Violenza di genere e molestie al lavoro: legislazione, adempimenti, procedure

Un fenomeno sempre oggetto di studi e di ricerche che non ha un unico riferimento normativo e richiede risposte articolate. Ciò che serve e avvalersi di un quadro organico con regolamentazioni sia cogenti sia volontarie, senza dimenticare le diverse pronunce giurisprudenziali

Violenza di genere e molestie al lavoro.

Il fenomeno della violenza e delle molestie [1] è decisamente complesso considerate le varie forme della sua esternazione, i differenti contesti che può interessare e le molteplici fonti normative di livello nazionale e sovranazionale, cogente e volontarie cui è connesso.

La sua manifestazione nell’ambiente di lavoro è da sempre oggetto di studi e ricerche [2], ma, a seguito del recepimento definitivo della convenzione Ilo a ottobre 2022, è stata ulteriormente attenzionata anche in risposta alle iniziative di cui al quadro strategico Ue 2021-2026 sulla salute e sicurezza sul lavoro [3] e alla Gender equality strategy 2020-2025. Da ultimo l’Italia, con la legge n. 12 del 9 febbraio 2023 [4], ha altresì istituito una commissione permanente investita, tra gli altri [5], anche del compito di rivisitare la fattispecie penalmente rilevante delle molestie con particolare riferimento proprio a quelle perpetrate nei luoghi di lavoro (in assenza, a oggi, di una norma di riferimento univoca) e verificare possibili incongruenze e carenze dei provvedimenti già adottati in materia.

E negli ospedali? Per saperne di più, clicca qui

L’argomento, del resto, richiede risposte articolate tant’è che, da ultimo, anche la normativa volontaria e, in particolare, la prassi di riferimento per la parità di genere, Uni:PdR 125:2022 [6], prevede, tra gli altri requisiti di conformità alla norma, la valutazione dei rischi, l’adozione di specifiche procedure, la rendicontazione e la misurazione degli indicatori relativi al rischio molestie. In particolare, all’organizzazione è richiesto di individuare i pericoli connessi a ogni forma di abuso fisico, verbale, digitale (molestia) così come sancito dal principio del duty of care proprio del datore di lavoro, in ambito salute e sicurezza; verificare l’esposizione degli ambienti di lavoro rispetto a questa minaccia e valutarne tutti i rischi connessi, infine, analizzare gli eventi segnalati. Tra le altre misure attuative, è richiesto al datore di lavoro di assicurare una costante attenzione al linguaggio utilizzato, prevedere una specifica formazione a tutti i livelli e con frequenza idonea alla complessità organizzativa, introducendo il principio della “tolleranza zero” rispetto a ogni forma di violenza nei confronti dei/delle dipendenti, incluse le molestie sessuali (sexual harassment) in ogni forma. Non ultimo, facilitare la segnalazione di questi fenomeni attraverso modalità multicanale, prevedendo altresì la tutela dell’anonimato del segnalante, preparando un piano di prevenzione e risposta adeguato ai rischi valutati.

Ambiente&Sicurezza, normativa e procedure: abbonati

Qui di seguito, saranno dunque delineate la regolamentazione cogente e quella volontaria, sia nazionale sia europea sulle molestie e violenza di genere, considerandone le più recenti definizioni per come riportate dalla convenzione Ilo 190 e nel codice delle pari opportunità, evidenziandone la connessione con la tematica della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sotto il profilo tanto della prevenzione quanto delle responsabilità.

I sei punti da tenere presenti, clicca qui

La normativa di riferimento

I primi due documenti europei recepiti in Italia sono frutto del dialogo tra le parti sociali: l’accordo quadro stress lavoro-correlato e l’accordo quadro sulle molestie e violenze nei luoghi di lavoro.  Quest’ultimo, recepito solo nel 2016, individua per la prima volta la necessità di gestire il fenomeno in via preventiva e, a tal fine, fornisce ai datori di lavoro, ai lavoratori e alle lavoratrici e ai loro rappresentanti a ogni livello, un quadro di azioni concrete per individuarlo e gestirlo.

La legge n. 4 del 15 gennaio 2021 - che ratifica la convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) n. 190 – a sua volta, oltre a introdurre un concetto più ampio di violenze e molestie sul lavoro precisando che a queste condotte possono conseguire danni anche alla salute psicologica della persona offesa oltre che alla sua dignità e all’ambiente sociale e famigliare, dispone che l’organizzazione debba adottare misure di prevenzione al pari di quanto già previsto in tema di stress lavoro-correlato dal .

L’art. 9, infatti, richiede ai datori di lavoro, nella misura in cui sia ragionevolmente fattibile, di dare attuazione, in consultazione con i lavoratori e i loro rappresentanti, a una politica in materia di violenza e di molestie nei luoghi di lavoro; includere la violenza e le molestie, come pure i rischi psicosociali correlati, nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro; di identificare i pericoli e la valutazione dei rischi relativi alla violenza e alle molestie, le misure per prevenirli e tenerli sotto controllo; l'erogazione di informazioni e formazione su pericoli e rischi identificati e relative misure di prevenzione e di protezione, ivi compresi i diritti e le responsabilità dei lavoratori e di altri soggetti interessati ai temi della politica anti molestie adottata. Questo processo non potrà, quindi, prescindere dal coinvolgimento di più attori ivi incluso il Rls e il medico competente e, ove presente, il consulente psicologo anche ai fini dell’implementazione di una procedura di rientro che accompagni e faciliti il reinserimento nel posto del lavoro della persona offesa.

A conforto di questo orientamento si inseriscono sia la prassi Uni/PdR 125:2022, per come sopra specificato, sia la norma Iso 45003: 2021 Gestione della salute e sicurezza sul lavoro - Salute e sicurezza psicologica sul lavoro - Linee di indirizzo per la gestione dei rischi psicosociali contenente anche linee guida per  la promozione del benessere sul lavoro che la norma Iso n. 30415 su diversità e inclusione che, a sua volta, sottolinea la necessità di adottare politiche, processi, azioni per promuovere l’inclusione.

È proprio in questo contesto che si inserisce, da ultimo, il definitivo recepimento della convenzione Ilo 190 e della raccomandazione 206 che introducono un concetto di molestie che abbraccia anche problematiche come il mobbing, lo straining.

Ma vediamo i contenuti della convenzione Ilo e la definizione di violenze e molestie (per una sintesi dell’evoluzione normativa nazionale, europea e volontaria vedere la tabella 1).

TABELLA 1 – IN SINTESI

Norme in ambito europeo Norme in ambito nazionale Norme volontarie

 

Direttiva 2002/73/Ce da cui si desumono i concetti di molestie e molestie sessuali.

Convenzione Oil del 22 giugno 1981 n. 155 sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

Raccomandazione 92/131/Cee del 27 novembre 1991.

Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro dell’8 ottobre 2004 richiamato dall’articolo 28 comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008, rileva che la sopraffazione e la violenza sul lavoro sono fattori “stressogeni”.

Convenzione Oil del 15 giugno 2006, n. 187, sul quadro promozionale per la salute e la sicurezza sul lavoro.

Accordo quadro europeo sulle molestie e sulla violenza sul luogo di lavoro del 26 aprile 2007.

Convenzione del Consiglio d’Europa di Istanbul dell’11 maggio 2011 sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ratificata dall’Italia con legge 27 giugno 2013 n. 77.

Convenzione Oil del 21 giugno 2019, n. 190, sull’eliminazione delle violenze e le molestie sul luogo di lavoro.

Raccomandazione n. 206 sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.

Articolo 2087 del codice civile: obbligo per il datore di lavoro di adottare tutte le misure necessarie per proteggere non solo l'integrità fisica, ma anche il benessere psicologico del lavoratore.

D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 - Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – all’articolo 30 comma 1-bis prevede percorsi di protezione per lavoratrici/lavoratori vittime di violenze o molestie di genere.

D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 - Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di

lavoro: l’articolo 28 (in riferimento all’art. 2087 del codice civile) colloca, fra i rischi oggetto della valutazione rischi, quelli «riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui (...) quelli connessi alle differenze di genere». Sempre l’articolo, 28 al comma 2, prevede che la valutazione del rischio deve riguardare «tutti i rischi» che si profilano «durante l’attività lavorativa» e, dunque, tra questi, anche le molestie e le violenze; inoltre il Dvr deve  contenere l’indicazione delle misure di prevenzione e protezione adottate contro i rischi rilevati.

D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 80 - Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 - all’articolo 24 contempla il congedo retribuito per le donne vittime di violenza.

Accordo quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro” siglato il 25 gennaio 2016.

D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198 (il cosiddetto codice delle pari opportunità tra uomo e donna) come da ultimo modificato.

D. Lgs. n. 196/2003 e Regolamento (Ue) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/Ce (regolamento generale sulla protezione dei dati o Gdpr).

Legge 4 gennaio 2021 n. 4 che autorizza il Presidente della Repubblica a ratificare la convenzione 190 e raccomandazione 206 stessa: Italia ha ratificato ottobre 2022.

Linee Guida Inail – Riconoscere per prevenire i fenomeni di molestia e violenza sul luogo di lavoro, 2021.

 

Uni Iso 45001 :2018

Uni Iso 45003 : 2021

Uni PdR 125:2022

 

La convenzione Ilo e la raccomandazione 206

La convenzione Ilo 190, ratificata dall’Italia con la Legge n. 4/2021, entrata definitivamente in vigore il 29 ottobre 2022, si articola, unitamente alla raccomandazione 206, su tre pilastri principali: protezione e prevenzione, verifica dell’applicazione di meccanismi di ricorso e di risarcimento e orientamento, formazione, sensibilizzazione.

Il primo pilastro dovrebbe tradursi nelle azioni che si è visto essere state recepite con l’art. 9 della legge n. 4/2021 [7] di cui si è detto. Se ne desume che gli obblighi in capo all’organizzazione e, in particolare, al datore di lavoro sono i medesimi già dettati anche dal D.Lgs. n. 81/2008 in relazione alla valutazione del rischio connesso allo stress lavoro-correlato come meglio verrà argomentato di seguito.

Strettamente connessi con le misure di prevenzione sono, del resto, gli obblighi di formazione e informazione ai fini di sensibilizzare la popolazione aziendale sull’argomento. In questo contesto, infatti, il lavoratore e la lavoratrice divengono anche debitori della propria sicurezza essendo indispensabile la loro collaborazione attiva e partecipativa [8]. Degno di nota è, altresì, il secondo pilastro dedicato ai meccanismi di ricorso e risarcimento [9] a fronte delle difficoltà che la persona offesa incontra nell’ordinamento italiano ai fini della cessazione delle condotte violente e/o moleste con possibile conseguente risarcimento del danno (vedere la tabella 2). Difficoltà strettamente connesse all’assenza di una definizione normativa univoca dei comportamenti molesti che la giurisprudenza, in sede penale, riconduce, alternativamente al reato di violenza privata, stalking, maltrattamenti [10], violenza sessuale mentre, in sede civile e giuslavoristica, delinea in modo non sempre univoco con riferimento alla condotta di mobbing.

TABELLA 2 – QUALI TUTELE

Azioni giudiziali Meccanismi di ricorso e risarcimento convenzione Ilo Azioni stragiudiziali che possono essere avviate dalla/il consigliera/e di parità e la/il consigliera/e di fiducia
Sede penale: denuncia-querela ai fini dell’accertamento dei fatti e della loro cessazione, nonché del risarcimento del danno. Pur non costituendo le molestie una fattispecie autonoma di reato, vengono ricondotte dai giudici a diverse figure di illecito penalmente rilevante in base alle modalità della condotta.

 

Sede giuslavoristica-civile: strumento rimediale di tutela lavoristica attivabile in sede civile, per ottenere l’accertamento che il fatto costituisce molestia al fine di far cessare il comportamento con conseguente risarcimento del danno nonché dichiarazione di nullità di eventuali atti e/o provvedimenti adottati nell’ambito del rapporto di lavoro e connessi alla condotta contestata. L’azione civile, quindi, ha un duplice scopo: risarcitorio (artt. 2087, codice civile, 1218 e 2043 codice civile e riparatorio/ripristinatorio (legge n. 300/1970).

 

Il codice di pari opportunità prevede l’obbligo del datore di lavoro - ai sensi dell’art. 2087, codice civile - di  «assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l'integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno (...) e di  assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza” (art. 26, comma 3-ter). Inoltre, ai sensi dell’art. 26, commi 1 e 2, il datore di lavoro ha l'obbligo di porre in atto procedure di contestazione e conseguente accertamento dei fatti, con conseguente loro denuncia e assunzione di provvedimenti disciplinari.

La convenzione Ilo prevede meccanismi di ricorso e di risarcimento; il diritto a favore delle vittime di abbandonare il posto di lavoro senza che vi sia alcun tipo di conseguenza (art. 10 lett. g)) e riconosce un ruolo nodale agli ispettorati del lavoro al fine di contrastare il fenomeno anche mediante misure quali l’interruzione dell’attività lavorativa.

 

Si tratta di azioni/meccanismi che possono essere avviati dal/la consigliera/e di parità e dal/la consigliera/re di fiducia.

La/il consigliera/e è un pubblico ufficiale e può agire al fine dell’accertamento della condotta discriminatoria in modo da rimuoverne le conseguenze attraverso un’azione di conciliazione-mediazione che piò essere formale o informale.

La/Il consigliera/re di fiducia, diversamente, è una “parte imparziale” istituita dall’organizzazione al suo interno con specifiche funzioni di prevenzione e risoluzione di forme di buso fisico, verbale, digitale (molestie) oggetto di segnalazione.

Ulteriore plauso va all’identificazione estesa dei soggetti tutelati. La convenzione protegge i lavoratori e altri soggetti nel mondo del lavoro, ivi compresi le lavoratrici e i lavoratori, indipendentemente dallo status contrattuale. Non solo, le tutele sono rivolte, sia nel settore pubblico che privato, anche alle persone in formazione, inclusi tirocinanti e apprendisti, le lavoratrici e i lavoratori licenziati, i volontari, le persone alla ricerca di un impiego o candidate a un lavoro, e individui che esercitino l’autorità, i doveri e le responsabilità di datrice o datore di lavoro.

Infatti, viene condannato qualsiasi comportamento violento e molesto che si verifichi nel luogo di lavoro, in occasioni connesse o che scaturiscano dal lavoro e, nello specifico, «a) nel posto di lavoro, ivi compresi spazi pubblici e privati laddove questi siano un luogo di lavoro; b) in luoghi in cui la lavoratrice o il lavoratore riceve la retribuzione, in luoghi destinati alla pausa o alla pausa pranzo, oppure nei luoghi di utilizzo di servizi igienico-sanitari o negli spogliatoi; c) durante spostamenti o viaggi di lavoro, formazione, eventi o attività sociali correlate con il lavoro; d) a seguito di comunicazioni di lavoro, incluse quelle rese possibili dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e) all’interno di alloggi messi a disposizione dai datori di lavoro; f) durante gli spostamenti per recarsi al lavoro e per il rientro dal lavoro». [11]

L’invito è di adottare un approccio inclusivo, integrato e incentrato su di una prospettiva che garantisca la parità di genere, la non discriminazione e la prevenzione nonché l'eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.

Le definizioni

In questa prospettiva, la convenzione Ilo declina una definizione di «violenza e molestie» nel mondo del lavoro decisamente ampia, ovvero, «un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico, e include la violenza e le molestie di genere”; mentre, con l’espressione violenza e molestie di genere indica “la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere, o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali». [12].

Sono, dunque, riconducibili alla fattispecie alcuni comportamenti specifici quali: la molestia sessuale, morale e verbale (distinzione ripresa anche nel codice delle pari opportunità e nella prassi Uni/pDr 125:2022) le condotte di mobbing [13], straining  14, bullying, bossing, stalking [15], le molestie morali, le molestie sessuali, le violenze psico-fisiche, verbali nonché digitali [16] (vedere la tabella 3).

TABELLA 3 – LE PAROLE PER DIRLO

Convenzione Ilo 190 (legge n. 4/2021) Codice delle pari opportunità
Articolo 1

 

1. Ai fini della presente Convenzione:

a) l’espressione “violenza e molestie” nel mondo del lavoro indica un insieme di pratiche e di comportamenti inaccettabili, o la minaccia di porli in essere, sia in un’unica occasione, sia ripetutamente, che si prefiggano, causino o possano comportare un danno fisico, psicologico, sessuale o economico;

b) l’espressione “violenza e molestie di genere” indica la violenza e le molestie nei confronti di persone in ragione del loro sesso o genere, o che colpiscano in modo sproporzionato persone di un sesso o genere specifico, ivi comprese le molestie sessuali.

2. Fatto salvo quanto stabilito ai commi a) e b) del paragrafo 1 del presente articolo, le definizioni di cui alle leggi e ai regolamenti nazionali possono prevedere un concetto unico o concetti distinti.

Articolo 26

 

1. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

2. Sono, altresì, considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.

2-bis. Sono, altresì, considerati come discriminazione i trattamenti meno favorevoli subiti da una lavoratrice o da un lavoratore per il fatto di aver rifiutato i comportamenti di cui ai commi 1 e 2 o di esservisi sottomessi.

Una tale definizione colma, almeno in parte, le lacune [17] della normativa in materia, nello specifico, laddove viene previsto che anche una sola condotta è sufficiente a comportare conseguenze fisiche e/o psicologiche [18].

Un piano di gestione efficace

Definire la politica aziendale sulla violenza di genere

Il primo passo è quello di definire la politica aziendale della “tolleranza zero” in materia di violenza di genere. Questo passaggio non deve essere visto come una mera dichiarazione formale, ma deve essere ricondotta a un aspetto sostanziale e deve essere comunicata, diffusa, e resa perno della cultura aziendale. Deve essere evidente a tutti, sia personale interno sia esterno (clienti e fornitori) il fine perseguito dall’organizzazione e le condotte attese e, laddove presenti sistemi di gestione, questa politica dovrebbe integrarsi con quella realizzata per gli obiettivi di sostenibilità, con quella del diversity management e del mobility management, con quella realizzata per le norme Iso 45001 e Iso 27001, con il codice disciplinare e il codice etico dell’organizzazione.

Valutazione del rischio

L’art. 17 del D.Lgs. n. 81/2008 prevede che il datore di lavoro debba valutare «tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa». Rientrano in questa definizione non soltanto i rischi connessi alla safety, bensì le minacce connesse alla security, poiché comportano ricadute dirette sulla salute e sulla sicurezza degli ambienti di lavoro. In questo contesto evolutivo, che vede una sempre maggiore integrazione tra i due temi, al punto è orientamento sempre più consolidato l’unificazione dei due dipartimenti sotto un chief safety e security officer, rientrano pienamente le minacce di tipo trasversale (quindi non legate all’attività lavorativa in senso stretto, ma al contesto organizzativo nel suo complesso) connesse alle forme di violenza e molestia.

Il primo passo è quello di identificare gli ambienti, correlando per ciascuno di essi l’esposizione al rischio dei lavoratori (tenendo conto delle diverse mansioni, età anagrafica, sesso, etnia, condizioni di lavoro particolari come le attività in solitaria o il lavoro notturno).

La definizione del luogo di lavoro deve essere intesa in senso ampio. Possiamo distinguere:

  • luoghi di lavoro ordinari (stabilimenti, uffici, locali tecnici);
  • spazi comuni (corridoi, ascensori, aree esterne e pertinenziali, aree relax, refettori);
  • luoghi igienico-sanitari (servizi igienici, spogliatoi);
  • luoghi pubblici all’aperto o al chiuso;
  • luoghi di proprietà del cliente o del fornitore, luoghi di presidio o distacchi;
  • luoghi di trasferta o missione, sia nazionale che internazionale;
  • nel corso di spostamenti casa-lavoro o per raggiungere la destinazione di una trasferta;
  • luoghi destinati alla formazione, alle riunioni o ad altri eventi sociali;
  • luoghi connessi alle forme di lavoro agile (smart working) o telelavoro;
  • luoghi virtuali, come quelli resi da videoconferenze o call conference.

La valutazione dei rischi deve tenere conto delle diverse peculiarità di ciascun ambiente e dei livelli di esposizione dei lavoratori in ciascun turno di lavoro e per ciascuna mansione. Particolare attenzione dovrà essere resa agli ambienti ove insiste il lavoro “solitario” o a forte contatto con il pubblico o con lavoratori esterni all’azienda sui quali il datore di lavoro esercita un’autorità limitata.

Questa valutazione rientra a pieno titolo nell’ambito del documento di valutazione dei rischi e, per essere realmente esaustiva, dovrà contemplare ogni fattispecie di minaccia che, anche in via potenziale, possa costituire una forma di violenza. Non soltanto quelle minacce che possono portare alla consumazione dell’atto nella sua forma più tangibile, bensì anche quegli eventi meno evidenti: molestie e violenze dunque, ma anche minacce, ingiurie, diffamazione, percosse. E queste minacce vanno valutate sia nella loro espressione fisica sia nella dimensione verbale o virtuale, sia live che differita (ad esempio, attraverso pubblicazione di contenuti diffamatori online).

Nel valutare il rischio, oltre al fondamentale coinvolgimento del Rspp in quanto tecnico della prevenzione e consulente del datore di lavoro, diventa quantomai fondamentale il ruolo del medico competente che, in quanto figura deputata alla sorveglianza sanitaria, costituisce la prima linea di allarme nei confronti di sintomatologie riconducibili a episodi di molestia o violenza nei luoghi di lavoro. Sarebbe opportuno, inoltre, avvalersi tanto nel processo di valutazione quanto nella procedura di gestione uno psicologo o un centro di ascolto specializzato. Allo stesso modo, contributi fondamentali possono pervenire dagli Rls e dalle Rsu, in quanto soggetti maggiormente vicini al lavoratore e che, prima di altri, possono intercettare precocemente eventi potenziali o conclamati.

La valutazione di queste fattispecie di rischio non può prescindere da altri due attori fondamentali.
Da un lato la funzione delle risorse umane (Hr), in quanto deputata alla gestione del personale sia sotto il profilo gestionale sia dal punto di vista disciplinare, culturale, comunicato e formativo. In questo senso, il commitente del direttore del personale è un fattore critico di successo per la buona implementazione del processo nel suo complesso. Infine, ma non per importanza, il coinvolgimento diretto dei lavoratori già dalle prime fasi valutative, attraverso survey e focus group, così da renderli partecipi del processo di costruzione e generare quella fondamentale cultura che è la prima e più importante leva di cambiamento e prevenzione all’interno delle organizzazioni.

Gestire il rischio: prevenzione e contenimento

Le misure di prevenzione (riduzione della probabilità di accadimento) e di contenimento (riduzione del danno) non potranno che essere personalizzate sulla base dei risultati emersi nel corso della valutazione del rischio.

La fattispecie specifica di questa minaccia deve far riflettere sull’efficacia delle azioni che l’organizzazione può mettere in campo: esattamente come per lo stress lavoro correlato, anche in questo caso diventa fondamentale investire su misure di tipo preventivo, giacché il contenimento potrebbe risultare insufficiente, specialmente nei confronti delle violenze di tipo fisico o nei casi di molestie reiterate dove il danno psicofisico del lavoratore potrebbe anche conseguenze irreversibili (vedere la tabella 3).

Le misure di prevenzione…

Oltre alla già citata politica, al codice etico, al codice disciplinare, alla sorveglianza sanitaria, al centro di ascolto, all’informazione, alla formazione e alla cultura aziendale, tra le altre misure preventive che possono dimostrare un certo grado di efficacia possiamo annoverare la realizzazione di “indicatori sentinella” e di rischio monitorati da una struttura aziendale ad hoc definita da ruoli e responsabilità noti e condivisi a tutti i livelli aziendali. Il responsabile di questo team (il Rspp, o l’Hr manager o altra figura manageriale che possa esercitare un certo grado di autorità e controllo) avrà il compito di rendicontare periodicamente al top management i risultati dell’attività di monitoraggio.

Altre misure di prevenzione dovrebbero agevolare il sistema di segnalazione precoce (contatti diretti, moduli di segnalazione online e cassette postali) e rese in forma tale da assicurare l’eventuale anonimato del segnalante (vittima o testimone di un evento di molestia, minaccia o violenza) così come già in uso per il cosiddetto “whistleblowing”. Fondamentale, in questo senso, anche la ricognizione precoce dei near miss, così che possano essere individuati (e gestiti) quei quasi incidenti connessi a situazioni di conflittualità, disagio e degrado del benessere organizzativo.

Infine, tutelare il merito e la parità di genere nell’accesso alle funzioni manageriali e apicali e ampliare il sistema di valutazione dei manager con indicatori che facciano emergere le corrette modalità di gestione del personale, diventano importanti leve per il cambiamento culturale e la prevenzione di condotte molesti o violente.

…e quelle di protezione

Le misure di protezione vanno intese su due momenti specifici:

  • gestione dell’emergenza immediata;
  • gestione del post emergenza.

Nel gestire l’emergenza immediata, diventa fondamentale integrare i piani di emergenza aziendale prevedendo la fattispecie dell’aggressione, della molestia e della minaccia. La disponibilità di squadre di emergenza disponibili in loco, di un numero di emergenza interno o di una guardiania permette di poter intervenire efficacemente in caso di allarme da parte della vittima o di un testimone. L’utilizzo della tecnologia (applicazioni di allerta rapida, pulsanti antipanico o di emergenza, strumenti di segnalazione “uomo a terra”, videosorveglianza e controllo accessi), favorire laddove possibili spazi ampi, illuminati e vetrati così da incentivare il controllo sociale, sono tutte misure che dimostrano efficacia sia in termini preventivi (deterrenza) sia in termini reattivi (pronto intervento).

La corretta gestione dell’escalation e le esercitazioni costituiscono un altro elemento valorizzante sia in termini di cultura che di readiness nei confronti dell’evento.

La gestione del post emergenza deve invece prevedere la presa in carico dell’evento da parte del team di analisi, il quale dovrà avviare l’indagine interna e, eventualmente, adire l’autorità giudiziaria. Ogni azione, in questo senso, deve essere condotta con la massima discrezione, tutelando l’anonimato e la protezione della vittima e dei testimoni affinché non venga perpetrato un ulteriore livello di escalation nelle condotte violente. Attorno a queste ultime va costruito un cosiddetto “cordone di sicurezza”, composto da misure tecniche, organizzative, disciplinari. Se necessario, l’organizzazione dovrà fornire assistenza alla vittima anche in termini di supporto tecnico-legale nei confronti dell’autorità pubblica.

Infine, non per importanza, il supporto del medico competente e del centro di ascolto diventa un fattore critico per il contenimento dei danni psicofisici subiti dalla vittima.

Le responsabilità

L’art. 2087 [19] del codice civile rappresenta la norma cardine ai fini di tutela come, del resto, si evince anche dal richiamo che ne viene fatto nel codice sulle parti opportunità all’art. 26, comma 3-ter. I datori di lavoro, sia del settore pubblico che privato, sono chiamati – appunto ai sensi dell’art. 2087 del codice civile – ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l'integrità fisica e morale e la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative più opportune, di natura informativa e formativa, al fine di prevenire le molestie e le molestie sessuali nei luoghi di lavoro.

A sua volta, la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che le molestie sul luogo di lavoro, potendo incidere sulla salute e sulla serenità anche professionale del lavoratore e della lavoratrice, fanno sorgere in capo al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 del codice civile - un obbligo di tutela e un dovere di vigilanza. Peraltro, l’obbligo di gestire il rischio molestie, come detto, è previsto nel Tusl e rientra nell’ambito dei rischi psicosociali e organizzativi pertanto, in quanto tale, deve essere valutato ai sensi degli artt. 17 e 28, comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008. A ciò si aggiunga che il Dvr, in risposta all’accordo Ue del 2004, deve contenere tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi inclusi quelli connessi allo stress lavoro-correlato e alle differenze di genere.

Vari orientamenti giurisprudenziali impongono, infatti, al datore di lavoro: «un comportamento attivo: egli deve approntare le misure di sicurezza finalizzate a tutelare l’integrità fisica del lavoratore e deve porre in essere tutti gli accorgimenti necessari a tutelarne la personalità morale. In tale contesto il datore di lavoro che sa che un suo dipendente realizza comportamenti vessatori o addirittura comportamenti che si realizzano in fattispecie delittuose di estrema gravità (come le molestie o se si vuole, gli atti di libidine molesta) è tenuto a porre in essere, secondo il criterio della “massima sicurezza fattibile (…) quanto necessario per impedire il reiterarsi del comportamento illecito». [20]

A oggi, del resto, la nozione di salute sul lavoro di cui all’art. 2 D.Lgs. n. 81/2008 va oltre il concetto di assenza di malattia, comprende anche aspetti emotivi e relazionali e coincide con lo «stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in un’assenza di malattia o d’infermità». [21]

Sentirsi sicuri, inoltre, da sempre ritenuto un bisogno dell'individuo [22], diviene una necessità del gruppo nel momento in cui si fa riferimento all'ambito lavorativo, ma poiché la motivazione fondamentale al  lavoro è la tendenza al benessere [23], fare prevenzione in materia di sicurezza significa promuovere benessere: l'individuo sicuro è un soggetto che sta bene, la comunità sicura è una comunità sana. [24]

Da leggere in combinato disposto con le norme richiamate, è proprio l’obbligo di vigilanza sui lavoratori e le lavoratrici previsto dal D.Lgs. n. 81/2008 a carico del datore e della datrice di lavoro e dei/delle dirigenti (negli artt. 18, comma 1, lettera f), e 18, comma 3- bis) e a carico dei preposti (nell’art. 19, comma 1, lettera a)).

Da qui il regime sanzionatorio definito nel D.Lgs. n. 81/2008, artt. 55, 56, 58 cui si rimanda e fatte salve le disposizioni penali allorché dall’omessa valutazione del rischio violenza e molestie derivi un nocumento al lavoratore.

Da notare che l’adempimento di questo obbligo è stato fatto coincidere dalla giurisprudenza anche con il ricorso al sistema disciplinare adottato dall’organizzazione. In particolare, allorché sia un collega ad avere agito, il datore di lavoro potrà non rispondere in concorso per la condotta illecita qualora non ometta di assumere provvedimenti, appunto, disciplinari. [25]

Si richiamano, altresì, le disposizioni che impongono la formazione in materia (al pari della dovuta formazione tecnica) parte integrante, come detto, delle misure di prevenzione del rischio che, nel caso specifico, deve essere accompagnata, altresì, da un’opera di informazione e sensibilizzazione. Ne consegue che a causa dell’omesso adempimento di detto onere formativo possano essere irrogate le sanzioni dettate dal Tusl.

Corre l’obbligo, infine, di evidenziare che oltre il richiamo all’art. 2087 del codice civile, soprattutto allorché dalla condotta molesta o violenza derivi un danno ai diritti personalissimi tutelati costituzionalmente, la giurisprudenza riconosce la possibilità di ricorrere al principio del neminem laedere (art. 2043 del codice civile) [26], vedere la tabella 4.

TABELLA 4 – COME AGIRE

 

INTERVENTI CORRETTIVI

DI ORGANIZZAZIONE

 

INTERVENTI CORRETTIVI
DI COMUNICAZIONE
INTERVENTI CORRETTIVI FORMAZIONE INTERVENTI CORRETTIVI TECNICI PROCEDURE
Introduzione di monitoraggi che rendano conto annualmente della distribuzione dei compiti, ruoli, e inquadramento in azienda in ottica di pari opportunità cosi da prevenire discriminazioni collegate al genere, età, provenienza, contratti.

 

Adozione di un codice etico e/o di condotta e/o di comportamento

 

Adozione di sistemi di segnalazione aziendali anonimi

 

Adozione di sistemi sulla corretta gestione del personale

 

 

Campagna di comunicazione promossa dalla direzione aziendale, concordata con le rappresentanze sindacali e le figure della prevenzione, per sensibilizzare della popolazione aziendale sulle politiche adottate e gli obiettivi dell’organizzazione.

 

 

Verifica che la comunicazione sia stata compresa richiamandone i contenuti in occasione dei momenti d’incontro e verificandone il recepimento.

 

Pianificazione di incontri di tutti i lavoratori con il/i dirigente/i.

Informazione

Formazione

Tolleranza zero

Tecnica

 

Installare impianti di allarme o altri dispositivi di sicurezza (pulsanti antipanico, allarmi portatili, telefoni cellulari, ponti radio) nei luoghi dove il rischio è elevato.

 

Assicurare la disponibilità di un sistema di pronto intervento nel caso in cui l’allarme venga innescato.

 

Disponibilità di stanze dotate dei necessari dispositivi di sicurezza nel caso di utenti critici, sotto effetto di alcol e droga o con comportamenti violenti.

 

Adottare le misure necessarie a garantire che i luoghi di attesa siano idonei a minimizzare eventuali fattori “stressogeni”.

 

Installare sistemi di illuminazione idonei sia all’interno che all’esterno dei locali aziendali.

Le procedure aziendali consentono di identificare in modo chiaro le attività, le modalità del loro svolgimento e le relative responsabilità così impegnando l’organizzazione a rendere trasparente il modus operandi.

 

Procedure di gestione dell’emergenza e addestramento delle squadre di emergenza.

 

Istituzione del centro di ascolto e raccordo con la sorveglianza sanitaria, sia in fase preventiva che in fase post-evento.

 

Azioni giudiziali e stragiudiziali

Considerato che, come precisato, nell’ordinamento nazionale è assente una normativa unitaria in materia, la persona offesa che voglia tutelarsi deve adire le sedi ordinarie giuslavoristica - civile o penale. Da rammentare anche il possibile intervento in sede stragiudiziale del consigliere di fiducia e del consigliere di parità, così come indicato nella tabella 2.

____________________________________________________

[1] La prima analisi globale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) e della fondazione Lloyd’s Register e di Gallup rivela che più di una persona su cinque (quasi il 23%) ha subito violenza e molestie di natura psicologica o sessuale nell’ambito di lavoro, in  Experiences of Violence and Harassment at Work: A global first survey (Esperienze di violenza e molestie sul lavoro: una prima analisi globale), Ilo-Lloyd's Register Foundation-Gallup, https://www.ilo.org.

[2] Indagine Istat 13 febbraio 2018, https://www.istat.it: «Si stima che siano 1 milione 404mila (8,9%) le donne che hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro: 425 mila (2,7%) negli ultimi tre anni. Con riferimento ai soli ricatti sessuali sul luogo di lavoro si stima che, nel corso della vita, 1 milione 173 mila donne (7,5%) ne sono state vittima per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni nella carriera. Sono 167 mila le donne che hanno subito queste forme di ricatto negli ultimi tre anni (l’1,1%); al momento dell’assunzione ne sono state colpite più frequentemente le donne impiegate (37,6%) o le lavoratrici nel settore del  commercio e dei servizi (30,4%). La quota maggiore delle vittime, inoltre, lavorava o cercava lavoro nel settore delle attività professionali, scientifiche e tecniche (20%) e in quello del lavoro domestico (18,2%)».

[3] Quadro  strategico Ue (https://eur-lex.europa.eu): «La violenza, le molestie o la discriminazione sul luogo di lavoro, basate sul sesso, l'età, la disabilità, la religione o le convinzioni personali, l'origine razziale o etnica e l'orientamento sessuale possono influire sulla sicurezza e sulla salute dei lavoratori e pertanto avere conseguenze negative per le persone colpite, le loro famiglie, i loro colleghi di lavoro, le loro organizzazioni e la società in generale. Ciò può anche portare a situazioni di sfruttamento del lavoro. La Commissione valuterà come rafforzare l'efficacia della direttiva sulle sanzioni contro i datori di lavoro (2009/52/Ce), anche per quanto riguarda le ispezioni sul lavoro destinate a gruppi particolarmente vulnerabili di lavoratori. La Commissione ha proposto una decisione del Consiglio che autorizza gli Stati membri a ratificare, nell'interesse dell'Ue, la convenzione sulla violenza e le molestie del 2019 (n. 190) 60 dell'Organizzazione internazionale del lavoro. La convenzione comprende anche norme specifiche sulla violenza di genere e sulle molestie sul luogo di lavoro, che saranno rafforzate attraverso la prossima proposta legislativa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere nei confronti delle donne e la violenza domestica, come annunciato nella Gender Equality Strategy 2020-2025».

[4] Legge 9 febbraio 2023 n. 12, Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere. (23G00019) in G.U. Serie Generale n. 41 del 17 febbraio 2023 – entrata in vigore il 17 febbraio 2023.

[5] La commissione ha il compito di:  «(...) c) accertare le possibili incongruità e carenze della  normativa vigente rispetto al fine di tutelare la vittima della violenza e  gli eventuali minori coinvolti; verificare altresì  la  possibilità  di una rivisitazione sotto il profilo penale della fattispecie  riferita alle  molestie  sessuali,  con  particolare  riferimento   a   quelle perpetrate in luoghi di lavoro; (...) n) adottare  iniziative  per  la  redazione  di  testi  unici  in materia, riepilogativi degli assetti normativi dei  vari  settori  di interesse, al fine di migliorare la coerenza e la  completezza  della regolamentazione», art. 2, legge n. 12/2023.

[6] La prassi di riferimento Uni/PdR 125:2022 non è una norma nazionale, ma è un documento pubblicato da Uni, come previsto dal regolamento Ue n.1025/2012 che riflette gli esiti del confronto svoltosi nel tavolo di lavoro sulla certificazione di genere delle imprese previsto dal Pnrr, Missione 5, coordinato dal dipartimento per le Pari opportunità e a cui hanno partecipato il dipartimento per le Politiche della famiglia, il ministero dell'Economia e delle finanze, il ministero del Lavoro e delle politiche sociali, il ministero dello Sviluppo economico e la consigliera nazionale di parità.

[7]  Art. 3 Convenzione Ilo 190, è richiesta: a) l’adozione e l’attuazione, in consultazione con le lavoratrici e i lavoratori e i loro rappresentanti, di una politica in materia di violenza e di molestie a livello aziendale; b) l’inclusione della violenza e delle molestie, come pure dei rischi psicosociali correlati, nella gestione della salute e della sicurezza sul lavoro; c) l’identificazione dei pericoli e la valutazione dei rischi relativi alla violenza e alle molestie, con la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori e dei rispettivi rappresentanti, e l’adozione di misure per prevenirli e tenerli sotto controllo; d) l’erogazione di informazioni e formazione alle lavoratrici, ai lavoratori e ad altri soggetti interessati, in modalità accessibili a seconda dei casi, in merito ai pericoli e ai rischi identificati di violenza e di molestie e alle relative misure di prevenzione e di protezione, ivi compresi i diritti e le responsabilità dei lavoratori e di altri soggetti interessati.

[8] Bene rammentare che la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), in modifica all’art. 26, comma 3-ter, D.Lgs n. 198/2006 vede, a oggi, un dettato normativo che richiede che: «(…) i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza».

[9] Articolo 10, convenzione Ilo: «Ciascun membro dovrà adottare misure adeguate al fine di: a) controllare e applicare le leggi e i regolamenti nazionali in materia di violenza e molestie nel mondo del lavoro; b) garantire facile accesso a meccanismi di ricorso e di risarcimento adeguati ed efficaci, nonché a meccanismi e procedimenti di denuncia e di risoluzione delle controversie nei casi di violenza e di molestie nel mondo del lavoro che siano sicuri, equi ed efficaci, quali: i) procedimenti di denuncia e di indagine, nonché, se appropriato, meccanismi di risoluzione delle controversie nei luoghi di lavoro; ii) meccanismi di risoluzione delle controversie esterni ai luoghi di lavoro; iii) tribunali o altre giurisdizioni; iv) protezione contro la vittimizzazione o le ritorsioni nei confronti di querelanti, vittime, testimoni e informatori; v) misure di sostegno legale, sociale, medico e amministrativo a favore dei querelanti e delle vittime; c) proteggere la vita privata dei soggetti coinvolti e la riservatezza, nella misura massima possibile e a seconda dei casi, e garantire che le esigenze di protezione della vita privata e della riservatezza non vengano utilizzate impropriamente, evitandone qualsivoglia utilizzo inopportuno; d) introdurre sanzioni, se del caso, nei casi di violenza e di molestie nel mondo del lavoro; e) stabilire che le vittime di violenza e molestie di genere nel mondo del lavoro possano avere accesso effettivo a meccanismi di risoluzione delle controversie e di denuncia, a meccanismi di supporto, a servizi e a meccanismi di ricorso e risarcimento che tengano in considerazione la prospettiva di genere e che siano sicuri ed efficaci; f) riconoscere gli effetti della violenza domestica e, nella misura in cui ciò sia ragionevolmente fattibile, attenuarne l’impatto nel mondo del lavoro; g) garantire alle lavoratrici e ai lavoratori il diritto di abbandonare una situazione lavorativa laddove abbiano giustificati motivi di ritenere che questa possa costituire un pericolo serio e imminente alla vita, alla salute o alla sicurezza in ragione di violenza e molestie, senza per questo essere oggetto di ritorsioni o di qualsivoglia altra indebita conseguenza, oltre al dovere di informarne la direzione; h) garantire che gli ispettorati del lavoro e le altre autorità competenti, a seconda dei casi, siano abilitati a trattare la violenza e le molestie nel mondo del lavoro, in particolare ordinando l’adozione di misure immediatamente esecutive o l’interruzione dell’attività lavorativa nei casi di pericolo imminente per la vita, la salute o la sicurezza, fatti salvi i diritti di ricorso alle autorità giudiziarie o amministrative ai sensi di legge».

[10] L’ art. 572 del codice penale, peraltro, non senza difficoltà in quanto, essendo previsto, per lo più, per il caso dei maltrattamenti “in famiglia” viene esteso ai maltrattamenti posti in essere nei luoghi di lavoro solo allorché ricorrano determinati requisiti, tra i quali, oggetto di dibattito giurisprudenziale, quello della cosiddetta “parafamiliarità”.  Da ultimo, si segnala la sentenza del tribunale di Udine passata in giudicato e depositata in data 10 novembre 2021 con la relativa nota bibliografica, Francesca Pollicino, in LavoroDirittiEuropa, Rivista Nuova del diritto del lavoro, n. 2/2022, pag. 2 e seguenti.

[11] Convenzione Ilo, art. 3.

[12] Convenzione Ilo, art. 1.

[13] Condotta di tipo persecutorio da parte di superiori gerarchici o colleghi, di carattere doloso e sistematico, che hanno lo scopo di causare un danno alla salute psicofisica di un lavoratore (ad esempio, maltrattamenti, aggressioni, umiliazioni).

[14] Condotta vessatoria isolata che ha lo scopo di causare un danno alla salute psicofisica e i cui effetti si ripercuotono nel tempo (ad esempio, demansionamenti, dequalificazioni, eliminazione dai canali comunicativi).

[15] La Cassazione, sez. V, con sentenza del 5 aprile 2022, n. 12827, ha condannato il presidente di una Srl per il delitto di atti persecutori per avere tramite reiterate minacce ingenerato nei dipendenti un duraturo stato di ansia e di paura, così da costringerle ad alterare le loro abitudini di vita. Osserva che, «anche nel caso di stalking “occupazionale” per la sussistenza dell’art. 612-bis del codice penale è sufficiente il dolo generico, con la conseguenza che è richiesta la mera volontà di attuare reiterate condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, mentre non occorre che tali condotte siano dirette ad un fine specifico».

[16] Su valutazione del rischio e lavoro su piattaforma, vedere le recenti iniziative dell’Agenzia europea Eu-Osha nell’ambito della campagna intitolata Safe and healthy work in the digital age, commentate da M. Grandi, Eu-Osha. Salute e sicurezza sul lavoro nell’era digitale, in Isl, n. 11/2022, pag. 3.

[17] Per una visione riassuntiva si rimanda a S. Bissaro, Molestie sessuali sul luogo di lavoro. Il Parlamento discute l’introduzione di una disciplina ad hoc, Osservatorio violenza sulle donne, Università degli Studi di Milano, 21 novembre 2021 (https://ovd.unimi.it/commento/molestie-sessuali-sul-luogo-di-lavoro-il-parlamento-discute-lintroduzione-di-una-disciplina-ad-hoc/).

[18] Prefazione Appunti e suggerimenti (non esaustivi) per gli accordi di II livello in materia di prevenzione delle violenze e delle molestie anche sessuali nei luoghi di lavoro, R. Guariniello, a cura di Cgil Piemonte e Cgil Umbria. «Gli ambienti di lavoro si prospettano ormai come un mondo su cui gravano anche nuovi rischi come le molestie e la violenza anche di natura sessuale (…) la nostra legislazione e la nostra giurisprudenza patiscono alcune fragilità destinate a ripercuotersi negativamente sull’efficacia degli interventi a favore delle lavoratrici e dei lavoratori». In particolare, in Italia, l’autore osserva che la storia del reato di mobbing «è molto diversa da quella vissuta in altri Paesi europei (…) che, a differenza di quella francese, non è alimentata da un’apposita, specifica norma». Più proposte di legge mirano a introdurre il reato di mobbing solo che l’intento è «quello di punire il datore di lavoro, il dirigente o il lavoratore che nel luogo o nell’ambito di lavoro, con condotte reiterate, compie atti, omissioni o comportamenti di vessazione o di persecuzione psicologica tali da compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore». E non si includono in questo caso né le condotte vessatorie tenute in un’unica occasione, né le condotte che, pur non prefiggendosi «un danno fisico, psicologico, sessuale o economico», lo causino o lo possano comportare. Ed è necessario, invece, «chiedere al governo e al parlamento l’introduzione di un reato di mobbing effettivamente e integralmente in linea con le esigenze di tutela delle vittime».

[19] D. Lazzari, Il mobbing fra norme vigenti e prospettive di intervento legislativo, RGL 2001, I, 59, 62, l’osservanza dell’art. 2087 del codice civile non si esaurisce nel rispetto degli obblighi in materia di sicurezza ed, invece, impone al datore di lavoro di adottare, altresì, tutte le misure di ordine generale che risultino idonee nel caso concreto a garantire, l’integrità psico-fisica del lavoratore. La natura di norma di ordine generale della norma fa sì che possano esservi ricomprese condotte di portata altrettanto generale ed atipica come le pratiche di mobbing, bene sarebbe, però, «dare un contenuto all’obbligo di tutela dell’art. 2087, codice civile, e di garantirne l’effettività, anticipando quindi le garanzie e sostanzialmente le barriere che l’ordinamento deve opporre alla lesione dei diritti fondamentali». L. Imberti, Molestie sessuali, 2005, sull’abbandono del ricorso all’art. 2087 del codice civile favorendo la disciplina antidiscriminatoria, o diversamente, un possibile affiancamento; Cass. sez. lavoro, 6 settembre 1988 n. 5048 in Foro It. , 1988, I, 2849: «l’art. 2087, codice civile» è una norma di chiusura, volta a ricomprendere ipotesi e situazioni non espressamente previste (…), e cioè che suddetta norma, come del resto tutte le clausole generali, ha una funzione di adeguamento permanente dell’ordinamento alla sottostante realtà socio-economica, con una dinamicità  ben più accentuata di quella dell’ordinamento giuridico, legato a procedimenti  e schemi di produzione giuridica necessariamente complessi e lenti».

[20]  Tribunale di Pisa 3 ottobre 2001, in www.unicz.it//lavoro; conforme tribunale di Forlì 15 marzo 2001, in RCDL 2001, 423

[21] https://www.edi.admin.ch/edi/it/home/temi/salute-e-promozione-della-salute.html

[22] Maslow, Abraham H., Motivazione e personalità. Roma: Armando, 1973

[23] E. Spaltro, La forza di fare le cose. Fondamenti di psicologia del lavoro Condividi, Pendragon, 2003

[24] Tratto da A. Sada, La sicurezza condivisa per il benessere lavorativo, in A. Crescentini, A. Sada, L. Giossi (a cura di), Elogio alla sicurezza, p. 68.

[25] Cass. civ., sez. lavoro., 22 marzo 2018, n. 7097. Si rammenta altresì la Cass. civ., sez. lavoro, sent. del 25 luglio 2013 n. 18093 laddove «precisa come la circostanza che la condotta di mobbing provenga da un altro dipendente posto in posizione di supremazia gerarchica rispetto alla vittima non vale ad escludere la responsabilità del datore di lavoro – su cui incombono gli obblighi ex art. 2049 codice civile – ove questi sia rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo, dovendosi escludere la sufficienza di un mero (e tardivo) intervento pacificatore, non seguito da concrete misure e da vigilanza”; https://giuricivile.it/mobbing-nel-lavoro/

[26] Rocchina Staiano, Mobbing e responsabilità civile: il vademecum per l'avvocato, in Altalex, 3 maggio 2019

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome