cui al D.Lgs. n. 31/2001 e aggiornata ad alcuni parametri di sostanze inquinanti recentemente (Pfas e non solo).

Gli obiettivi dichiarati del decreto sono «la protezione della salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, assicurando che le acque siano salubri e pulite, nonché il miglioramento dell'accesso alle acque destinate al consumo umano» (art. 1, comma 2).

L’ambito di applicazione

Da un punto di vista di applicazione oggettiva del decreto rileva, su tutte, la definizione di cui all’art. 2, comma 1, lettera a) di «acque destinate al consumo umano» (identificate anche quali «acque potabili») da riferirsi a: «1) tutte le acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione di cibi, bevande o per altri usi domestici, in locali sia pubblici che privati, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne o in bottiglie o contenitori, comprese le acque di sorgente di cui al decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176; 2) tutte le acque utilizzate in un'impresa alimentare e incorporate negli alimenti o prodotti destinati al consumo umano nel corso della loro produzione, preparazione, trattamento, conservazione o immissione sul mercato».

Restano, peraltro, escluse dal decreto:

  • le acque minerali naturali riconosciute come tali ai sensi del D.Lgs. n. 176/2011;
  • le acque considerate medicinali a norma della pertinente legislazione;
  • le acque di cui all'art. 2, comma 1), lettera a), punto 2), se:

- provenienti da fonti di approvvigionamento proprie dell'operatore alimentare, in quanto soggette agli obblighi e ai provvedimenti correttivi della pertinente legislazione alimentare e in particolare comprese nei «principi dell'analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (sistema Haccp)», fatto salvo il rispetto per le stesse dei valori di parametro di cui all'allegato I, parti A e B;
- la loro qualità non può avere conseguenze dirette o indirette sulla salubrità del prodotto alimentare finale, secondo quanto valutato dall'autorità sanitaria territorialmente competente;

  • alle acque destinate esclusivamente a quegli usi specifici diversi da quello potabile, ivi incluse quelle utilizzate nelle imprese alimentari, la cui qualità non abbia ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute dei consumatori interessati ovvero perché regolate da diversa specifica normativa, come individuate nell'allegato V del decreto (art. 3, comma 1).

A loro volta le acque destinate al consumo umano confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita o utilizzate nella produzione, preparazione o trattamento di alimenti, dovranno essere conformi alla nuova disciplina «fino al punto di rispetto della conformità di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), e, qualora siano destinate ad essere ingerite o si preveda ragionevolmente che possano essere ingerite da esseri umani, devono da quel punto in poi essere considerate alimenti ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002» (art. 3, comma 2, D.Lgs. in oggetto).

Anche le acque destinate al consumo umano prodotte dalle case dell'acqua dovranno essere conformi al decreto fino al punto di rispetto della conformità di cui all'art. 5, comma 1, lettera e), e, rientrando nell'attività di somministrazione diretta al pubblico di bevande, dovranno da quel punto in poi essere considerate alimenti (art. 3, comma 3, citato).

Una disciplina parziale sarà applicabile:

  • alle navi che eseguono la desalinizzazione dell'acqua, il trasporto passeggeri e operano in veste di gestori idro-potabili (soggette solo alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 e agli articoli 8, 9, 12 e 15, e ai pertinenti allegati, decreto in oggetto);
  • alle acque di sorgente ex D.Lgs. n. 1176/2011 (sub solo requisiti minimi di cui all'allegato I, parte A);
  • ai gestori idro-potabili che forniscono, in media, meno di 10 m³ di acqua al giorno o che servono meno di 50 persone nell'ambito di un'attività commerciale o pubblica (soggetti soltanto alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 e agli articoli 13, 14 e 15, e ai pertinenti allegati, del decreto) (art. 3).

I principi

Rileva il principio generale che «le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite» (art. 4, comma 1), tale che per essere tali le acque destinate al consumo umano:

  • non devono contenere microrganismi, virus e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana;
  • devono soddisfare i requisiti minimi stabiliti nell'allegato I, parti A, B e D, del decreto;
  • devono essere conformi ai valori per parametri supplementari non riportati nell'allegato I e fissati ai sensi dell'articolo 12, comma 13; d) devono essere adottate le misure necessarie previste dagli articoli da 5 a 15 (art. 4, c. 2, citato).

Ulteriore fondamentale dichiarazione di principio é quella di cui all’art. 4, comma 3, D.Lgs. n. 18/2023, secondo la quale le disposizioni del decreto non possono «avere l'effetto di consentire un deterioramento del livello esistente della qualità delle acque destinate al consumo umano tale da avere ripercussione sulla tutela della salute umana, né l'aumento dell'inquinamento delle acque destinate alla loro produzione», mentre corrisponde a un vero e proprio obbligo generale la previsione, a carico dei gestori idro-potabili che forniscono almeno 10.000 m³ di acqua al giorno o che servono almeno 50.000 persone, di effettuare «una valutazione dei livelli delle perdite e dei potenziali miglioramenti in termini di riduzione delle perdite di rete idrica, utilizzando gli indicatori di perdite idriche di rete quali definiti all'articolo 2, comma 1, lettera s)» del decreto medesimo (art. 4, comma 4). Peraltro, Arera, a propria volta, dovrà provvedere all'acquisizione dei risultati della valutazione e alla elaborazione del tasso medio di perdita idrica nazionale, trasmettendoli alla Commissione europea entro il 12 gennaio 2026.

Riguardo il medesimo aspetto del contenimento delle perdite, viene demandato a un futuro D.P.C.M. (su proposta del ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica), da adottarsi entro due anni dalla data di pubblicazione del tasso medio di perdita idrica stabilito dalla Commissione europea con atto delegato previsto entro il 12 gennaio 2028, la definizione di un piano d'azione contenente una serie di misure da adottare per ridurre il tasso di perdita idrica nazionale, nel caso in cui quest'ultimo superi la soglia media stabilita dalla commissione.

Gli aggiornamenti

La nuova disciplina aggiorna l’apparato sanzionatorio (amministrativo pecuniario) in materia (art. 23) e, a livello transitorio, demanda alle autorità ambientali e sanitarie e ai gestori idro-potabili l’adozione «con ogni tempestività, e comunque non oltre il 12 gennaio 2026» delle misure necessarie a garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino i valori di parametro di cui all'allegato I, parte B, per quanto riguarda: bisfenolo-A, clorato, acidi aloacetici, microcistina-Lr, Pfas-totale, somma di Pfas e uranio, con obbligo di controllo dei medesimi parametri a decorrere dal 12 gennaio 2026 (art. 24).

L’abrogazione

Dalla data di entrata in vigore del nuovo decreto risulta, come detto, abrogata la pregressa disciplina di cui al D.Lgs. n. 31/2001; di conseguenza, i rinvii operati dalla normativa vigente a questo decreto legislativo dovranno intendersi riferiti alle corrispondenti disposizioni del D.Lgs. n. 18/2023.

Ulteriori approfondimenti sui prossimi numeri di Ambiente&Sicurezza.

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