Rischio valanghe: le istruzioni per gestire l’emergenza

Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2019, n. 231, la direttiva del presidente del consiglio dei ministri 12 agosto 209

Su come gestire l'emergenza legata al rischio valanghe, la presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato la direttiva 12 agosto 2019 (in Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2019, n. 231) «Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale e per la pianificazione di protezione civile territoriale nell'ambito del  rischio  valanghe».

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La valutazione dei possibili rischi derivanti dagli eventi valanghivi nell'ambito delle aree  antropizzate e, quindi, l'emissione dei corrispondenti livelli di criticità/allerta nei bollettini di criticità valanghe (Bcv) e degli eventuali avvisi di criticità (Acv), spetta alla rete dei centri funzionali di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004.

Spetta poi alle regioni e alle province autonome l'adozione e la  diramazione dei Bcv/Acv per il territorio di  propria competenza, nonché la dichiarazione dei diversi livelli di allerta del sistema della protezione civile.

Di seguito il testo integrale della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 12 agosto 2019.

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Direttiva del presidente del consiglio dei ministri 12 agosto 2019 

Indirizzi operativi per la gestione organizzativa  e  funzionale  del
sistema di allertamento nazionale e regionale e per la pianificazione
di protezione civile territoriale nell'ambito del  rischio  valanghe.
(19A06095) 

in Gazzetta Ufficiale del 2 ottobre 2019, n. 231

                            IL PRESIDENTE

DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

Vista la legge 21 marzo 2001,  n.  74,  recante  «Disposizioni  per

favorire l'attivita' svolta dal Corpo  nazionale  soccorso  alpino  e

speleologico» e successive modifiche e integrazioni;

Vista la legge 21 dicembre 2003, n. 363, recante «Norme in  materia

di sicurezza nella pratica degli sport  invernali  di  discesa  e  da

fondo»;

Vista la legge 6 febbraio 2004, n. 36, recante  «Nuovo  ordinamento

del Corpo forestale dello Stato» ed in particolare l'art. 2, comma 1,

lettera l), ove e' stabilito che il Corpo forestale  dello  Stato  ha

competenza in materia di controllo del manto nevoso e previsione  del

pericolo valanghe ed attivita'  consultive  e  statistiche  connesse,

svolte attraverso il proprio Servizio Meteomont;

Visto  il  decreto  legislativo  8  marzo  2006,  n.  139   e,   in

particolare, l'art. 24 in relazione alle competenze ed al  ruolo  del

Corpo  nazionale  dei  vigili  del  fuoco  nella  direzione   e   nel

coordinamento degli interventi tecnici di soccorso pubblico;

Visto  il  decreto  legislativo  15  marzo  2010,  n.  66   e,   in

particolare, l'art. 92 ai  sensi  del  quale  le  Forze  armate,  tra

l'altro, forniscono, a richiesta, e compatibilmente con le  capacita'

tecniche  del  personale  e  dei  mezzi  in  dotazione,  il   proprio

contributo  nei  campi  della  pubblica  utilita'  e   della   tutela

ambientale per attivita' tra cui l'emissione di «bollettini periodici

relativi a rischio valanghe»;

Visto il  decreto  legislativo  19  agosto  2016,  n.  177  recante

«Disposizioni in  materia  di  razionalizzazione  delle  funzioni  di

polizia e assorbimento del Corpo forestale  dello  Stato»,  ai  sensi

dell'art. 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n.  124,

in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche;

Visto il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, recante  «Codice

della protezione civile» e, in particolare, gli articoli 5, 8, 9, 10,

11, 12, 15, 17, 18 e 45;

Vista la direttiva del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  27

febbraio 2004  e  successive  modifiche  e  integrazioni  concernente

«Indirizzi operativi per la gestione organizzativa e  funzionale  del

sistema  di  allertamento  nazionale  e  regionale  per  il   rischio

idrogeologico ed idraulico ai fini di protezione civile»,  pubblicata

nella Gazzetta Ufficiale 11 marzo 2004, n. 59;

Vista la direttiva del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  3

dicembre 2008, recante «Indirizzi operativi  per  la  gestione  delle

emergenze», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 febbraio 2009,  n.

36;

Vista la direttiva del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  9

novembre 2012, inerente gli «Indirizzi operativi volti ad  assicurare

l'unitaria  partecipazione  delle  organizzazioni   di   volontariato

all'attivita'  di  protezione  civile»  pubblicata   nella   Gazzetta

Ufficiale 1° febbraio 2013, n. 27;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione  civile

12 gennaio 2012 in tema di tutela della salute e della sicurezza  dei

volontari di protezione civile, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6

aprile 2012, n. 82;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione  civile

n. 2381 del 24 maggio  2012,  con  cui  viene  istituito  il  «Gruppo

tecnico di lavoro - settore neve e valanghe»;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione  civile

n. 3152 del 24 luglio 2013, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  19

settembre 2013, n. 220  che  conferma  l'Associazione  interregionale

neve e valanghe (AINEVA) quale centro di competenza;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione  civile

n. 1349 del 15 aprile 2014, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  17

giugno 2014, n. 138, che individua, quale Centro  di  competenza  del

medesimo Dipartimento, il  Servizio  Meteomont  del  Corpo  forestale

dello Stato;

Visto il decreto del Capo del Dipartimento della protezione  civile

n. 2616 del 19 giugno 2018, pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  16

agosto  2018,  n.  189,  che  modifica  nell'elenco  dei  Centri   di

competenza la denominazione del centro di  competenza  Meteomont,  da

«Corpo forestale dello Stato - Meteomont»  a  «Servizio  Meteomont  -

Carabinieri Comando unita' per  la  tutela  forestale,  ambientale  e

agroalimentare,  Esercito  italiano  -  Comando  truppe   alpine»   ,

rimanendo invariati gli ambiti disciplinari di competenza;

Viste le indicazioni operative  del  Capo  del  Dipartimento  della

protezione civile inerenti «Determinazione dei criteri  generali  per

l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e  delle  aree

di emergenza» del 31 marzo 2015 n. 1099;

Viste le indicazioni operative  del  Capo  del  Dipartimento  della

protezione civile recanti «Metodi e  criteri  per  l'omogeneizzazione

dei messaggi del Sistema di allertamento  nazionale  per  il  rischio

meteo-idrogeologico e idraulico  e  della  risposta  del  sistema  di

protezione civile» del 10 febbraio 2016 n. RIA/0007117;

Considerato che,  ai  sensi  dell'art.  18,  comma  4  del  decreto

legislativo n. 1/2018 le modalita' di  organizzazione  e  svolgimento

dell'attivita' di pianificazione di protezione civile, e del relativo

monitoraggio, aggiornamento  e  valutazione,  sono  disciplinate  con

direttiva da adottarsi ai sensi dell'art. 15 al fine di garantire  un

quadro coordinato in tutto il territorio nazionale  e  l'integrazione

tra i  sistemi  di  protezione  civile  dei  diversi  territori,  nel

rispetto dell'autonomia organizzativa delle Regioni e delle  Province

Autonome di Trento e di Bolzano;

Considerato che, ai sensi dell'art. 8, comma 1 del medesimo decreto

legislativo n. 1/2018 il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  si

avvale del Dipartimento della protezione civile della Presidenza  del

Consiglio dei ministri anche per l'elaborazione ed  il  coordinamento

dell'attuazione dei piani nazionali riferiti a specifici  scenari  di

rischio di rilevanza nazionale e dei programmi nazionali di  soccorso

contenenti  il  modello  di  intervento  per  l'organizzazione  della

risposta operativa in caso o in vista di eventi calamitosi di rilievo

nazionale (lettera d)  e  per  l'elaborazione  delle  proposte  delle

direttive di cui all'art. 15 (lettera c);

Considerato, altresi', che, ai sensi  dell'art.  15,  comma  3  del

decreto  legislativo  n.  1/2018  il  Capo  del  Dipartimento   della

protezione  civile,  nell'ambito  dei  limiti   e   delle   finalita'

eventualmente previsti nelle  direttive,  puo'  adottare  indicazioni

operative finalizzate all'attuazione di  specifiche  disposizioni  in

esse  contenute  da  parte  del   Servizio   nazionale,   consultando

preventivamente  le  componenti  e  strutture   operative   nazionali

interessate;

Ravvisata la necessita' di ottimizzare la capacita' di allertamento

del sistema di protezione civile e favorire un'adeguata risposta alle

emergenze locali dovute a eventi  calamitosi  derivanti  da  fenomeni

valanghivi;

Su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile;

Vista l'intesa intervenuta in sede di  Conferenza  unificata  nella

riunione del 9 maggio 2019;

Emana

la seguente direttiva

1. Finalita' e compiti generali. 

Il presente atto ha lo scopo di delineare gli «Indirizzi  operativi

per  la  gestione  organizzativa  e   funzionale   del   sistema   di

allertamento  nazionale  e  regionale  e  per  la  pianificazione  di

protezione civile territoriale nell'ambito del rischio valanghe».

Il documento include due  allegati  tecnici  che  ne  costituiscono

parte integrante: il primo allegato attiene alle procedure  operative

del sistema di allertamento nazionale  e  regionale  per  il  rischio

valanghe ed il  secondo  definisce  le  procedure  operative  per  la

predisposizione   degli   indirizzi   regionali   finalizzati    alla

pianificazione di protezione civile locale, nell'ambito  del  rischio

valanghe.

La gestione del sistema di allertamento nazionale e' assicurata dal

Dipartimento della protezione civile e dalle  regioni  attraverso  la

rete dei Centri funzionali, nonche' dalle strutture regionali  e  dai

Centri  di  competenza  chiamati  a   concorrere   funzionalmente   e

operativamente a tale rete, in attuazione di  quanto  disposto  dalla

direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio  2004

e successive modifiche e integrazioni e di quanto previsto  dall'art.

17 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 recante «Codice della

protezione civile».

In coerenza con quanto previsto  per  il  rischio  idrogeologico  e

idraulico dalla direttiva citata e dalle  indicazioni  operative  del

Capo del Dipartimento  della  protezione  civile  recanti  «Metodi  e

criteri  per  l'omogeneizzazione  dei   messaggi   del   sistema   di

allertamento  nazionale  per  il   rischio   meteo-idrogeologico   ed

idraulico e della risposta del Sistema di protezione civile»  del  10

febbraio 2016, ciascuna regione e/o provincia autonoma avra' cura  di

indirizzare e/o stabilire le procedure e le modalita' di allertamento

per il rischio valanghe, nonche' per la  gestione  dell'emergenza  da

parte del proprio sistema di protezione civile nell'ambito del  piano

regionale di protezione civile previsto ai sensi dell'art. 11,  comma

1, lettera a) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.  Ciascuna

regione e/o provincia autonoma avra' cura  di  fornire  altresi'  gli

indirizzi regionali per la predisposizione dei  piani  provinciali  e

comunali di protezione civile indicati alla lettera b)  del  medesimo

comma 1 del citato art.  11.  Per  quanto  concerne  le  disposizioni

inerenti  alla  definizione  della   criticita'   valanghe   di   cui

all'allegato 1, e' necessario considerare la stretta correlazione tra

le suddette attivita' e le dinamiche meteorologiche e  nivologiche  a

scala sinottica, le quali richiedono l'utilizzo  di  modellazioni  ed

analisi a  mesoscala  tipicamente  afferenti  alla  rete  dei  Centri

funzionali, ai quali deve evidentemente essere assicurato un adeguato

supporto tecnico-specialistico settoriale da parte  di  soggetti  con

elevata esperienza, a livello sia  regionale  sia  nazionale.  Fra  i

predetti soggetti  vi  rientranoin  primis  gli  uffici  regionali  e

provinciali  aderenti  all'Associazione  delle  regioni  e   province

autonome dell'arco alpino italiano  (AINEVA),  nonche'  le  strutture

operative di Meteomont, i quali possono operare anche  in  virtu'  di

appositi accordi.

La programmazione regionale di previsione e prevenzione, oltre alle

funzioni,  ai  compiti  ed  all'organizzazione  delle  attivita'   di

previsione, monitoraggio e sorveglianza valanghe, include la funzione

di pianificazione di protezione civile  territoriale,  necessaria  ad

una efficiente organizzazione della risposta operativa  all'emergenza

sul territorio.

E' opportuno che i piani di protezione civile sul rischio valanghe,

laddove esistenti, recepiscano gli elementi  relativi  alla  suddetta

pianificazione, riportati nell'allegato 2 della presente direttiva.

2. Disposizioni finali. 

Per le regioni a statuto speciale restano  ferme  le  competenze  a

loro affidate dai relativi  statuti.  Per  le  Province  autonome  di

Trento e Bolzano sono fatte salve le  competenze  riconosciute  dallo

statuto speciale e  dalle  relative  norme  di  attuazione.  In  tale

contesto le  regioni  a  statuto  speciale  e  le  province  autonome

provvedono alle finalita'  della  presente  direttiva  ai  sensi  dei

relativi statuti speciali e delle relative norme di attuazione.

Entro due anni dalla pubblicazione del  presente  provvedimento  le

regioni, sulla base degli studi  di  pericolosita',  definiscono,  in

raccordo con i  comuni,  in  base  alle  informazioni  fornite  dagli

stessi, una prima mappatura delle aree soggette a rischio valanghe ed

emanano le direttive  per  l'allertamento  e  gli  indirizzi  per  la

pianificazione provinciale, comunale/intercomunale  o  di  ambito  di

protezione civile recependo le  disposizioni  di  cui  alla  presente

direttiva. I comuni, ai fini dell'aggiornamento della mappatura delle

aree soggette a rischio valanghe da parte della  regione,  comunicano

con tempestivita' a quest'ultima eventuali modifiche  o  informazioni

utili.

Sara' cura delle  regioni  e  delle  province  autonome  provvedere

all'organizzazione di incontri di consultazione con le  componenti  e

strutture operative  coinvolte  nelle  attivita'  di  gestione  delle

emergenze, per  favorire  la  realizzazione  condivisa  dei  suddetti

indirizzi  di  pianificazione  di  protezione  civile  anche  con  la

partecipazione  del  Dipartimento  della  protezione  civile  qualora

richiesta.

Le regioni, oltre al necessario supporto per la  pianificazione  di

livello locale, mettono a disposizione dei comuni  la  perimetrazione

delle aree potenzialmente valanghive e le informazioni relative  alla

pericolosita' dei fenomeni valanghivi attesi.  I  comuni  individuati

come territori esposti al rischio  valanghe,  entro  due  anni  dalla

pubblicazione degli indirizzi regionali adeguano i  propri  piani  di

protezione civile.

All'attuazione della presente  direttiva  si  provvede  nell'ambito

delle  risorse  umane,  strumentali  e  finanziarie   disponibili   a

legislazione vigente senza nuovi o  maggiori  oneri  per  la  finanza

pubblica.

                                                           Allegato 1 

Procedure operative del sistema di allertamento nazionale e regionale

                       per il rischio valanghe 

 

Premessa. 

Il presente documento ha lo scopo di  fornire  un  supporto  alle

regioni e alle province autonome  interessate  dal  rischio  connesso

alle valanghe per la redazione dei relativi messaggi di allertamento,

definendo i criteri per la valutazione dei livelli  di  criticita'  a

scala sinottica e dei  relativi  livelli  di  allerta.  Tali  criteri

rappresentano un utile strumento volto ad uniformare  il  sistema  di

allertamento nazionale nell'ambito del citato  rischio  valanghe,  in

linea con il processo di omogeneizzazione in atto, per il sistema  di

allertamento nazionale, nell'ambito del rischio meteo-idrogeologico e

idraulico.

La  definizione  dei  suddetti  livelli  di  allerta,   oltre   a

rappresentare  lo  strumento  necessario  per  l'informazione   sulle

situazioni di rischio  valanghe,  e'  fondamentale  per  il  processo

decisionale in fase di attivazione dei  piani  di  protezione  civile

(cfr.  allegato  2),  insieme  alle  informazioni   derivanti   dalle

attivita' di presidio del territorio.

Il presente allegato riporta, inoltre, la  definizione  di  «aree

antropizzate», intese come l'insieme  dei  contesti  territoriali  ai

quali si riferisce la valutazione della criticita' valanghe, a  scala

regionale e nazionale, mediante  l'individuazione  degli  scenari  di

evento, nonche' dei relativi effetti e danni, senza costituire  alcun

riferimento alle competenze delle diverse strutture  operative  nelle

attivita' di soccorso. Nel successivo paragrafo 2  e'  riportata,  al

riguardo, una piu' approfondita definizione.

Sono,  altresi',   fornite   apposite   indicazioni   riguardanti

l'organizzazione della rete  dei  Centri  funzionali,  prevedendo  le

relative disposizioni operative  per  l'allertamento  in  materia  di

valanghe ai fini di protezione civile.

1. Bollettini neve e valanghe. 

Una corretta valutazione e previsione degli  scenari  di  rischio

valanghe  e  della  loro  evoluzione  a  breve  termine   deriva   da

un'analisi, a scala sinottica, degli scenari di pericolosita' (natura

e intensita' degli eventi valanghivi), da  specifiche  e  dettagliate

osservazioni e misure effettuate sul campo nonche' dalla  valutazione

degli effetti al suolo dei fenomeni attesi.

Il Bollettino neve e valanghe (BNV) costituisce, al riguardo,  un

insostituibile strumento di supporto in  quanto  fornisce  un  quadro

sintetico sul grado d'innevamento, sulle condizioni di stabilita' del

manto  nevoso,  sull'attivita'  valanghiva  in  atto,  sul   pericolo

valanghe, nonche' sull'evoluzione  nel  tempo  di  tutti  i  predetti

fattori.

Il BNV e' redatto a scala sinottica, sulla base di  meteonivozone

(zone  geografiche  omogenee  dal  punto   di   vista   climatico   e

nivologico), di estensione normalmente superiore a  100  km²,  ed  ha

valenza  sull'intero  territorio,  indipendentemente  dal  grado   di

antropizzazione dei diversi contesti; esso fornisce indicazioni utili

soprattutto per le attivita'  escursionistiche  in  ambiente  montano

innevato.

Il pericolo  valanghe  del  BNV  e'  espresso  secondo  la  scala

unificata  europea  (EAWS  -  European  Avalanche  Warning  Services)

articolata su 5 livelli decrescenti di pericolo (gradi da 5 a 1  dove

5 rappresenta il pericolo massimo e 1 il pericolo  minimo),  definiti

in  base  al  grado  di  consolidamento  del   manto   nevoso,   alla

probabilita' di distacco,  alle  cause  dei  distacchi  (spontanei  e

provocati), alle dimensioni delle  valanghe  ed  al  numero  di  siti

potenzialmente pericolosi. Il BNV non fornisce,  invece,  indicazioni

riguardo ai possibili effetti al  suolo  delle  valanghe  attese  (in

particolare nelle aree antropizzate).

I  BNV  sono  disponibili  giornalmente  nei  periodi   dell'anno

caratterizzati da significativo innevamento, salva la possibilita' di

acquisizione dei dati nivometrici e sono redatti secondo gli standard

tecnici   e   terminologici   definiti   dall'EAWS.   Per   ulteriori

informazioni riguardo agli standard adottati e' possibile  consultare

la documentazione disponibile sul sito  web  di  EAWS,  all'indirizzo

www.avalanches.org. Alcuni aspetti fondamentali relativi alla  natura

e al corretto utilizzo dei BNV sono contenuti nella pubblicazione  di

AINEVA-DPC «Proposte di indirizzi metodologici per  le  strutture  di

protezione civile deputate alla previsione, al  monitoraggio  e  alla

sorveglianza in campo valanghivo nell'ambito  del  sistema  nazionale

dei centri  funzionali»,  Trento  2010.  Informazioni  riguardanti  i

criteri interpretativi dei BNV sono reperibili  nella  pubblicazione:

«I Bollettini Valanghe  AINEVA.  Guida  all'interpretazione»,  AINEVA

2012, consultabile anche sul sito web: www.aineva.it e sui  siti  web

del    servizio    Meteomont,    consultabili     agli     indirizzi:

http://www.meteomont.gov.it/infoMeteo e www.meteomont.org

2. Bollettini di criticita' valanghe. 

Il Bollettino  di  criticita'  valanghe  (BCV)  e'  un  documento

previsionale, destinato al sistema di protezione  civile,  contenente

una  previsione  a  vasta  scala  dei  possibili  scenari  di  eventi

valanghivi attesi e dei relativi  effetti  al  suolo.  La  criticita'

valanghe esprime il rischio derivante dai fenomeni di scorrimento  di

masse nevose, con particolare riguardo alle  aree  antropizzate,  per

finalita' di protezione civile, al fine  di  consentire  ai  soggetti

competenti l'adozione, secondo un principio di sussidiarieta',  delle

misure a tutela dell'incolumita' delle persone e dei beni.

Come  poc'anzi  premesso,  nella  presente  direttiva  per   aree

antropizzate si intende l'insieme dei contesti  territoriali  in  cui

sia rilevabile la presenza di significative forme di antropizzazione,

quali la viabilita' pubblica ordinaria (strade in cui la circolazione

e'  garantita  anche  nei   periodi   di   innevamento),   le   altre

infrastrutture  di  trasporto  pubblico   (es.   ferrovie   e   linee

funiviarie), le  aree  urbanizzate  (aree  edificate  o  parzialmente

edificate,  insediamenti   produttivi,   commerciali   e   turistici)

asservite comunque da  una  viabilita'  pubblica  ordinaria,  singoli

edifici  abitati  permanentemente   (ancorche'   non   asserviti   da

viabilita'  pubblica  ordinaria)  e  aree  sciabili  attrezzate  come

definite dall'art. 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 363, di seguito

«aree sciabili» (contesti appositamente gestiti  per  la  pratica  di

attivita' sportive e  ricreative  invernali).  La  valutazione  della

criticita' viene fatta quotidianamente a partire  dalle  informazioni

contenute nel Bollettino neve e valanghe (BNV). Il  suddetto  BCV  si

articola  per   zone   di   allerta,   ovvero   ambiti   territoriali

significativamente   omogenei   per   l'atteso   manifestarsi   della

criticita'  prevista.  La  valutazione  di  criticita'  a  scala   di

dettaglio,  ad  esempio  per  uno  specifico  sito   valanghivo,   va

effettuata a livello locale  sulla  base  di  analisi  e  valutazioni

specifiche fondate sulla conoscenza del territorio e  delle  relative

condizioni  nivologiche  del  momento.   In   presenza   di   scenari

particolarmente avversi, il  BCV  viene  diramato  mediante  apposito

Avviso di criticita' valanghe - ACV, per  lo  specifico  allertamento

del sistema di protezione civile, secondo i livelli di  criticita'  e

allerta stabiliti di seguito.

Livelli di criticita' e allerta. 

Analogamente   a   quanto   previsto   per   gli   altri   rischi

idrogeologici, anche per le valanghe  si  distinguono  3  livelli  di

criticita' e corrispondenti allerte, secondo quanto  stabilito  dalle

indicazioni    operative    recanti    «Metodi    e    criteri    per

l'omogeneizzazione dei messaggi del Sistema di allertamento nazionale

per il rischio meteo-idrogeologico ed idraulico e della risposta  del

sistema di protezione civile»,  emanate  dal  Capo  del  Dipartimento

della protezione civile con nota prot n. RIA/0007117 del 10  febbraio

2016:

assenza  di  criticita'  significative  prevedibili  =  NESSUNA

ALLERTA (VERDE);

livello di criticita' ordinaria = ALLERTA GIALLA;

livello di criticita' moderata = ALLERTA ARANCIONE;

livello di criticita' elevata = ALLERTA ROSSA.

La definizione degli scenari  di  evento  e  dei  relativi  danni

attesi per ciascuno dei suddetti livelli e' riportata  nella  tabella

che  segue.  Tali  indicazioni  si  riferiscono  ai   bollettini   di

criticita'  valanghe  emessi  a  scala  regionale  e  nazionale,  che

riportano  le  previsioni  di  rischio   valanghivo   per   le   aree

antropizzate.

3. Aspetti organizzativi e funzionali. 

La  valutazione  dei  possibili  rischi  derivanti  dagli  eventi

valanghivi nell'ambito delle predette aree  antropizzate  e,  quindi,

l'emissione dei  corrispondenti  livelli  di  criticita'/allerta  nei

Bollettini di criticita' valanghe (BCV) e degli eventuali  avvisi  di

criticita' valanghe (ACV), spetta alla rete  dei  Centri  funzionali,

disciplinata  dalla  direttiva  del  Presidente  del  Consiglio   dei

ministri del 27 febbraio 2004, pubblicata nel  supplemento  ordinario

alla Gazzetta Ufficiale dell'11 marzo 2004  n.  59  e  dall'art.  17,

comma 2, del decreto legislativo n. 1/2018.

Secondo tale schema organizzativo spetta  alle  regioni  ed  alle

province autonome l'adozione e la  diramazione  dei  BCV/ACV  per  il

territorio  di  propria  competenza,  nonche'  la  dichiarazione  dei

diversi livelli di allerta del sistema della protezione civile.

L'adozione e la dichiarazione dei diversi livelli di allerta  del

sistema della protezione civile da parte delle  regioni,  sulla  base

dei previsti livelli di  criticita'/allerta  valanghiva,  compete  al

Presidente della Giunta regionale o  al  soggetto  da  lui  delegato,

sulla base della legislazione regionale in materia.

Il Dipartimento  della  protezione  civile  cura  la  mosaicatura

nazionale dei BCV, aggregandoli  in  un  unico  prodotto  di  sintesi

valido  per  tutto  il  territorio   nazionale.   I   bollettini   di

criticita'/allerta valanghe delle regioni e  province  autonome  sono

emessi quotidianamente entro le ore 15,00, quello nazionale,  invece,

entro le ore  16,00;  essi  devono  avere  validita'  almeno  per  le

ventiquattro ore successive.

In base a quanto gia' specificato nei  precedenti  due  capitoli,

per poter svolgere in modo efficace le  attivita'  legate  alla  fase

previsionale e alla  conseguente  emissione  del  BCV  e'  necessario

disporre di una adeguata base di dati nivo-meteorologici raccolti  su

tutto il territorio interessato, afferenti sia a stazioni automatiche

che manuali, nonche' di idonee capacita' previsionali sia  in  ambito

meteorologico  sia  valanghivo,   con   particolare   riguardo   alle

previsioni di pericolo contenute  nei  BNV;  e',  infine,  necessario

poter valutare i possibili effetti provocati dalle valanghe  previste

in aree antropizzate.

Nel caso in cui la regione o la provincia autonoma non dispongano

di proprie strutture con adeguate competenze  e  capacita'  operative

come sopra descritte, le stesse devono avvalersi, con oneri a  carico

dei rispettivi bilanci, del supporto di qualificati soggetti esterni,

mediante la stipula di specifici accordi che coprano almeno i periodi

dell'anno caratterizzati da significativo innevamento.

Tali accordi, da sottoscriversi entro sei mesi dalla  entrata  in

vigore delle direttive di cui al punto 2  della  presente  direttiva,

emanate dalle regioni per  l'allertamento  e  gli  indirizzi  per  la

pianificazione provinciale e comunale/intercomunale o  di  ambito  di

protezione civile per il rischio valanghe,  devono  poter  assicurare

l'operativita' quotidiana del Centro funzionale regionale;  a  questo

riguardo sono prioritariamente idonei i soggetti  riconosciuti  quali

Centri di competenza in materia nivologica e valanghiva da parte  del

Dipartimento   della    protezione    civile    (AINEVA,    Meteomont

carabinieri-forestali e Meteomont Comando truppe alpine).

Oltre alle succitate attivita' che caratterizzano  la  cosiddetta

«fase previsionale», i Centri funzionali devono assicurare  anche  lo

svolgimento della «fase di monitoraggio e sorveglianza», che consiste

principalmente nella verifica  degli  scenari  previsti  e  nel  loro

eventuale aggiornamento, a seguito delle  evoluzioni  in  atto.  Tale

attivita' richiede in particolare il reperimento  di  informazioni  a

livello locale, anche  tramite  le  Commissioni  locali  valanghe,  i

presidi   territoriali   comunali   o   altri   soggetti   consultivi

funzionalmente analoghi.

Al fine di garantire  l'efficacia  e  l'efficienza  del  servizio

complessivamente fornito in materia di  allertamento  valanghe  nelle

aree antropizzate, il  Dipartimento  della  protezione  civile  e  le

regioni e province autonome assicurano, con il  supporto  dei  citati

Centri di competenza, un'adeguata formazione del personale coinvolto.

                                          Allegato 2 

Procedure operative per la predisposizione degli indirizzi  regionali

  finalizzati  alla  pianificazione  di  protezione   civile   locale

  nell'ambito del rischio valanghe. 

 

Premessa. 

Il presente documento ha lo scopo di  fornire  un  supporto  alle

regioni e alle province autonome  interessate  dal  rischio  connesso

alle  valanghe  per  la   predisposizione   di   indirizzi   per   la

pianificazione locale di protezione civile finalizzata a fronteggiare

emergenze  derivanti  da  tali  fenomeni.  Gli  enti  deputati   alla

elaborazione dei piani  di  protezione  civile  dovranno  adottare  i

contenuti dei suddetti indirizzi nei limiti delle  proprie  effettive

capacita'  operative  e  secondo  i  principi  di  sussidiarieta'   e

adeguatezza,  in  modo  da  realizzare  una  pianificazione  che  sia

attuabile sulla base delle risorse disponibili.

Il carattere generale dei concetti di seguito riportati e' dovuto

alla necessita' di renderli compatibili  con  i  diversi  modelli  di

organizzazione territoriale di  protezione  civile  delle  regioni  e

delle province autonome.

Il contenuto del presente  allegato  si  riferisce  a  situazioni

emergenziali derivanti da valanghe che possano causare  danni  gravi,

anche relativamente estesi, su «aree antropizzate» cosi' definite nel

precedente Allegato 1 par. 2: «l'insieme dei contesti territoriali in

cui  sia  rilevabile  la   presenza   di   significative   forme   di

antropizzazione, quali la viabilita' pubblica  ordinaria  (strade  in

cui la circolazione e' garantita anche nei periodi  di  innevamento),

le altre infrastrutture di trasporto pubblico (es. ferrovie  e  linee

funiviarie), le  aree  urbanizzate  (aree  edificate  o  parzialmente

edificate,  insediamenti   produttivi,   commerciali   e   turistici)

asservite comunque da  una  viabilita'  pubblica  ordinaria,  singoli

edifici  abitati  permanentemente   (ancorche'   non   asserviti   da

viabilita'   pubblica   ordinaria)   e   aree   sciabili    (contesti

appositamente  gestiti  per  la  pratica  di  attivita'  sportive   e

ricreative invernali)».

Le suddette aree sciabili comprendono le «aree sciabili gestite»,

ovvero «l'insieme delle infrastrutture, impianti, piste (compresi gli

itinerari di  collegamento  non  classificati  come  piste),  con  le

relative pertinenze e le altre zone  specializzate  che  nell'insieme

consentono di offrire agli utenti un servizio  complesso  finalizzato

all'esercizio  delle  attivita'  sportivo/ricreative   invernali   su

territorio innevato».

Relativamente alle suddette  aree  sciabili  gestite  si  rendono

necessarie talune puntualizzazioni.

La responsabilita' sulla normale vigilanza, per la prevenzione di

potenziali danni da valanga a persone e cose, e sugli  interventi  di

natura gestionale, volti alla salvaguardia dalle  valanghe  di  dette

aree sciabili gestite, e' attribuita, secondo le normative  regionali

e locali, ai soggetti gestori delle attivita'  economiche  principali

svolte nei comprensori e, quindi, agli  esercenti  d'impianti  e  dei

percorsi gestiti con diverse modalita'.

Il gestore o esercente ha l'obbligo di predisporre  un  piano  di

gestione delle emergenze in caso di  pericolo  valanghe  sul  proprio

comprensorio, non ricadendo responsabilita' alcuna in capo al  comune

durante l'attivita' ordinaria.  Qualora  si  ravvisino  mancanze  del

gestore  o  dell'esercente  il  comune   puo'   imporre   limitazioni

all'esercizio dell'attivita' del gestore o esercente medesimi.

Spettano invece al comune, coadiuvato  dalla  Commissione  locale

valanghe o da analogo soggetto  tecnico  consultivo,  gli  interventi

urgenti per le fattispecie di pericolo  immediato  per  l'incolumita'

pubblica, originato da  potenziali  valanghe.  Nel  caso  in  cui  la

commissione o analogo soggetto tecnico consultivo non siano  presenti

presso  la  regione  quest'ultima  avra'  cura   di   promuoverne   e

disciplinarne l'istituzione.

Considerato quanto sopra, e' opportuno fornire la definizione  di

Territorio  aperto:  «tutto  quanto  non  riconducibile   alle   aree

antropizzate, cosi'  come  definite  in  allegato  1,  ed  alle  aree

sciabili gestite, cosi' come sopra definite, non soggette ai  compiti

di vigilanza e gestione, con finalita' di  prevenzione  propri  della

Commissione locale valanghe o di analogo soggetto tecnico  consultivo

del comune. Pertanto il territorio aperto e' percorribile dall'utente

a suo esclusivo rischio e pericolo».

Le misure preventive applicate nei  territori  aperti  coincidono

con l'attivita' informativa sulle condizioni di pericolo di  valanghe

rappresentate nei Bollettini neve e valanghe  -  BNV,  a  favore  dei

frequentatori dell'ambiente innevato.[1] Non hanno i requisiti  di  legittimita'  tutte  quelle  ordinanze

sindacali che vietano e limitano attivita' ed accessi verso  aree

potenzialmente  pericolose  se   tali   prescrizioni   non   sono

controllabili e gestibili. Ai sensi della sentenza del  Consiglio

di Stato (n.2109 8 maggio 2007)  sono  illegittime  le  ordinanze

contingibili  ed  urgenti  che  non  presentino  consistenza   ed

evidenza univoca e rilevante (specifiche per l'area  oggetto  del

provvedimento) comprovate da una attenta valutazione da parte  di

tecnici esperti attraverso idonei accertamenti istruttori volti a

dimostrare l'effettiva sussistenza dei presupposti  per  adottare

l'anzidetta  ordinanza  (vd.   anche   Tribunale   amministrativo

regionale Campania - Napoli sez. V, sentenza 11  maggio  2007  n.

4992;  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio,  sentenza  28

novembre 2007 n. 11914; Consiglio di Stato, Sez. V,  sentenza  28

giugno  2004  n.  4767).  Per  idonei   accertamenti   istruttori

s'intende  un'indagine,  in  loco,  sulle  reali  condizioni   di

instabilita' del manto nevoso e non una valutazione  desunta  dal

BNV che, per sua natura,  effettua  valutazioni  e  previsioni  a

scala sinottica (almeno 100 km2 come da indicazioni EAWS).

La decisione di realizzare il presente documento  scaturisce  dal

fatto che le emergenze derivanti da fenomeni valanghivi  interessano,

di norma, i livelli di coordinamento locali.

Quanto sopra risulta essere comune a tutte le regioni e  province

autonome interessate che,  a  seconda  della  gravita'  dei  fenomeni

valanghivi che  si  manifestano  nei  rispettivi  territori,  possono

essere suddivise in tre livelli di problematicita'  territoriale  per

valanghe  (cfr.  DPC,  AINEVA  -  2010  -  «Proposte   di   indirizzi

metodologici  per  la  gestione  delle   attivita'   di   previsione,

monitoraggio  e  sorveglianza  in  campo  valanghivo»),  di   seguito

riportati:

1. assente o  limitata  ad  ambiti  estremamente  circoscritti,

attualmente associabile alle Regioni Siciliana, Sardegna e Puglia;

2.   significativa   ma   limitata   a   specifichi    contesti

territoriali,   attualmente   associabile   alle   Regioni   Liguria,

Emilia-Romagna, Marche, Lazio e in  misura  piu'  contenuta  Toscana,

Umbria, Campania, Molise, Basilicata e Calabria;

3. significativa e in grado di interessare porzioni  estese  di

territorio   con   possibili   criticita'   per    centri    abitati,

infrastrutture  o   comprensori   di   aree   sciabili,   attualmente

associabile alle Regioni Valle D'Aosta, Piemonte, Lombardia,  Veneto,

Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo e alle Province Autonome di  Trento  e

Bolzano.

La ripartizione  delle  regioni/province  autonome  nei  suddetti

livelli di problematicita' e' soggetta a cambiamento.

Qualora  l'evento  si   manifesti   con   particolare   gravita',

l'intervento operativo in emergenza puo'  comunque  richiedere  anche

l'impiego di  risorse  regionali  e  nazionali,  in  accordo  con  il

principio di sussidiarieta' e, per quanto concerne la gestione  degli

interventi, si applicano le disposizioni  contenute  nella  direttiva

del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  del  3  dicembre  2008

inerente gli «Indirizzi operativi per la  gestione  delle  emergenze»

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 febbraio 2009, n. 36.

Il piano di protezione civile, anche in  fase  di  aggiornamento,

dovra' essere coordinato con le altre pianificazioni  territoriali  e

dovra' considerare i protocolli di tipo transfrontaliero  finalizzati

alla gestione dell'emergenza.

1. I contenuti della pianificazione di protezione civile. 

La pianificazione di protezione civile nel presente documento  si

riferisce  al  livello   comunale/intercomunale   o   di   ambito   e

provinciale, fatte salve le competenze  regionali  e  delle  Province

autonome esistenti in materia, e si suddivide come segue:

l'inquadramento territoriale;

la valutazione preliminare degli scenari di rischio;

gli elementi strategici  per  la  preparazione  e  la  gestione

dell'emergenza;

il  modello  d'intervento,  che   definisce   il   sistema   di

allertamento,  la  struttura  di   coordinamento   e   le   procedure

d'intervento secondo fasi operative codificate.

Il piano di protezione civile per il rischio  valanghe  e'  parte

integrante    del    piano    di    protezione    civile     generale

comunale/intercomunale o di ambito e provinciale.

  1.1. L'inquadramento territoriale. 

Ove  esistenti,  per  un  primo  inquadramento  territoriale,  si

possono utilizzare:

i catasti valanghe delle regioni o province  autonome  aderenti

ad AINEVA e/o i catasti valanghe del Meteomont carabinieri-forestali;

le cartografie tematiche sulle valanghe  (Monografia  militare  delle

valanghe del Meteomont Comando truppe alpine; Carta monografica delle

valanghe del Meteomont carabinieri-forestali; Carte di localizzazione

probabile delle valanghe (CLPV) delle  regioni  o  province  autonome

aderenti ad AINEVA);

per singoli siti valanghivi:  i  Piani  delle  zone  esposte  a

valanga (PZEV) presenti in  documenti  pianificatori  o  progettuali;

criteri e metodologie di studio sono approfonditamente descritte  nel

volume «Barbolini, M., Cordola, M., Natale, L., e Tecilla, G.,  2006,

«Linee guida metodologiche per la perimetrazione delle  aree  esposte

al  pericolo  di  valanghe»  Universita'  degli   studi   di   Pavia,

Dipartimento di ingegneria idraulica e ambientale - AINEVA;

altri strumenti di documentazione territoriale  sulle  valanghe

quali:  le  carte  di  analisi  aerofotogrammetrica,  l'analisi   dei

caratteri fisici del territorio mediante GIS,  gli  studi  e  perizie

valangologiche per attivita' di progettazione di  opere,  impianti  o

infrastrutture.

Il quadro conoscitivo che potra' emergere dall'utilizzo  di  tali

dati   dovra'   tenere   adeguatamente   conto    dei    limiti    di

rappresentativita'  spaziale,  temporale,  di  eterogeneita'   e   di

qualita' (metodologie, livello di  analisi,  fattori  di  scala)  dei

documenti utilizzati.

I catasti,  le  monografie  e  le  CLPV  non  sono  strumenti  di

valutazione della pericolosita' riferibile a eventi valanghivi futuri

e  non  ne  rappresentano  la  possibile  estensione,   frequenza   o

intensita'.  Cio'  nonostante,  e'  opportuno  che  i  soggetti   che

detengono i suddetti dati e informazioni li rendano disponibili  alle

regioni che li utilizzano per le finalita' della presente  direttiva.

Inoltre,  la  rappresentativita'  temporale   da   essi   considerata

difficilmente supera i trenta-quaranta anni di  attivita'  valanghiva

registrata. Tale periodo e' ampiamente inferiore ai tempi di  ritorno

della maggior parte degli eventi valanghivi in grado d'interagire con

l'ambiente antropizzato. La  rappresentativita'  spaziale  e'  spesso

disomogenea e risulta fortemente lacunosa, specie per le aree di piu'

recente  antropizzazione:  una  traduzione  automatica  in  carte  di

rischio sarebbe pertanto impropria e scientificamente scorretta.

Un  efficace   metodo   speditivo   d'individuazione   dei   siti

valanghivi, in assenza di documentazione cartografica  o  documentale

e' illustrato nel «Documento E - Criteri per l'utilizzo  delle  fonti

di   documentazione   cartografica   sulle   valanghe   e   indirizzi

metodologici per  la  realizzazione  di  perimetrazioni  a  carattere

speditivo finalizzate ad effettuare una prima individuazione dei siti

esposti a valanga» AINEVA - DPC 2010; e in particolare  alla  sezione

E2   -   «indirizzi   metodologici   e   criteri   applicativi    per

l'individuazione e la delimitazione speditiva di siti valanghivi».

Il suddetto documento propone  un  criterio  semi-automatico  per

l'identificazione  delle  aree  di  distacco  delle  valanghe  basato

sull'analisi, attraverso la tecnologia GIS, del modello digitale  del

terreno sovrapposto alla carta di uso del suolo. Il metodo  speditivo

permette inoltre la stima  della  distanza  di  arresto  e  dell'area

potenzialmente  esposta  attraverso  l'applicazione  di   un   metodo

statistico  che  fornisce  la  massima  distanza  percorribile  dalla

valanga lungo un profilo,  definita  mediante  l'applicazione  di  un

apposito algoritmo.

L'applicazione di tale metodologia di analisi risente,  tuttavia,

ancora di un approccio sperimentale che presenta alcuni limiti legati

alla consistenza  della  base  di  dati  utilizzata  per  il  calcolo

statistico delle distanze d'arresto  e,  pertanto,  non  puo'  essere

considerata esaustiva per  la  descrizione  dei  fenomeni  valanghivi

sull'intero  territorio  nazionale.  Per  un  futuro  utilizzo  sara'

necessaria un'integrazione del data set  con  un  congruo  numero  di

eventi valanghivi documentati sull'intero territorio nazionale  e  un

approfondimento di dettaglio sull'innevamento, nonostante le evidenti

criticita' legate alla scarsa rappresentativita'  delle  banche  dati

esistenti, specie per l'area appenninica.

  1.2. La valutazione preliminare degli scenari di rischio. 

La valutazione preliminare degli scenari di rischio ad opera  dei

comuni si basa sul quadro conoscitivo del territorio, in  termini  di

determinazione delle aree potenzialmente valanghive individuate dalle

regioni  e,  quindi,  della  pericolosita'  dei  fenomeni  valanghivi

attesi, in relazione  al  grado  di  antropizzazione  del  territorio

stesso (valutazione della vulnerabilita') e dei valori degli elementi

a rischio.

Il grado di approfondimento possibile per  la  definizione  degli

scenari di rischio e' quindi correlato al grado di  conoscenza  degli

aspetti  sopra  citati,  in  particolare  dei   fenomeni   valanghivi

verificatisi nel passato e della loro interazione con  infrastrutture

e centri abitati. La disponibilita' di una dettagliata e storicamente

estesa base documentale e',  quindi,  auspicabile  per  procedere  ad

un'adeguata definizione degli scenari di rischio.

Nel caso in cui si disponga anche di adeguate modellizzazioni dei

fenomeni attesi (almeno per i  siti  valanghivi  di  maggior  impatto

sulle aree antropizzate), e' possibile procedere a una  mappatura  di

carattere piu'  quantitativo  delle  aree  a  rischio  e  dettagliare

maggiormente gli scenari di rischio.

L'illustrazione di un metodo per la realizzazione  di  una  carta

del rischio su base modellistica e' contenuta  nell'appendice  G  del

volume «Barbolini, M., Cordola, M.,  Natale,  L.,  and  Tecilla,  G.,

2006, Linee guida metodologiche  per  la  perimetrazione  delle  aree

esposte al pericolo di valanghe: Universita' degli  studi  di  Pavia,

Dip. ing. idraulica e ambientale - AINEVA».  L'applicazione  di  tale

metodologia  di  analisi  presuppone,   comunque,   una   preliminare

procedura di taratura e adattamento del metodo  all'area  oggetto  di

studio fondata su un approfondimento delle conoscenze  relative  alle

caratteristiche d'innevamento e all'ubicazione dei siti valanghivi.

Gli scenari di  rischio  individuati  dovranno  essere  mantenuti

continuamente aggiornati in funzione dell'evoluzione  del  territorio

in termini di variazioni morfologiche e di antropizzazione.

  1.3. Gli elementi strategici  della  pianificazione  di  protezione
civile. 

Una corretta pianificazione di protezione civile, che  ha  inizio

dall'individuazione di  una  strategia  organizzativa  finalizzata  a

garantire reperibilita' ed operativita' delle componenti del  sistema

di protezione civile, insieme alla conoscenza del  territorio,  delle

sue  criticita'  e  degli  eventi  passati,  consente  di  rispondere

efficacemente all'emergenza.

Di seguito si riportano gli elementi strategici che devono essere

definiti  nella  pianificazione   di   protezione   civile   per   la

preparazione    e    la    gestione    dell'emergenza    a    livello

comunale/intercomunale o di ambito ed  a  livello  provinciale.  Tali

elementi, nelle more dell'emanazione della direttiva di cui  all'art.

18, comma 4 del decreto legislativo n. 1 del 2018,  costituiscono  un

riferimento tecnico utile alla pianificazione  di  protezione  civile

nell'ambito del rischio valanghe.

  1.3.1.   Gli   elementi   strategici    del    livello    operativo

comunale/intercomunale o di ambito.

Gli elementi strategici proposti di seguito, che il  comune  deve

adottare per la gestione delle emergenze, sono di carattere generale;

in ambito territoriale possono essere individuate ulteriori strategie

specifiche piu' aderenti alle esigenze d'intervento locale e  per  le

quali e' necessario indicare  i  soggetti/enti/funzioni  di  supporto

preposti all'attuazione delle stesse:

a) la funzionalita' del sistema di  allertamento  locale  (cfr.

par. 1.4 Modello d'intervento - Il sistema di allertamento): il piano

di protezione civile deve prevedere le  modalita'  con  le  quali  il

comune garantisce la ricezione e la tempestiva presa in  visione  dei

bollettini/avvisi  di  criticita',  il  flusso  e  lo  scambio  delle

informazioni tra la regione/provincia autonoma/uffici  regionali  per

il rischio valanghe, la prefettura  e  la  provincia.  Importante  e'

anche la possibilita' di comunicare con  le  componenti  e  strutture

operative presenti sul territorio. Il sistema di allertamento prevede

che le comunicazioni, anche al  di  fuori  degli  orari  ordinari  di

lavoro della struttura comunale, giungano in tempo reale al comune. A

tal fine il piano di protezione civile deve  prevedere  modalita'  di

comunicazione con le strutture operative presenti ordinariamente  sul

territorio comunale  o  intercomunale  o  di  ambito  anche  mediante

meccanismi di reperibilita' del personale comunale e dei membri delle

Commissioni locali valanghe o analoghi soggetti tecnici consultivi. A

loro  volta  le  strutture  operative  presenti  ordinariamente   sul

territorio comunale o intercomunale o di ambito (il  Corpo  nazionale

dei vigili del fuoco, le  Forze  armate,  le  Forze  di  polizia,  il

volontariato, l'Associazione della croce  rossa  italiana,  il  Corpo

nazionale del soccorso alpino e speleologico, le Aziende sanitarie  e

ospedaliere, ecc.) assicurano, per quanto di competenza,  il  proprio

collegamento secondo le modalita' di comunicazione adottate dal Piano

comunale  di  protezione  civile   anche   mediante   meccanismi   di

reperibilita' dei propri operatori;

b) il supporto tecnico alle decisioni: nell'ambito del processo

decisionale necessario all'attivazione delle  azioni  previste  nelle

fasi operative del piano di protezione civile (cfr. par.  1.4.3.  «Le

procedure operative dei  piani  di  protezione  civile  locali»),  il

comune, qualora non disponga di un'adeguata  componente  tecnica,  si

puo' avvalere, secondo il principio di sussidiarieta',  del  supporto

della   regione/provincia   autonoma   (anche   tramite   il   Centro

funzionale), della provincia, delle Commissioni  locali  valanghe  (o

analoghi soggetti tecnici consultivi)  e  delle  Strutture  operative

competenti in materia presenti sul territorio con personale esperto e

qualificato a svolgere attivita' di presidio volte all'individuazione

e valutazione delle criticita'. Tale supporto, puo' essere garantito,

se necessario, anche in  modalita'  operativa  h24.  I  membri  delle

suddette commissioni o analoghi soggetti  tecnici  consultivi  devono

possedere requisiti fisici e capacita' tecnica per l'effettuazione in

sicurezza di sopralluoghi in condizioni ambientali difficili  e  deve

essere,  ove  possibile,  in  possesso  di  adeguate  attestazioni  e

qualifiche da parte di AINEVA  o  Meteomont.  Le  Commissioni  locali

valanghe  o  analoghi  soggetti  tecnici  consultivi  devono   essere

formalizzati con un provvedimento dell'organo competente  individuato

dalla  normativa  delle  regioni  e  delle  province  autonome   che,

nell'ambito dei rispettivi bilanci, indichi  gli  eventuali  oneri  e

individui idonea copertura. Indicazioni utili  sulle  funzioni  e  la

composizione delle Commissioni locali  valanghe  sono  contenute  nel

«Documento D» - «Proposte di indirizzi metodologici per le  strutture

di protezione civile deputate alla previsione, al monitoraggio e alla

sorveglianza in campo valanghivo nell'ambito  del  sistema  nazionale

dei centri funzionali» DPC, AINEVA - 2010;

c)  il  coordinamento  operativo  comunale/intercomunale  o  di

ambito: per garantire il coordinamento delle attivita' di  protezione

civile in situazioni di emergenza prevista o in atto, il sindaco,  in

quanto autorita' territoriale di protezione civile, nel  fronteggiare

gli eventi di particolare criticita', oltre  a  disporre  dell'intera

struttura  comunale,  puo'  chiedere   l'intervento   delle   diverse

strutture operative di protezione civile presenti  in  ambito  locale

afferenti al livello regionale, nonche' delle aziende  erogatrici  di

servizi di pubblica utilita'. A tal  fine  nel  piano  di  protezione

civile viene indicata la struttura di coordinamento in luogo sicuro e

facilmente accessibile, denominato Centro operativo comunale - COC  o

intercomunale o di ambito - COI  o  come  altrimenti  definito  dalle

direttive regionali e delle province autonome.

Il COC/COI  e'  strutturato  in  funzioni  di  supporto,  settori

specifici  di  attivita'  per  la  gestione   dell'emergenza,   anche

coadiuvato dalle organizzazioni di volontariato. Le  funzioni  devono

essere opportunamente stabilite nel piano di protezione civile  sulla

base delle attivita' previste e possono,  quindi,  essere  accorpate,

ridotte o implementate secondo le effettive risorse  di  personale  o

per mutate condizioni dello scenario; per  ciascuna  di  esse  devono

essere individuati i soggetti che ne fanno  parte  e,  con  opportuno

atto del sindaco, il responsabile. Nel COC/COI dovra' essere attivata

una funzione di supporto  necessaria  al  coordinamento  delle  altre

funzioni, che si occupi  degli  aspetti  contabili,  del  protocollo,

nonche' del rapporto con gli altri  enti  interessati  dall'emergenza

quali:  i  comuni  limitrofi,  la  regione/provincia   autonoma,   la

prefettura e la provincia nel  rispetto  della  normativa  regionale.

Nell'ambito  delle  attivita'  del  COC/COI  deve   essere   prevista

l'elaborazione della reportistica di evento  contenente  informazioni

inerenti, ad esempio, la  situazione,  le  attivita'  svolte,  quelle

previste, le risorse impiegate  e  le  esigenze.  Una  configurazione

organizzativa per funzioni, anche con un assetto minimo, puo'  essere

ricavata dal «Manuale operativo per la predisposizione  di  un  piano

comunale o intercomunale di protezione civile» -  redatto  a  seguito

dell'Ordinanza  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri   n.

3606/2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 settembre  2007,

n. 204.

Per  l'individuazione  della   struttura   del   COC/COI   e   la

denominazione delle funzioni di  supporto  attivabili,  si  puo'  far

riferimento alle indicazioni  operative  del  Capo  del  Dipartimento

della protezione  civile  inerenti  «La  determinazione  dei  criteri

generali per l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e

delle aree di emergenza» del 31 marzo 2015, n. 1099;

d) la funzionalita' delle telecomunicazioni:  per  il  presidio

territoriale e la gestione delle emergenze e' necessario disporre  di

un sistema di telecomunicazioni che consenta i  collegamenti  tra  la

struttura di coordinamento e le squadre che  operano  sul  territorio

nonche' di poter comunicare via radio in caso di  interruzione  delle

comunicazioni telefoniche fisse e mobili. A tal fine il comune dovra'

dotarsi di un proprio sistema radio  dedicato  per  le  comunicazioni

alternative di emergenza, a copertura del territorio comunale,  anche

avvalendosi  delle  organizzazioni  di  volontariato   presenti   sul

territorio;

e)  la  gestione  della  viabilita'  in  emergenza:   obiettivo

primario  per  il  soccorso  e  l'assistenza  alla   popolazione   e'

l'individuazione delle possibili ripercussioni del rischio valanghivo

sul sistema viario in situazioni di emergenza e la valutazione  delle

azioni   immediate   di   ripristino   in   caso   d'interruzione   o

danneggiamento. A tal fine,  e'  necessario  che  le  azioni  per  la

gestione della viabilita' e per il  ripristino  delle  condizioni  di

transitabilita' della  rete  viaria  nel  territorio  comunale  siano

attivate sin dalle  prime  fasi  di  una  nevicata  intensa  e  siano

coordinate con il piano neve comunale. E' necessario  che  il  comune

garantisca il raccordo con tutti i gestori stradali  interessati  dal

piano di  protezione  civile  valanghe,  attraverso  la  condivisione

reciproca  delle  informazioni  sulle  condizioni  di  rischio  e  di

transitabilita'  delle  strade.  Inoltre,  il  piano  comunale   deve

prevedere  tutte  le  misure  di  regolazione  del  traffico  atte  a

favorire, in sinergia con i livelli provinciali (Prefetture/Province)

e gli enti gestori e  secondo  il  principio  di  sussidiarieta',  la

movimentazione  dei  soccorsi  e  l'assistenza  alla  popolazione  in

emergenza;  tali  misure  devono  essere  riportate  su   cartografia

dedicata;

f) l'attivazione delle squadre per il presidio del  territorio:

qualora si prevedano, a seguito dell'emissione dei livelli di allerta

(cfr.  1.4.1  Il  sistema  di  allertamento),  anche  in  base   alle

valutazioni  della  Commissione  locale  valanghe  o  di  un  analogo

soggetto tecnico consultivo competente in materia, o  si  manifestino

condizioni di criticita', si attiva il  piano  di  protezione  civile

comunale/intercomunale  o  di  ambito.   Tale   attivazione   prevede

l'impiego di una o  piu'  squadre  per  effettuare  le  attivita'  di

presidio che  si  rendano  necessarie  in  funzione  del  livello  di

criticita' previsto ed in base a quanto indicato dal suddetto  piano,

anche con utilizzo, laddove istituiti e finanziati, dei fondi di  cui

al comma 2 dell'art. 11  e  al  comma  1  dell'art.  45  del  decreto

legislativo n. 1 del 2018 finalizzati,  su  autorizzazione  dell'ente

competente, anche alla messa in atto dei servizi territoriali  cui  i

comuni   fanno   riferimento   per   fronteggiare   le   prime   fasi

dell'emergenza, e comunque secondo le  possibilita'  del  comune.  In

particolare  si  fa  riferimento   alle   operazioni   d'interdizione

dell'accesso in  zone  pericolose,  al  controllo  del  traffico  per

favorire il transito dei mezzi di soccorso e, ove  se  ne  valuti  la

necessita', all'evacuazione  precauzionale  della  popolazione  dalle

aree a rischio. Le summenzionate attivita' di tali  squadre  dovranno

avvenire secondo quanto previsto dal piano di protezione  civile  con

l'eventuale supporto consultivo della Commissione locale  valanghe  o

di un analogo soggetto tecnico competente in materia. Le  squadre  di

presidio  del  territorio  possono  essere  composte   da   personale

adeguatamente formato della polizia municipale e del  comune  nonche'

dai volontari  delle  Organizzazioni  di  volontariato  presenti  sul

territorio, con l'eventuale supporto delle altre Forze di polizia che

comprendono anche i Corpi  forestali  provinciali  e  regionali,  ove

presenti;

g) le misure di salvaguardia della popolazione:  in  situazioni

di emergenza prevista o in atto,  il  sindaco,  in  quanto  autorita'

territoriale di protezione civile, e' responsabile del  coordinamento

delle attivita' di assistenza alla popolazione  colpita  nel  proprio

territorio a cura  del  comune,  che  provvede  ai  primi  interventi

necessari e da' attuazione a quanto previsto dalla pianificazione  di

protezione civile, assicurando il costante aggiornamento  del  flusso

di  informazioni  con  il  prefetto  e  il  Presidente  della  giunta

regionale. Per un'efficace tutela  della  popolazione  le  misure  di

salvaguardia  principali  da  considerare  nella  pianificazione   di

protezione civile sono le seguenti:

g1) l'informazione alla popolazione: il piano  di  protezione

civile  deve  prevedere   l'organizzazione   dell'informazione   alla

popolazione prima durante e dopo l'emergenza. Informazioni importanti

riguardano il rischio presente sul  territorio,  i  comportamenti  da

seguire, i punti di informazione, le aree di attesa ed  i  centri  di

assistenza, le modalita' di allertamento, di allarme e  di  eventuale

evacuazione nonche' di interdizione delle  aree  a  rischio.  Per  la

diffusione     dell'informazione     e'     possibile     considerare

l'organizzazione di incontri periodici con la popolazione avvalendosi

anche di volontari opportunamente formati e di emittenti locali, siti

web istituzionali,  app,  social  network,  nonche'  provvedere  alla

realizzazione di brochure, possibilmente in differenti lingue.

Per quanto concerne i rapporti con gli organi d'informazione,  il

Sindaco, in  quanto  autorita'  territoriale  di  protezione  civile,

provvedera' alla comunicazione secondo le modalita' che riterra' piu'

efficaci;

g2) il sistema di  allarme:  per  avvisare  adeguatamente  la

popolazione circa la situazione e' necessario prevedere, anche con il

supporto della regione/provincia autonoma, in particolare durante  la

fase di allestimento, un sistema adeguato di allarme da  attivare  su

disposizione del comune e sulla  base  del  quale  si  avvieranno  le

operazioni di evacuazione. L'allarme, attuato anche con  l'intervento

del volontariato locale  a  supporto  della  polizia  municipale,  in

coordinamento con le altre strutture operative, puo' essere  diffuso,

a titolo  esemplificativo,  mediante  comunicazione  porta  a  porta,

altoparlanti, social network, sms, ecc.;

g3)  il  censimento  della  popolazione:  per   l'evacuazione

efficace della popolazione con la relativa assistenza, il piano  deve

prevedere un aggiornamento costante del censimento della  popolazione

presente comprensiva possibilmente del dato sul  numero  dei  turisti

nelle aree a rischio,  con  particolare  riguardo  all'individuazione

delle persone in condizioni di fragilita' sociale e con disabilita' e

la disponibilita' dei  mezzi  di  trasporto.  Ove  necessario  andra'

previsto e organizzato, anche facendo ricorso a ditte autorizzate, il

trasferimento della popolazione,  priva  di  mezzi  propri,  verso  i

centri di assistenza;

g4) l'individuazione e  verifica  della  funzionalita'  delle

aree di emergenza: per  garantire  l'efficacia  dell'assistenza  alla

popolazione, il piano individua le aree di emergenza (aree di attesa,

centri di assistenza, aree di ammassamento soccorritori e  risorse  e

zone di atterraggio in emergenza - ZAE) e ne programma  il  controllo

periodico della loro funzionalita'.

In particolare dovra' essere censito e riportato  in  cartografia

quanto segue:

le aree di attesa: luoghi di primo ritrovo in sicurezza per  la

popolazione. Come aree  di  attesa  si  possono  individuare  piazze,

slarghi, laddove possibile parcheggi,  opportunamente  segnalate  con

una cartellonistica;

i centri di assistenza: strutture coperte pubbliche e/o private

(scuole, padiglioni fieristici, palestre, strutture  militari  ecc.),

rese   ricettive   temporaneamente   per   l'assistenza   a   seguito

dell'evacuazione.  Tali  centri  dovranno   essere   attrezzati,   in

emergenza, con i materiali necessari all'assistenza  provenienti  dai

magazzini del comune e/o da quelli gestiti  dalle  province  o  dalle

regioni, secondo l'organizzazione logistica del sistema di protezione

civile locale e regionale. Strutture ricettive in grado di  garantire

una rapida sistemazione sono quelle alberghiere. Queste ultime devono

essere  censite  nel  periodo  ordinario  e  la  loro  disponibilita'

ricettiva deve essere prontamente acquisita in  emergenza.  Utile  e'

anche  la  stipula  di  convenzioni  con  i  gestori  delle  suddette

strutture per il relativo impiego  necessario  all'accoglienza  della

popolazione in situazioni di emergenza;

le aree di  ammassamento  soccorritori  e  risorse:  luoghi  di

raccolta di uomini, mezzi e materiali necessari  alle  operazioni  di

soccorso, individuati  in  zone  strategiche  rispetto  ai  possibili

scenari  la  cui  gravita'  richieda  l'intervento  delle   strutture

operative dei livelli di coordinamento superiori. E'  opportuno,  ove

possibile, che tali aree siano prossime a strutture coperte in  grado

di ospitare i soccorritori e le attrezzature;

le zone di atterraggio in emergenza - ZAE: aree di  atterraggio

per gli elicotteri necessari alle attivita' di soccorso,  evacuazione

e logistiche.

Sara' utile, soprattutto per i piccoli comuni, in raccordo con le

prefetture e le province, stabilire accordi  con  le  amministrazioni

confinanti, per condividere gli stessi centri di assistenza e aree di

ammassamento dei soccorritori e delle risorse secondo un principio di

mutua solidarieta', assicurando  la  manutenzione  delle  aree  e  lo

sgombero neve in condizione di  sicurezza  per  gli  operatori,  onde

garantirne l'accessibilita'. Utili  informazioni  sull'individuazione

delle aree di emergenza  possono  essere  desunte  dalle  indicazioni

operative del Capo del Dipartimento della protezione civile  inerenti

«La determinazione dei  criteri  generali  per  l'individuazione  dei

Centri operativi di coordinamento e delle aree di emergenza»  del  31

marzo 2015 n. 1099;

g5) la  delimitazione  dell'area  rossa:  per  assicurare  la

salvaguardia della pubblica incolumita' e per favorire le  operazioni

di soccorso, il piano  dovra'  prevedere  l'immediata  perimetrazione

dell'area interessata dalla/e valanga/e - area rossa -  da  riportare

su  opportuna  cartografia.  Tale  area  dovra'  essere  soggetta   a

ordinanza sindacale d'interdizione  all'accesso,  che  potra'  essere

consentito dietro l'autorizzazione del comune  secondo  le  modalita'

atte a garantire la sicurezza;

g6) il soccorso: il sindaco, in quanto autorita' territoriale

di protezione  civile,  al  verificarsi  dell'emergenza  nel  proprio

territorio  provvede  all'adozione  dei  provvedimenti  necessari  e,

attraverso la struttura comunale,  ad  assicurare  i  primi  soccorsi

anche  mediante  il  coinvolgimento  del  volontariato  adeguatamente

formato ed equipaggiato,  dandone  contemporanea  comunicazione  alla

prefettura e alla regione/provincia autonoma ai fini dell'attivazione

del soccorso tecnico urgente e  del  soccorso  sanitario.  Il  comune

individua  nella  propria  pianificazione   di   protezione   civile,

attraverso il  supporto  delle  strutture  operative  competenti,  le

procedure di attivazione del soccorso nonche' i siti  strategici  ove

allestire i presidi di primo soccorso in caso di valanga nel rispetto

di quanto previsto dal paragrafo 1 della presente direttiva;

h) il ripristino dei servizi essenziali: per la verifica  e  il

ripristino della funzionalita' delle reti dei servizi essenziali deve

essere prevista, presso i COC/COI, la presenza o il collegamento  con

i referenti dei gestori delle reti (idrica, elettrica,  gas  e  della

telefonia), in modo da favorire l'intervento coordinato finalizzato a

garantire la ripresa, nel piu' breve tempo  possibile,  dei  suddetti

servizi. A tal fine  il  comune  richiede  ai  gestori  dei  suddetti

servizi i riferimenti dei propri referenti, da inserire nel Piano  di

protezione civile;

i)  il  censimento  del  danno:  a  seguito   del   verificarsi

dell'evento e' necessario organizzare sopralluoghi  per  la  verifica

speditiva  dei  danni,  anche   mediante   l'impiego   del   presidio

territoriale, di cui alla lettera f) del presente paragrafo, in  modo

da aggiornare il quadro della situazione da comunicare ai livelli  di

coordinamento provinciali e regionali.

  1.3.2. Gli elementi strategici del livello operativo provinciale. 

I  principali   elementi   strategici   del   livello   operativo

provinciale, di seguito elencati,  sono  individuati  per  supportare

il/i  comune/i  nelle  attivita'  di  sorveglianza  del   territorio,

soccorso e assistenza alla popolazione, attraverso un costante flusso

delle informazioni tra i  centri  operativi  ai  diversi  livelli  di

coordinamento, per  favorire,  quindi,  secondo  il  principio  della

sussidiarieta', le decisioni di intervento regionale o nazionale.

Come nella pianificazione  comunale/intercomunale  o  di  ambito,

anche  per  quella  provinciale,  l'attuazione   di   ogni   elemento

strategico     dipende     dall'individuazione      dei      relativi

soggetti/enti/funzioni di supporto:

a) la funzionalita' del sistema di  allertamento  locale  (cfr.

par. 1.4.1. Il sistema  di  allertamento):  il  piano  di  protezione

civile  deve  prevedere  le  modalita'  con   cui   il   livello   di

coordinamento provinciale - prefettura e provincia -  acquisisce  gli

allertamenti dalla regione e l'eventuale procedura di trasmissione ai

comuni e agli altri enti interessati, nel  rispetto  delle  direttive

regionali e  delle  province  autonome  esistenti  a  riguardo.  Tale

strategia  puo'  essere  attuata,  secondo  il  modello  adottato  da

ciascuna regione/provincia autonoma mediante l'attivita' di una  Sala

operativa  provinciale  unica  e  integrata   (cfr.   direttiva   del

Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008, «Indirizzi

operativi per la gestione dell'emergenza» pubblicata  nella  Gazzetta

Ufficiale  del  13  febbraio  2009,  n.  36),  con  un  servizio   di

reperibilita', qualora la stessa  non  sia  operativa  in  h  24.  Il

sistema di allertamento deve prevedere anche  l'organizzazione  e  le

procedure di attivazione del presidio  territoriale  a  supporto  dei

comuni;

b) il coordinamento operativo provinciale: l'individuazione  di

un Centro di coordinamento  dei  soccorsi  (C.C.S.)  e  di  una  Sala

operativa unica e integrata  -  fatti  salvi,  per  detti  centri,  i

modelli di coordinamento esistenti delle regioni - in un edificio non

vulnerabile, in area facilmente accessibile e sicura, e'  finalizzato

ad assicurare la direzione unitaria degli interventi  sul  territorio

provinciale, in supporto e in  coordinamento  con  quelli  realizzati

dal/i  comune/i  interessato/i,  anche  per  il  tramite  dei  Centri

operativi misti (C.O.M.), attivati qualora necessario, previsti nella

pianificazione di  protezione  civile  provinciale.  Nell'ambito  del

rischio specifico possono essere  individuate  per  i  COM  sedi  con

diversa destinazione d'uso quali, ad esempio: ex scuole ed  eventuali

palestre annesse, autorimesse per mezzi  impiegati  nell'applicazione

del piano neve provinciale, utilizzabili anche come poli logistici ed

anche  le  sedi  delle  comunita'  montane  dismesse  o  in  fase  di

dismissione. E' opportuno, ove possibile, che il CCS ed i  COM,  come

il COC/COI, vengano strutturati per Funzioni di supporto  (cfr.  par.

1.3.1   «Gli    elementi    strategici    del    livello    operativo

comunale/intercomunale o di  ambito»  -  punto  c  «Il  coordinamento

operativo comunale/intercomunale o di ambito») in modo da favorire la

comunicazione tra i singoli settori omologhi di attivita' dei  centri

operativi (ad esempio: Funzione  tecnica  del  COC/COI  con  Funzione

tecnica del CCS/COM,  Funzione  volontariato  del  COM  con  Funzione

volontariato del COC/COI, ecc.), con  la  conseguente  ottimizzazione

dei tempi d'intervento e delle risorse. Come per il  COC/COI  per  la

Sala operativa provinciale e' opportuna la redazione del report sulla

situazione da trasmettere  ai  livelli  di  coordinamento  superiori,

secondo le direttive regionali e  delle  province  autonome,  laddove

esistenti al riguardo.

Utili informazioni per l'individuazione dei  centri  operativi  e

delle funzioni di supporto sono riportate nelle indicazioni operative

del Capo  del  Dipartimento  della  protezione  civile  inerenti  «La

determinazione dei criteri generali per l'individuazione  dei  Centri

operativi di coordinamento e delle aree di emergenza»  del  31  marzo

2015 n. 1099;

c) il flusso delle informazioni:  lo  schema  di  flusso  delle

informazioni e' necessario per stabilire l'ordine delle comunicazioni

tra i vari centri operativi dislocati nel territorio della provincia,

la Sala operativa regionale e della  provincia  autonoma  e  la  Sala

situazione Italia del Dipartimento della protezione civile - SISTEMA,

evitando  sovrapposizioni,  nel  rispetto  della  configurazione  del

sistema  di   coordinamento   in   emergenza   ai   diversi   livelli

amministrativi (cfr.  direttiva  del  Presidente  del  Consiglio  dei

ministri del 3 dicembre 2008 inerente gli «Indirizzi operativi per la

gestione delle emergenze» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del  13

febbraio 2009, n. 36);

d) l'accessibilita': il piano  di  protezione  civile  valanghe

deve contenere l'individuazione  delle  possibili  ripercussioni  del

rischio valanghivo sul sistema viario e ferroviario in situazioni  di

emergenza d'interesse provinciale, considerando  anche  le  possibili

perturbazioni  alla  rete  dei  trasporti  terrestri   di   interesse

nazionale. A tal fine e' necessario che le  azioni  per  la  gestione

della  viabilita'  e  per   il   ripristino   delle   condizioni   di

transitabilita' della rete viaria siano coordinate con il piano  neve

provinciale.  E'  necessario  che  il  CCS,  attivato  dal  prefetto,

avvalendosi anche dei  Comitati  operativi  della  viabilita'  (COV),

garantisca il coordinamento di tutti i gestori  stradali  interessati

dal piano di protezione  civile  valanghe  provinciale,  mantenendoli

informati, tra l'altro, sulle  condizioni  di  rischio.  Inoltre,  il

piano provinciale deve prevedere tutte le misure di  regolazione  del

traffico  atte  a  favorire  la   movimentazione   dei   soccorsi   e

l'assistenza alla popolazione in emergenza; tali misure devono essere

riportate su cartografia dedicata;

e) l'area  di  ammassamento  soccorritori  e  risorse:  qualora

l'emergenza richieda l'impiego notevole  di  risorse,  e'  necessario

individuare, anche in ambiente montano,  aree  sicure  dove  dovranno

trovare sistemazione idonea i soccorritori e le risorse necessarie  a

garantire un razionale intervento nelle zone di emergenza (cfr.  par.

1.3.1   «Gli    elementi    strategici    del    livello    operativo

comunale/intercomunale  o  di  ambito»  punto  g4  -  «Le   aree   di

ammassamento  soccorritori  e  risorse»).  Tali  aree  devono  essere

facilmente raggiungibili attraverso percorsi sicuri, anche con  mezzi

di grandi dimensioni, dotate di servizi idrici, elettrici e  fognari,

possibilmente prossime a strutture coperte  che  possano  ospitare  i

soccorritori. Particolare priorita' dovra' essere data allo  sgombero

neve di tali aree e della  viabilita'  necessaria  per  raggiungerle,

onde assicurarne l'accessibilita' anche in condizioni di  criticita'.

Per l'individuazione di  tali  aree  si  puo'  far  riferimento  alle

indicazioni operative del  Capo  del  Dipartimento  della  protezione

civile  inerenti  «La  determinazione  dei   criteri   generali   per

l'individuazione dei Centri operativi di coordinamento e  delle  aree

di emergenza» del 31 marzo 2015 n. 1099;

f) le risorse per l'assistenza alla  popolazione:  d'importanza

strategica nella pianificazione di protezione civile e' la conoscenza

della gestione dei poli logistici/magazzini  per  i  beni  di  pronto

impiego, necessari all'assistenza alla popolazione con  le  modalita'

di  attivazione  per   la   distribuzione   degli   stessi,   secondo

l'organizzazione logistica del sistema di protezione civile locale  e

regionale;

g) l'attivazione del volontariato: per  garantire  un  efficace

coordinamento  delle  organizzazioni  di  volontariato  presenti  sul

territorio   dei   singoli   comuni   della   provincia   interessata

dall'evento, e' necessario  definire  la  procedura  per  la  formale

attivazione e impiego attraverso il comune, secondo  le  disposizioni

vigenti  nella  regione   o   provincia   autonoma   territorialmente

competente, nel  rispetto  di  quanto  previsto  per  gli  eventi  ed

interventi di rilievo  locale  dalla  direttiva  del  Presidente  del

Consiglio dei ministri del 9 novembre 2012, pubblicata nella Gazzetta

Ufficiale  n.  27  del  1°  febbraio  2013.  Le   organizzazioni   di

volontariato impiegate  dovranno,  altresi',  essere  preventivamente

formate  per  la  specifica  tipologia  d'intervento  e  l'uso  delle

attrezzature in dotazione, in conformita'  a  quanto  previsto  dalle

disposizioni contenute negli allegati 1 e 2 al decreto del  Capo  del

Dipartimento della protezione civile del 12 gennaio 2012,  pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale n. 82 del 6 aprile 2012, in tema  di  tutela

della salute e della sicurezza dei volontari di protezione civile;

h) la comunicazione  alla  popolazione  sul  rischio  valanghe:

fermo  restando  che  l'informazione  alla  popolazione  sul  rischio

valanghe e sui comportamenti da adottare  in  caso  di  emergenza  e'

competenza  del  sindaco,  in  quanto   autorita'   territoriale   di

protezione civile, e' auspicabile che il piano di  protezione  civile

provinciale contempli il supporto a tale attivita'. Le  comunicazioni

dirette ai cittadini, preliminarmente  condivise  con  il/i  comune/i

interessato/i, potranno essere veicolate attraverso il sito  internet

istituzionale o altri media, prevedendo l'attivazione di un eventuale

sportello informativo ovvero utilizzando gli strumenti ritenuti  piu'

efficaci anche attraverso la comunicazione multilingue ove possibile;

i)  il  rapporto  con  gli  organi   d'informazione:   per   la

divulgazione dell'informazione agli organi di stampa sara'  opportuno

individuare nei centri di coordinamento un responsabile dei  rapporti

con i media che, coordinandosi con i sindaci, stabilisca il programma

e le modalita'  degli  incontri  con  i  giornalisti,  in  un  locale

separato dalla Sala operativa;

j) il soccorso: la parte procedurale del  piano  di  protezione

civile deve riportare l'indicazione delle azioni relative all'impiego

coordinato  delle  risorse  statali  presenti  sul  territorio,   ivi

compreso  il  soccorso  tecnico  urgente,  e  delle  altre  strutture

operative specializzate nelle attivita' di soccorso  sanitario  e  di

altro genere. Il prefetto, ai sensi dell'art. 9, comma 2 del  decreto

legislativo n. 1 del 2018, assicura il coordinamento dei  servizi  di

emergenza a livello provinciale, adottando tutti i  provvedimenti  di

propria competenza necessari ad assicurare i primi soccorsi a livello

provinciale, comunale o di ambito. Per quanto concerne il soccorso  e

l'assistenza sanitaria e' necessario definire le  procedure  atte  ad

integrare  gli  interventi  delle  aziende  sanitarie  e  ospedaliere

competenti  per  territorio  per  assicurare  l'assistenza  sanitaria

urgente, compresa l'evacuazione dei feriti, e quella differita,  come

il ripristino/mantenimento dei livelli  di  assistenza  sanitaria  di

base e specialistica nonche' gli interventi di prevenzione e  sanita'

pubblica, assistenza psico-sociale e veterinaria;

k) il  ripristino  dei  servizi  essenziali:  il  coordinamento

provinciale   in   fase   di   pianificazione   deve   prevedere   il

coinvolgimento o il collegamento con gli  enti  gestori  dei  servizi

essenziali (reti idriche, elettriche, gas  e  della  telefonia),  per

garantire una pronta attivazione per  la  gestione  dell'emergenza  a

supporto dei comuni.

1.4. Il modello d'intervento. 

Il  modello  d'intervento  consiste   nell'organizzazione   della

risposta operativa per la gestione dell'emergenza in caso  di  evento

previsto ed in atto. Le attivita' previste  dalla  pianificazione  di

protezione  civile  devono  essere   compatibili   con   le   risorse

effettivamente disponibili in termini di uomini, materiali  e  mezzi.

Il piano quindi deve essere  sostenibile  e  attuabile,  in  modo  da

permettere  la   conoscenza,   anche   approssimativa,   dei   limiti

d'intervento per la richiesta di supporto ai livelli di coordinamento

superiori.

Il modello d'intervento include:

il sistema di allertamento;

il sistema di coordinamento;

le procedure operative.

  1.4.1. Il sistema di allertamento. 

L'allertamento comprende le fasi di  previsione,  monitoraggio  e

sorveglianza secondo quanto riportato nell'allegato 1 della  presente

direttiva.

Le regioni e le province autonome in fase previsionale adottano e

diramano ai soggetti istituzionali interessati e,  quindi,  anche  ai

singoli  comuni  ricadenti   nelle   zone   d'allerta   valanghe,   i

bollettini/avvisi di criticita' valanghe e dichiarano  i  livelli  di

allerta (gialla, arancione e rossa) del sistema di protezione civile,

per il territorio di propria competenza.

Alle attivita' connesse alla  redazione  dei  Bollettini  neve  e

valanghe e alla valutazione dei livelli di criticita'  si  affiancano

quelle di monitoraggio e sorveglianza del  sistema  di  allertamento,

che fanno capo ai centri funzionali.

La fase di monitoraggio e sorveglianza  consiste  nella  costante

valutazione  della  situazione  nivologico-valanghiva   in   atto   e

nell'eventuale aggiornamento degli scenari previsti sul territorio di

competenza; essa si svolge quindi mediante la raccolta e l'analisi di

dati  nivo-meteorologici  (manuali  e/o  automatici)   e   di   altre

informazioni utili sia a  livello  generale  che  locale,  anche  con

l'ausilio di  soggetti  esterni  qualificati,  quali  tipicamente  le

Commissioni locali valanghe, AINEVA, Meteomont, o  analoghi  soggetti

tecnici consultivi e dei presidi territoriali comunali con  operatori

adeguatamente formati.

E'  al  riguardo  essenziale  che   le   informazioni   acquisite

localmente  vengano  tempestivamente   comunicate   ai   livelli   di

coordinamento superiori, provinciali e regionali.

Le attivita' del sistema di allertamento rappresentano un ausilio

fondamentale alle decisioni a livello locale per l'attivazione  delle

relative fasi operative - fase di attenzione, fase  di  preallarme  e

fase di  allarme  -,  previste  dalla  pianificazione  di  protezione

civile, ciascuna delle quali deve contenere le relative azioni per la

gestione dell'emergenza (cfr. par. 1.4.3 «Le procedure operative  dei

piani di protezione civile locali»).

  1.4.2. Il sistema di coordinamento. 

Il sistema di coordinamento comunale/intercomunale o di ambito:

l'assetto organizzativo del livello comunale/intercomunale o di

ambito, fatte salve le direttive regionali e delle province a statuto

autonomo, prevede l'attivazione progressiva del COC/COI,  secondo  le

fasi operative - fase di attenzione, fase di  preallarme  e  fase  di

allarme - previste nel piano di protezione civile.

Il piano deve stabilire un modello  organizzativo  che  consideri

figure deputate alla ricezione degli allertamenti e che garantisca il

flusso  delle  comunicazioni  con  la   prefettura/provincia   e   la

regione/provincia autonoma, assicurando in tal modo un  raccordo  tra

le componenti di protezione civile e le  strutture  di  coordinamento

eventualmente attivate.

Il comune, secondo l'evoluzione e la gravita'  dell'evento,  puo'

disporre l'eventuale attivazione sia del  presidio  territoriale  del

comune, richiedendo, se necessario, il supporto a tale attivita' alla

prefettura, alla provincia e alla regione sia, in modo  piu'  o  meno

progressivo, delle funzioni di supporto del COC (cfr. par. 1.3.1 «Gli

elementi strategici del livello operativo comunale/intercomunale o di

ambito» - punto c «Il coordinamento operativo locale»).

Per i comuni piu' grandi o caratterizzati da molte  frazioni,  e'

utile prevedere l'attivazione di Centri di coordinamento avanzati, in

una struttura anche con diversa destinazione d'uso,  in  collegamento

con il COC/COI, sia come base per il presidio territoriale sia per la

direzione  degli  interventi  di   protezione   civile   sul   fronte

dell'emergenza in caso di evento.

Il sistema di coordinamento provinciale:

il sistema di coordinamento provinciale, fatto salvo il modello

di coordinamento adottato da ciascuna regione, prevede  l'attivazione

del Centro coordinamento dei soccorsi (C.C.S.), organo decisionale  e

d'indirizzo, che si avvale, secondo quanto stabilito dalla  direttiva

del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2008, di una

Sala  operativa  unica  a  livello  provinciale,  che  attua   quanto

stabilito in sede di C.C.S., mantenendo il raccordo con i COC/COI, la

Sala operativa regionale e la Sala situazione Italia del Dipartimento

della protezione civile - SISTEMA. Tale raccordo  e'  necessario  per

garantire,  attraverso  il  costante  scambio   delle   informazioni,

l'aggiornamento della  situazione  e,  se  necessario,  l'attivazione

delle risorse regionali e nazionali per la gestione dell'emergenza.

In relazione alla gravita' della situazione nell'area interessata

dal   fenomeno   valanghivo   potrebbe   essere   necessaria    anche

l'attivazione di uno o piu' Centri operativi  misti  -  C.O.M.,  come

struttura provvisoria di coordinamento  quale  derivazione  operativa

del C.C.S. sul fronte dell'emergenza, per la gestione  delle  risorse

impiegate a supporto del/i comune/i (cfr. par.  1.3.2  «Gli  elementi

strategici  del  livello   operativo   provinciale»   punto   b   «Il

coordinamento operativo provinciale»).

  1.4.3. Le  procedure  operative  dei  piani  di  protezione  civile

locali. 

Le   procedure   operative   ai    livelli    di    coordinamento

comunale/intercomunale  o  di   ambito   e   provinciale   consistono

nell'individuazione delle azioni che  i  soggetti  partecipanti  alla

gestione dell'emergenza devono porre in essere  per  fronteggiare  la

stessa, in aderenza a quanto stabilito dal  modello  organizzativo  e

normativo locale.

I soggetti e le relative azioni devono essere associate alle fasi

operative di attenzione, preallarme o allarme che vengono attivate  a

seguito dell'emanazione dei livelli di allerta - gialla, arancione  o

rossa - comunicati dai Centri funzionali regionali e sulla base delle

valutazioni del presidio  territoriale.  Il  passaggio  da  una  fase

operativa ad una fase  superiore,  ovvero  ad  una  inferiore,  viene

disposta  dall'ente  territoriale   competente   sulla   base   delle

determinazioni  del  presidio  territoriale  e  delle   comunicazioni

provenienti dal restante sistema di allertamento.

La procedura operativa di attivazione del sistema  di  protezione

civile locale prevede, quindi,  per  ciascun  livello  di  allerta  -

gialla, arancione o rossa - l'attivazione, piu' o  meno  progressiva,

delle fasi operative di attenzione, preallarme e allarme per ciascuna

delle quali vengono definite nel piano di protezione civile le azioni

che ciascun ente/struttura operativa/funzione di supporto deve  porre

in essere. Di seguito si riportano due  tabelle  riepilogative  delle

principali  azioni  da  attuare  per  ciascuna  fase   operativa   di

attenzione,  preallarme  e  allarme,  la  prima  per  il  livello  di

coordinamento comunale/intercomunale o di ambito e la seconda per  il

livello di coordinamento provinciale - provincia/prefettura.

 

 

Nel  caso  in  cui  la  valanga  avvenga  in  maniera  improvvisa

interessando la popolazione, si attiva direttamente la fase operativa

di allarme, che include le azioni delle  precedenti  fasi  operative,

con l'esecuzione della procedura di soccorso ed evacuazione.

La correlazione tra il livello di allerta e la fase operativa non

e' quindi automatica, ma e' conseguente ad un processo decisionale di

attuazione del piano di protezione civile.

Una condizione di «attivazione minima» del piano e' rappresentata

dall'attivazione almeno della fase operativa di attenzione, a seguito

dell'emanazione del livello di allerta gialla e arancione,  e  almeno

della fase di preallarme in caso di allerta rossa, in linea anche con

quanto definito nelle indicazioni operative del Capo del Dipartimento

della   protezione   civile   recanti   «Metodi   e    criteri    per

l'omogeneizzazione dei messaggi del sistema di allertamento nazionale

per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico e della  risposta  del

sistema di protezione civile» del 10 febbraio 2016 n. RIA/0007117.

2. L'aggiornamento del piano di protezione civile. 

Conclusa l'elaborazione del piano di protezione civile, approvato

formalmente,  l'attivita'  di  pianificazione  deve  proseguire   con

l'aggiornamento costante dello stesso, che puo' riguardare  non  solo

semplici dati inerenti,  ad  esempio,  recapiti  telefonici,  e-mail,

indirizzi e nominativi di  responsabili,  ma  anche  gli  scenari  di

rischio  nonche'  l'assetto  strategico   contemplato   nel   modello

d'intervento come, ad esempio, il cambiamento della sede  del  Centro

operativo, la variazione del piano del traffico, la ricerca  di  aree

di emergenza diverse da quelle precedentemente individuate.

Inoltre, nell'ambito dell'aggiornamento del piano  di  protezione

civile, il comune dovra'  verificare  annualmente,  all'inizio  della

stagione  invernale,  l'esistenza,  per  le   aree   sciabili   (cfr.

«Premessa» del presente allegato), di procedure di emergenza  a  cura

dell'ente gestore degli impianti.

La struttura  dinamica  del  piano  di  protezione  civile  viene

raggiunta, oltre che con il lavoro di aggiornamento dei dati  durante

il  periodo  ordinario,   anche   mediante   la   considerazione   di

apprendimenti a seguito di emergenze, nonche'  attraverso  periodiche

esercitazioni  la  cui  definizione  e'  riportata  nella  «Circolare

riguardante la  programmazione  e  l'organizzazione  delle  attivita'

addestrative di protezione civile» n. DPC/EME/0041948 del  28  maggio

2010. Queste ultime  sono  necessarie  alla  verifica  del  piano  di

protezione civile ed a favorire la conoscenza dello stesso  da  parte

sia degli operatori sia della popolazione.

Note   [ + ]

1.  Non hanno i requisiti  di  legittimita'  tutte  quelle  ordinanze

sindacali che vietano e limitano attivita' ed accessi verso  aree

potenzialmente  pericolose  se   tali   prescrizioni   non   sono

controllabili e gestibili. Ai sensi della sentenza del  Consiglio

di Stato (n.2109 8 maggio 2007)  sono  illegittime  le  ordinanze

contingibili  ed  urgenti  che  non  presentino  consistenza   ed

evidenza univoca e rilevante (specifiche per l'area  oggetto  del

provvedimento) comprovate da una attenta valutazione da parte  di

tecnici esperti attraverso idonei accertamenti istruttori volti a

dimostrare l'effettiva sussistenza dei presupposti  per  adottare

l'anzidetta  ordinanza  (vd.   anche   Tribunale   amministrativo

regionale Campania - Napoli sez. V, sentenza 11  maggio  2007  n.

4992;  Tribunale  amministrativo  regionale  Lazio,  sentenza  28

novembre 2007 n. 11914; Consiglio di Stato, Sez. V,  sentenza  28

giugno  2004  n.  4767).  Per  idonei   accertamenti   istruttori

s'intende  un'indagine,  in  loco,  sulle  reali  condizioni   di

instabilita' del manto nevoso e non una valutazione  desunta  dal

BNV che, per sua natura,  effettua  valutazioni  e  previsioni  a

scala sinottica (almeno 100 km2 come da indicazioni EAWS).

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