La gestione dei rifiuti da manutenzione delle infrastrutture

Che cosa sono? Qual è l’attuale legislazione di riferimento? Cosa si intende per “manutenzione”? A quali casistiche si applicano le norme di settore? Come devono essere gestiti? La disciplina di riferimento è l’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006 e si applica ad attività di manutenzione stabili, esercitate su reti di vasta scala in cui sono sovente previste diverse sedi locali facenti funzione di basi operative

(La gestione dei rifiuti da manutenzione delle infrastrutture)

 

Che cosa sono?

Si tratta dei rifiuti provenienti dalla manutenzione della rete autostradale, acquedottistica, fognaria eccetera.

 

Qual è l’attuale norma di riferimento?

La disciplina dei rifiuti da manutenzione delle infrastrutture è riportata nell’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006 il cui estratto di rilievo è riportato nel box 1.

Box 1

Dettato dell’art. 230, D.Lgs. n. 152/2006

1. Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.

[…]

2. La valutazione tecnica del gestore della infrastruttura di cui al comma 1 è eseguita non oltre sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori. La documentazione relativa alla valutazione tecnica è conservata, unitamente ai registri di carico e scarico, per cinque anni.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture di cui al comma 1.

 

Cosa si intende per manutenzione?

Il D.Lgs. n. 152/2006 non contiene una definizione di “attività di manutenzione” o di “manutenzione”. Di conseguenza, nell’approccio alla tematica dei rifiuti da manutenzione, ci si affida alla ordinaria nozione di attività manutentiva, che attiene al complesso delle operazioni necessarie a conservare la funzionalità e l’efficienza di impianti ed attrezzature, nello specifico rimuovendo o sostituendo materiali di vario genere, molti dei quali qualificabili come rifiuti.

Nel settore ambientale sono stati messi in evidenza alcuni elementi caratterizzanti le attività di manutenzione, quali:

  • l’utilità della manutenzione per la conservazione di funzionalità ed efficienza di oggetti/beni/impianti;
  • la periodicità degli interventi;
  • la professionalità specifica dei soggetti terzi che svolgono l’attività;
  • la possibile necessità di svolgimento della stessa presso una sede diversa da quella in cui si trova l’impresa manutentrice.

In tema di manutenzione delle infrastrutture, il riferimento è solitamente ad attività di manutenzione stabili, esercitate su reti di vasta scala in cui sono sovente previste diverse sedi locali facenti funzione di basi operative, con rilevante produzione di rifiuti (ad esempio strade, acquedotti eccetera).

 

Clicca qui per gli obblighi sui rifiuti da manutenzione fognaria

 

A quali casistiche si applicano le norme sulle manutenzioni di infrastrutture?

La disciplina di dettaglio dell’art. 230, D.Lgs. 152/2006 mira a individuare luogo di produzione e condizioni di gestione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture. Si tratta di attività effettuate – precisa la norma – direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico[1]Per servizio di interesse pubblico si intende ogni attività resa al pubblico egli utenti per la soddisfazione dei bisogni della collettività.oppure tramite terzi.

Per espressa previsione normativa, le disposizioni dei commi 1 e 2 dell’art. 230 si applicano anche ai rifiuti derivanti da attività manutentiva, effettuata direttamente da gestori erogatori di pubblico servizio o tramite terzi, dei mezzi e degli impianti fruitori delle infrastrutture.

Una disciplina specifica è, invece, prevista dal medesimo art. 230 per i rifiuti prodotti da raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, laddove il comma 1-bis prevede «I rifiuti derivanti dalla attività di raccolta e pulizia delle infrastrutture autostradali, con esclusione di quelli prodotti dagli impianti per l'erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o da altre attività economiche, sono raccolti direttamente dal gestore della infrastruttura a rete che provvede alla consegna a gestori del servizio dei rifiuti solidi urbani».

 

Come devono essere gestiti i rifiuti da manutenzione?

La disciplina dei rifiuti da manutenzione delle infrastrutture è stata da ultimo modificata dal D.Lgs. n. 116/2020 (cosiddetto “decreto rifiuti”). Questo provvedimento ha abrogato il previgente art. 266, comma 4 del D.Lgs. n. 152/2006 (concernente, appunto, i rifiuti provenienti da attività di manutenzione di impianti e macchine e i rifiuti derivanti da assistenza sanitaria) e ha introdotto un regime “speciale” per i soggetti che svolgono l’attività di manutenzione delle infrastrutture.

In questo contesto occorre soffermarsi sugli aspetti chiave disciplinati, vale a dire luogo di produzione e condizioni di tracciabilità dei materiali.

rifiuti da manutenzione infrastrutture

 

Luogo di produzione

Il luogo di produzione, grazie ad una fictio iuris (eccezione derogatoria, art. 230 comma 1, D.Lgs. n. 152/2006), può coincidere alternativamente con le tre casistiche delineate nella tabella 1.

 

Tabella 1
Luoghi di produzione dei rifiuti da manutenzione delle infrastrutture

 

1 La sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva
2 La sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione
3 Il luogo di concentramento dove il materiale tolto d'opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica

 

L’alternatività dei luoghi di produzione è finalizzata a venire incontro a specifiche esigenze e modalità organizzative che normalmente impattano i cantieri delle infrastrutture.

I primi due luoghi di produzione (sede del cantiere e sede locale del gestore della infrastruttura) si riferiscono al caso in cui l’impresa di manutenzione non sottoponga ad alcuna valutazione tecnica il materiale, conscia del fatto che si tratti di rifiuti sin dal momento della loro produzione. Pertanto, potranno verificarsi diverse situazioni:

  • i rifiuti derivanti dall’attività di manutenzione vengono condotti direttamente in un impianto di recupero o smaltimento, senza che sia realizzato un deposito temporaneo;
  • i rifiuti derivanti dall’attività di manutenzione, prima di essere condotti a recupero o smaltimento, sono:
  • depositati temporaneamente nella sede del cantiere;
  • trasportati nella sede locale del gestore dell’infrastruttura (con mezzi propri e adeguatamente iscritti all’Albo nazionale gestori ambientali, ove non si tratti appunto di movimentazione interna al cantiere) e qui depositati in via temporanea.

Relativamente al terzo luogo (luogo di concentramento), la norma tace sulla sua localizzazione precisa. Pertanto, si ritiene che l’impresa che effettua l’attività di manutenzione possa identificare questo luogo, che può anche essere diverso dalla sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione.

Tuttavia, perché operi la fictio iuris in relazione al luogo di concentramento devono sussistere determinate condizioni[2]Si veda in proposito la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 4 marzo 2009, n. 9856, secondo la quale, in assenza di oggettiva riutilizzabilità, non trova applicazione il regime di favore riservato dal D.Lgs. n. 152/2006 ai beni derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture. desumibili dall’enunciato stesso dell’art. 230, comma 1:

  • il trasferimento al luogo di concentramento è possibile soltanto qualora finalizzato a consentire la successiva valutazione tecnica, funzionale a stabilire quali materiali siano effettivamente riutilizzabili e quali devono invece essere gestiti come rifiuti;
  • l’oggettiva riutilizzabilità dei materiali deve essere esclusa qualora la natura e lo stato in cui gli stessi versano (anche in relazione alla tipologia di utilizzo che si prevede) depongano per l’impossibilità di un loro nuovo utilizzo senza interventi di trattamento;
  • la valutazione tecnica deve essere effettuata entro sessanta giorni dalla data di ultimazione dei lavori.

 

Tracciabilità

Come è noto, la tracciabilità dei rifiuti passa attraverso alcuni adempimenti formali, quali:

  • la compilazione del formulario identificativo del rifiuto (Fir) funzionale al trasporto dello stesso;
  • la tenuta dei registri di carico e scarico;
  • la comunicazione annuale del modello unico di dichiarazione ambientale (Mud).

 

In futuro questi adempimenti verranno adeguati ed aggiornati dall’entrata in vigore del registro nazionale di tracciabilità dei rifiuti (Rentri).

Per quanto riguarda i rifiuti da manutenzione delle infrastrutture, all’ordinaria disciplina (che resta applicabile in assenza di deroghe), il D.Lgs. n. 116/2020 ha affiancato – in linea con le modifiche apportate all’art. 230, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 – specifiche condizioni in tema di tracciabilità. Le principali attengono a registri di carico/scarico e formulari di identificazione del rifiuto e sono riportate nella tabella 3.

 

Tabella 3
Indicazioni specifiche per la gestione di registri e fir per i materiali originati da manutenzione delle infrastrutture
Registri di carico e scarico Formulario di identificazione del rifiuto (Fir)
Criteri generali La normativa di riferimento è contenuta negli artt. 190 e 230, D.Lgs. n. 152/2006 la normativa di riferimento è contenuta nell'art. 193, D.Lgs. n. 152/2006
Condizioni specifiche previste Il comma 11 dell’art 190 prevede che: «I registri relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di cui all'articolo 230 possono essere tenuti nel luogo di produzione dei rifiuti, così come definito dal medesimo articolo. Per rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione di impianti e infrastrutture a rete e degli impianti a queste connessi, i registri possono essere tenuti dal gestore, o altro centro equivalente, previa comunicazione all'ARPA territorialmente competente ovvero al Registro elettronico nazionale di cui all'articolo 188-bis».

L’art. 230, comma 4 prevede poi che, fermi i tempi di registrazione, i registri di carico e scarico relativi ai rifiuti prodotti dalle attività di manutenzione delle infrastrutture e dai soggetti ivi disciplinati possano essere tenuti nel luogo di produzione individuato ai sensi della specifica disciplina.

Il comma 20 del suddetto articolo prevede che: «Per le attività di cui all'articolo 230, commi 1 e 3, con riferimento alla movimentazione del materiale tolto d'opera prodotto, al fine di consentire le opportune valutazioni tecniche e di funzionalità dei materiali riutilizzabili, lo stesso è accompagnato dal documento di trasporto (DDT) attestante il luogo di effettiva produzione, tipologia e quantità dei materiali, indicando il numero di colli o una stima del peso o volume, il luogo di destinazione».
Finalità e agevolazioni Le previsioni mirano ad armonizzare la disciplina del registro con quella propria dei rifiuti da manutenzione delle infrastrutture. Questa disposizione è coerente con l’assunto per cui il materiale tolto d’opera non sia qualificabile come rifiuto sino al completamento delle verifiche tecniche. All’esito delle stesse, la tracciabilità dipenderà dalla qualifica (materiale o rifiuto) del bene. Fuori da questo caso, resteranno le ordinarie esigenze di tenuta dei Fir (sebbene sul tema della movimentazione dei rifiuti derivanti da attività manutentive si siano registrati orientamenti altalenanti (vedere la sentenza della Cassazione penale 10 maggio 2012, n. 17460 e l’ordinanza del tribunale di Verona, sez. penale, 28 dicembre 2017 R.I.M.C.R. 143/17).

 

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Note   [ + ]

1. Per servizio di interesse pubblico si intende ogni attività resa al pubblico egli utenti per la soddisfazione dei bisogni della collettività.
2. Si veda in proposito la sentenza della Cassazione penale, sez. III, 4 marzo 2009, n. 9856, secondo la quale, in assenza di oggettiva riutilizzabilità, non trova applicazione il regime di favore riservato dal D.Lgs. n. 152/2006 ai beni derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture.

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