Rifiuti organici e compostaggio: i chiarimenti del minAmb

La nota 7 marzo 2019, n. prot. 0004223 in risposta a una serie di quesiti posti dalla Regione Lombardia

Il ministero dell'Ambiente ha fornito chiarimenti sull’applicabilità delle diverse forme di compostaggio in loco dei rifiuti organici alla luce delle intervenute modifiche normative in materia. La nota 7 marzo 2019, n. prot. 0004223 prende le mosse da una serie di quesiti posti dalla Regione Lombardia sui seguenti temi:

  • qualifica delle attività di compostaggio di prossimità come attività di prevenzione oppure di gestione dei rifiuti;
  • le differenti tipologie di compostaggio di prossimità;
  • la distinzione tra compostaggio di comunità e compostaggio locale;
  • chiarimenti sulle autorizzazione alle emissioni da compostaggio locale;
  • la possibilità per i comuni di effettuare, incentivare e avviare il compostaggio di comunità;
  • l'ammissibilità all'attività di compostaggio di prossimità di prodotti assorbenti per la persona biodegradabili e compostabili conformi alla norma UNI EN 13432.

Di seguito il testo della risposta del ministero dell'Ambiente 7 marzo 2019, n. prot. 0004223.

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Risposta al quesito n. 9 del ministero dell'Ambiente, della tutela del territorio e del mare 7 marzo 2019, n. prot. 0004223

Oggetto: risposta a quesiti relativi all’applicabilità delle diverse forme di compostaggio in loco dei rifiuti organici alla luce delle intervenute modifiche normative in materia.

Codesta Regione ha richiesto in diverse occasioni (nota prot.n. 63324 del 12/12/2016, nota prot.n. 26589 del 4/5/2017, nota prot.n. 61975 de 25/10/2017, nota prot.n. 41498 del 27/08/2018) chiarimenti interpretativi relativamente alle diverse operazioni di compostaggio di prossimità (operazioni di autocompostaggio, compostaggio locale e compostaggio di comunità), così come introdotte nella disciplina di settore dal collegato ambientale (articoli 37 e 38 della L. 221/2015) e con il decreto ministeriale attuativo dello stesso (DM 29 dicembre 2016, n. 266).

Il primo dubbio interpretativo è generato dall’articolo 180 comma 1-septies del d. lgs. 152/06 (introdotto dall’articolo 37 del collegato ambientale) laddove viene citata l’attività di autocompostaggio e compostaggio di comunità in relazione alla riduzione della produzione dei rifiuti organici. Si pone quindi la questione della qualifica delle attività di compostaggio di prossimità come attività di prevenzione oppure di gestione dei rifiuti. A tal proposito occorre rilevare che tali attività di compostaggio concorrono alle finalità di prevenzione dei rifiuti nella misura in cui contribuiscono alla diffusione di una maggiore consapevolezza delle problematiche ambientali legate alla gestione dei rifiuti e con essa alla diffusione di acquisti consapevoli ed alla riduzione del food waste (rifiuto alimentare). Tuttavia le attività di compostaggio sul luogo di produzione, benché possano contribuire alla riduzione della produzione del rifiuto, non costituiscono attività di prevenzione bensì di gestione dei rifiuti. Infatti, il rifiuto organico, ancorché non conferito al sistema di gestione, è comunque prodotto e per questo motivo le linee guida della Commissione europea relative alla prevenzione, nonché il Piano Nazionale di Prevenzione, non fanno riferimento al compostaggio sul luogo di produzione. Tale attività, infatti, già ai sensi della decisione della Commissione europea 2011/753/UE del 18/11/2011, ma anche della recente direttiva quadro rifiuti (Direttiva 851/2018), può essere conteggiato ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di riciclaggio dei rifiuti urbani di cui all’articolo 11, paragrafo 2, della Direttiva 2008/98/CE. A livello nazionale è possibile per i comuni conteggiare le quantità di rifiuti compostate sul luogo di produzione sia ai fini della raccolta differenziata sia ai fini degli obiettivi di riciclo. Nella scheda MUD del comune, infatti, è possibile rendicontare tali quantità come indicato nel decreto ministeriale 26 maggio 2016 e nel decreto ministeriale 29 dicembre 2016, n. 266.

Per quanto concerne invece le differenti tipologie di compostaggio di prossimità, occorre distinguere in primis tra autocompostaggio (articolo 183, comma 1, lettera e del d. lgs. 152/06) ed altre forme di compostaggio di prossimità, quali il compostaggio di comunità (articolo 183, comma 1, lettera qq-bis del d. lgs. 152/06) e quello locale (articolo 214, comma 7-bis del d. lgs. 152/06). Il requisito sostanziale che differenzia l’autocompostaggio dalle altre forme di compostaggio di prossimità, riguarda il numero di utenze che effettuano l’attività di compostaggio. Qualora si tratti di un’utenza singola (domestica o anche non domestica) l’attività si configura come autocompostaggio ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera e) del d. lgs. 152/06. Tale attività non necessita di titoli autorizzativi e può essere intrapresa dalle singole utenze domestiche e non domestiche, a condizione che il compost, prodotto a seguito del trattamento, sia utilizzato esclusivamente dalla medesima utenza che ha prodotto e trattato il rifiuto. Non è previsto un limite di quantità per i rifiuti trattati tramite autocompostaggio, tuttavia le quantità trattate devono essere congruenti con la tipologia di utenza che effettua l’attività. Per utenze domestiche si considera generalmente una produzione di rifiuti organici pari a 80 kg/ab anno per ciascun componente del nucleo familiare (nota prot.n. 2776/RIN del 24/02/2017). Per le utenze non domestiche i  quantitativi saranno in funzione dell’attività svolta dall’utenza stessa (scuola, ospedale, esercizio commerciale, bar, ristorante, ecc.). Si rammenta, infine, che lo sgravio tariffario per l’attività di autocompostaggio è obbligatorio ai sensi dell’articolo 208, comma 19-bis del d. lgs. 152/06 nel caso di:

  • utenze non domestiche che effettuano il compostaggio individuale di residui costituiti da sostanze naturali non pericolose prodotti nell’ambito delle attività agricole e vivaistiche;
  • utenze domestiche.

Per quanto concerne invece il compostaggio di comunità, appare utile ricordare che esso, ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera qq-bis, del d. lgs. 152/06 è il “compostaggio effettuato collettivamente da più utenze domestiche e non domestiche della frazione organica dei rifiuti  urbani prodotti dalle medesime, al fine dell'utilizzo del compost prodotto da parte delle utenze conferenti”.

Secondo tale definizione può essere considerata compostaggio di comunità esclusivamente quella attività nella quale il soggetto produttore del rifiuto coincide con il conferitore all’apparecchiatura di compostaggio e con l’utilizzatore del compost prodotto. Il compostaggio di comunità è stato normato con il decreto del 29 dicembre 2016, n. 266 che contiene le procedure cui attenersi per effettuare tale attività. Si rammenta, infine, che ai sensi dell’articolo 180, comma 1- septies, del d. lgs. 152/2006, per quanto concerne il compostaggio di comunità i comuni possono applicare una riduzione sulla tassa di cui all'articolo 1, comma 641, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

Con riferimento alla tipologia di compostaggio di cui all’articolo 214, comma 7-bis del d. lgs. 152/06 (così come introdotto dall’articolo 37 del Collegato Ambientale) che per maggiore chiarezza chiameremo compostaggio locale, si rappresenta che il soggetto produttore del rifiuto può anche non coincidere con il conferitore e con l’utilizzatore del compost, venendo in questo caso a mancare il presupposto per la qualifica dell’attività come compostaggio di comunità. Tale tipologia di attività, disciplinata dal predetto articolo 214, comma 7-bis e recante una specifica procedura autorizzativa semplificata, non necessità di ulteriori specifiche o atti normativi ed è destinata al trattamento dei rifiuti nell’ambito dello stesso comune ove sono stati prodotti oppure di comuni limitrofi. A differenza del compostaggio di comunità, nel compostaggio locale sono specificate le tipologie di attività che originano il rifiuto. Inoltre lo stesso può anche essere conferito dal produttore ad un sistema di raccolta e di gestione dei rifiuti e non deve essere conferito all’apparecchiatura esclusivamente da parte delle utenze che lo hanno prodotto. A differenza di quanto avviene nell’attività di autocompostaggio o di compostaggio di comunità, il compost prodotto dal compostaggio locale deve rispettare i parametri stabiliti dalla norma sui fertilizzanti (d. lgs. 75/2010) per gli ammendanti compostati.

Sempre con riferimento al compostaggio locale si ritiene che tale attività non debba necessariamente essere effettuata dal Comune, ma possa anche essere intrapresa da altri soggetti. Tuttavia, nel caso di raccolta e gestione dei rifiuti da parte di un soggetto terzo rispetto all’utente che ha prodotto il rifiuto, il soggetto in questione è comunque tenuto al rispetto della normativa relativa alla gestione dei rifiuti ed, in particolare, l’iscrizione all’albo dei gestori dei rifiuti, diminuendo, nella pratica, i benefici di semplificazione associati a tale procedura.

Relativamente alle emissioni in atmosfera delle attività di compostaggio locale si concorda con quanto riportato da codesta Amministrazione sull’applicabilità della deroga all’autorizzazione così come previsto dall’articolo 214, comma 7-bis del d. lgs. 152/2006, salvo specifiche indicazioni del parere rilasciato da ARPA.

In allegato alla presente nota è riportato uno schema decisionale esemplificativo utile a guidare la scelta tra le diverse tipologie di attività di compostaggio di prossimità.

Per quanto concerne, invece, la tipologia di rifiuti trattabili nelle attività di compostaggio di prossimità, una delle criticità riguarda i prodotti assorbenti per la persona biodegradabili e compostabili conformi alla norma UNI EN 13432. Occorre premettere che il predetto standard è relativo al trattamento di materiali costituiti di plastiche biodegradabili e compostabili nei soli impianti industriali. Al momento non esiste uno standard nazionale, europeo o internazionale relativo al trattamento di materiali costituiti da plastiche biodegradabili e compostabili nelle apparecchiature del compostaggio di prossimità; inoltre, non risulta accertata la biodegradabilità e  la compostabilità dei prodotti assorbenti nelle stesse, in quanto i tempi di permanenza, le temperature raggiunte e la conduzione non professionale del processo, al momento, non garantiscono la trasformazione completa di tali prodotti.

Oltre a quanto sopra evidenziato appare utile ricordare che:
• nel decreto 29 dicembre 2016 n. 266, i prodotti assorbenti non sono contemplati fra le matrici in ingresso all’attività di compostaggio di comunità;
• nel compostaggio locale l’utilizzo di tali matrici non appare praticabile atteso che i prodotti assorbenti non sono prodotti dalle tipologie di attività specificate nell’articolo 214 comma 7-bis del d. lgs. 152/2006 e pertanto non possono rientrare fra i materiali di input per tale attività.

Per quanto concerne, invece, la possibilità per i comuni, ancorché non rientranti nella definizione di “organismo collettivo” di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e) del DM 29 dicembre 2016 n. 266, di effettuare, incentivare e avviare il compostaggio di comunità, fermo restando il requisito dell’auto-conferimento da parte dei cittadini e delle utenze non domestiche dei propri rifiuti organici all’apparecchiatura di compostaggio, si segnala che il comune può:
- farsi promotore dell’attività di compostaggio di comunità costituendo una nuova associazione o aderendo ad una associazione esistente ovvero ad altre forme associative di diritto privato;
- effettuare indirettamente l’attività di compostaggio di comunità tramite la propria azienda di gestione dei rifiuti la quale può costituire o aderire ad una associazione, ovvero ad altra forma associativa di diritto privato, alla quale le utenze interessate si associano per le finalità del compostaggio di comunità.
La scrivente Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento sta valutando la possibilità di proporre una revisione del decreto 29 dicembre 2016, n. 266 finalizzata a rendere possibile la partecipazione diretta del comune nonché a migliorare l’operatività del decreto stesso.

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