Rifiuti ex assimilati e Tari: una nota del MiTe

Rifiuti ex assimilati e Tari
La nota nota 12 aprile 2021, n. 37259 è intervenuta su una serie di questioni determinate dall'entrata in vigore del D.Lgs. 116/2020

Rifiuti ex assimilati e Tari: una nota del ministero della Transizione ecologica è intervenuta su una serie di questioni apertesi con l'entrata in vigore del D.Lgs. 116/2020, attuativo di una delle quattro direttive del cosiddetto pacchetto "economia circolare".

In particolare, la nota 12 aprile 2021, n. 37259, si articola nei seguenti punti:

  • coordinamento con l’art. 238, D.Lgs. n. 152/2006 e il comma 649 dell’art. 1, legge n. 147 del 2013 in merito alla Tari;
  • determinazione della tariffa Tari e della tariffa corrispettiva;
  • locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza;
  • possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione

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Di seguito la nota del ministero della Transizione ecologica 12 aprile 2021, n. 37259.

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Nota del ministero della Transizione ecologica 12 aprile 2021, n. 37259

Oggetto: D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116. Chiarimenti su alcune problematiche anche connesse all’applicazione della TARI di cui all’art. 1 commi 639 e 668 della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

 

A seguito dell’emanazione del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, sono state riscontrate talune problematiche in merito all’applicazione della TARI di cui all’art. 1 commi 639 e 668 della legge 27 dicembre 2013, n. 147; in condivisione con gli uffici del Ministero delle finanze si riportano pertanto i chiarimenti di seguito esposti.

Si premette che nel recepimento delle direttive europee in materia di rifiuti e attuazione di altri atti dell'Unione europea - in particolare si richiama la direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE - sono state introdotte importanti modifiche al D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, cosiddetto Testo Unico dell’Ambiente (TUA), nella parte IV relativa alla gestione dei rifiuti e alla bonifica dei siti inquinati. Il decreto legislativo n. 116 del 2020 è intervenuto su:

  • l’art. 183 del TUA, introducendo al comma 1, lett. b-ter), la definizione di “rifiuti urbani”, uniformandola a quella comunitaria e individuando, al punto 2, i rifiuti provenienti da altre fonti simili per natura e composizione ai rifiuti domestici, che comporta come conseguenza il venir meno dei cosiddetti “rifiuti assimilati”;
  • l’art. 184 del TUA che riguarda la classificazione dei rifiuti ed ha parzialmente modificato, tra l’altro, al comma 3, l’elenco dei rifiuti speciali;
  • l’art. 198 del TUA che, con l’abrogazione della lett. g), del comma 2, fa venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità, dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, operando quindi una classificazione dei rifiuti uniforme su tutto il territorio nazionale, proprio in osservanza alla nuova definizione di rifiuto urbano di matrice unionale, e al comma 2-bis dispone che le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi;
  • l’art. 238, comma 10 del TUA che prevede l’esclusione della corresponsione della componente tariffaria, rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti, per le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani e li conferiscono al di fuori del servizio pubblico, dimostrando di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di recupero dei rifiuti stessi. La norma precisa che la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico, ovvero del ricorso al mercato, deve essere effettuata per un periodo non inferiore a cinque anni. Al riguardo, si rileva come l’art. 238 del TUA, in realtà, disciplina la c.d. tariffa integrata ambientale o TIA2, successivamente soppressa dall’art. 14, comma 46, del D. L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. In tal senso verrà apportata quanto prima la necessaria modifica normativa.

Occorre anche aggiungere la recente disposizione recata dall’art. 30, comma 5,  del  D.  L.  22  marzo 2021, n. 41 in base alla quale “limitatamente all'anno 2021, in deroga all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e all'articolo 53, comma 16, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, i comuni approvano le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva, sulla base del piano economico finanziario del servizio di gestione dei rifiuti, entro il 30 giugno 2021. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche in caso di esigenze di modifica a provvedimenti già deliberati. In caso di approvazione dei provvedimenti relativi alla TARI o alla tariffa corrispettiva in data successiva all'approvazione del proprio bilancio di previsione il comune provvede ad effettuare le conseguenti modifiche al bilancio di previsione in occasione della prima variazione utile. La scelta delle utenze non domestiche di cui all'articolo 3, comma 12, del decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116 deve essere comunicata al comune, o al gestore del servizio rifiuti in caso di tariffa corrispettiva, entro il 31 maggio di ciascun anno”.

Tutto ciò premesso, si chiarisce quanto segue.

A)   Coordinamento con l’art. 238 del TUA e il comma 649 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 in merito alla TARI.

Come sopra esposto, le disposizioni contenute nell’art. 238 del TUA recano riferimenti alla c.d. tariffa integrata ambientale o TIA2, soppressa dall’art. 14, comma 46, del D. L. n. 201 del 2011, istitutivo della TARES, il quale dispone che: “A decorrere dal 1° gennaio 2013, sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria...”.

Si deve aggiungere che la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 8631 del 2020 ha affermato come “l'applicazione della T.I.A. 2 da parte dei Comuni è rimasta circoscritta ad un limitato periodo di tempo, compreso tra il 01 luglio 2010 (data a partire dalla quale il legislatore ha permesso l'utilizzo della tariffa anche in mancanza del regolamento di cui dell'art. 238, comma 6) e il 31 dicembre 2012”.

Tuttavia, nelle more di un intervento di coordinamento normativo si può ritenere che sebbene l’articolo 238, comma 10, sia attualmente inserito in una collocazione non perfettamente adeguata, risulta comunque chiara la volontà del legislatore di consentire alle utenze non domestiche il conferimento al di fuori del servizio pubblico dei propri rifiuti urbani alle condizioni ivi indicate.

Si ritiene quindi valida una lettura attualizzata ed evolutiva delle norme recate dal D. Lgs. n. 116 del 2020 anche con riguardo all’art. 238 del TUA. Del resto, il D. Lgs. n. 116 del 2020 costituisce la normativa di adeguamento di direttive unionali, che deve operare indipendentemente da talune incoerenze normative interne allo Stato membro, laddove, invece, la disciplina di riferimento è ben chiara.

Di conseguenza, il riferimento ai “proventi della tariffa di cui all'articolo 238”, di cui al comma 5, lettera d) del novellato articolo 189 del TUA, modificato dal comma 17, dell’articolo 1, del D. Lgs. 116 del 2020, è riconducibile ai proventi della TARI di cui all’art. 1 commi 639 e 668 della legge n. 147 del 2013, quali entrate attualmente vigenti nel quadro normativo di riferimento dei prelievi sui rifiuti.

Inoltre, il comma 649, dell’art. 1, della legge n. 147 del 2013, in relazione alla disciplina della TARI attualmente vigente, presenta forti analogie con le disposizioni inserite nel comma 10 dell’art. 238 del TUA, le quali dovrebbero essere quindi lette in combinato disposto con la vigente disciplina di cui alla legge n. 147 del 2013.

Ed invero, il comma 10 dell’art. 238 del TUA, come modificato dall’art. 3, comma 12, del D. Lgs. n. 116 del 2020, prevede che “le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all'articolo 183 comma 1, lettera b-ter) punto 2, che li conferiscono al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti; le medesime utenze effettuano la scelta di servirsi del gestore del servizio pubblico o del ricorso al mercato per un periodo non inferiore a cinque anni, salva la possibilità per il

gestore del servizio pubblico, dietro richiesta dell'utenza non domestica, di riprendere l'erogazione del servizio anche prima della scadenza quinquennale”. Invece, il comma 649 dell’art.1 della legge n. 147 del 2013 dispone che “per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati”.

Nell’operazione di coordinamento delle due norme appena richiamate, si deve osservare, innanzitutto, che la disposizione da ultimo riportata richiama ancora i c.d. “rifiuti speciali assimilati”, tipologia non più esistente, in quanto del tutto superata dalla normativa unionale e da quella nazionale di recepimento e sostituita dalla nuova definizione di “rifiuti urbani”. Inoltre, la medesima disposizione collega la riduzione della quota variabile della TARI alle quantità di rifiuti che il produttore dimostra di aver avviato al “riciclo”, a differenza di quanto previsto dal citato comma 10 dell’art. 238 che fa, invece, riferimento ai rifiuti avviati al “recupero”, come pure il comma 2-bis dell’art. 198 del TUA, inserito dal D. Lgs. n. 116 del 2020, il quale prevede che “le utenze non domestiche possono conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani previa dimostrazione di averli avviati al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi. Tali rifiuti sono computati ai fini del raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani”.

Alla luce di questa innovazione normativa, la riduzione della quota variabile prevista dal comma 649 deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo – operazione di cui all’allegato C della Parte quarta del TUA - al quale i rifiuti sono avviati. L’attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di avvio a recupero dei rifiuti è pertanto sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della TARI in rapporto alla quantità di detti rifiuti, a prescindere dalla quantità degli scarti prodotti nel processo di recupero.

Chiariti gli aspetti relativi alla riduzione della quota variabile della TARI per le utenze non domestiche, proporzionalmente alle quantità dei rifiuti autonomamente avviati a recupero, è opportuno rilevare che per le stesse utenze rimane impregiudicato il versamento della TARI relativa alla parte fissa, calcolato sui servizi forniti indivisibili.

B)  Determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva.

Al fine di garantire una ordinata rappresentazione circa l’affidamento al servizio pubblico della raccolta di rifiuti urbani da parte di attività produttive, l’utente produttore è tenuto a comunicare formalmente all’ente gestore di ambito ottimale, ove costituito ed operante, ovvero al comune di appartenenza la scelta di non avvalersi del servizio pubblico di raccolta. A tal fine si richiama il disposto dell’art. 30 comma 5 del D. L. n. 41 del 2020, in base al quale la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 maggio di ciascun anno. Limitatamente al 2021, la medesima disposizione prevede che gli atti afferenti alla TARI (la tariffa, il regolamento TARI e la tariffa corrispettiva) debbano essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti.

Per gli anni successivi, in assenza di una conferma del termine di approvazione degli atti deliberativi al 30 giugno ovvero di un’apposita modifica normativa relativa al termine di presentazione della comunicazione da parte della utenza non domestica, per consentire ai comuni di gestire in tempo utile le variazioni conseguenti alla scelta del ricorso al mercato da parte delle utenze non domestiche, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti. Tale comunicazione incide, infatti, sulla predisposizione del PEF del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani, ai fini della determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva.

Per quanto riguarda il periodo temporale di cinque anni, si deve evidenziare che lo stesso rappresenta un lasso di tempo congruo per assicurare la stabilità e la continuità del servizio di raccolta da parte dei Comuni. Tale periodo vale non solo nel caso di affidamento ad un soggetto terzo ma anche

quando l’utenza non domestica sceglie il servizio pubblico, come espressamente previsto dal comma 10 dell’art. 238 del TUA. È bene precisare che detta indicazione temporale non rileva ai fini dell’affidamento del servizio da parte dell’utenza non domestica che, infatti, potrà, nel corso dei suddetti cinque anni cambiare operatore privato, in relazione all’andamento del mercato. Se invece l’utenza non domestica intende passare dall’operatore privato a quello pubblico prima della scadenza del termine quinquennale, tale scelta è subordinata, come esplicitato nell’ultimo periodo della disposizione appena citata, alla “possibilità per il gestore del servizio pubblico di riprendere l'erogazione del servizio”, poiché deve essere sempre garantito il servizio di raccolta e l’avvio al recupero dei rifiuti urbani prodotti.

Vale la pena di precisare che la comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico, deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero ed ha quindi valenza a partire dall’anno successivo a quello della comunicazione.

Ovviamente la norma non determina l’annullamento dei contratti di affidamento del servizio di raccolta a soggetti privati conclusi precedentemente all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 116 del 2020 che, pertanto, continuano ad essere validi, salvo il loro adeguamento alle condizioni specificate dalla norma stessa.

Rispetto alle criticità circa lo sfasamento tra entrate e costi determinato dalla circostanza che il Metodo Tariffario per il servizio integrato di gestione dei Rifiuti (MTR) di ARERA (Delibera n. 443 del 2019 – Annualità 2018-2021) stabilisce che i costi siano quelli del biennio precedente, pur aggiornati, ARERA adotterà a partire dal 2022 gli opportuni correttivi nel MTR per consentire di superare l’attuale disallineamento tra costi e gettito, fino al raggiungimento di un regime ordinario.

Vale la pena di ricordare che, se le novità recate dal D. Lgs. n. 116 del 2020 hanno determinato un diverso ammontare del tributo definito sulla base dei dati contenuti nella dichiarazione, quest’ultima deve essere ripresentata, a norma del comma 685 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.

 

C)  Locali ove si producono rifiuti “urbani” con riferimento alle diverse categorie di utenza.

1. Attività industriali – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera c) del TUA

Occorre brevemente ricordare che l’Allegato L-quinquies al D. Lgs. n. 116 del 2020 contiene l’elenco delle attività che producono rifiuti urbani nel quale non sono ricomprese le “Attività industriali con capannoni di produzione”. Ciò potrebbe condurre alla conclusione che queste attività diano luogo solo alla produzione di rifiuti speciali.

Tuttavia, l’art. 184, comma 3, lettera c) del TUA definisce “speciali” i rifiuti delle lavorazioni industriali, se diversi dai rifiuti urbani, per cui appare evidente che le attività industriali sono produttive sia di rifiuti urbani che di quelli speciali.

Ciò comporta che:

  • le superfici dove avviene la lavorazione industriale sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti, compresi i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti, sia con riferimento alla quota fissa che alla quota variabile;
  • continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, relativamente alle superfici produttive di rifiuti urbani, come ad esempio, mense, uffici o locali funzionalmente connessi alle stesse. Per la tassazione di dette superfici si tiene conto delle disposizioni del D. P. R. n. 158 del 1999, limitatamente alle attività simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti a quelle indicate nell’allegato L-quinquies alla Parte IV del D. Lgs. n. 152 del 2006;
  • resta dovuta solo la quota fissa laddove l’utenza non domestica scelga di conferire i rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, poiché il comma 649, ma anche il comma 10 dell’art. 238, come innanzi interpretati, prevedono l’esclusione della sola componente tariffaria rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti e cioè della parte variabile.

 

2. Attività artigianali – rifiuti di cui all’articolo 184, comma 3, lettera d) del TUA

Considerazioni analoghe a quelle svolte con riferimento ai rifiuti derivanti dalle attività industriali si estendono anche alle attività artigianali indicate nel predetto art. 184, comma 3, lett. d), del TUA.

 

3.  Attività agricole, agroindustriali e della pesca – rifiuti i cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA

In merito alle attività di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA, si deve precisare che l’attuale formulazione delle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 116 del 2020, porta a classificare come speciali tutti i rifiuti derivanti da dette attività, comprese anche quelle ad esse connesse, di cui all’art. 2135 del codice civile.

Con riferimento ai rifiuti agricoli ed agroindustriali, l’articolo 183, comma 1, lettera b-sexies del TUA dispone che: “i rifiuti urbani non includono, tra gli altri, i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca” e l’articolo 184, comma 3, lettera a), prevede che sono rifiuti speciali: “a) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca”. Inoltre, si richiama quanto previsto nell’Allegato L-quater - Elenco dei rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2 – del TUA secondo il quale “Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile” e nel successivo Allegato L-quinquies in base al quale “Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile”.

Dal complesso delle norme di settore si evince, per i rifiuti derivanti dalle attività di cui all’articolo 184, comma 3, lettera a) del TUA, produttive di rifiuti speciali, un’esclusione dall’applicazione del nuovo regime previsto per i rifiuti urbani.

Tale esclusione è in linea con quanto previsto dalla direttiva comunitaria di riferimento che, all’articolo 3, precisa che “i rifiuti urbani non includono, tra gli altri, i rifiuti della produzione, dell’agricoltura, della silvicoltura, della pesca”.

Ciò premesso, in tale contesto, occorre, però, considerare la previsione di chiusura di cui all’allegato L-quinquies, della Parte quarta del TUA che chiarisce che “Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe”.

Tale previsione può quindi essere applicata alle attività relative alla produzione agricola che presentano le medesime caratteristiche riportate nel citato allegato. Sulla base di tale previsione, per le suddette utenze deve ritenersi ferma, quindi, la possibilità, in ogni caso, di concordare a titolo volontario con il servizio pubblico di raccolta modalità di adesione al servizio stesso per le tipologie di rifiuti indicati nell’allegato L-quater della citata Parte quarta del TUA.

Da ultimo si osserva che, in considerazione della modifica normativa intervenuta, che ha comportato per tali utenze, la possibile riqualificazione di alcune tipologie di rifiuti derivanti dalla propria attività, nonché della necessità di garantire la corretta gestione dei rifiuti, si ritiene che, nelle more dell’aggiornamento del rapporto contrattuale tra le utenze indicate ed il gestore del servizio pubblico, debba essere comunque assicurato il mantenimento del servizio.

D)   Possibilità di fissazione di una quantità massima di rifiuti urbani conferibili al sistema pubblico, a seguito dell’eliminazione della potestà comunale di assimilazione.

Riguardo a tale punto, occorre ribadire che il D. Lgs. n. 116 del 2020 ha eliminato la competenza dei comuni in materia di regolamentazione sull’assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, facendo

venir meno, a decorrere dal 1° gennaio 2021, anche i limiti quantitativi già stabiliti dai regolamenti comunali.

È stato evidenziato che potrebbe verificarsi un aumento incontrollato delle quantità di rifiuti urbani rispetto a quelle attuali, rendendo difficile lo svolgimento del servizio; per cui è stata manifestata l’esigenza di fissare dei limiti di conferimento dei rifiuti urbani da parte delle utenze non domestiche che tengano conto della capacità di assorbimento del sistema.

In proposito, bisogna osservare che tale possibilità è esclusa dalle disposizioni unionali, recepite puntualmente nell’ordinamento interno. In ogni caso, vale la pena di sottolineare che i comuni sono tenuti ad assicurare la gestione dei rifiuti urbani, compreso lo smaltimento in regime di privativa, ove l’utenza non domestica scelga di avvalersi del servizio pubblico. È quindi con i contratti di servizio che verranno fissati i parametri tecnici ed economici per l’efficiente gestione dei rifiuti urbani da parte dei soggetti affidatari.

In questa direzione devono concepirsi accordi o convenzioni con sistemi di responsabilità estesa del produttore (EPR), su cui grava l’onere di gestione del fine vita dei propri prodotti immessi sul mercato nazionale, al fine di potenziare la capacità di gestione di tutte le quantità prodotte. L’Ente di governo d’ambito territoriale ottimale, laddove costituito ed operante, ovvero i comuni, dunque, nell’ambito delle proprie competenze, sono tenuti a disciplinare le modalità organizzative delle operazioni di raccolta, cernita ed avvio al trattamento, cui i produttori devono adeguarsi.

La presente è resa pubblica sul sito istituzionale del Ministero della Transizione Ecologica.

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