Gestione e riduzione dei rischi: la centralità delle procedure

Il loro obiettivo di fondo è il costante miglioramento della sicurezza, insieme a una più agevole documentabilità del rispetto della normativa. Se rappresentano fedelmente la realtà aziendale e le modalità produttive, costituiscono anche la base sulla quale costruire Sgs e modelli di organizzazione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001. Dal mancato coinvolgimento di alcune funzioni (soprattutto quelle operative) nella redazione delle procedure fino al mantenimento di procedure o prassi operative non scritte, vediamo quali sono gli errori commessi più frequentemente e come evitarli

(Gestione e riduzione dei rischi: la centralità delle procedure)

Il principio sul quale è necessario, sempre, fondare qualsiasi analisi e riflessione in materia di sicurezza sul lavoro (e che permea l’intera normativa), ormai noto e più volte ripreso anche nei precedenti approfondimenti, è quella della “efficacia” ovvero della capacità dell’organizzazione datoriale della sicurezza, non solo di garantire il rispetto formale degli obblighi, ma di ridurre effettivamente il rischio e, quindi, gli eventi infortunistici.

Il complesso delle procedure aziendali (nelle loro varie declinazioni - dalle procedure più generali alle istruzioni operative specifiche -) si colloca, innanzi tutto, a valle di una corretta e completa valutazione del rischio. Come sottolineato in precedenza[1]Si veda F. Masso, L. Montemezzo Rischi: cosa bisogna fare per valutarli e ridurli, il documento di valutazione del rischio (Dvr), oltre alla descrizione puntuale di tutti i rischi presenti in azienda, deve contenere le misure di prevenzione e protezione che la struttura datoriale vuole adottare per eliminarlo e, ove ciò non sia possibile, ridurlo al minimo. Queste misure non sono solo tecniche, ma anche organizzative.

Nessuna macchina (per esempio) è sicura, se non si garantisce:

  • la sicurezza delle sue modalità di utilizzo;
  • la conoscenza di queste modalità di utilizzo da parte degli operatori;
  • la verifica periodica delle condizioni di conformità e buon funzionamento.

 

Le procedurenel D.Lgs. n. 81/2008

Le misure di prevenzione sono di due tipologie: tecniche e organizzative. La casistica degli infortuni, del resto, lo conferma: le misure tecniche (conformità oggettiva della macchina, dei luoghi di lavoro eccetera) non sono sufficienti se non accompagnate da misure organizzative che garantiscano l’adempimento anche degli obblighi in materia di sicurezza rispetto alla:

  • gestione delle risorse umane (formazione, informazione, addestramento, sorveglianza sanitaria eccetera);
  • turnazione del lavoro con garanzia di assegnazione alle sole mansioni coerenti con lo stato di salute e con il livello di competenze raggiunto;
  • manutenzione ordinaria e straordinaria dei macchinari;

Il concetto di «misure organizzative», termine ampiamente utilizzato dal legislatore, corrisponde per lo più, in concreto e in forma più operativa, a quello di «procedura», termine espressamente richiamato da diversi articoli del D.Lgs. n. 81/2008, prima nella parte generale e, successivamente, nei titoli relativi ai rischi specifici.

Già l’art. 2, D.Lgs. n. 81/2008 definisce:

  • «formazione» il «processo educativo attraverso il quale si trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi»;
  • «addestramento» il «complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro».

Così, lo stesso art. 28, D.Lgs. n. 81/2008, che contiene l’indicazione generale del contenuto del documento di valutazione del rischio, prevede al comma 2, lettera d), che esso debba contenere «l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri».

Di «procedure» parlano espressamente anche l’art. 33 (compiti del Rspp), gli articoli 36 e 37 (informazione e formazione), articoli 77 e 78 (obblighi del datore di lavoro e dei lavoratori in tema di Dpi), articoli 80 e 82 (in tema di rischio in tema di impianti e apparecchiature elettriche), art. 169 (movimentazione manuale dei carichi), nonché anche l’art. 92 in tema di cantieri (titolo IV). Il medesimo richiamo si ritrova tuttavia anche in molti altri articoli (ne sono stati citati e riportati solo alcuni esempi; vedere il box 1).

 

Box 1

Esempi di richiami alle procedure

 

Art. 33. Compiti del servizio di prevenzione e protezione

  1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: …

c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali;

 

Art. 36. Informazione ai lavoratori

  1. Il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione: […]

b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro;

 

Art. 37. Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

  1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare riferimento a: […]

b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda…

… l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza…

Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: …

f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione;

 

Art. 77. Obblighi del datore di lavoro

[…] 4. Il datore di lavoro: […]

g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine dell’utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;

 

Art.78. Obblighi dei lavoratori

[…] 4. Al termine dell’utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI

 

Art. 80. Obblighi del datore di lavoro

[…] 3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del livello di sicurezza raggiunto con l’adozione delle misure di cui al comma 1.

3-bis. Il datore di lavoro prende, altresì, le misure necessarie affinché le procedure di uso e manutenzione di cui al comma 3 siano predisposte ed attuate tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle indicazioni contenute nei manuali d’uso e manutenzione delle apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di quelle indicate nelle pertinenti norme tecniche.

 

Art. 82. Lavori sotto tensione

  1. E’ vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica o quando i lavori sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:

a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono conformi ai criteri definiti nelle norme tecniche;

 

Art. 169. Informazione, formazione e addestramento

[…] 2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l’addestramento adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei carichi.

 

Un ulteriore e rilevante, in questa sede, richiamo alle «procedure» si trova nell’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008, norma che ha svolto funzioni di coordinamento (tanto più nelle prime fasi applicative del D.Lgs. n. 231/2001 anche ai reati di lesioni colpose grave e gravissime o omicidio colposo commesso in violazione della normativa antinfortunistica). Elencando le caratteristiche di un modello organizzativo con efficacia esimente della responsabilità amministrativa dell’ente, il legislatore prescrive che esso assicuri l’adempimento dell’obbligo di vigilanza sul rispetto delle «procedure e istruzioni di lavoro» (peraltro espressamente richiamando la distinzione tra procedure e istruzioni operative) e la costante verifica dell’applicazione delle procedure adottate (vedere il box 2).

Pertanto, è la stessa struttura della normativa - che prevede, prima l’individuazione dei soggetti responsabili e, poi, le finalità, gli obblighi e le sanzioni di ognuno di essi da attuarsi attraverso la previsione di misure tecniche e organizzative - a contenere già i principi dei “sistemi di gestione”, senza tuttavia, come si vedrà, imporne di specifici e individuati.

 

Box 2

 

Art. 30, D.Lgs. 81/2008

Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:

a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;

b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;

c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

d) alle attività di sorveglianza sanitaria;

e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;

f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;

g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;

h) alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate

 

Cosa sono le «procedure» e perché sono utili a fini prevenzionistici

Si definisce «procedura» il «modo di procedere, cioè di operare o di comportarsi in determinate circostanze o per ottenere un certo risultato (sinonimo in taluni casi di procedimento, in altri di prassi) […]. Sequenza ordinata di operazioni da eseguire per raggiungere un determinato scopo…» (fonte: Treccani).

La «procedura», in ambito produttivo, è dunque la descrizione delle modalità di esecuzione della prestazione di lavoro e di adempimento degli obblighi imposti dalla normativa al fine di raggiungere uno scopo definito. Essa permette la riproducibilità del metodo con riferimento a una funzione oggettivamente (e non soggettivamente) individuata (cioè indipendentemente dalla persona che la ricopre), oltre che il monitoraggio della sua efficacia.

Una «procedura», per essere chiara, deve quindi contenere:

  • l’individuazione del soggetto incaricato e che ha la responsabilità della attuazione;
  • le singole attività che lo stesso è chiamato ad eseguire;
  • lo scopo di quelle attività;
  • il luogo (ovvero il campo di applicazione), il tempo e le modalità di esecuzione;
  • eventuali documenti di riferimento.

 

Le «procedure», a seconda dell’area cui si riferiscono, possono essere «generali e organizzative» ovvero riferirsi alle attività gestionali che riportano alla politica aziendale della sicurezza e alla gestione di adempimenti di carattere generale e trasversali oppure «specifiche» ovvero riferirsi ad attività particolari (in questo caso si usa per lo più il termine di «istruzioni operative» che rappresentano la declinazione concreta di una procedura più generale).

A cosa servono, quindi, le «procedure»? In particolare, in ambito antinfortunistico, il primo obiettivo è quello di prevenire ed evitare gli errori di esecuzione che potrebbero generare o aumentare i rischi. Altro scopo è, però e anche, ottenere (lo si è anticipato) la ripetibilità della sequenza di attività da parte di qualunque persona vi sia adibita (con evidenti vantaggi nei casi di rotazione del personale, pensionamenti eccetera). Le procedure sono, inoltre, anche uno strumento di conservazione e trasferibilità (informazione, formazione e addestramento) del know how, oltre che di monitoraggio della sua efficacia (si pensi alle procedure di gestione dei quasi infortuni a fini di miglioramento continuo del sistema e delle misure di prevenzione).

Un’ulteriore, ma non secondaria, utilità delle procedure è quella di documentare le attività aziendali poste in essere al fine di adempiere agli obblighi. Questa utilità è evidente negli accertamenti ispettivi in occasione dei quali i funzionari, sia in veste di polizia amministrativa (negli accertamenti di routine) sia in quella di polizia giudiziaria (in caso di accertamenti conseguenti a infortuni/malattie professionali), generalmente chiedono procedure, istruzioni operative, piani di monitoraggio e programmazione, al fine di verificare gli adempimenti o ricostruire le dinamiche infortunistiche.

Allo stesso modo, l’implementazione di procedure e la loro attuazione è elemento di valutazione da parte della giurisprudenza al fine di verificare l’effettiva conoscenza e applicazione delle misure di prevenzione, così come l’effettiva vigilanza da parte del datore di lavoro (vedere il box 3).

Un aspetto spesso sottovalutato è da chi debbano essere redatte o, meglio, con il contributo di chi. Ferma la responsabilità dell’organizzazione, generalmente in capo al datore di lavoro o al dirigente, il soggetto che usualmente viene da questi incaricato della predisposizione delle procedure è il servizio di prevenzione e protezione (interno o esterno). La sua funzione, però, deve essere di conduzione e coordinamento delle attività di redazione (fornendo eventualmente il necessario supporto tecnico), ma resta fondamentale il coinvolgimento anche delle funzioni operative tra cui, il ruolo del preposto. La «procedura» in ambito antinfortunistico, per essere efficace, deve seguire cioè il processo cosiddetto bottom-up; in particolare, questo approccio («dal basso verso l’alto») è «un processo di sintesi, da elementi base fino a un sistema complesso. A esso si contrappone l’approccio dall’alto verso il basso (top-down), che, viceversa, scompone ripetutamente un modello generale fino alle sue componenti elementari. Nella teoria del management, pubblico o privato, le strategie bottom-up e top-down si riferiscono al modo di prendere decisioni e determinare responsabilità, assegnando un ruolo maggiore alla base o al vertice, rispettivamente, della gerarchia organizzativa»[2]Fonte: dizionario di economia e finanza, Treccani.

Se si riflette sulla gestione della sicurezza in azienda sono il lavoratore e, quindi per ragioni di competenze e per esigenze organizzative, soprattutto il preposto realmente consapevoli delle problematiche relative alla attività di lavoro e alle caratteristiche del luogo di lavoro in cui essa si svolge. La stesura di una procedura deve essere, pertanto, il risultato di una azione integrata tra diverse professionalità; tuttavia, sarebbe un errore escludere da questo processo chi materialmente la dovrà attuare. Ciò per due motivi fondamentali:

  • l’acquisizione di informazioni operative e realistiche rispetto alle esigenze di attuazione;
  • la maggiore e più facile accettabilità delle procedure da parte del lavoratore.

Diventa, pertanto, fondamentale, quale attività propedeutica alla costruzione delle procedure, la corretta costruzione dell’organigramma e, al suo interno, l’individuazione realistica (rispetto alle effettive modalità operative e gerarchiche) delle figure del preposto.

Tabella 1
Le fasi della redazione di una procedura
INDIVIDUAZIONE E DEFINIZIONE DEI RESPONSABILI Costruzione di un organigramma
Individuazione dei referenti per la costruzione delle procedure
Individuazione dei responsabili della attuazione e del monitoraggio
Definizioni
 

INDIVIDUAZIONE DELLE FASI DEI PROCESSI AZIENDALI

Processi generali e trasversali (formazione, sorveglianza sanitaria, approvvigionamenti, investimenti eccetera)
Processi operativi - fasi produttive
Singole attività - istruzioni operative
 

ASSUNZIONE DELLE INFORMAZIONI

Responsabili di area
Preposti
 

REDAZIONE

Semplicità - chiarezza - sinteticità
Operatività/accettabilità
Documentabilità
 

TRASFERIMENTO DEI CONTENUTI

Formazione
Addestramento
Cartellonistica di richiamo
 

VERIFICA E MONITORAGGIO

Attuazione
Persistente efficacia
Azioni correttive (infortuni - quasi infortuni)
Miglioramento continuo

 

Quante e quali procedure implementare

La risposta non può essere univoca e uguale per tutte le realtà aziendali. Come noto e come si è più volte sottolineato, la normativa antinfortunistica è regolata dalla “effettività” e deve essere finalizzata alla “efficacia” del sistema. Ciò comporta, evidentemente, che la specificità, la quantità e la qualità delle procedure dovranno essere coerenti con i processi produttivi (più o meno complessi o frazionati), con gli ambienti di lavoro, con la complessità (o semplicità) dell’organigramma e delle funzioni.

È sicuramente consigliabile tracciare i processi generali e trasversali, in capo alle funzioni apicali, rappresentando così la politica della sicurezza (valutazione del rischio, organizzazione delle funzioni, programmazione/pianificazione/attuazione di percorsi formativi, sorveglianza sanitaria) per poi strutturare le procedure operative nel modo più semplice e aderente ai processi produttivi.

Quel che è importante è che siano procedure comprensibili, chiare e coerenti con la realtà aziendale e, quindi, accettate e ritenute applicabili (e quindi applicate) dai lavoratori, ma soprattutto che non siano procedure che restano solo “cartacee” la cui utilità, nei termini sopra sintetizzati, rischierebbe di essere nulla.

 

Box 3

La giurisprudenza

 

Cassazione n. 16266 del 10 aprile 2013:

Il datore di lavoro, ha l’obbligo di valutare i rischi connessi all’attività lavorativa dei dipendenti e, quale titolare della posizione di garanzia nei confronti del lavoratore, è tenuto ad adottare le misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, che siano in grado di ridurre al minimo questo rischio, in relazione a quanto possibile per le conoscenze acquisite in base al progresso tecnico.

Ciò premesso, in termini generali, deve ritenersi che, proprio con riguardo all’apparato argomentativo a supporto del ritenuto addebito di colpa, la sentenza di merito appare congruamente motivata in relazione a tutti i profili di interesse, con corretta applicazione dei principi suindicati e di quelli, di immediato, consequenziale rilievo, afferenti all’accertamento della colpa e quello del nesso di causalità.

In particolare, a base dell’affermato giudizio di colpevolezza i giudici d’appello hanno posto l’apprezzata carenza di adozione di mezzi idonei a gestire in sicurezza l’attività di raccolta dei “rifiuti ingombranti”, addebitabile al prevenuto, essendo incontestata la qualità di legale rappresentante dallo stesso ricoperta nella ditta in cui il (Omissis) ha lavorato.

 

Cassazione 18 maggio 2021, n. 19560

Il datore di lavoro avrebbe dovuto predisporre le opportune misure di prevenzione ed assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate, direttamente o attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati, e la previsione di procedure che assicurassero la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi

 

Cassazione 4 aprile 2019 n. 14915

L’assunto può essere sintetizzato nel seguente principio di diritto:

“l’obbligo datoriale di vigilare sull’osservanza delle misure prevenzionistiche adottate può essere assolto attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza del datore di lavoro delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione adottate a seguito della valutazione dei rischi”.

 

 

Forma delle procedure, sistemi di gestione certificati e modello 231

Come si è anticipato, la normativa impone di organizzare il lavoro e adempiere agli obblighi attraverso misure di prevenzione tecniche e organizzative (procedure), ma non prevede modalità specifiche (né di sostanza né di forma), rimettendone la scelta al datore di lavoro.

Tuttavia, soprattutto in sede di ispezione o istruttoria giudiziale a seguito di infortunio, ricostruire le prassi operative sulla base delle testimonianze dei lavoratori, dei preposti, dei dirigenti potrebbe diventare una attività piuttosto difficile, in particolare quando l’infortunio risulti causato proprio dalla violazione di queste prassi o delle direttive verbalmente fornite dai dirigenti e trasferite dai preposti.

Analogamente il trasferimento meramente verbale del loro contenuto potrebbe ridurre notevolmente, se non vanificare, la loro utilità a fini “informativi e formativi” e “conservativi” del sapere operativo in esse contenuto, così - quindi - la loro ripetibilità nel tempo e la ricostruzione del percorso di miglioramento e adeguamento rispetto alla evoluzione della scienza e della tecnica (o come azioni correttive conseguenti a infortuni o mancati infortuni).

La forma scritta è, dunque, certamente preferibile ma, è bene chiarirlo, non corrisponde automaticamente e necessariamente alla implementazione di un sistema di gestione certificato (oggi, per esempio, in conformità alla norma ISO 45001). Lo sviluppo di un sistema di procedure documentate rappresenta uno dei punti di partenza e un presupposto per l’implementazione di un sistema di gestione certificato e che richiederà l’adeguamento delle procedure a determinati standard e la verifica di attuazione a conformità svolta da un ente terzo (anche se, comunque, tali standard possono oggi ormai essere fatti rientrare nel più ampio concetto di “migliori tecniche disponibili” ex art. 2087, codice civile).

A sua volta, il primo passo per la costruzione del modello organizzativo ex D.Lgs. n. 231/2001, è proprio la procedimentalizzazione delle attività che comportano il rischio di commissione del reato e, ai sensi dell’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008, alcuni sistemi di controllo del rispetto delle norme antinfortunistiche si presumono conformi ai requisiti di idoneità ai fini della efficacia esimente della responsabilità da reato dell’ente (fermo restando che, ai fini dell’esimente, lo stesso deve essere anche efficacemente attuato).

Occorre, tuttavia, tenere presente che i due sistemi (Sgs e modello 231) hanno finalità e struttura diversa (vedere la tabella 2):

  • il Sgs mira a migliorare i processi produttivi prevenendo i rischi di infortunio (e quindi migliorando l’immagine aziendale e accrescendone la reputazione);
  • il “modello 231” ha la funzione di prevenire i reati e, nello specifico, di prevenire la violazione degli obblighi previsti dalla normativa antinfortunistica.

 

Tabella 2
Sistemi a confronto

 

Sgs Punta a migliorare i processi produttivi prevenendo i rischi di infortunio (e quindi migliorando l’immagine aziendale e accrescendone la reputazione)
Modello 231 ha la funzione di prevenire i reati e, nello specifico, di prevenire la violazione degli obblighi previsti dalla normativa antinfortunistica

 

Per questo motivo, oltre che per evitare di creare due sistemi di procedure sovrapposti e potenzialmente incoerenti, è consigliabile creare un sistema integrato in cui il modello 231 poggia su procedure implementate e strutturate anche al fine di soddisfare le finalità del modello (nella prospettiva di costruzione di sistemi di gestione integrati)[3]Vedere le Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo - Confindustria - giugno 2021..

 

Conclusione

Sulla base di quanto osservato a livello normativo e operativo, l’organizzazione aziendale ha l’obbligo di strutturare un sistema di procedure volte a definire, razionalizzare, omologare e conservare le attività previste per garantire l’adempimento degli obblighi imposti dalla normativa e, in particolare, dal D.Lgs. n. 81/2008.

Nel solco della volontà legislativa di non fornire però al datore di lavoro indicazioni operative sul “come” adempiere (ma solo sullo scopo da raggiungere), la norma non impone forme particolari.

Tuttavia, la tracciabilità e documentabilità dei processi è resa, di fatto, inevitabile e necessaria se si intende garantire ripetibilità, monitoraggio, conservazione, trasmissibilità del contenuto delle procedure; allo stesso modo, la forma scritta consente la ricostruibilità degli adempimenti anche a posteriori, in fase di accertamento e in quella eventualmente difensiva e processuale. In questa prospettiva il legislatore, attraverso forme di incentivazione quali la “presunzione” di adempimento (vedere l’obbligo di vigilanza) o di conformità al modello di organizzazione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 (art. 30 D.Lgs. n. 81/2008), incentiva l’attuazione di determinati standard.

Il tutto in ottica - sempre e comunque - di garantire effettività ed efficacia ai sistemi che devono essere, non solo scritti, ma comprensibili, accettati e attuati.

Box 4

Sanzioni
(rispetto agli articoli richiamati nel testo)
 

Art. 28, comma 2, lettera d), D Lgs. 81/2008: ammenda da 2.000 a 4.000 euro (art. 55, comma 3, D Lgs. n.- 81/2008)

 

Art. 37, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 81/2008: l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200 a 5.200 euro [art. 55, comma 5, lettera c), D.Lgs. n. 81/2008]

 

Art. 77, comma 4, lettera g), D.Lgs.n. 81/2008: sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 1.800 [art. 87, comma 4, lettera c), D.Lgs. 81/2008]

 

Art. 80, comma 3 e 3-bis, D.Lgs. n. 81/2008: arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.000 a 4.800 euro per la violazione [art. 87, comma 3, lettera d), D.Lgs. n. 81/2008]

 

Tabella 3
Errori e consigli
ERRORI FREQUENTI POSSIBILI SOLUZIONI
Mancato coinvolgimento di alcune funzioni (soprattutto quelle operative) nella redazione delle procedure
  • coinvolgimento anche dei lavoratori/preposti;
  • collaborazione Rls.
Mantenimento di procedure o prassi operative non scritte con conseguente:

  • maggiore difficoltà probatoria in fase di ispezione o istruttoria giudiziale;
  • maggiore difficoltà in fase di formazione, addestramento, trasferimento/diffusione/mantenimento delle conoscenze
Preferire la forma scritta (non necessariamente coincidente con la implementazione di un sistema di gestione certificato)
Mancata corrispondenza tra forma delle procedure e realtà operativa aziendale Suddividere e tracciare i diversi livelli dei processi produttivi e gestionali, redigendo in conformità le procedure (da quelle generali e trasversali a quelle più operative)
Contenuti prolissi, ridondanti e difficilmente comprensibili
  • corrispondenza tra procedure e flussi;
  • sinteticità e chiarezza dei contenuti (utilizzo dei medesimi termini utilizzati dai lavoratori);
  • procedure come strumenti “operativi” e non meramente “formali”.
Mancata individuazione dei responsabili dell’attuazione delle procedure e delle modalità di verifica e monitoraggio dell’efficacia (anche ai fini della vigilanza)
  • individuare non solo i soggetti destinatari delle procedure ma anche quelli che ne devono verificare l’attuazione;
  • prevedere strumenti di monitoraggio della effettiva attuazione delle procedure da parte dei destinatari e della permanente efficacia delle stesse.
Mancata effettiva conoscenza delle procedure da parte dei destinatari Pianificare, con i soggetti interessati, incontri formativi specifici sulle singole procedure
Mancata considerazione, nella redazione, delle differenze linguistiche (conseguente mancata conoscenza o scarsa comprensione delle procedure) Nel caso di presenza di lavoratori stranieri prevedere traduzioni e/o specifica formazione in lingua e/o trasformare in pittogrammi/disegni i passaggi fondamentali contenuti nelle procedure
Sovrapposizione (laddove presenti entrambi) e mancato coordinamento tra procedure del Sgs e “Modello 231” Cercare di creare sistemi integrati, prevedendo procedure già strutturate anche al fine di soddisfare le finalità del modello

 

Figura 1
La sequenza ciclica di un sistema di gestione

Gestione e riduzione dei rischi

 

 

 

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Note   [ + ]

1. Si veda F. Masso, L. Montemezzo Rischi: cosa bisogna fare per valutarli e ridurli
2. Fonte: dizionario di economia e finanza, Treccani
3. Vedere le Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo - Confindustria - giugno 2021.

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