Traffico illecito di rifiuti: obblighi e procedure

Il delitto di attività organizzate è tra le fattispecie di maggiore rilevanza dal punto di vista sanzionatorio la cui configurazione, sovente contestata nei casi più gravi, necessita di specifici requisiti che giurisprudenza e dottrina – partendo dalla disciplina di riferimento - hanno contribuito a delineare

(Traffico illecito di rifiuti: obblighi e procedure)

Il fenomeno criminale può interessare tutta la filiera, dalla produzione allo smaltimento, e può coinvolgere diversi operatori come i produttori, gli intermediari, i trasportatori, i gestori degli impianti di stoccaggio e di trattamento, seppure attività imprenditoriali regolarmente autorizzate. Il delitto di attività organizzate è tra le fattispecie di maggiore rilevanza dal punto di vista sanzionatorio la cui configurazione, sovente contestata nei casi più gravi, necessita di specifici requisiti che giurisprudenza e dottrina – partendo dalla disciplina di riferimento - hanno contribuito a delineare.

1. Origine e attuale collocazione

Inizialmente previsto all’art. 53-bis, D.Lgs. n. 22/1997, cosiddetto decreto “Ronchi”, il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti è stato trasferito, invariato, nel D.Lgs. n. 152/2006, all’art. 260 e nel 2018 è confluito senza modifiche nell’art. 452-quaterdecies del codice penale. Sebbene questo reato sia stato introdotto per reprimere il fenomeno criminoso rappresentato dalle ecomafie, la giurisprudenza ne ha dato nel tempo un’interpretazione estensiva, applicandolo anche al di fuori del contesto mafioso ed a prescindere dall’esistenza di titoli autorizzativi per lo svolgimento delle attività.

 

2. Struttura elastica del delitto

Il delitto si perfeziona con la realizzazione di una delle condotte di cessione, ricezione, trasporto, esportazione, importazione o comunque gestione di rifiuti (ad esempio lo smaltimento). Non è necessario che si verifichi un danno o un pericolo di danno per la salute o per gli ecosistemi. È indispensabile, invece, che l’agente persegua un fine di profitto, sovente rappresentato dal mero risparmio di spesa. Inoltre, è richiesto il compimento più operazioni, potendo comunque integrare la singola condotta altre e diverse fattispecie. L’attività illecita deve poi essere svolta attraverso l’allestimento di mezzi e con attività continuative organizzate. Nella prospettiva della più rigida giurisprudenza:

  • è sufficiente un allestimento di risorse rudimentale purché idoneo alla gestione non occasionale di un ingente quantitativo di rifiuti
  • e l’attività criminosa può anche essere marginale o secondaria rispetto all'attività principale lecitamente svolta.

Questi requisiti vengono sovente identificati, soprattutto in fase di contestazione, nelle dinamiche operative dei rapporti tra le attività imprenditoriali. Proprio per questo, l’interpretazione della giurisprudenza appiattisce spesso il requisito dell’organizzazione sull’organizzazione imprenditoriale. Infine, la fattispecie incriminatrice prevede l’autonomo requisito dell’ingente quantitativo di rifiuti, che contribuisce a selezionare ulteriormente l’ambito della tipicità. Si tratta di un’espressione piuttosto vaga, il cui apprezzamento di fatto è rimesso al giudice che fonderà la decisione su una serie di variabili concrete quali la tipologia del rifiuto, la sua qualità e le situazioni specifiche di riferimento, nonché tenuto conto delle azioni nel loro complesso.

Traffico illecito di rifiuti

3. L’attività svolta abusivamente

Ulteriore condizione per la configurazione del delitto di cui si tratta è l’aver gestito “abusivamente” i rifiuti. Si considera abusiva:

  • l’attività di gestione di rifiuti clandestina cioè svolta senza autorizzazione
  • ma anche quella effettuata sulla base di autorizzazioni illegittime o scadute
  • nonché quella effettuata sulla base di una valida autorizzazione, ma violandone le prescrizioni o comunque disposizioni di legge, regolamentari o amministrative rilevanti in materia (corretta classificazione dei rifiuti, corrette procedure di accettazione e gestione, eccetera).

Una recente lettura adottata dalla giurisprudenza di legittimità tende ad estendere l’abusività anche in caso di attività svolte in violazione delle best available techniques (Bat), sintomo della tendenza all’estensione della configurabilità del concetto di condotta abusiva (Cassazione penale, sez. III, 7 settembre 2021, n. 33089, intervenuta in fase cautelare in un procedimento per sequestro preventivo di un impianto di trattamento di rifiuti urbani indifferenziati proprio per la particolare ipotesi in cui l’autorizzazione, pur rilasciata, non era rispondente alle Bat e, pertanto, ritenuta illegittima dal giudice penale).

 

4. La fase delle indagini

La frequente ingerenza della criminalità organizzata nella gestione dei rifiuti e la struttura articolata del reato hanno indotto il legislatore a introdurre strumenti investigativi particolarmente penetranti. Anzitutto, la competenza a svolgere le indagini spetta alle procure distrettuali, istituite presso i tribunali sede di corte d’Appello - generalmente collocati nei capoluoghi di regione - anziché alle procure competenti per territorio. Inoltre, opera (anche se è di norma applicata nei casi più gravi) una presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, salvo che il giudice motivi l’applicazione di una misura meno afflittiva. Infine, è consentito l’utilizzo del captatore informatico per le intercettazioni tra presenti (art. 267, comma 2-bis, codice di procedura penale) e le intercettazioni di conversazioni e ambientali possono essere disposte per periodi più lunghi rispetto a quelli previsti per i reati “ordinari” (40 giorni + 20 di proroga anziché 15 giorni + 15 ai sensi dell’art. 13, D.L. n. 152/1991).

 

5. Sequestro e amministrazione giudiziaria

Durante la fase delle indagini può essere disposto il sequestro finalizzato alla confisca sia in relazione al profitto del reato sia con riguardo ai beni utilizzati per la sua commissione, potenzialmente comprensivi dei mezzi di trasporto, macchinari e impianti di trattamento dei rifiuti.

Qualora il sequestro riguardi beni aziendali e quote societarie, il giudice può nominare un amministratore giudiziario ai sensi dell’art. 104-bis, comma 1, disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che provvede alla gestione aziendale fino al definitivo accertamento della responsabilità per il reato contestato.

6. Conseguenze pregiudizievoli in caso di condanna e responsabilità “231”

In caso di condanna e di patteggiamento, è prevista la confisca obbligatoria sia dei mezzi utilizzati per la commissione del reato sia del profitto. Possono, inoltre, essere applicate le misure di prevenzione disciplinate dal D.Lgs. n 150/2011, tra le quali si segnalano, per la notevole afflittività, la revoca delle autorizzazioni amministrative già esistenti per l’esercizio dell’attività di gestione e trattamento dei rifiuti e il divieto di concessione di nuove autorizzazioni (art. 67, comma 8).

Diversamente da quanto previsto per altri reati ambientali, non sono previste misure premiali come, ad esempio, il ripristino dello stato dei luoghi o eventuali operazioni di bonifica, che non consentono di beneficiare dell’esclusione della confisca. Come chiarito, infatti, la configurazione della fattispecie delittuosa prescinde dagli impatti ambientali correlati.

Il delitto in esame rientra poi nell’elenco dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi dell’art. 25-undecies, D.Lgs. n. 231/2001.

CLICCA QUI PER ALTRI OBBLIGHI&PROCEDURE

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome