Il testo unico ambientale dal 2009 a oggi

La prima importante normativa ambientale di settore risale addirittura alla legge n. 321 sull’inquinamento delle acque

Premessa

La prima importante normativa ambientale di settore fu la legge 10 maggio 1976, n. 321 sull’inquinamento delle acque (la cosiddetta “legge Merli”). Nei decenni successivi, si aggiunsero varie normative relative ad altri settori della tutela ambientale, dalla disciplina sui rifiuti a quella sulla valutazione di impatto ambientale, fino a quella sulle emissioni in atmosfera e ad altre più circoscritte. Con il nuovo Millennio, ci si è mossi con decisione verso l’idea di un’unificazione e codificazione della normativa ambientale, nella speranza di renderla più semplice, più stabile e più facilmente conoscibile da parte degli operatori. Si è così giunti al ben noto “testo unico ambientale” (di seguito “Tua”) approvato - a seguito di una legge parlamentare di delega (legge n. 308/2004) - con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Non si può certo dire che i tre menzionati obiettivi (maggiore semplicità, stabilità e conoscibilità della normativa ambientale) siano stati pienamente raggiunti. Infatti, la complessità delle materie da regolare ha reso impossibili semplificazioni radicali, mentre i continui (e francamente troppo frequenti: si veda la tabella 1) rimaneggiamenti del testo normativo hanno impedito il formarsi di un “codice” stabile di norme facilmente conoscibili. A ciò va aggiunto che alcuni settori del diritto ambientale – ad esempio la disciplina dei rumori, quella sulle terre e rocce da scavo o quella sulla autorizzazione unica ambientale – sono rimasti formalmente estranei al “testo unico”. Peraltro, laddove necessario per completezza di esposizione, saranno commentate nel prosieguo anche le normative rimaste estranee al Tua, ma comunque di rilevante interesse.

 

Tabella 1
Elenco delle recenti modifiche al Tua (a partire dal 2014)
 
Normativa Contiene modifiche ad articoli del Tua? (Si/No) Contiene norme che incidono sul Tua, ma non lo modificano direttamente? (Sì/No) Principali argomenti trattati
Decisione 2014/955/Ue No Sì – sull’allegato D alla parte IV Nuovo elenco europeo dei rifiuti
Regolamento 1357/2014/Ue No Sì - sull’allegato I alla Parte IV Nuove regole per l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo ai rifiuti
Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 46 Sì – modifica numerose disposizioni del Tua (ad esempio Aia, emissioni eccetera) No Attuazione della direttiva 2010/75/Ue relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento)
D.L. 24 giugno 2014, n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116/2014 Sì - modifica numerose disposizioni del Tua No Molteplici, come ad esempio la procedura semplificata per la bonifica articolo 242-bis
Legge n. 115/2015 Sì - modifica gli articoli:

- 217;

-  218 comma 1;

226 comma 3.

No Disposizioni per la corretta attuazione della direttiva 94/62/Ce sugli imballaggi a seguito di procedura di infrazione
Legge n. 125/2015 Sì - modifica l’art. 183 comma 1, lettere f), bb) e oo) No Modifica alcune definizioni, tra cui quella di produttore di rifiuti
D.Lgs. n. 145/2015 Sì-modifica l’art.300 No Disposizioni relative alla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e sul danno ambientale
D.Lgs. n. 172/2015 Sì - modifica alcuni articoli in materia di acque (ad esempio l’articolo 74, l’articolo 78 eccetera) No Attuazione direttiva 2013/39/Ue sulle sostanze prioritarie nella politica sulle acque
D.L. n. 210/2015 convertito, con modificazioni,

dalla legge n. 21/2016

Sì-modifica l’art. 273 Sì - posticipa l’entrata in vigore di talune disposizioni in materia di Sistri al 1° luglio 2017 Il provvedimento reca proroghe ai termini previsti da talune disposizioni legislative
Legge 28 dicembre 2015,

n. 208

Sì - modifica l’articolo 6, comma 17 No Legge di stabilità 2016
Legge n. 221/2015 Si - modifica numerosi articoli del Tua e relativi allegati No Disposizioni varie per la promozione della green economy e per il contenimento nell’uso delle risorse naturali
D.M. n. 99/2016 Sì - modifica l’allegato VIII alla parte V No Regolamento per il recepimento delle direttive 2014/77/Ue e 2014/99/Ue, che aggiornano i riferimenti ai metodi di analisi e di prova contenuti nella direttiva 98/70/Ce (qualità della benzina e del combustibile diesel per autotrazione) e nella direttiva 2009/126/Ce (recupero di vapori durante il rifornimento dei veicoli a motore)
D.M. n. 118/2016 Si - modifica l’allegato I, parte III, alla parte V No Aggiornamento dei valori limite di emissione in atmosfera per le emissioni di carbonio organico totale degli impianti alimentati a biogas
D.Lgs. n. 127/2016 Sì - modifica gli articoli:

- 29-quater;

- 25;

- 269.

Sì – influisce sui procedimenti per il rilascio di autorizzazioni ambientali Modifiche alla disciplina della conferenza dei servizi
D.M. 6 luglio 2016 Sì - modifica allegato I alla parte III No Recepimento della direttiva 2014/80/Ue della Commissione del 20 giugno 2014 che modifica l’allegato II alla direttiva 2006/118/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento
D.Lgs. n. 257/2016 Sì - modifiche puntuali agli allegati II e III alla parte II No Disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi
D.M. n. 22/2017 Sì - modifica l’allegato X alla parte V No Modifiche dell’Allegato X, parte I, sezione 3, alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in ottemperanza alla decisione di esecuzione 2015/253/Ue della direttiva n. 1999/32/ Ce, sulle modalità di conduzione dei controlli sul tenore di zolfo nei combustibili marittimi e il contenuto delle relazioni annuali alla Ce
D.L. n. 91/2017 convertito, con modificazioni,

dalla legge n. 123/2017

Sì - modifica l’allegato D alla parte IV e diverse disposizioni in materia di gestione degli imballaggi No Disposizioni di attuazione della direttiva (Ue) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, che modifica la direttiva 94/62/Ce per quanto riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero e misure in materia di classificazione dei rifiuti e disposizioni
D.Lgs. n. 104/2017 Sì - modifica diversi articoli della parte II No Attuazione della direttiva 2014/52/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/Ue, concernente la valutazione dell’impatto ambientale
D.P.R. n. 120/2017 No Sì - disciplina le modalità di gestione delle terre e rocce da scavo Regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo ai sensi dell’articolo 8 del D.L.

n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014

Legge n. 124/2017 Sì - apporta modifiche alla disciplina degli imballaggi Sì - stabilisce procedure semplificate di dismissione per gli impianti di distribuzione dei carburanti; demanda a un successivo decreto ministeriale la determinazione delle modalità semplificate per la raccolta e il trasporto rifiuti di metalli ferrosi e non Legge annuale per il mercato e la concorrenza
Legge n. 167/2017 Sì – modifica alcune disposizioni in materia di acque, emissioni e Aia No Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - legge europea 2017
Legge n. 183/2017 Sì – modifica diversi articoli della parte V e gli allegati No Attuazione della direttiva (Ue) 2015/2193 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa alla limitazione delle emissioni nell’atmosfera di taluni inquinanti originati da impianti di combustione medi, nonché per il riordino del quadro normativo degli stabilimenti che producono emissioni nell’atmosfera, ai sensi dell’articolo 17, legge 12 agosto 2016, n. 170
Legge n. 205/2017 Sì – modifica alcune disposizioni in materia di tracciabilità dei rifiuti No Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020
D.M. 1° febbraio 2018 No Sì – detta le modalità semplificate per le attività di raccolta e trasporto di rifiuti metallici ferrosi e non Modalità semplificate   relative agli adempimenti per l’esercizio delle attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi di metalli ferrosi e non ferrosi
D.Lgs. n. 21/2018 Sì – abroga l’art. 260 (traffico illecito di rifiuti) trasferendolo nel codice penale No Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell’articolo 1, comma 85, lettera q), legge 23 giugno 2017, n. 103
D.Lgs. n. 81/2018 No Sì – stabilisce a livello nazionale limiti più stringenti per le emissioni Attuazione della direttiva (Ue) 2016/2284 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, concernente la riduzione delle emissioni nazionali di determinati inquinanti atmosferici, che modifica la direttiva 2003/35/Ce e abroga la direttiva 2001/81/Ce
Rettifica del 6 aprile 2018 della Decisione 2014/955/Ue No Sì – sull’allegato D alla parte IV Modifiche puntuali all’elenco europeo dei rifiuti
D.L. n. 135/2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 12/2019 No Sì – sul regime della tracciabilità dei rifiuti Soppressione del Sistri (sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti)
Legge n. 145/2018 Sì – modifica l’art. 228 (pneumatici fuori uso) e inserisce l’art. 226-quater (plastiche monouso) Sì – modifica alcune disposizioni in materia di rifiuti, acque, appalti, energia, territorio, trasporti, inquinamento acustico Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021
Legge n. 37/2019 Sì – modifica l’art. 185 (esclusione dall’ambito di applicazione della parte IV del Tua) Sì – modifica alcune disposizioni in materia di emissioni di gas serra, rifiuti radioattivi, sfalci e potature, rifiuti di apparecchiature elettroniche (Raee) e incentivi per impianti a biogas e biomassa Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2018
Legge n. 55/2019 che converte in legge, con modificazioni, il D.L. n. 32/2019 Sì – modifica l’art. 184-ter (Cessazione della qualifica di rifiuto) No Conversione in legge del cosiddetto decreto "Sblocca cantieri" in materia di appalti pubblici
D.M. n. 74/2019 Sì -inserimento della farina di vinaccioli disoleata nell'allegato X, parte II, sezione IV, paragrafo 1, alla parte V No Caratteristiche e condizioni in presenza delle quali è possibile utilizzare la farina di vinaccioli come biomassa combustibile
Legge n. 128/2019, che converte in legge, con modificazioni, il D.L. n. 101/2019 Sì – modifica l’art. 184-ter («  Cessazione della qualifica di rifiuto») No Rilascio o rinnovo “caso per caso” da parte delle Regioni di autorizzazioni per lo svolgimento delle operazioni di recupero rifiuti (nelle more dell'adozione di criteri dettagliati "EoW")

 

Legge n. 27/2020 Sì – modifica l’art. 183, comma 1, lett. bb) num. 2) ( «Definizione deposito temporaneo di rifiuti») No Modifica del quantitativo massimo e della durata temporale prevista per il deposito temporaneo di rifiuti

 

D.L. 34/ 2020, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 Sì – modifica l'art. 8 (Norme di organizzazione) No Eliminazione del riferimento al «Comitato tecnico istruttorio »  in materia di Via

 

D.Lgs. n. 102/2020 Sì – modifica diverse disposizioni della Parte V del Tua No Introduzione di nuove regole per le emissioni in atmosfera degli impianti di combustione
D.Lgs. n. 116/2020 Sì – modifica la parte del Tua. dedicata alle norme generali su rifiuti e imballaggi No Il decreto, parte del pacchetto cosiddetto “circular economy”, introduce rilevanti novità. In particolare, rafforza il sistema della responsabilità estesa del produttore di beni (il cosiddetto “Epr”), mira a prevenire la produzione dei rifiuti e la creazione di nuove filiere virtuose per il recupero di particolari residui
Legge n. 120/2020 che converte in legge, con modificazioni, il D.L. n. 76/2020 Sì - modifica alcune disposizioni in materia di Via e di bonifica

 

No Introduzione di alcune semplificazioni in materia di valutazione di impatto ambientale (Via), di bonifica dei terreni contaminati, nonché di rifiuti

 

È comunque innegabile che, dopo l’approvazione del D.Lgs. n. 152/2006, la materia ambientale abbia acquisito una dignità accresciuta all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale. Prevedibilmente, a ciò si è unita un’attività interpretativa sempre più intensa e incisiva da parte della magistratura ordinaria (penale e civile), come di quella amministrativa (tribunali amministrativi regionali e Consiglio di Stato). Per questa ragione, in questo contributo di approfondimento – che si colloca ad oltre dieci anni dalla approvazione del testo unico – le interpretazioni giurisprudenziali vengono descritte con ampia rilevanza.

Principi

Il D.Lgs. n. 152/2006 chiarisce, in apertura (art. 3-bis) come i criteri generali fissati nel decreto costituiscano i principi generali in tema di tutela dell’ambiente, adottati in attuazione degli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117, commi 1 e 3, della Costituzione e nel rispetto degli obblighi internazionali e del diritto comunitario. Ciò vale anche come necessario criterio orientativo, anche per regioni ed enti locali, nell’adozione degli atti normativi, di indirizzo e di coordinamento e nell’emanazione dei provvedimenti di natura contingibile e urgente.

Nel merito, con il principio dell’azione ambientale (art. 3-ter) si prevede che la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale debba essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante un'adeguata azione che sia informata ai principi:

  • della precauzione;
  • dell’azione preventiva;
  • della correzione (in via prioritaria alla fonte) dei danni causati all’ambiente;
  • "chi inquina paga”.

Principi questi che, ai sensi dell’articolo 174, comma 2 del trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale. Tra i principi menzionati dall’art. 3-ter (ma ripresi, come si vedrà subito, da articoli successivi del testo unico), il principio di precauzione è quello che, nella pratica, determina le conseguenze più rilevanti per l’attività delle imprese; in altri termini, è preferibile adottare preventivamente alcune cautele (anche in casi nei quali vi sia incertezza scientifica sul rischio), piuttosto che tentare di correre ai ripari (spesso troppo tardivamente) dopo che il danno si è verificato, concetto che nella letteratura anglosassone viene sintetizzato in «better safe than sorry» . Sarebbe difficile – apparentemente - immaginare un’idea più ovvia, sulla quale il consenso possa risultare più spontaneo. Nella realtà, le cose non sono così semplici. Infatti, in primo luogo, le informazioni disponibili sulle caratteristiche e sulla probabilità del rischio sono spesso inadeguate; inoltre - e soprattutto - in alcuni casi soltanto attraverso un comportamento “rischioso” è possibile ottenere importanti vantaggi per la nostra vita individuale o sociale (come, ad esempio, nella situazione in cui si deve accettare un certo grado di esposizione a inquinanti nell’ambiente di lavoro, al fine di non pregiudicare eccessivamente, attraverso cautele troppo costose, il reddito e la capacità economica di uno stato). Il principio di precauzione può essere utilissimo per ridurre efficacemente i rischi ambientali e sanitari, a condizione di:

  • considerare non soltanto i vantaggi, ma anche gli svantaggi derivanti dall’adozione di determinate misure di cautela;
  • studiare e applicare misure di cautela proporzionate al rischio;
  • applicare in definitiva questo principio sulla base di una attenta analisi costi-benefici, che però non sia limitata agli aspetti quantitativi, ma consideri anche i profili qualitativi delle varie situazioni esaminate.

Questo approccio è esattamente quello seguito dagli artt. 301 e seguenti del D.Lgs. n. 152/2006, che specifica in dettaglio i contenuti del principio di precauzione. L’art. 301 è, infatti, specificamente dedicato – nell’ambito della parte sesta («Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente») – all’«Attuazione del principio di precauzione»; in particolare, il relativo comma 1 prevede, in termini generali, che «in applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174, paragrafo 2, del Trattato Ce, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, pur se non vi sia certezza scientifica in ordine all’effettività del rischio, deve essere assicurato un alto livello di protezione»[1]In questo senso la giurisprudenza amministrativa ha sempre sostenuto che il principio di precauzione, di derivazione comunitaria (articolo 7, regolamento n. 178/2002), prevede che, quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di questi rischi (si vedano le sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio 2018, n. 3109; sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 826; sez. IV, 27 febbraio 2017, n. 1392; sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3767). I successivi commi dell’articolo sono, tuttavia, esplicitamente finalizzati a definire i limiti e le condizioni di applicazione del principio, prevedendo (con indicazioni sostanzialmente corrispondenti ai criteri fissati nella comunicazione n. 2/2000 della commissione europea) che:

  • «l’applicazione del principio concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva»;
  • le misure adottabili dal ministero dell’Ambiente, ai sensi dell’art. 304, D.Lgs. n. 152/2006 («Azione di prevenzione») siano:

«a) proporzionali rispetto livello di protezione che s›intende raggiungere;

b)   non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate;

c)  basate sull’esame dei potenziali vantaggi e oneri;

d)   aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici».

Il principio di precauzione viene poi esplicitamente menzionato nell’ambito delle disposizioni riguardanti i rifiuti, contenute nel testo unico ambientale. In particolare, secondo l’art. 178, «la gestione dei rifiuti (…) deve conformarsi ai principi di precauzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell’ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario “chi inquina paga”».

Conclusivamente, è possibile affermare che il principio di precauzione sia oggi certamente, anche in Italia, uno dei fondamentali criteri per l’interpretazione e l’applicazione di tutta la normativa nazionale di settore in materia di ambiente. Analoghe considerazioni valgono naturalmente per la normativa regionale, posto che – secondo il rinnovato art. 117 della Costituzione – «Le Regioni (…) nelle materie di loro competenza, (…) provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea».

Con altrettanta certezza si deve, tuttavia, affermare la necessità di interpretare la regola precauzionale alla luce del principio di proporzionalità. E, infatti, al riguardo:

•   in sede europea, la Corte di Giustizia ha da tempo testualmente affermato:

-  «la legittimità del divieto di un’attività economica è subordinata alla condizione che il provvedimento sia idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti»[2]Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 13 novembre 1990, in causa C-331/88.;

-  «al fine di stabilire se una norma di diritto comunitario sia conforme al principio di proporzionalità, si deve accertare se i mezzi da essa contemplati siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non eccedano quanto è necessario per raggiungere detto scopo»[3]Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 22 novembre 2001, in causa C-110/97. ;

-  «nell’esercizio del loro potere discrezionale relativo alla tutela della salute, gli Stati membri devono rispettare il principio di proporzionalità. Pertanto, i mezzi che essi scelgono devono essere limitati allo stretto necessario per garantire la tutela della salute o per soddisfare esigenze imperative attinenti, ad esempio, alla difesa dei consumatori; essi devono essere proporzionati all’obiettivo così perseguito, il quale non avrebbe potuto essere conseguito con misure meno restrittive»[4]Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 5 febbraio 2004, in causa C-24/00;

-  «anche se si riconosce la necessità di tutelare la salute come preoccupazione principale, il principio di proporzionalità deve essere rispettato»; anche questo aspetto è «soggetto al controllo del giudice»[5]Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 1° aprile 2004, in causa C-286/02 (esattamente considerata espressione di un orientamento rigoroso nella tutela della salute);

-  «gli Stati membri devono rispettare il principio di proporzionalità. I mezzi che essi scelgono devono essere pertanto limitati a quanto è effettivamente necessario per garantire la tutela della salute; essi devono essere proporzionati all’obiettivo così perseguito, il quale non avrebbe potuto essere raggiunto con misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari»[6]Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 2 dicembre 2004, in causa C-41/02. ;

  • inoltre, sempre secondo la Corte europea di Giustizia, il criterio di proporzionalità deve essere apprezzato in una prospettiva dinamica, non statica; infatti, «ove vi siano nuovi elementi che modificano la percezione di un rischio o mostrano che tale rischio può essere circoscritto da misure meno severe di quelle esistenti, spetta alle istituzioni, e in particolare alla Commissione, che dispone del potere d’iniziativa, vigilare sull’adeguamento della normativa ai nuovi dati»[7]Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 12 gennaio 2006, in causa C-504/04..

•  in Italia, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo affermato che il principio di proporzionalità impone «l’adozione, fra più misure appropriate, di quella che impone il minimo sacrificio, per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti»[8]Così espressamente la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 11 novembre 2003 n. 7993. È stato poi precisato, anche recentemente, che l’imposizione – in sede di autorizzazione – di prescrizioni ambientali più severe rispetto a quelle fissate in via generale dalla legge è possibile alla precisa condizione che tali prescrizioni vengano rigorosamente individuate «alla stregua dei principi di proporzionalità e precauzione»[9]Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 9 settembre 2005, n. 4648. La necessità che il ricorso al principio di precauzione avvenga nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione viene espressamente e motivatamente sostenuta anche dalla sentenza del Tar Lombardia n. 782/2005. Per un’applicazione proporzionata del principio di precauzione, si veda, inoltre, la approfondita sentenza del Tar Veneto n. 5891/2006. Anche ultimamente, il Consiglio di Stato (sentenza della sezione V, 23 dicembre 2016, n. 5443) ha affermato che il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile; in questo senso, il principio rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi. Infine, secondo i giudici, la proporzionalità dell’attività amministrativa non deve essere considerata come un canone rigido e immodificabile, ma si configura quale regola che implica un significativo grado di flessibilità dell’azione amministrativa. Ancor più recentemente, in termini generali, sul principio di proporzionalità, si veda la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299..

L’articolo 3-quater pone poi il principio dello sviluppo sostenibile. Sulla base di esso, ogni attività antropica deve garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non rischi di compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. Importante è la precisazione in base alla quale anche l’attività della pubblica amministrazione debba essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile. Pertanto, nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità, gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione.

L’articolo 3-quinquies pone, infine, i principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, destinati a incidere soprattutto sui rapporti dello Stato con le Regioni e gli enti territoriali minori. Si prevede così, in termini generali, che i principi con- tenuti nel decreto costituiscano le condizioni minime ed essenziali per assicurare la tutela dell’ambiente su tutto il territorio nazionale. Le regioni e le province autonome possono, pertanto, adottare forme di tutela giuridica dell’ambiente più restrittive, qualora lo richiedano situazioni particolari del loro territorio; è, però, indispensabile, per la legittimità di questi interventi, che essi non comportino «un’arbitraria discriminazione, anche attraverso ingiustificati aggravi procedimentali».

Rapporti con norme europee e regionali

Oltre a doversi coordinare con altre discipline nazionali, il testo unico ambientale deve necessariamente fare i conti con normative provenienti dall’Unione europea o dalle Regioni. Quali regole disciplinano i rapporti fra queste fonti di diverso livello? La materia è troppo complessa per essere trattata in modo esaustivo in questa sede, ma alcune considerazioni sono necessarie. Iniziando dai rapporti con la normativa europea, appare in questo ambito fondamentale la previsione (art. 176 del Trattato) secondo la quale le misure eventualmente approvate dagli Stati membri in senso più restrittivo rispetto agli standard dell’Unione devono essere «compatibili» con il Trattato; e ciò al fine di impedire che esse possano costituire uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio all’interno della Comunità. La tabella 2 indica le principali direttive quadro nei vari settori del diritto dell’ambiente.

 Tabella 2

Le principali direttive-quadro in materia ambientale

                                

Dati delle direttive quadro

 

Materia Data ultima per recepimento Normativa italiana di recepimento
Direttiva 2018/497/Ue (modifiche a direttive 2000/53/Ce, 2006/66/Ce

e 2012/19/Ue)

Rifiuti (macchine fuori uso, pile e accumulatori, apparecchiature elettriche ed elettroniche) 5 luglio 2020 Ancora da recepire
Direttiva 2018/850/Ue (modifiche alla direttiva 1999/31/Ce) Rifiuti (discariche) 5 luglio 2020 Ancora da recepire
Direttiva 2018/851/Ue (modifiche alla direttiva 2008/90/Ce) Rifiuti 5 luglio 2020 Ancora da recepire
Direttiva 2018/852/Ue (modifiche alla direttiva 94/62/Ce) Rifiuti (imballaggi) 5 luglio 2020 Ancora da recepire
Direttiva 2014/52/Ue (modiche alla direttiva 2011/92/Ue) Valutazione di impatto ambientale 16 maggio 2017 D.Lgs. n. 104/2017.

Precedente direttiva recepita con legge n. 116/2014 di conversione del D.L. n. 91/2014, la quale ha apportato modifiche al D.Lgs. n. 152/2006, parte seconda [«Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC)»]

Direttiva 2010/75/Ue (cosiddetta direttiva Ied) Emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) 7 gennaio 2013 Legge n. 46/2014, che ha apportato modifiche al D.Lgs. n. 152/2006, parte seconda «Procedure per la valutazione ambientale strategica (Vas), per la valutazione d’impatto ambientale (Via) e per l’autorizzazione ambientale integrata (Ippc)»
Direttiva 2008/50/Ce Qualità dell’aria 11 giugno 2010 D.Lgs. n. 155/2010
Direttiva 2008/56/Ce Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino 15 luglio 2010 D.Lgs. n. 190/2010
Direttive 2000/60/Ce Direttiva quadro sulle acque 22 dicembre 2003 D.Lgs. n. 152/2006, parte terza «Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di gestione delle risorse idriche»
Direttiva 2008/98/Ue Direttiva quadro sui rifiuti 12 dicembre 2010 D.Lgs. n. 205/2010 che ha apportato modifiche al D.Lgs. n. 152/2006, parte quarta («Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati»)

 

Per quanto, invece, riguarda i rapporti fra norme nazionali e regionali, è fondamentale il testo dell’art. 117 della Costituzione, quale risulta dalla legge costituzionale n. 3/2001, secondo il quale lo Stato esercita una «competenza esclusiva» in materia di tutela dell’ambiente. È ben vero che – come valorizzato in alcune sentenze della Corte Costituzionale, peraltro non fra loro uniformi e non sempre compatibili con gli indirizzi interpretativi del consiglio di Stato - la presenza di materie di confine di competenza regionale (quali la tutela della salute o il governo del territorio) comporta la perdurante presenza di un significativo ruolo delle Regioni nella definizione delle norme ambientali; ruolo, del resto, ulteriormente valorizzato dal principio di leale cooperazione fra Stato e Regioni e dalle forme istituzionali di consultazione e confronto[10]Quali la Conferenza Stato-Regioni. che l’attuazione di questo principio comporta. Ma la chiara affermazione costituzionale della competenza (esclusiva) statale per la tutela dell’ambiente oggi comporta – quanto meno – l’impossibilità di sostenere l’esistenza di un generale (e illimitato) principio costituzionale della «tutela più rigorosa del livello territoriale inferiore». La tabella 3 riporta le non sempre uniformi decisioni delle corti italiane sui rapporti e conflitti fra le norme statali e regionali in materia di ambiente.

Tabella 3
Alcune fra le più rilevanti decisioni sui poteri delle Regioni in materia ambientale
Organo                    

 

Estremi della decisione Massima in sintesi

giurisdizionale

 

Corte costituzionale

Sentenza n. 307/2003 La “tutela dell’ambiente”, più che una “materia” in senso stretto, rappresenta un compito nell’esercizio del quale lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le regioni e non derogabili da queste.
Consiglio di Stato Sentenza

n. 1159/2008

La tutela dell’ambiente, più che una materia in senso stretto, costituisce un compito nella cui esecuzione lo Stato conserva il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le regioni e da queste non derogabili.
Corte Costituzionale Sentenza

n. 225/2009

La competenza statale, quando è espressione della tutela dell’ambiente, costituisce “limite” all’esercizio delle competenze regionali.

A questo proposito, è peraltro necessario precisare che, se è vero che le Regioni, nell’esercizio delle loro competenze, non debbono violare i livelli di tutela dell’ambiente posti dallo Stato, è altrettanto vero, che, una volta che questi ultimi siano stati fissati dallo Stato medesimo, le Regioni stesse, purché restino nell’ambito dell’esercizio delle loro competenze, possono pervenire a livelli di tutela più elevati, così incidendo, in modo indiretto, sulla tutela dell’ambiente.

Consiglio

di Stato

Sentenza

n. 1414/2003

Dal nuovo testo dell’art. 117 della Costituzione non deriva l’impossibilità per la Regione, nell’esercizio delle competenze a essa legislativamente assegnate, di adottare misure di tutela per la cura di interessi funzionalmente collegati con quelli ambientali, né dal riconoscimento allo Stato di una competenza esclusiva, sulla tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, volta a soddisfare esigenze unitarie, meritevoli di disciplina uniforme sul territorio nazionale, deriva l’impossibilità, per la Regione, di adottare nell’ambito delle proprie competenze, misure ulteriori rispetto a quelle, unitarie, definite dallo Stato.

 

 

Note   [ + ]

1. In questo senso la giurisprudenza amministrativa ha sempre sostenuto che il principio di precauzione, di derivazione comunitaria (articolo 7, regolamento n. 178/2002), prevede che, quando sussistono incertezze o un ragionevole dubbio riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure di protezione senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di questi rischi (si vedano le sentenze del Consiglio di Stato, sez. V, 24 maggio 2018, n. 3109; sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 826; sez. IV, 27 febbraio 2017, n. 1392; sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3767)
2. Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 13 novembre 1990, in causa C-331/88.
3. Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 22 novembre 2001, in causa C-110/97.
4. Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 5 febbraio 2004, in causa C-24/00
5. Sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 1° aprile 2004, in causa C-286/02 (esattamente considerata espressione di un orientamento rigoroso nella tutela della salute)
6. Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 2 dicembre 2004, in causa C-41/02.
7. Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee 12 gennaio 2006, in causa C-504/04.
8. Così espressamente la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 11 novembre 2003 n. 7993
9. Sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 9 settembre 2005, n. 4648. La necessità che il ricorso al principio di precauzione avvenga nel rispetto dei principi di proporzionalità e non discriminazione viene espressamente e motivatamente sostenuta anche dalla sentenza del Tar Lombardia n. 782/2005. Per un’applicazione proporzionata del principio di precauzione, si veda, inoltre, la approfondita sentenza del Tar Veneto n. 5891/2006. Anche ultimamente, il Consiglio di Stato (sentenza della sezione V, 23 dicembre 2016, n. 5443) ha affermato che il principio di proporzionalità, di derivazione europea, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato. Nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile; in questo senso, il principio rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi. Infine, secondo i giudici, la proporzionalità dell’attività amministrativa non deve essere considerata come un canone rigido e immodificabile, ma si configura quale regola che implica un significativo grado di flessibilità dell’azione amministrativa. Ancor più recentemente, in termini generali, sul principio di proporzionalità, si veda la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299.
10. Quali la Conferenza Stato-Regioni.

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