Sicurezza e responsabilità penali

Un focus per comprendere il coinvolgimento di alcune figure fondamentali della filiera prevenzionistica, alla luce della normativa e delle principali pronunce. L’obiettivo: fare sempre più chiarezza

Sicurezza e responsabilità penali.

Già oltre 20 anni fa, con l’emanazione del D.Lgs. n. 528/1999, integrativo e correttivo del D.Lgs. n. 494/1996, poteva dirsi concluso il meccanismo di recepimento della direttiva cantieri n. 57 del 24 giugno 1992 (direttiva 92/57/Cee). Tra le novità significative che il D.Lgs. n. 528/1999 aveva apportato al sistema della sicurezza nei cantieri edili, assumeva precipuo rilievo, rispetto al testo iniziale, la ridefinizione dei profili di responsabilità penale, non solo tra le figure principali del cantiere (committente, responsabile dei lavori, coordinatori), ma anche di quelle tradizionalmente facenti capo all’impresa esecutrice dei lavori (datore di lavoro, dirigenti, preposti).

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In una terza stagione normativa, i contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento (Psc) di cui all’articolo 12 del D.Lgs. n. 494/1996, furono definiti con il D.P.R. 3 luglio 2003, n. 222 (ora rifluito nell’allegato XV al D.Lgs. n. 81/2008).

Rispetto alla normativa previgente, il testo unico della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) ha proposto un modello di cantiere sicuro significativamente diverso, segnatamente per ciò che attiene alla relazione di responsabilità intercorrente tra il committente e il responsabile dei lavori.

Sicurezza e responsabilità penali: l’effetto collaterale

L’introduzione della cosiddetta “formula di coincidenza” (Rl = progettista – Rl = direttore dei lavori), poiché produceva, come effetto collaterale, l’abbassamento sistemico del livello di tutela sotto il profilo della valutazione della culpa in eligendo facente capo al committente, a esito delle numerose critiche, dottrinarie e no, è stato abbandonato ancor prima della sua concreta operatività, in sede di adozione delle disposizioni integrative e correttive operate con il D.Lgs. n. 106/2009 (il cosiddetto Tusic-bis).

Non è questa la sede per riesaminare il quadro deludente delle disposizioni del titolo IV, capo I che, sia sul piano della tecnica redazionale, sia quanto ai contenuti, offriva il testo originario del D.Lgs. n. 81/2008 (vigente dal 15 maggio 2008 al 20 agosto 2009). Certo ne risultava un quadro complessivo disomogeneo, non sempre allineato con le indicazioni della Direttiva 92/57/CEE, e soprattutto marcatamente incostituzionale nelle parti in cui esso si poneva in evidente contrasto vuoi con alcuni parametri costituzionali, vuoi con l’art. 1, comma 3 della legge-delega n. 123/2007, secondo il quale il D.Lgs. n. 81/2008 non avrebbe potuto in ogni caso «disporre un abbassamento dei livelli di protezione, di sicurezza e di tutela o una riduzione dei diritti e delle prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze».

Sicurezza e responsabilità penali: un fatto di metodo

Il D.Lgs. n. 106/2009 ha operato molte modifiche rispetto all’articolato precedente, anche se l’opzione preliminare di fondo e di metodo è rimasta quella di valorizzare e dare significato alla fondamentale bipartizione tra la tradizionale dimensione della sicurezza “intra-aziendale”, regolata dal titolo I del D.Lgs. n. 81/2008 (artt. da 1 a 61), e la dimensione della sicurezza cosiddetta “integrata” o “di cantiere”, facente capo agli adempimenti specificamente previsti dal titolo IV, capo I (artt. da 88 a 104).

Volendo delineare gli obblighi di sicurezza e di salute in questo ambito duplice e bivalente, secondo un quadro armonico, si può affermare che, per il primo profilo (sicurezza “intra-aziendale”) vale la disciplina dettata dalla normativa generale (in sintesi, l’intero corpo del D.Lgs. n. 81/2008): invero la direttiva 92/57/Cee (art. 7, paragrafo 2) esprime chiaramente il principio per il quale i datori di lavoro delle imprese esecutrici debbono adempiere agli obblighi di sicurezza inerenti alla propria azienda. Questo principio si trova ora scritto negli articoli 95 e 96 del D.Lgs. n. 81/2008, e gli adempimenti in essi previsti rappresentano il complesso del “programma prevenzionale” facente capo a ciascuna impresa esecutrice. A questo riguardo, è fuor di dubbio che spetti ai singoli datori di lavoro l’obbligo del rispetto della normativa di prevenzione nel rapporto uomo-macchina, così come l’informazione e la formazione professionale, e ancora la fornitura ai lavoratori degli strumenti e delle attrezzature di lavoro, nonché dei dispositivi di protezione collettiva e individuale.

Con riguardo al secondo profilo (sicurezza “di cantiere”), spetterà invece ai coordinatori l’analisi e la valutazione dei rischi “comuni” (ad esempio, derivanti dalla utilizzazione, da parte dei lavoratori di più imprese, di impianti comuni, come un ponteggio) e dei rischi “interferenziali” (ad esempio, derivanti dall’impiego o dalla circolazione di macchine e mezzi di trasporto e di sollevamento nell’area del cantiere).

Sicurezza e responsabilità penali: l’ambito e la causa

Ogniqualvolta si verifichi un infortunio sul lavoro, occorrerà dunque individuare in quale ambito si collochi la causa di esso (se nell’ambito dei fattori di rischio “intra-aziendali” o in quello dei rischi “di cantiere”), e trarne le conseguenze in tema di responsabilità soggettive.

Nel primo ambito, si può dire che valgono tuttora i criteri di imputazione soggettiva della responsabilità già elaborati dalla giurisprudenza. Il criterio di ripartizione dei rispettivi profili di responsabilità (il cosiddetto principio di “scalettamento” degli obblighi) è indicato negli attuali artt. 18 e 19 del D.Lgs. n. 81/2008 (vedere la tabella 1) e deve essere coniugato con il principio di “effettività”, in base al quale l'accertamento della qualità di destinatario delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro «va compiuto in concreto con riferimento alle mansioni svolte e alla specifica sfera di responsabilità attribuita» (da ultimo, tra le tante, Cass. pen. sez. IV, 24.5.2022 n. 20127).

Sicurezza e responsabilità penaliSicurezza e responsabilità penali: i ruoli

Questo sistema - consolidato da una copiosa produzione giurisprudenziale e comunemente definito del “doppio binario” - prevede che gli obblighi di attuazione della normativa di prevenzione e di igiene del lavoro gravano in via diretta sul datore di lavoro e sui dirigenti, non sul preposto. Non spetta al preposto - in linea tendenziale - l’adozione delle misure di prevenzione e di protezione, ma -più limitatamente - il solo dovere di vigilare affinché le misure predisposte dai vertici aziendali ricevano una concreta attuazione nel modo ad esse più corrispondente, e affinché i lavoratori subordinati (e a questi assimilabili) si conformino alle istruzioni di lavoro impartite per la tutela della loro integrità psicofisica.

Quanto invece alla corretta impostazione dei rapporti tra il committente e il responsabile dei lavori, nonché tra questi due soggetti e i coordinatori, al fine di delimitarne le rispettive sfere di responsabilità, non si può non ricordare che questa tematica ha rappresentato da sempre uno dei passaggi più critici in sede interpretativa.

Non a caso il committente è stato da più parti definito come una sorta di “regista della sicurezza”, il quale, per assolvere ai propri compiti di regia, si avvale − ove non possa o non voglia provvedervi personalmente − della collaborazione del responsabile dei lavori e di tecnici specialisti da lui designati (coordinatore per la progettazione e coordinatore per l’esecuzione dei lavori).

Sicurezza e responsabilità penali: il committente e responsabile dei lavori

Il committente è, in buona sostanza, colui che trae dalla realizzazione dell’opera il soddisfacimento di un interesse personale, colui cioè nel cui interesse − primario ed originario − l’opera viene realizzata. Sicché non si può ragionare del committente nei cantieri edili, se non si considera l’estensione della sua responsabilità penale: la quale finisce per coincidere con quella del cosiddetto “responsabile dei lavori” (art. 89, comma 1, lett. c) del D.Lgs. n. 81/2008).

Circa il rapporto tra il committente e il responsabile dei lavori, nel caso in cui il committente non intenda procedere alla designazione del responsabile dei lavori, egli risponderà personalmente del mancato adempimento degli obblighi che il D.Lgs. n. 81/2008 ricollega alla sua area funzionale (Cass. pen. sez. IV, 16 aprile 2002, n. 14371: «Il committente che non designi il responsabile dei lavori, ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 494/1996, è tenuto a precisi obblighi di collaborazione e coordinamento nell'attuazione delle misure di sicurezza all'interno del cantiere ove si svolgono i lavori»). L’attuale assetto delle responsabilità tra il committente e il responsabile dei lavori esprime dunque in linea generale il principio di “non condivisione” della responsabilità, con ciò capovolgendo totalmente la prospettiva delineata nel testo iniziale del D.Lgs. n. 494/1996, ove il legislatore aveva optato per la parificazione - almeno apparente - dei rispettivi profili di responsabilità. Si sono in tal modo superate le (fondate) obiezioni di incostituzionalità, derivanti dalla parificazione totale delle rispettive sfere di responsabilità anche nel caso di designazione del responsabile dei lavori. L’area dell’esonero della responsabilità del committente dipende insomma dal contenuto e dall’estensione dell’incarico conferito - necessariamente con delega di funzioni (sul punto per tutte, vedere Cass. pen. sez. III, 10 agosto 2006, n. 29149 e Cass. pen. sez. IV, 14 gennaio 2010 n. 1490) al responsabile dei lavori. Quanto alla possibilità di fare riferimento, per il conferimento della delega di funzioni, all’istituto delineato in via generale all’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008, la risposta non può che essere affermativa. Invero i rapporti tra il titolo I e il titolo IV, capo I del D.Lgs. n. 81/2008 sono improntati al principio di specialità, ricavabile dalla chiara indicazione contenuta nell’art. 88, comma 1 del Tusic («Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89, comma 1, lettera a)»).

Sicurezza e responsabilità penali: quando entrano i coordinatori

Circa il rapporto tra il committente o il responsabile dei lavori, e i coordinatori, la prima considerazione è che la clausola di non esonero, espressamente prevista dall’art. 7 della direttiva 92/57/Cee («Qualora un committente o un responsabile dei lavori abbia designato uno o più coordinatori per l'esecuzione dei compiti di cui agli articoli 5 e 6, ciò non lo esonera dalle proprie responsabilità in materia), è rimasta invariata nel passaggio dal D.Lgs. n. 494/1996 al D.Lgs. n. 81/2008, in quanto la sua eliminazione avrebbe indebitamente abbassato il livello delle cosiddette “prescrizioni minime” stabilite dalla normativa comunitaria. Pure invariato l’obbligo, per il committente, di svolgere una azione di positiva verifica dell’azione dei coordinatori. Il contenuto di tale dovere di “vigilanza attiva” è stato però nuovamente esteso alla quasi totalità degli obblighi facenti capo ai coordinatori (fatta eccezione per quello di cui all’art. 92, comma 1, lettera f) del decreto), e la sua violazione dà luogo a responsabilità per culpa in vigilando. Più precisamente, rispetto al D.Lgs. n. 81/2008, il contenuto del dovere di “vigilanza attiva” dell’art. 93, comma 2 del decreto è stato esteso anche alla lettera e) dell’art. 92 (cosiddetto meccanismo della segnalazione-proposta del Cse) ed è stata ripristinata la sanzione penale in caso di inosservanza (pena l’incostituzionalità della norma ai sensi dell’art. 1, comma 3 della legge n. 123/2007), seppur questa sanzione sia da mediare, da parte dell’organo di vigilanza e dell’autorità giudiziaria, con la doverosa distinzione concettuale tra “colpa generale” e “colpa tecnica” (su cui si rimanda, tra le altre, a Cass. pen. sez. IV, 19 aprile 2019, n. 17223 e a Cass. IV, 6 dicembre 2021 n. 44944).

Sicurezza e responsabilità penali: una funzione di garanzia

Il testo unico ha così confermato che il committente o il responsabile dei lavori, qualora non svolgano personalmente -come possono, qualora in possesso dei requisiti di qualificazione professionale richiesti dall’art. 98 - le funzioni di coordinatori, devono farsi garanti del contenuto fondamentale della loro azione, a pena di sanzione penale.

Mentre il rapporto committente/responsabile dei lavori è modulato sostanzialmente sulla delega di funzioni e sul rispetto dei requisiti che la stessa deve possedere (tra i quali l’assenza di culpa in eligendo e di culpa in vigilando), il rapporto tra essi e i coordinatori (che, a differenza del responsabile dei lavori, sono vere e proprie qualifiche professionali) è stato limitato a una responsabilità strutturata «a titolo proprio per omessa verifica», con salvezza del principio di personalità della responsabilità penale sancito dall'art. 27 della Costituzione. Invero è il titolo IV, capo I del D.Lgs. n. 81/2008 a definire specificamente e compiutamente la tipologia e il contenuto dei poteri-doveri dei coordinatori. Nondimeno, secondo la giurisprudenza, «Il controllo del committente sui coordinatori non è di natura meramente formale ma implica una effettiva e ragionata verifica circa le soluzioni adottate o da adottare» (Cass. pen. sez. IV, 30 dicembre 2015 n. 51190).

Quanto al rapporto tra committente e singola impresa esecutrice, la valutazione della Cassazione è che al committente «è ascritta la piena corresponsabilità con l'appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive sulla base degli obblighi sullo stesso incombenti ai sensi di legge, con la conseguenza che la responsabilità dell'appaltatore non esclude quella del committente, da ritenersi corresponsabile unitamente al primo, qualora l'evento si ricolleghi causalmente ad una sua omissione colposa».

Sicurezza e responsabilità penali: l’incompatibilità

Quanto poi all’eventualità che l’incarico di responsabile dei lavori venga affidato al titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, si deve registrare che il D.Lgs. n. 81/2008 ha stabilito il principio di incompatibilità funzionale solo quale divieto di cumulo delle qualifiche di Cse e di datore di lavoro dell’impresa esecutrice (o di un suo dipendente o del Rspp), senza includervi l’area funzionale di responsabile dei lavori. In assenza di un esplicito divieto, sarebbe pertanto astrattamente ipotizzabile la situazione di coincidenza Rl-Ddl per la fase di esecuzione dell’opera (e anche per la contestuale fase di controllo dell’esecuzione dell’opera). Certo sarebbe paradossale che ciò avvenisse: l’incompatibilità della coincidenza Cse-Ddl dovrebbe sussistere a fortiori avendo riguardo alla figura di responsabile dei lavori per conto del committente. È per questo motivo – e per colmare sul piano interpretativo questa lacuna normativa - che la giurisprudenza è intervenuta a supplire all’obiter dictum del legislatore: i giudici di legittimità (Cass. pen. sez. IV, 14 gennaio 2010 n. 1490) hanno precisato che «Stante il rapporto critico-dialettico tra il committente e il datore di lavoro dell'impresa esecutrice, è da escludere, sul piano logico-sistematico, che il ruolo di responsabile dei lavori possa essere assegnato dal primo al secondo - pena l'inconcepibile identificazione tra soggetto controllore e soggetto controllato per ciò che riguarda la sicurezza del cantiere».

Con due pronunce successive (Cass. pen. sez. IV, 6 maggio 2013, n. 19382 e Cass. pen. sez. IV, 16 maggio 2013, n. 21059), la Corte di Cassazione ha ulteriormente precisato l’estensione dell’area di esposizione del committente alla responsabilità penale, stabilendo che egli (al pari del responsabile dei lavori, ove nominato) «è chiamato a verificare l'adempimento da parte dei coordinatori degli obblighi di assicurare e di verificare il rispetto, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento, nonchè la corretta applicazione delle procedure di lavoro. Da ciò conseguendo che al committente (così come al responsabile dei lavori) è attribuito dalla legge un compito di verifica non meramente formale, bensì una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l'esecuzione di controlli sostanziali e incisivi su tutto quel che concerne i temi della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore, accertando, inoltre, che i coordinatori adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti in detta materia».

 

 

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