Il datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni

L’individuazione di questa figura prevenzionale presuppone un atto formale di nomina o di delega? E attenzione alle conseguenze se questo adempimento non è svolto

Il datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni. La definizione di datore di lavoro pubblico è contenuta all’art. 2, comma 1, lettera b), secondo periodo del D.Lgs. n. 81/2008 («(…) il dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale»); definizione oggettivamente "convenzionale" (resa dall'espressione «per datore di lavoro si intende») e legislativamente modulata sul potere di gestione cui, sul versante soggettivo, si aggiunge il requisito della qualifica dirigenziale, ovvero dello svolgimento di mansioni direttive funzionalmente equivalenti.

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L’autonomia decisionale

Premesso che secondo la condivisibile valutazione operata da Cass. pen. sez. IV, 7 giugno 2010, n. 21519, sussiste continuità normativa tra le norme previgenti e l’attuale art. 2 del D.Lgs. n. 81/2008, dall'analisi delle norme che regolano la responsabilità gestionale nell'ambito della pubblica amministrazione, affidata in linea generale alla figura del dirigente pubblico (art. 4, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e art. 107 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) si evince chiaramente come, nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, gli organi di governo politico - elettivi o di nomina interna - sono titolari dei poteri di indirizzo, di dotazione organica, strumentale ed economico-finanziaria e di controllo dell'ente, mentre ai dirigenti spetta la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa delle risorse assegnate (cosiddetto “principio di separazione”).

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Ai dirigenti pubblici è pertanto riconosciuta - per diretta attribuzione di legge - la titolarità degli stessi poteri di autonomia decisionale e di spesa propri dei datori di lavoro del settore privato. Queste figure non sono dunque affatto equiparabili ai "dirigenti" del settore privato (art. 2203 del codice civile), ma si caratterizzano, agli effetti dell'art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008 e del rispetto della normativa prevenzionale e di igiene, come datori di lavoro (e tali il decreto legislativo li "intende", come si è già detto).

La pluralità

Avendo riguardo a realtà di lavoro complesse, la suddetta caratterizzazione del datore di lavoro pubblico può determinare il risultato di una pluralità di datori di lavoro ai fini della sicurezza; d'altro canto il riferimento all'autonomia gestionale nel settore pubblico è già di per sé indicativo della tendenziale pluralità delle aree datoriali di lavoro in seno alle amministrazioni pubbliche. Come dire che a ogni espressione del potere di gestione corrisponde una qualifica dirigenziale convenzionalmente assimilata a quella di datore di lavoro prevenzionistico. Del resto, l'art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 stabilisce che ogni determinazione per l'organizzazione dei singoli uffici, nonché le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono «assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro». Con formula pressoché identica si esprime l'art. 89, comma 6, del D.Lgs. n. 267/2000 in materia di enti locali.

Inizialmente l’individuazione quali datori di lavoro prevenzionistici, a opera dei vertici delle amministrazioni pubbliche, dei dirigenti pubblici titolari di poteri gestionali, era disciplinata dall'art. 30, comma 1 del D.Lgs. n. 242/1996. Si trattava di uno degli obblighi di natura transitoria da adempiere entro la data del 6 luglio 1996, in vista dell’entrata in vigore definitiva, oltre venticinque anni fa, del D.Lgs. n. 626/1994.

Nel perimetro

Attualmente l’atto di individuazione del datore di lavoro nel settore pubblico è previsto e regolato nel citato art. 2 del testo unico. La norma dispone che il datore di lavoro pubblico ai fini della sicurezza, nei casi in cui il funzionario sia sfornito della qualifica dirigenziale, deve essere «individuato dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa».

Sul piano amministrativo, la nomina dei dirigenti pubblici, equiparati alla figura del datore di lavoro a fini prevenzionali, non è lasciata a scelte totalmente discrezionali. Infatti, per quanto riguarda le Amministrazioni pubbliche in genere, dispone il D.Lgs. n. 165/2001, il quale regola minuziosamente le modalità del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale. Per quanto riguarda gli enti locali, l'art. 89 del D.Lgs. n. 267/2000 già citato riserva alla loro autonomia organizzativa la definizione in sede di regolamento, in conformità con le norme dello statuto, della disciplina della dotazione organica del personale; e, in questo ambito, anche l'attribuzione ai dirigenti delle responsabilità gestionali.

Secondo quanto dispone la circolare del ministero dell'Interno 17 dicembre 1996, n. 3, «Spetterà, dunque, al regolamento dell'ente, in raccordo con lo statuto, provvedere all'organizzazione (e cioè all'ordinamento) degli uffici e dei servizi, ricercando i dipendenti dirigenti, o non dirigenti, in relazione alla tipologia dell'ente, cui ricollegare le responsabilità connesse al procedimento, anche in materia di sicurezza sul lavoro, in relazione alle specifiche professionalità possedute dai medesimi». Per il caso in cui nell'organico di un ente non siano previste qualifiche dirigenziali, l'art. 109, comma 2 del D.Lgs. n. 267/2000, dispone che nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni dirigenziali «possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione». Dunque, il concetto di "dirigente pubblico" (equiparato al datore di lavoro privato) è più ristretto della nozione di "datore di lavoro pubblico" (la quale ricomprende anche quei funzionari che - pur senza essere dirigenti pubblici - sono preposti a uffici aventi autonomia gestionale).

Le modalità

Quanto alle modalità di individuazione del datore di lavoro prevenzionistico, mentre per i dirigenti pubblici è sufficiente in ogni caso il decreto di nomina e/o la disposizione regolamentare o delibera dell'ente di appartenenza), per il funzionario non inquadrato nel ruolo dirigenziale ma conferito delle funzioni corrispondenti, è necessario il provvedimento motivato del sindaco. Per il funzionario cosiddetto “preposto” (né dirigente, né munito di funzioni dirigenziali) occorre l’atto formale di preposizione all'ufficio avente autonomia gestionale.

Insomma, l’atto di individuazione da parte degli organi di vertice dell’amministrazione di appartenenza non è necessario per i dirigenti pubblici stricto iure (ovvero, a stretti termini di legge) intesi, mentre lo diventa sia per i funzionari muniti di funzioni dirigenziali (pur in assenza della corrispondente qualifica), sia per i funzionari preposti a un ufficio avente autonomia gestionale, quand’anche questi ultimi non esercitino funzioni dirigenziali (ma solo di preposizione/conduzione dell’ufficio).
In nessun caso occorre, peraltro, per l’individuazione del datore di lavoro prevenzionistico nel settore pubblico, il conferimento di una Delega di funzioni, essendo sufficiente, nei casi già indicati, un mero atto di individuazione. L’individuazione si risolve, insomma, in un atto avente natura “ricognitiva” rispetto al precedente atto (di nomina e/o di preposizione, secondo i casi) “costitutivo” della qualifica e/o della funzione pubblica, dalla quale deriva direttamente il complesso degli obblighi in capo al funzionario, senza la necessità di atti successivi di intermediazione (per tutte, Cass. pen. sez. IV, 27 settembre 2010, n. 34804 e

Cass. pen. sez. IV, 18 novembre 2021 n. 42062).
Così, ad esempio, in un ente consortile dotato di personalità giuridica, il datore di lavoro prevenzionistico è stato individuato in base alle indicazioni dello statuto (Cass. pen. sez. IV, 16 luglio 2012, n. 28410).

E anche nelle piccole realtà comunali, che sono le più numerose, 1 qualora il sindaco, in assenza di una qualifica dirigenziale, attribuisca le funzioni corrispondenti, con provvedimento motivato, a un funzionario dell'amministrazione comunale (come gli consente il comma 2 del citato art. 109 del D.Lgs. n. 267/2000), sbaglierebbe chi ritenesse di poter individuare in questo atto formale l'equivalente di una delega di funzioni. Infatti, l'istituto della delega è nato per consentire di trasferire su altri una responsabilità, conseguente alla violazione di norme penali, che sarebbe propria. Nel caso di specie, al contrario, il funzionario avente qualifica non dirigenziale, già responsabile dell'ufficio o del servizio, si vede attribuire la titolarità delle funzioni dirigenziali (e il corrispondente potere di gestione, cui deriva ex lege la qualifica di datore di lavoro prevenzionistico) iure proprio. Del pari i dirigenti comunali traggono direttamente dalla legge - non certo dagli organi del Comune - il complesso dei loro poteri attuativi e di gestione. Del resto agli organi elettivi del Comune spettano solo poteri di indirizzo e di controllo, non di gestione amministrativa; e, in base a quanto dispone l'art. 107, comma 1 del D.Lgs. n. 267/2000, lo statuto e il regolamento comunale devono uniformarsi a questo principio di separazione.

La legittimità

Questa impostazione è stata confermata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. sez. IV, 7 giugno 2010, n. 21519), che ha ritenuto inutile la delega di funzioni in materia di sicurezza da parte del direttore generale di un’azienda ospedaliera alla responsabile di un dipartimento (è stata ritenuta sufficiente la sola nomina amministrativa). Più sinteticamente, ma con formula efficace, si è detto che la qualifica di datore di lavoro pubblico inerisce «non necessariamente alla circostanza di essere capo di una struttura, ma alla circostanza di essere dirigente con autonomia gestionale» (Cass. pen. sez. IV, 5 maggio 2011, n. 17443).

Allo stato attuale della legislazione, la separazione tra potere politico e potere gestionale, con l'attribuzione ai dirigenti pubblici di tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti adottati dagli organi di governo e di indirizzo politico, è ormai un principio informatore dell’azione di tutte le amministrazioni pubbliche, e consente a tutti gli enti, indipendentemente dalle dimensioni, di «gestire in modo flessibile - come afferma la circolare della presidenza del Consiglio n. 1 del 15 luglio 1997 - in relazione alle proprie peculiarità e caratteristiche, il modello organizzatorio di cui hanno deciso di dotarsi».
In un caso di infortunio sul lavoro subito da un operaio comunale, peraltro sotto l’impero della legislazione previgente al testo unico, la suprema Corte ha pronunciato condanna del sindaco senza riserve (Cass. pen. sez. IV, 21 ottobre 2005, n. 38840).

La giurisprudenza della suprema Corte ha ulteriormente chiarito che l'attribuzione della qualità di datore di lavoro a persona diversa dall'organo di vertice non può che essere espressa, anche perché comporta i poteri di gestione in tema di sicurezza (non essendo quindi per questa ragione possibile una scelta non espressa e non accompagnata dal conferimento di poteri di gestione alla persona fisica); e che al dirigente così individuato competono tutte le funzioni datoriali, senza distinzione tra funzioni delegabili e non delegabili, in ragione della qualifica di datore di lavoro che questo soggetto viene ad assumere (Cass. pen. sez. IV, 19 luglio 2016, n. 30557 e Cass. pen. sez. IV, 3 ottobre 2018, n. 43829).

Nell’ambito del sistema di separazione tra la responsabilità politica e la responsabilità gestionale, non può dunque farsi questione circa la sussistenza o meno, in capo al dirigente o al funzionario comunale titolare di poteri di gestione e d'impegno di spesa, di una delega di funzioni conferita ai sensi, nelle forme e per le finalità di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008. Invero l’atto di delega assume rilievo solo qualora il soggetto destinatario della delega sia distinto dal datore di lavoro medesimo (ciò che accade nelle ordinarie realtà aziendali e nell'ambito dei modelli organizzativi di natura privatistica); viceversa, nell’ambito delle amministrazioni pubbliche, il funzionario munito di qualifica dirigenziale e che risulti titolare dei poteri decisionali e di spesa, assume ope legis la corrispondente posizione e qualifica prevenzionistica datoriale, atteso che con l'atto di individuazione vengono trasferite al dirigente pubblico tutte le funzioni datoriali, ivi comprese quelle non delegabili (Cass. pen. sez. IV, 20 febbraio 2017, n. 8119).

Per l’affermazione che la regola che limita la delegabilità di taluni obblighi propri del datore di lavoro non è applicabile alle pubbliche amministrazioni che abbiano proceduto all'individuazione del dirigente a norma dell’art. 2, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008, si veda la pronuncia di Cass. pen. sez. IV, 27 maggio 2015, n. 22415.

Chiarito che l’atto di “individuazione” dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2008 non riguarda i dirigenti pubblici, ma solo la categoria dei soggetti “equiparati” (a. investiti di funzioni dirigenziali; b. preposti a un ufficio avente autonomia gestionale, anche senza l’esercizio di funzioni dirigenziali, purché dotati di autonomi poteri decisionali e di spesa), ne risulta di conseguenza circoscritto sia il dovere di individuazione, sia le conseguenze negative che la legge ricollega al mancato esercizio di questo potere “funzionale” («In caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l’organo di vertice medesimo»).

Va ulteriormente precisato che la conseguenza della condotta di mancata individuazione, non è la “conservazione” in capo all’organo di vertice dell’amministrazione della qualifica di datore di lavoro prevenzionistico (pena la violazione del “principio di separazione” sopra accennato, che informa tutta l’azione pubblica); bensì l’attribuzione della qualifica prevenzionistica –anche in questo caso convenzionalmente ex lege - quale effetto “di ritorno” e quale conseguenza negativa della condotta omissiva. Non appare quindi condivisibile la pronuncia di Cass. pen. sez. III, 20 aprile 2012, n. 15206, la quale – in presenza di dirigenti pubblici di ruolo nella pianta organica di un Comune - ciò nonostante ha condannato il sindaco, in merito ad alcune violazioni alla normativa antinfortunistica (omessa designazione del Rspp, omessa nomina del medico competente, omessa designazione dei lavoratori addetti alla squadra di emergenza), affermando il principio che, in caso di omessa individuazione, «la qualifica di datore di lavoro continuerà a coincidere con l'organo di vertice medesimo, quindi con il sindaco». Più aderente al dettato normativo la pronuncia di Cass. pen. sez. III, 5 luglio 2018, n. 30170.

Corretta, invece, è stata ritenuta l’individuazione di datore di lavoro pubblico per il responsabile del servizio di nettezza urbana di un Comune, operata con delibera di giunta e successiva alla delibera del sindaco, e con la contestuale assegnazione della relativa autonomia gestionale, nell'ambito degli stanziamenti di bilancio, «in relazione alle incombenze di cui alle norme sulla sicurezza del lavoro» (Cass. pen. sez. IV, 28 settembre 2011, n. 35204), quella che ha confermato la condanna di un dirigente scolastico per l’infortunio di uno studente (Cass. pen. sez. IV, 12 settembre 2019, n. 37766), e quella che ha confermato la condanna del responsabile dei lavori pubblici di un Comune per la folgorazione di un cittadino venuto a contatto con un lampione di illuminazione pubblica (Cass. pen. sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 13520).

Nel caso della prevenzione incendi

In tema di prevenzione incendi è stata poi confermata la condanna del sindaco quale legale rappresentante dell’Ente, in difetti di un provvedimento di affidamento funzionale (Cass. pen. sez. III, 28 luglio 2021 n. 29575).

Va da sé poi che ciò che conta, ai fini dell’assunzione degli obblighi di attuazione della normativa antinfortunistica e di igiene del lavoro, non è il potere gestionale astratto, bensì le funzioni gestorie effettivamente espletate, le quali ultime sono le sole a manifestarsi quale esplicazione del cosiddetto “principio di effettività” che da sempre è il parametro di riferimento per l’imputazione soggettiva della responsabilità prevenzionistica. Su quest’ultimo tema è significativa la pronuncia di Cass. pen. sez. III, 25 gennaio 2018, n. 3671, secondo la quale il dirigente del settore manutenzione di un Comune è stato ritenuto non responsabile, per violazioni inerenti alla mancata esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici scolastici, in quanto privo in concreto «di autonomi poteri gestionali, decisionali e di spesa». Conforme anche la pronuncia di Cass. pen. sez. III, 5 luglio 2017, n. 32358.

Nel senso che la tutela delle condizioni di lavoro rientra in una sfera di competenza primaria, diretta ed esclusiva, di talché l’esistenza di un responsabile del procedimento (Rup), quale soggetto specificamente deputato a seguire i lavori, «non esautora la funzione apicale (del dirigente pubblico)», Cass. pen. sez. IV, 1° settembre 2014, n. 36444.

 

[1] Si consideri che più della metà degli oltre ottomila Comuni - oltre 4.700 - hanno meno di 3 mila abitanti, e solo poco più di 400 superano i 20 mila.

TAB 1 – L’ORGANICO IN SINTESI NELLA PA

Datore di lavoro Dirigente pubblico
Funzionario

(indipendentemente dalla qualifica, se preposto ad ufficio avente autonomia gestionale)

Componente(i) dell’organo esecutivo di enti locali

con popolazione inferiore a 5 mila abitanti (con attribuzione della responsabilità di uffici e servizi,e il potere di adottare atti di natura tecnica gestionale)

Dirigente Funzionario apicale

(non preposto ad ufficio avente autonomia gestionale)

Preposto 1 Funzionario

(non dirigenziale né direttivo)

______________________

 1 Qualora il profilo funzionale, a fini prevenzionali, risulti definito in sede di contrattazione collettiva, o con provvedimento dirigenziale.

 

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