Impianti di piscicoltura e impatto ambientale: interviene il Mite

Impianti di piscicoltura e impatto ambientale
Il dicastero è intervenuto sulla questione in risposta a un interpello della Regione Campania

Impianti di piscicoltura e impatto ambientale: il Mite ha fornito chiarimenti in risposta a un interpello posto dalla Regione Campania.

In particolare, il dubbio riguarda se «nella superficie complessiva impegnata dall’impianto di cui alla tipologia 1e) debba essere considerata la superficie del “sistema gabbie” oppure la superficie della concessione demaniale e se a tale superficie complessiva concorre anche la superficie terrestre utilizzata per eventuali attività connesse al funzionamento dell’impianto».

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Di seguito la risposta del ministero della Transizione ecologica.

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Risposta del ministero della Transizione ecologica 13 giugno 2022, n. 73892

 

Oggetto: Istanza in merito ai criteri per l’applicazione della tipologia 1e) di cui all’Allegato IV alla parte seconda del Dlgs 152/2006. Riscontro Interpello in materia ambientale ai sensi dell’art. 3-septies del D.Lgs. 152/2006, e s.m.i.

Con nota prot PG/2021/616984 del 10/12/2021, acquisita con prot. n. 139114/MATTM del 13/12/2021, codesta Amministrazione ha presentato istanza di interpello ambientale ai sensi dell’art. 3 septies del D.Lgs. 152/2006, ponendo un quesito in merito ai criteri per l’applicazione della tipologia 1e) di cui all’Allegato IV alla parte seconda del Dlgs 152/2006: impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari.

Nella sopra menzionata nota, la Regione Campania, dopo aver rappresentato che:

“Gli impianti di piscicoltura intensiva localizzati in mare prevedono, tipicamente, una superficie relativa al “sistema gabbie” nel loro complesso e una superficie più grande relativa allo specchio acqueo della concessione marittima all’interno della quale è localizzato il “sistema gabbie”. Orbene, lo specchio acqueo della concessione marittima è tipicamente una superficie “a servizio” del sistema gabbie, in quanto non solo ospita il sistema di ancoraggio ma è anche la superficie entro la quale il “sistema gabbie” può, eventualmente, spostarsi a causa dei moti ondosi e ove l’impianto esplica tipicamente i maggiori impatti. Infine, gli impianti di piscicoltura intensiva possono prevedere anche superfici terrestri atte ad ospitare laboratori, magazzini per beni di produzione (mangimi, medicinali, cassette, ecc), stoccaggio del prodotto in condizioni controllate, ecc.”;

chiede “se nella superficie complessiva impegnata dall’impianto di cui alla tipologia 1e) debba essere considerata la superficie del “sistema gabbie” oppure la superficie della concessione demaniale e se a tale superficie complessiva concorre anche la superficie terrestre utilizzata per eventuali attività connesse al funzionamento dell’impianto”.

 

Al fine di rispondere all’interrogativo posto si fa presente quanto segue.

La direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (direttiva VIA), all’ Allegato II, punto 1, lettera f) individua la categoria progettuale “piscicoltura intensiva”.

Al fine di rispondere all’interrogativo posto si fa presente quanto segue.

La direttiva 2014/52/UE che modifica la direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (direttiva VIA), all’ Allegato II, punto 1, lettera f) individua la categoria progettuale “piscicoltura intensiva”.

Il D.Lgs. 152/2006, all’Allegato IV della Parte Seconda, punto 1, lettera e), individua la categoria progettuale “impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari”.

La definizione della direttiva VIA si riferisce in generale all’attività di piscicoltura nel suo complesso, non limitando tale attività alla nozione di “impianto” prevista nella normativa nazionale.

Non si ritrova una definizione giuridica di “impianto di piscicoltura” e le diverse definizioni di “impianto” con finalità produttive, quale quello in oggetto, disponibili nella normativa settoriale e/o ambientale si riferiscono alla specificità dell’impianto rispetto alla specifica finalità produttiva.

Poiché la piscicoltura intensiva può essere condotta sia a terra (in vasche alimentate con acqua marina, salmastra o dolce), che in mare (in gabbie) le modalità per l’individuazione della superficie complessiva da rapportare alla soglia dimensionale di 5 ettari, stabilita dal sopra citato Allegato IV alla Parte Seconda del D.Lgs. 162/2006, devono necessariamente seguire criteri omogenei ed univoci al fine di evitare possibili approcci discriminatori e penalizzanti per le diverse fattispecie citate (a terra e a mare).

Per la piscicoltura a terra è facilmente identificabile un “impianto” localizzato in un’area geografica ben delimitata corrispondente sia al sito in cui si svolge sia l’attività principale (piscicoltura intensiva) che a quelle superfici eventualmente connesse e/o accessorie.

Come già indicato nell’interpello avanzato da codesta Regione, per la piscicoltura a mare, si individuano diverse aree e relative superfici:

-  area gabbie;

-  area della concessione demaniale marittima necessaria a svolgere l’attività di piscicoltura;

-  eventuali aree a terra per la logistica e le infrastrutture a servizio degli impianti a mare.

L’area gabbie corrisponde alla “superficie zootecnica occupata dal reticolo di ormeggio delle gabbie, delimitato dalle boe galleggianti” dove il reticolo di ormeggio corrisponde alla porzione su cui sono fissate le gabbie galleggianti o sommergibili, tenuto in posizione dalle linee di ormeggio e delimitato in superficie da boe galleggianti che lo mantengono ad una profondità costante.

La dimensione dello specchio acqueo richiesto per la concessione demaniale marittima deve essere idonea a comprendere al suo interno non solo la “superficie zootecnica” ma tutte le strutture previste, incluse le linee di ormeggio sommerse (strutture o sistemi di ancoraggio al fondale) che si estendono intorno al reticolo di ormeggio ed occupano una superficie sommersa maggiore dell’area gabbie.

L’area della concessione demaniale marittima deve essere pertanto sufficientemente ampia da includere la superficie zootecnica, il reticolo di ormeggio e i sistemi di ancoraggio sommersi. Pertanto, a parità di superficie realmente occupata a scopo produttivo, la superficie dello specchio acqueo richiesto in concessione aumenta proporzionalmente all’aumentare della profondità del fondale marino.

Come noto, ai sensi dell’art. 36 del Codice della Navigazione “l'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo”.

La concessione demaniale marittima rappresenta pertanto il provvedimento che abilita il titolare ad occupare aree o beni del demanio marittimo o porzioni di mare, eventualmente realizzandovi opere o impianti, e ad utilizzarli in modo esclusivo.

In tale accezione la concessione demaniale marittima rappresenta lo spazio complessivo necessario ad esercitare l’attività di piscicoltura intensiva a mare, paragonabile quindi alla superficie occupata complessivamente dall’attività di piscicoltura intensiva a terra.

Tale approccio è coerente, peraltro, alla disciplina europea in materia di VIA che, come richiamato in premessa, individua come categoria progettuale la “piscicoltura intensiva” riconducibile quindi all’attività nel suo complesso e non limitandola al solo “impianto”, in virtù dell’ampio scopo della direttiva VIA.

Per ciò che concerne la superficie terrestre utilizzata per eventuali attività connesse al funzionamento dell’impianto di piscicoltura si fa riferimento al D.Lgs. 4/2012 recante “Misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura, a norma dell'articolo 28 della legge 4 giugno 2010, n. 96” che all’art. 3 definisce l’acquacoltura (comma 1) e le attività connesse (comma 2):

Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2135 del codice civile, l'acquacoltura è l'attività economica organizzata, esercitata professionalmente, diretta all'allevamento o alla coltura di organismi acquatici attraverso la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, in acque dolci, salmastre o marine.

Sono connesse all'acquacoltura le attività, esercitate dal medesimo acquacoltore, dirette a:

a)  manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione, promozione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalle attività di cui al comma 1;

b)  fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse

dell'azienda normalmente impiegate nell'attività di acquacoltura esercitata, ivi comprese le attività di ospitalità, ricreative, didattiche e culturali, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi e delle risorse dell'acquacoltura, nonché alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese di acquacoltura, esercitate da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso;

c)  l'attuazione di interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva, all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici ed alla tutela dell'ambiente costiero.

Ciò posto, in risposta al quesito formulato, coerentemente con quanto sopra richiamato in

merito all’attività di piscicoltura intensiva nel suo complesso, la scrivente Direzione ritiene che, unitamente alla superficie della concessione demaniale marittima, anche le attività connesse richiamate al comma 2 dell’art. 3 del D.Lgs. 4/2012 rappresentano una quota parte della superficie funzionalmente connessa all’attività principale e quindi rientrano nel computo della “superficie complessiva” indicata al punto 1, lettera e) dell’Allegato IV, Parte Seconda, D.Lgs. 152/2006.

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