Radon: le novità del D.Lgs. n. 101/2020

Le variazioni apportate dal D.Lgs n. 101/2020 in materia di radioprotezione. Le disposizioni generali della normativa italiana recepiscono i contenuti  della direttiva 2013/59/Euratom. L’obiettivo è di stabilire più elevati criteri di sicurezza negli ambienti di lavoro e di vita. Uno sguardo di insieme per comprendere come operare. Spunta il profilo dell’esperto del risanamento

Dopo il fumo da tabacco, il gas naturale radon è al secondo posto come causa di tumore al polmone provocando in Italia oltre tremila decessi all’anno.

Il radon - presente ovunque nel terreno e da qui all’aria che respiriamo, oltre che nelle acque terrestri - è un gas nobile radioattivo (vedere il box 1), ovvero i suoi atomi si disintegrano fornendo una serie di “figli” radioattivi: il polonio 218, il polonio 214 il piombo 214 e il bismuto 214. Questi discendenti, poiché solidi, aderiscono al pulviscolo presente in aria costituendo un aerosol radioattivo e aderendo alla parete bronchiale ed espongono a radiazioni il tessuto polmonare rilasciandovi dosi (vedere il box 1) significative che possono provocare il tumore al polmone. L’Organizzazione mondiale della sanità, tramite l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, Iarc, ha inserito il radon nel gruppo 1 delle sostanze cancerogene, ovvero con «evidenza sufficiente di cancerogenicità per l’uomo».

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Il quadro

L’attività del radon viene misura in Bequerel, (Bq, vedere il box 1) e la sua concentrazione in aria viene espressa in Bq al metro cubo (Bq/m3). Il radon che fuoriesce dal suolo tende a disperdersi in atmosfera dando origine a concentrazioni molto basse in aria, mentre se sul suolo sorgono luoghi chiusi (case, scuole, ospedali ecc.), il radon può penetrarvi dal suolo sottostante (o nel caso di locali interrati, anche dal suolo a contatto con le pareti) e assumere valori rilevanti che possono variare da luogo a luogo (ciò può dipendere dalla tipologia e struttura dell’edificio, dalla presenza di aperture, crepe, fessurazioni, ecc.).
La precedente normativa era rappresentata dal capo III-bis «Esposizioni da attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni» del D. Lgs. 230/1995 che, di fatto, per l’esposizione al radon si sarebbe dovuta basare sulle indicazioni relative alla metodologia e alle tecniche di misura radon, le relative esposizioni che dovevano essere indicate da una «Sezione speciale per le esposizioni a sorgenti naturali di radiazioni» prevista nell’ambito della commissione tecnica per la sicurezza nucleare istituita presso l’Anpa (oggi Isin, Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione). Questa commissione tecnica non si è mai istituita e, quindi, di fatto non si sono potute applicare le linee guida sulle misure di radon in aria. Al fine di ottemperare alla carenza delle istituzioni centrali, alcune Regioni si erano attivate per far fronte a questo vuoto normativo: il Veneto - nel 2002 - aveva deliberato l’«Attuazione della raccomandazione europea n. 143/1990: interventi di prevenzione dell’inquinamento da gas radon in ambienti di vita»; la conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome aveva emanato nel 2003 le «Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei»; la Regione Lombardia che aveva emanato, con il decreto 12678 del 21 dicembre 2011, le «Linee guida per la prevenzione delle esposizioni al gas radon in ambienti indoor»; la Puglia con legge regionale 3 novembre 2016 n. 30 aveva disposto le «Norme in materia di riduzione delle esposizioni alla radioattività naturale derivante dal gas radon in ambiente confinato».

Le modifiche

Il nuovo D.Lgs n. 101/2020 in vigore dal 27 agosto 2020, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 201 del 12 agosto 2020, recepisce la direttiva 2013/59/Euratom in materia di radioprotezione e stabilisce le norme di sicurezza al fine di proteggere le persone dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (vedere il box 1).

Il decreto tratta l’esposizione al gas radon nel titolo IV: «Sorgenti naturali di radiazioni ionizzanti».

Nel nuovo provvedimento, il legislatore ha suddiviso il tema dell’esposizione al radon (capo I, titolo IV) in tre sezioni:

  • sezione I: «Disposizioni generali»;
  • sezione II: «Esposizione al radon nei luoghi di lavoro»;
  • sezione III: «Protezione dell’esposizione al radon nelle abitazioni».

La base

Le “Disposizioni generali”, trattate in sei articoli della sezione I, costituiscono la base delle disposizioni previste per le esposizioni al radon nei luoghi di lavoro (sezione II) e nelle abitazioni (sezione III).

Punto fondamentale è rappresentato dal «Piano nazionale radon» (Pnr) previsto dall’art. 10. Il Pnr, da emanarsi entro 12 mesi (dunque, entro il 27 agosto 2021), tramite un decreto del presidente del Consiglio dei ministri, si baserà sul principio di ottimizzazione (vedere box 1) e su quanto previsto nell’allegato III del decreto e considererà:

  • le strategie, i criteri e le modalità di intervento per ridurre il radon;
  • i criteri per la classificazione in aree prioritarie;
  • i criteri per prevenire il radon nelle nuove costruzioni e di quelle in ristrutturazione;
  • gli indicatori di efficacia delle azioni.

Entro ventiquattro mesi dalla sua emanazione, le Regioni e le Province autonome dovranno adeguare i propri ordinamenti al Pnr che sarà aggiornato almeno ogni dieci anni dandone evidenza tramite pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

In particolare, le Regioni e le Provincie autonome, entro due anni dall’entrata in vigore del Pnr, e in base alle indicazioni riportate, in ottemperanza all’art. 11, dovranno:

  • individuare le aree prioritarie;
  • pianificare gli interventi per ridurre la concentrazione di radon sotto i livelli di riferimento (vedere il box 1).

Inoltre, è previsto che le Regioni e le Provincie autonome pubblichino in Gazzetta Ufficiale le aree prioritarie e sempre entro i due anni dal Pnr:

  • misurino il radon sulla base di metodologie documentate;
  • individuino le aree prioritarie: aree in cui al piano terra la concentrazione di radon sia superiore a 300 Bq/m3 in un numero di edifici maggiore o uguale al 15%.

I livelli di riferimento, espressi come concentrazione media annua di attività di radon in aria, sono (art. 12):

  • 300 Bq/m3 per le abitazioni esistenti;
  • 200 Bq/m3 per le abitazioni costruite dal 1° gennaio 2025;
  • 300 Bq/m3 per luoghi di lavoro;
  • 6 mSv di dose efficace annua (vedere box 1)

Nel medesimo articolo, il legislatore ha previsto che con un successivo Dpcm possano essere stabiliti livelli minori dei livelli di riferimento di cui sopra.

La prima novità…

Con l’art. 12 vengono introdotte tre grandi novità rispetto alla normativa precedente.

La prima riguarda il significato di “livello”: nella precedente normativa si considerava il “livello di azione”, mentre nella nuova normativa si parla di “livello di riferimento”. Ciò è dettato dal fatto che mentre in passato, se non veniva superato il livello di azione (la prima soglia era di 400 Bq/m3 annui, il cui superamento prevedeva la ripetizione delle misure l’anno successivo, la seconda soglia era 500 Bq/m3 annui il cui superamento prevedeva la comunicazione agli organi di vigilanza, l’adozione di azioni di rimedio avvalendosi dell’esperto qualificato se quest’ultimo avesse valutato dosi superiori a 3 mSv all’anno per i lavoratori,  e verifica con nuove misurazioni) non erano previste azioni, ora il legislatore prevede che anche se il livello di concentrazione di gas radon risulta inferiore al livello di riferimento, comunque dovranno essere intraprese azioni. Questo proprio perché ciò che è previsto dal legislatore deve essere sempre letto nell’ottica dell’applicazione del principio di ottimizzazione. In particolare, all’art. 6, «Strumenti per l’ottimizzazione: livelli di riferimento», viene sottolineato come ai fini della ottimizzazione, sono utilizzati i livelli di riferimento e come l’ottimizzazione della protezione riguarda in via prioritaria le esposizioni al di sopra del livello di riferimento e continua a essere messa in atto al di sotto di questo livello.

…la seconda e la terza

La seconda novità è che il precedente livello di azione per le attività lavorative era la concentrazione media annua di radon pari a 500 Bq/m3, mentre il nuovo livello di riferimento è stato abbassato a 300 Bq/m3 medi annui. L’ultima novità, e forse la più importante dal punto di vista dell’impatto sociale, è che sono stati introdotti livelli di riferimento per le abitazioni, cosa non contemplata nella precedente normativa che trattava esclusivamente luoghi in cui si scolgevano attività lavorative.

Con il nuovo decreto è prevista l’istituzione di una sezione radon, all’interno della banca dati della rete nazionale di sorveglianza della radioattività ambientale, in cui inserire i dati di concentrazione radon relativi alle abitazioni e ai luoghi di lavoro (art. 13). L’accesso ai dati, assicurato dall’Isin, è riservato alle amministrazioni e agli enti statali che ne facciano richiesta e all’Istituto superiore di sanità. La trasmissione dei dati radon in questa apposita sezione sarà compito delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente (Arpa/Appa), delle aziende sanitarie locali e dei servizi dosimetrici riconosciuti. È inoltre previsto che Isin e l’Iss definiscano il protocollo tecnico per il reciproco scambio di informazioni tra le due banche dati.

Per l’informazione e le campagne di sensibilizzazione, in ottemperanza all’art. 14, il ministero della Salute, il ministero del Lavoro, Isin, Iss, Inail, Regioni a Provincie autonome renderanno disponibile le informazioni su:

  • livelli di esposizione al radon in ambienti chiusi;
  • rischi sulla salute che derivano dal radon;
  • l’importanza di effettuare le misure radon;
  • i mezzi tecnici per il risanamento.

La figura professionale

Le amministrazioni statali, le Regioni e le Provincie autonome promuoveranno le campagne di informazione, l’Iss sarà addetto alla valutazione gli effetti del radon sulla salute.

Mentre nella precedente normativa, nel caso di superamento del livello di concentrazione radon pari a 500 Bq/m3 medi annui, le azioni di rimedio idonee a ridurre il radon sotto questo livello erano affidate all’esperto qualificato (rinominato dal nuovo decreto come esperto di radioprotezione, vedere box 1), figura qualificata con formazione professionale adeguata precedentemente riconosciuta dal legislatore, il nuovo decreto ha introdotto con l’art. 15 una nuova figura cui affidare questa attività: l’esperto di risanamento radon.

L’esperto di risanamento, secondo quanto previsto dall’allegato II del decreto, deve avere i seguenti requisiti:

  • essere abilitato alla professione di geometra, di ingegnere o di architetto;
  • aver seguito uno specifico corso di 60 ore organizzato da enti pubblici, associazioni, ordini professionali;
  • essere iscritto all’albo professionale.

L’esperto di risanamento fornisce le indicazioni tecniche per la riduzione del radon negli edifici secondo indicazioni tecniche internazionali e, una volta approvato, sulla base dei contenuti del piano nazionale radon.

Appare poco chiaro il motivo per il quale il legislatore si riferisca a indicazioni tecniche “internazionali”, quando in Italia esistono indicazioni tecniche nazionali, oltre che è da tenere in considerazione il fatto che il radon varia da Paese a Paese derivando questo anche da materiali da costruzioni che possono essere appunto diversi da un Paese all’altro.

Questa figura è stata introdotta solo dalla normativa italiana in quanto non presente nella direttiva europea di recepimento 2013/59/Euratom.

Inoltre, non essendoci nel decreto un transitorio su questo argomento (punto carente del nuovo decreto è la quasi assenza di transitorio) ciò ha lasciato un vuoto normativo con i conseguenti inconvenienti del caso: ad esempio, dato che a oggi non esistono esperti di risanamento radon, chi può dare le indicazioni per le azioni di risanamento radon?

Va sottolineato come le metodiche di misura di concentrazione radon riportate nell’allegato II sono diverse da quelle riportate nelle «Linee guida per le misure di concentrazione di radon in aria nei luoghi di lavoro sotterranei» della conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Provincie autonome cui molte delle campagne radon eseguite sino a ora in Italia si sono riferite. Fatto estremamente rivoluzionario rispetto al passato è che la nuova normativa prevede misure in luoghi di lavoro sotterranei, facendo intendere tutti i luoghi di lavoro sotterranei, mentre nelle precedenti linee guida per la scelta dei locali sotterranei in cui eseguire le misure veniva indicato che «non dovranno essere sottoposti a misura a meno che il personale nel suo complesso non vi trascorra una frazione di tempo significativa, che viene indicativamente fissata in 10 ore al mese». Ciò implica che se le misure radon condotte in passato non sono state eseguite secondo i criteri indicati nella nuova normativa (in particolare nell’allegato II e secondo la Iso 11665-4:2020 («Misura della radioattività nell'ambiente - Aria: radon-222 - Parte 4: Metodo di misura ad integrazione per la determinazione della concentrazione media di attività usando un campionamento passivo e analisi successiva»), ciò prevede l’esecuzione di una nuova campagna radon e quindi un aggiornamento del documento di valutazione dei rischi.

Le tempistiche per l’esecuzione delle misure radon, gli attori coinvolti, la metodologia e le sanzioni per chi non ottempera a ciò che è previsto per le misurazioni radon sono trattate nella sezione II («Esposizione al radon nei luoghi di lavoro») e nella sezione III («Protezione dell’esposizione al radon nelle abitazioni) del capo I del titolo IV che, per l’importanza che rivestono, meritano una trattazione specifica.

Box 1

LE DEFINIZIONI

Attività (A): rappresenta il numero di atomi (dN) che si disintegrano in un intervallo di tempo (dt), ovvero A=dN/dt; l’unità di attività è il Bequerel (Bq) che corrisponde ad una disintegrazione al secondo: 1 Bq = 1 s-1

Dose assorbita (D): energia assorbita per unità di massa e cioè il quoziente di dE diviso per dm, in cui dE è l’energia media nell’elemento volumetrico di massa dm, ovvero indica la dose media in un tessuto o in un organo; l’unità di dose assorbita è il gray (Gy) (def. 31, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Dose efficace: è la somma delle dosi equivalenti pesate in tutti i tessuti e organi del corpo causate da esposizione interna ed esterna. L’unità di dose efficace è il Sievert (Sv) (def. 32, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Dose equivalente (HT): la dose assorbita, nel tessuto o nell’organo T, pesata in base al tipo e alla qualità della radiazione R; l’unità di dose equivalente è il Sievert (Sv) (def. 34, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Esperto di radioprotezione: la persona, incaricata dal datore di lavoro, che possiede le cognizioni, la formazione e l’esperienza necessarie per gli adempimenti di cui all’articolo 130; le capacità e i requisiti professionali dell’esperto di radioprotezione sono disciplinate dall’articolo 130 (def. 39, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Esperto in interventi di risanamento radon: persona che possiede le abilitazioni, la formazione e l’esperienza necessarie per fornire le indicazioni tecniche ai fini dell’adozione delle misure correttive per la riduzione della concentrazione di radon negli edifici ai sensi dell’articolo 15 (def. 40, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Esposizione: qualsiasi esposizione di una persona a radiazioni ionizzanti e può essere di due tipi: esposizione interna (l’esposizione prodotta da sorgenti introdotte nell’organismo); esposizione esterna (l’esposizione prodotta da sorgenti situate all’esterno dell’organismo).
L’esposizione totale è la somma dell’esposizione esterna e dell’esposizione interna.

Livello di riferimento: in una situazione di esposizione di emergenza o in una situazione di esposizione esistente, il livello di dose efficace o di dose equivalente o la concentrazione di attività al di sopra del quale non è appropriato consentire le esposizioni, derivanti dalle suddette situazioni di esposizione sebbene non rappresenti un limite di dose (def. 86, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Principio di ottimizzazione: l’attività deve essere tale che comporti un’esposizione alle radiazioni tanto bassa quanto è ragionevolmente ottenibili (principio “Alara” («As low as reasonably achievable»), tenendo conto dei fattori economici e sociali.

Radiazione ionizzante: particelle o onde elettromagnetiche pari a una lunghezza d’onda non superiore a 100 nanometri o con frequenza non inferiore a 3·1015 Hz, in grado di produrre ioni direttamente o indirettamente interagendo con la materia (def. 111, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

Radon: l’isotopo 222 del radon (Rn-222) e ove espressamente previsto i suoi prodotti di decadimento (def. 115, art. 7, D.Lgs n. 101/2020).

 

 

 

 

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