End of waste: lo “sblocca cantieri” rischia di scontentare tutti

Confermata la necessità di riferirsi a quanto previsto nei decreti 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002 n. 161 e 17 novembre 2005 n. 26

È stata pubblicata in G.U. n. 140 del 17.06.2019 la legge n. 55/2019 di conversione, con modifiche, del D.L. n. 32/2019, il cosiddetto “Sblocca cantieri”. Tra le molte disposizioni, nella novella è contenuto anche l’atteso intervento in tema di end of waste, che - sulla carta - dovrebbe risolvere il blocco delle autorizzazioni al recupero di rifiuti conseguente alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1229/2018

Il nuovo articolo 1 comma 19 dello Sblocca Cantieri interviene sull’art. 184-ter del d.lg. 152/2006 e ne riscrive il regime transitorio di cui al comma 3. La nuova formulazione, in attesa della adozione degli auspicati decreti ministeriali, conferma la necessità di riferirsi a quanto previsto nei D.M. 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002 n. 161 e 17 novembre 2005 n. 269. Il riferimento non vale però solo per le autorizzazioni al recupero semplificate (da sempre ontologicamente legate a queste norme regolamentari, ormai vetuste), ma anche per quelle ordinarie, sperimentali ed integrate. Le autorità competenti devono infatti emanarle conformemente ai richiamati regolamenti per quanto riguarda “tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attività di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attività”. L’obbligo di conformità ai tre DM non vale solo per quanto riguarda le quantità di rifiuti ammissibili nell’impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero.

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Il Ministro dell’ambiente è poi legittimato ad emanare, con decreto non regolamentare, linee guida per l’uniforme applicazione della novella sul territorio nazionale, con particolare riferimento “alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell’impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente e sulla salute umana”. I gestori dovranno poi adeguarsi ai criteri generali che saranno individuati nelle linee guida, presentando apposita istanza di aggiornamento entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

La novella rischia di scontentare tutti. Da sempre, infatti, le autorizzazioni integrate ed ordinarie si differenziano da quelle semplificate non solo per quanto riguarda i quantitativi, ma - soprattutto - per essere “cucite” sulle caratteristiche del gestore, che a fronte di un’istruttoria esaustiva (non prevista per le semplificate) può ottenere un titolo autorizzativo “su misura” e slegato dai rigidi vincoli gestionali contenuti nei tre regolamenti sulle autorizzazioni semplificate. In questi termini la necessaria conformità ai tre risalenti DM costituisce senza dubbio un grande passo indietro, che rischia di allontanare il mercato italiano del recupero di rifiuti dall’economia circolare.

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