Aggressioni e violenze sul lavoro: in sei punti tutto quanto occorre sapere

La sicurezza del personale sanitario e la sua tutela sotto il profilo penale si basano su nuovi strumenti legislativi. A monte di tutto ciò è necessario intervenire preventivamente attraverso il Dvr, i codici di condotta e una adeguata politica di condotta interna, senza dimenticare la formazione

Aggressioni e violenze sul lavoro.

1. I REATI

Gli infortuni sul lavoro sono normalmente trattati avendo riguardo alle disposizioni di cui agli artt. 589, comma 2 e 590, comma 3 del codice penale, che disciplinano forme specifiche e aggravate dei reati di omicidio e di lesioni colpose (occorsi, cioè, secondo la previsione dell’art. 43 del codice penale, contro l’intenzione dell’agente, quando l’evento, anche se preveduto, non è voluto e si verifica a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, violazione di leggi, regolamenti, ordini o discipline). In verità, una parte, sempre crescente e ancora sottostimata, di infortuni sul lavoro (che, secondo la definizione offerta dal ministero del Lavoro, va intesa come «ogni lesione originata, in occasione di lavoro, da causa violenta che determini la morte della persona o ne menomi parzialmente o totalmente la capacità lavorativa») deriva da azioni volontarie. I dati Inail relativi all’anno 2022, hanno registrato infortuni sul lavoro denunciati, in aumento del +25,7% rispetto al 2021 e malattie professionali del 9,9% in più sempre rispetto al 2021, ma gli infortuni sul lavoro dovuti ad aggressioni sono stati (tra il 2015 ed il 2019) il 9% del totale. Il fenomeno, allarmante, di aggressioni e violenze sul lavoro ha registrato aumenti significativi in alcuni specifici ambiti quali i trasporti, la scuola e il settore sanitario.

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2. UN CASO SPECIFICO

L’Inail ha analizzato i dati relativi ai casi di infortunio in occasione di lavoro accertati dall’Istituto e codificati come aggressione e minacce nei confronti del personale sanitario, verificando che nel triennio 2019/2021 sono stati in media 1.600 all’anno. Il fenomeno è monitorato dall’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie.

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3. LE SEGNALAZIONI ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA

Ulteriore fonte informativa è rappresentata dalle segnalazioni all’autorità giudiziaria. Tutti gli esercenti una professione sanitaria ricoprono almeno la qualifica di incaricato di pubblico servizio e in alcuni casi acquisiscono la qualifica (permanente o transitoria) di “pubblico ufficiale”. I caratteri definitori di ciascuna qualifica sono contenuti, all’interno del codice penale, negli artt. 357 e seguenti, rilevanti poiché la commissione di ogni reato nei loro confronti viene aggravata, ex art. 61 n. 10 codice penale, con conseguente inasprimento della pena. Una tutela rafforzata e specifica per il settore in analisi si è avuta con l’introduzione (con  la legge n.  113 del 14 agosto 2020) di una nuova fattispecie di aggravante, disciplinata dal nuovo art. 61 n. 11-octies, codice penale; l’avere agito, nei delitti commessi con violenza o minaccia, in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell’esercizio di queste professioni o attività.

4. ART. 16, DECRETO-LEGGE 30 MARZO 2023, N. 34

Una tutela ulteriormente rafforzata è stata introdotta dal decreto legge n. 34 del 30 marzo 2023 (convertito con la legge 26 maggio, n. 56, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 124 del 29 maggio 2023) che ha apportato all’art. 583-quater del codice penale le modifiche necessarie ad applicare pene più severe (da due a cinque anni di reclusione) nell’ipotesi di lesioni cagionate al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria nell’esercizio o a causa della funzione o del servizio, tutela estesa a chiunque svolga attività ausiliaria di cura, assistenza sanitaria o soccorso funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell’esercizio o a causa di dette attività e, in caso di lesioni personali gravi o gravissime, la reclusione prevista sarà da 4 a 10 e da 8 a 16 anni di reclusione.

La volontà del legislatore, dunque, anche dopo la “riforma Cartabia” che ha inteso valorizzare la procedibilità a querela per molte ipotesi di reato, pare abbia voluto rimarcare l’esigenza punitiva per le lesioni riconducibili a queste circostanze aggravanti, oltre a quelle che comportano malattie guaribili in un tempo superiori a 40 giorni (art. 583, codice penale) per le quali resta la procedibilità d’ufficio.

5. AMBIENTI, TIPOLOGIE DI ATTIVITÀ A RISCHIO E LAVORATORI MAGGIORMENTE ESPOSTI

Tra i molteplici rischi potenzialmente in grado di interessare gli ambienti di lavoro andrà dunque contemplato anche il pericolo di subire aggressioni, verbali e fisiche nello svolgimento dell’attività lavorativa quotidiana. Sono stati individuati ambienti e tipologie di lavoratori maggiormente esposti a rischio: il settore dei servizi, anzitutto, ed in particolare quelli sanitari, dei trasporti, del commercio, della ristora zione e dell’istruzione. Le attività da considerarsi maggiormente a rischio sono invece quelle legate alla manipolazione di denaro o beni di valore, la gestione di farmaci di notevole valore economico, la gestione di pazienti aggressivi o con problematiche mentali, i rapporti con l’utenza (soprattutto se sottoposta a stress per cause varie, come le lunghe attese), le attività di ispezione, controllo ed esercizio di pubblica utilità. Sono esposti a maggior rischio le lavoratrici, i portatori di disabilità o che operano da soli o in contesti isolati e tutti i lavoratori non idoneamente formati ed attrezzati contro potenziali aggressioni.

6. COSA FARE

Saranno pertanto da individuare, in tutti gli strumenti preventivi aziendali (quali Dvr, codici di condotta, policy interne) misure di prevenzione e protezione di tipo sia strutturale sia organizzativo quali: eliminazione, per quanto possibile, di oggetti contundenti o taglienti, dotazione di barrire fisiche tra gli operatori e il pubblico, mantenimento di adeguati livelli di illuminazione, dotazione di telefoni o altri ausili per dare l’allarme, adeguata formazione del personale, campagne formative e informative sulla gestione dell’utenza e dei potenziali conflitti, organizzazione del personale che consenta la presenza di un numero di lavoratori minimi.

Clicca qui per leggere tutti gli articoli di Laura Panciroli, avvocato, esperto di diritto penale del lavoro, partner dello studio legale Ichino Brugnatelli e Associati

(Aggressioni e violenze sul lavoro)

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