Sospensione dell’attività imprenditoriale: uno degli aspetti della mini-riforma del testo unico

A tredici anni dall’entrata in vigore del testo unico della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) il legislatore emergenziale ha varato la cosiddetta “mini-riforma” che ha coinvolto alcuni istituti fondamentali, tra cui spiccano la sospensione dell’attività imprenditoriale e l’inedito obbligo di formazione del datore di lavoro. La definizione di “mini-riforma” è stata adottata con il cosiddetto “decreto fiscale” (decreto-legge n. 146) approvato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2021[1], convertito con modificazioni dalla legge n. 215 del 17 dicembre 2021.[2] Le nuove misure in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono state ritenute dal governo Draghi straordinariamente necessarie e urgenti, a fronte di esigenze fiscali e finanziarie indifferibili, anche a seguito della recrudescenza del fenomeno infortunistico dovuta alla epidemia da Covid-19. In particolare, il decreto risponde, da un lato, alla necessità di dare urgentemente attuazione agli obblighi assunti dall’Italia in seno all’Unione europea[3]; e dall’altro, di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza e il coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle norme prevenzionistiche, intervenendo con maggiore efficacia sulle imprese che non rispettano le misure di prevenzione o che si avvantaggiano del lavoro sommerso. PER LEGGERE L'ARTICOLO, ACCEDI O ABBONATI

Sospensione dell'attività imprenditoriale.

A tredici anni dall’entrata in vigore del testo unico della sicurezza sul lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) il legislatore emergenziale ha varato la cosiddetta “mini-riforma” che ha coinvolto alcuni istituti fondamentali, tra cui spiccano la sospensione dell’attività imprenditoriale e l’inedito obbligo di formazione del datore di lavoro.

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La definizione di “mini-riforma” è stata adottata con il cosiddetto “decreto fiscale” (decreto-legge n. 146) approvato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 15 ottobre 2021[1], convertito con modificazioni dalla legge n. 215 del 17 dicembre 2021.[2] Le nuove misure in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono state ritenute dal governo Draghi straordinariamente necessarie e urgenti, a fronte di esigenze fiscali e finanziarie indifferibili, anche a seguito della recrudescenza del fenomeno infortunistico dovuta alla epidemia da Covid-19. In particolare, il decreto risponde, da un lato, alla necessità di dare urgentemente attuazione agli obblighi assunti dall’Italia in seno all’Unione europea[3]; e dall’altro, di incentivare e semplificare l’attività di vigilanza e il coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle norme prevenzionistiche, intervenendo con maggiore efficacia sulle imprese che non rispettano le misure di prevenzione o che si avvantaggiano del lavoro sommerso.[4]

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Sospensione dell'attività imprenditoriale: il punto focale

Il capo III del decreto-legge, come emendato dalla legge di conversione, contiene le modifiche di maggior interesse in punto di rafforzamento della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Fra le aree di intervento più rilevanti vi sono: modifiche alle condizioni per la sospensione dell’attività imprenditoriale, su cui si concentrerà il presente contributo; nuovi obblighi per il datore di lavoro e il preposto, nonché estensione delle competenze di vigilanza e coordinamento dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

L’intervento riformatore operato con il decreto fiscale ha riscritto l’articolo 14 del D.Lgs. n. 81/2008, ora rubricato «Provvedimenti degli organi di vigilanza per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori» confermando, tuttavia, la natura e le finalità dell’istituto. L’ordine di sospensione dell’attività imprenditoriale rimane un provvedimento di tipo interdittivo immediatamente esecutivo, a carattere discrezionale, di natura interdittiva e al contempo sanzionatoria, con finalità cautelari di tipo prevenzionistico.[5]

Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, dapprima inserito solo per i cantieri edili e poi esteso alla generalità delle imprese, ha progressivamente acquisto una natura fortemente sanzionatoria in forza delle interpolazioni legislative subite. Queste hanno dapprima inasprito le pene per chi non ottempera all’ordine di sospensione[6] e, successivamente, incrementato l’ammontare delle somme da versare per poter ottenere la revoca del provvedimento di sospensione[7].

La recente riscrittura della disciplina della sospensione dell’attività imprenditoriale ha determinato rilevanti modifiche in materia di: 1. ampliamento dell’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo, nonché estensione del potere d’intervento dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl); 2. presupposti della sospensione: abbassamento della soglia di lavoratori in nero e violazioni gravi, ma non necessariamente reiterate; 3. condizioni per la revoca del provvedimento di sospensione; 4. ricorso amministrativo avverso il provvedimento e obbligo di motivazione dell’autorità; 5. quadro sanzionatorio.

Sospensione dell'attività imprenditoriale: ambito di applicazione

1.1. La competenza

Innanzitutto, una rilevante modifica è intervenuta in ordine ai soggetti competenti ad adottare il provvedimento di sospensione. Questo potere, infatti, non spetta più genericamente agli organi di vigilanza del ministero del Lavoro ma, specificamente, all’Ispettorato nazionale del lavoro, conformemente all’obiettivo del legislatore di incrementare le competenze prevenzionistiche dell’Ispettorato stesso.

Il potere di sospendere l’attività imprenditoriale è comunque confermato in capo agli organi accertatori delle aziende sanitarie locali (Asl), con riferimento alla tutela della salute e della sicurezza del lavoro[8], e al comando provinciale dei vigili del fuoco per quanto riguarda l’adozione dei provvedimenti sospensivi a seguito di accertamento di violazioni in materia di prevenzione incendi. 

1.2. Automaticità del provvedimento e decorrenza

In comune a entrambe le ipotesi in cui scatta il provvedimento cautelare - violazioni gravi e lavoro irregolare - vi è la circostanza che, se prima questo provvedimento poteva essere adottato, ora, deve essere adottato. Secondo l’attuale disciplina, cioè, manca ogni forma di discrezionalità da parte dell’amministrazione per l’adozione del provvedimento di sospensione. Tuttavia, è confermata la possibilità per l’Ispettorato di differire gli effetti del provvedimento[9], potendo questi decorrere dalle ore dodici del giorno lavorativo successivo ovvero dalla cessazione dell'attività lavorativa in corso che non può essere interrotta, salvo non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità. In altri termini, gli organi accertatori sono ancora chiamati a valutare se l’interruzione di determinate attività possa comportare situazioni di maggior pericolo per ponderare adeguatamente l’eventuale differimento dell’efficacia della sospensione. In ogni caso, rimane preclusa la possibilità di adibire il personale “in nero” al lavoro per ovviare a tale circostanza[10].

Il provvedimento deve comunque essere adottato entro un termine, che è di sette giorni nel caso di intervento del personale ispettivo su segnalazione da parte di altre amministrazioni, ovvero nell’immediatezza degli accertamenti nel caso di intervento diretto dell’Ispettorato.

1.3. Ambito oggettivo di applicazione del provvedimento di sospensione

In generale, il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale può essere adottato con riferimento a tutti i settori merceologici. Oggetto del provvedimento è l’attività imprenditoriale intesa come attività economica organizzata, esercitata in modo professionale al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. Pertanto, non è possibile adottare il provvedimento cautelare nei confronti di Onlus, studi professionali non organizzati in forma societaria, ovvero associazioni senza scopo di lucro.[11]

Più nello specifico, il provvedimento di sospensione è adottato in relazione alla parte dell'attività imprenditoriale interessata dalle violazioni. È quindi possibile circoscrivere gli effetti del provvedimento alla singola unità produttiva, rispetto alla quale sono stati verificati i presupposti per la sospensione. Alternativamente, è possibile adottare il provvedimento di sospensione limitatamente all'attività prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni di cui ai numeri 3 e 6 dell'allegato I.  In questi casi, si tratterebbe di sospendere dall’attività soltanto i lavoratori per i quali il datore di lavoro abbia omesso la formazione e l’addestramento (fattispecie n. 3), ovvero abbia omesso di fornire i necessari dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto (fattispecie n. 6), dal momento che queste violazioni possono essere agevolmente riferite alla posizione del singolo prestatore di lavoro. La sospensione, in tal caso, comporta l’impossibilità per il datore di lavoro di avvalersi del lavoratore interessato fino a quando non interverrà la revoca del provvedimento secondo le condizioni previste dal comma 9. Tuttavia, occorre precisare che, secondo alcuni, ciò non significa che possa essere sospeso un singolo reparto o una linea produttiva dell’unità produttiva ispezionata ma, piuttosto, che possa essere adottato un provvedimento di sospensione per il singolo cantiere o la singola unità produttiva oggetto di ispezione senza sospendere l’attività dell’impresa nel suo complesso.[12]

In ogni caso, trattandosi di causa non imputabile al lavoratore, il datore di lavoro rimane obbligato alla corresponsione del trattamento retributivo e al versamento della relativa contribuzione. In sede di conversione del decreto, infatti, è stato espressamente previsto che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione e a versare i relativi contributi ai lavoratori interessati dall’effetto del provvedimento di sospensione.

Sospensione dell'attività imprenditoriale: i presupposti di adozione

Lavoro nero: abbassamento della soglia al 10%.

Nella nuova formulazione, le condizioni necessarie per l’adozione del provvedimento cautelare di sospensione dell’attività imprenditoriale restano: l’impiego di personale in nero e le violazioni gravi in materia di salute e sicurezza del lavoro, elencate nell’allegato I del medesimo testo unico.

Quanto alla prima condizione, tuttavia, la novella legislativa abbassa dal 20 al 10 per cento la soglia dei rapporti di lavoro irregolari oltre la quale scatta l’obbligo per gli ispettori di adottare il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. L’Inl adotterà il provvedimento di sospensione, quindi, qualora almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.

I lavoratori per i quali non è richiesta la comunicazione non potranno essere considerati ai fini della sospensione. È il caso dei coadiuvanti familiari ovvero dei soci, per i quali è prevista unicamente la comunicazione all’Inail ex art. 23 D.P.R. n. 1124/1965.[13] Inoltre, il novellato art. 14, comma 1, include tra i lavoratori il cui impiego rileva ai fini della adozione del provvedimento cautelare anche coloro che risultano inquadrati come lavoratori autonomi occasionali in assenza delle condizioni richieste dalla normativa. Pertanto, anche l’avvio dell’attività dei lavoratori autonomi occasionali diventa oggetto di preventiva comunicazione all’Ispettorato territoriale del lavoro da parte del committente.[14]

Non si applica, invece, la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124, secondo la quale il personale ispettivo, in caso di inadempimenti dai quali derivino sanzioni amministrative, avrebbe il potere di diffidare il trasgressore alla regolarizzazione delle inosservanze materialmente sanabili. Una simile esclusione determina l’inapplicabilità del relativo regime premiale, dato dalla possibilità di pagare una somma ridotta rispetto alla sanzione stabilita in origine, estinguendo così il procedimento sanzionatorio. Traspare, quindi, l’intenzione del legislatore di scoraggiare ogni forma di sfruttamento del lavoro sommerso, aggravando le posizioni di tutti quei committenti che utilizzano questa forma contrattuale, sino a oggi priva di ogni tipo di tracciamento. Sul punto, è stato osservato che il legislatore sembra non aver tenuto in considerazione che, per i lavoratori autonomi, non è prevista la comunicazione preventiva d’instaurazione del rapporto di lavoro effettuata col sistema Unilav, come accade invece per l’assunzione del lavoratore intermittente, unico sistema in grado di fornire, in tempo reale e su tutto il territorio nazionale, l’evidenza della regolarità del rapporto di lavoro con la data d’inizio della prestazione. In altri termini, queste nuove comunicazioni previste dalla legge di conversione del decreto fisco-lavoro potranno essere tutt’al più consultate da chi si trova presso la sede di quell’ufficio, ma non da chi è in accesso ispettivo e deve decidere, in tempo reale, se adottare o meno il provvedimento cautelare di sospensione.[15] È stata quindi correttamente auspicata la strutturazione di una banca dati delle comunicazioni dei lavoratori autonomi, che potrà essere effettuata con modalità telematiche.[16] Lo stesso ministero del Lavoro ha cercato di chiarire il perimetro applicativo dell’inedito obbligo di comunicazione per i lavoratori autonomi, statuendo che i soggetti interessati sono esclusivamente i committenti che operano in qualità di imprenditori e i lavoratori inquadrabili nella definizione di cui all’art. 2222 del codice civile, riferito alla persona che «si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente» e sottoposti, in ragione dell’occasionalità dell’attività, al regime fiscale di cui all’art. 67, comma 1 lett. l), del D.P.R. n. 917/1986.[17] Inoltre, il ministero limita temporalmente l’applicabilità di questo obbligo che riguarda solamente i rapporti avviati dopo l’entrata in vigore della disposizione o, anche se avviati prima, ancora in corso alla data di emanazione del chiarimento.

La percentuale di lavoratori irregolari continuerà a essere calcolata sul numero di lavoratori presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo, e non sul numero di lavoratori complessivamente impiegati nell’impresa. Alla luce della nozione di lavoratore di cui all’art. 2 del testo unico, è tale ogni persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito di un’organizzazione di natura pubblica o privata, con o senza retribuzione, anche a meri fini di apprendimento. Sono inclusi nella nozione anche il socio lavoratore di cooperativa o di società, l’associato in partecipazione e il tirocinante. La base numerica sulla quale effettuare il calcolo comprende anche i lavoratori che effettuano una prestazione non ricorrente, ossia i lavoratori non soggetti ad assicurazione Inail. Dovranno, quindi, essere conteggiati, per esempio sia i collaboratori familiari, anche impegnati per periodi inferiori alle dieci giornate di lavoro[18], sia i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società.[19]

Il riferimento all’accesso ispettivo, quale momento in cui va valutata la sussistenza dei presupposti di adozione del provvedimento, rappresenta un’ulteriore novità della riforma in commento.[20] Questa innovazione determina un’importante ricaduta pratica: l’eventuale regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso sarà del tutto irrilevante e il provvedimento sarà comunque adottato, sia che ciò avvenga per il tramite degli ispettori Inl nell’immediatezza degli accertamenti, sia su segnalazione di altre amministrazioni nell’arco di tempo di sette giorni previsto dal nuovo comma 3.[21]

Infine, il riformato articolo 14, comma 4, mantiene l’impossibilità di adottare il provvedimento di sospensione nel caso delle cosiddette microimprese, in cui il lavoratore irregolare risulti l’unico occupato.

2.2. Le gravi violazioni in materia di salute e sicurezza

Quanto alla seconda condizione che legittima l’adozione del provvedimento di sospensione, la nuova norma non richiede più alcuna recidiva da parte del trasgressore, considerando invece sufficiente la constatazione di gravi violazioni prevenzionistiche. Il legislatore della riforma ha previsto che, anche alla prima violazione grave in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, rientrante nelle fattispecie tassativamente elencate al riformato allegato I, gli ispettori dell’Inl adottino il provvedimento di sospensione. Le violazioni rilevanti, pertanto, sono quelle ritenute a priori gravi dalla legge, non essendo più necessaria la reiterazione.

La previsione di automaticità del provvedimento alla prima violazione grave è sicuramente più impattante per il datore di Lavoro, che si trova immediatamente esposto al rischio di sospensione dell’attività. Al contempo, tuttavia, questa previsione consente di superare il problema della mancanza di un “casellario” di questi verbali. Nella vigenza del precedente comma 1, infatti, il provvedimento scattava non solo in caso di violazione grave, ma anche reiterata. Occorreva cioè avere riguardo ai cinque anni successivi alla commissione della violazione oggetto di prescrizione da parte dell’organo di vigilanza ovvero all’accertamento con sentenza definitiva, per determinare se lo stesso soggetto commetteva nuove violazioni della stessa indole.

Con riferimento alle singole violazioni considerate dall’allegato I al testo unico, la novità più rilevante è l’introduzione ex novo della violazione di omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo. Scompare anche il riferimento alle categorie delle violazioni, sebbene rimangano di fatto riconducibili a: rischi di carattere generale, rischio di caduta dall’alto, rischio di seppellimento e rischio di elettrocuzione. In ogni caso, tutte le fattispecie mantengono una formulazione in termini omissivi assoluti.[22]  Per integrare la relativa violazione grave cioè, il personale ispettivo dovrà riscontrare la totale mancanza del documento di valutazione dei rischi (Dvr), ovvero del piano di emergenza e di evacuazione, ovvero ancora del piano operativo di sicurezza. Tuttavia, qualora il piano o il documento risulti mancante perché custodito altrove, ferma la contestazione dei relativi illeciti, gli ispettori del lavoro potranno differire la decorrenza del provvedimento di sospensione al giorno successivo per consentire al datore di lavoro di esibire la documentazione mancante. Solo nel caso in cui il Dvr rechi data certa antecedente all’emissione del provvedimento di sospensione, sarà possibile procedere all’annullamento dello stesso limitatamente alla causale afferente alla sua mancanza.[23]

Parallelamente all’adozione di un provvedimento di sospensione dell’attività d’impresa, la mancata elaborazione del Dvr potrà essere oggetto di prescrizione da adottare in sede di accesso ispettivo, a eccezione di quelle aziende per le quali l’assenza del documento è sanzionata solo con l’arresto, e non può essere pertanto oggetto di prescrizione. In questi casi, il personale ispettivo, oltre a comunicare la notizia di reato all’Autorità Giudiziaria, dovrà indicare, nel provvedimento di sospensione, la necessaria elaborazione del documento quale condizione della revoca. L’Ispettorato ha anche precisato che, in generale, ai fini della revoca del provvedimento di sospensione per mancata elaborazione del Dvr o del piano di emergenza e di evacuazione, si dovrà esibire il documento in parola.

Nell’ipotesi di mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione (Spp) e nomina del relativo responsabile (Rspp), invece, il provvedimento di sospensione deve essere adottato nei soli casi in cui il datore di lavoro non abbia costituito il Spp e non abbia altresì nominato il Rspp, o assunto lo svolgimento diretto dei relativi compiti dandone preventiva informazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls). Ai fini della revoca del provvedimento sospensivo dovrà essere esibita la documentazione, risultata carente in sede di accesso.

Il provvedimento di sospensione potrà essere adottato anche nell’ipotesi di mancata elaborazione piano operativo di sicurezza (Pos). A questo riguardo l’Ispettorato ha precisato che l’elaborazione del Pos possa desumersi anche dal relativo invio al coordinatore o all’impresa affidataria. Per la revoca del provvedimento dovrà essere esibito il già menzionato piano.

In caso di mancata formazione e addestramento, invece, il provvedimento di sospensione deve essere adottato solo quando sia prevista la partecipazione del lavoratore tanto ai corsi di formazione quanto all’addestramento. Secondo i chiarimenti dell’Ispettorato, questa circostanza si rinviene nei seguenti casi di cui al testo unico della sicurezza: articolo 73, in combinato disposto con articolo 37, nei casi disciplinati dall'accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2012 (utilizzo di attrezzatura da lavoro); articolo 77, comma 5 (utilizzo di Dpi appartenenti alla III categoria e dispositivi di protezione dell’udito); articolo 116, comma 4 (sistemi di accesso e posizionamento mediante funi); articolo 136, comma 6 (lavoratori e preposti addetti al montaggio, smontaggio, trasformazione di ponteggi); articolo 169 (formazione e addestramento sulla movimentazione manuale dei carichi).[24]

La revoca potrà conseguire alla dimostrazione della prenotazione della formazione – fermi la regolarizzazione di altre violazioni concomitanti di cui all’allegato I e il pagamento di tutte le somme aggiuntive dovute - atteso che, per effetto del provvedimento di prescrizione, il lavoratore non potrà essere adibito alla specifica attività per cui, ai fini della sospensione, è stata riscontrata la carenza formativa, fino a quando non sia attestato il completamento della formazione e addestramento.

Allo stesso modo, la mancata fornitura dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall'alto, contro i rischi di elettrocuzione ovvero l’omessa predisposizione di protezioni verso il vuoto e di armature di sostegno, deve consistere in un’omissione totale, perché il lavoratore non ha mai ricevuto i dispositivi di protezione specificamente richiesti per quella tipologia di lavorazioni ovvero perché tali cautele risultino talmente insufficienti o malfunzionanti da essere considerate concretamente assenti, fattispecie diversa dalle ipotesi in cui i lavoratori non li abbiano utilizzati. Quanto invece alla novità di cui all’elenco delle violazioni gravi, ossia la previsione della omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo, la mera constatazione che il dispositivo è stato rimosso o modificato consente al personale ispettivo di adottare il provvedimento di sospensione, senza che sia necessario accertare a quale soggetto sia addebitabile la rimozione o la modifica.[25]

Qualora siano riscontrate più violazioni utili all’adozione del provvedimento di sospensione - perché tutte riferibili all’allegato I ovvero in parte all’allegato I e in parte alla presenza di personale irregolare - il personale ispettivo dovrà valutare l’opportunità di procedere alla adozione di un unico provvedimento di sospensione, riferibile ad un solo verbale di accertamento, e conseguentemente ad un unico provvedimento di revoca. Questo potrà essere concesso solamente in seguito alla regolarizzazione di tutte le concomitanti violazioni. Questa circostanza è determinata anche alla competenza esclusiva dell’Inl in materia di lavoro irregolare, il cui intervento dovrà tuttavia coordinarsi con quello delle Asl, al fine di sviluppare modelli operativi condivisi e promuovere un approccio uniforme e completo alle verifiche ispettive.

Infine, i poteri di vigilanza e accertamento degli illeciti in materia prevenzionistica, oggi attribuiti alle Asl e all’Inl, comportano anche la possibilità di adottare i provvedimenti di prescrizione ai sensi del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758. Sicché gli ispettori possono diffidare il datore di lavoro con apposite prescrizioni, fissando un termine per la regolarizzazione, secondo le modalità oggi stabilite dagli articoli 20 e 21, D.Lgs. n. 758/1994, che consentono di rimuovere le irregolarità ed estinguere gli illeciti, in una logica riparatoria e premiale. Tuttavia, a fronte dell’obbligatorietà del provvedimento di sospensione (per la cui adozione è stata eliminata ogni forma di discrezionalità), si determina una problematica sovrapposizione tra il potere di sospensione, il potere di prescrizione obbligatoria di cui sopra e il potere di diffida, potendo essere esercitati contemporaneamente a fronte della medesima violazione prevenzionistica. La sovrapposizione di poteri e provvedimenti, diversi per natura, procedimento e tutele, rimane quindi un nodo da sciogliere.

Sospensione dell'attività imprenditoriale: le nuove condizioni per la revoca

Il nuovo comma 9 dell’articolo 14, testo unico della sicurezza, prevede cinque ipotesi di revoca del provvedimento di sospensione.

  1. La regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza. Con riferimento alla sospensione adottata per lavoro sommerso è necessaria non solo la regolarizzazione dei lavoratori, ma anche un allineamento sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza. In particolare, ferma l’adozione della prescrizione obbligatoria, quanto alla sorveglianza sanitaria sarà necessaria l’effettuazione della relativa visita medica, potendosi comunque ritenere sufficiente l’esibizione della prenotazione della stessa purché i lavoratori interessati non siano adibiti a mansioni lavorative per le quali debba conseguirsi il relativo giudizio di idoneità. Quanto agli obblighi di formazione e informazione, si ritiene sufficiente che l’attività formativa del personale da regolarizzare sia stata programmata in modo tale da concludersi entro il termine di 60 giorni e che l’obbligo informativo sia comprovato da idonea documentazione sottoscritta dal lavoratore. [26]
  2. L’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro. In caso di sospensione adottata per violazioni prevenzionistiche, l’organo ispettivo dovrà accertare che il datore di lavoro imprenditore abbia provveduto al ripristino delle regolari condizioni di lavoro, adottando il comportamento eventualmente oggetto di prescrizione obbligatoria. Peraltro, a fronte dell’ampliamento delle competenze dell’Inl, gli accertamenti relativi agli adempimenti prevenzionistici, anche ai fini della revoca della sospensione, possono essere effettuati in tutti i settori di intervento.
  3. C. La rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’allegato I.

Anche in questo caso, ai fini della revoca del provvedimento, il datore di lavoro ha l’onere di ripristinare le regolari condizioni di lavoro, adottando il comportamento eventualmente oggetto di prescrizione obbligatoria nei termini stabiliti. Inoltre, poiché le ipotesi di gravi violazioni che giustificano il provvedimento cautelare sono tassativamente indicate nel citato allegato I, per la revoca della sospensione sarà altresì necessario rimuovere le eventuali conseguenze pericolose che permangano in seguito alle violazioni riscontrate.

  1. Nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari.
  2. Nelle ipotesi di cui all’allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso allegato con riferimento a ciascuna fattispecie. La previsione di somme aggiuntive, già contemplata dal testo unico della sicurezza prima della riforma, comporta l’onere per il datore di lavoro di provvedere al pagamento di una somma aggiuntiva prevista per ciascuna fattispecie di violazione riscontrata. In particolare, nelle ipotesi di lavoro irregolare, sono previsti due differenti importi a seconda che il numero dei lavoratori irregolari sia inferiore o superiore a cinque; mentre nei casi di sospensione per motivi di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro la somma aggiuntiva è indicata nello stesso allegato in riferimento a ciascuna violazione.

L’elemento di novità attiene alla recidiva, che viene in rilievo alla stregua di circostanza aggravante, consentendo di punire più severamente i trasgressori seriali. Le somme aggiuntive, infatti, sono raddoppiate nelle ipotesi in cui, nei cinque anni precedenti alla adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un altro provvedimento di sospensione, anche sulla base della previgente normativa ovvero in forza di violazioni diverse da quelle accertate.[27] In mancanza di una banca dati nazionale, tuttavia, ritorna il problema dell’accertamento degli eventuali precedenti da parte del personale ispettivo, che incontrerà anche in questa sede le difficoltà già affrontate nel comprovare la reiterazione sino ad oggi richiesta per l’emissione del provvedimento di sospensione.

Infine, anche a seguito della riforma, il datore di lavoro può ottenere la revoca del provvedimento attraverso una specifica istanza di parte, rivolta all’organo di vigilanza intervenuto, con la precisazione che il provvedimento di revoca potrà essere adottato anche da un ispettore diverso da quello che ha disposto la sospensione in concreto. Il potere di revoca compete, infatti, all’Ufficio nel suo complesso, che lo potrà esercitare anche mediante personale diverso da quello che ha emanato l’atto.

Accertato il rispetto delle condizioni di revoca sopra richiamate, quindi, l’eventuale accoglimento dell’istanza determina l’ammissione al pagamento immediato di una percentuale della somma aggiuntiva ridotta al 20%. L'importo residuo, maggiorato del 5%, è versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell'istanza di revoca. In definitiva, è possibile pagare le suddette somme in due soluzioni: soltanto il 20% all’atto della richiesta di revoca del provvedimento, e il restante 80%, maggiorato del 5%, entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza. In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell'importo residuo entro il termine stabilito, il provvedimento di accoglimento dell'istanza costituisce titolo esecutivo per il recupero coattivo delle somme non versate. 

Sospensione dell'attività imprenditoriale: il ricorso amministrativo

Un altro elemento di novità della mini-riforma attiene all’impugnazione del provvedimento di sospensione. Sino all’ottobre 2021, infatti, era possibile presentare ricorso amministrativo avverso i provvedimenti di sospensione sia per lavoro irregolare, sia per gravi e reiterate violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Ai sensi del novellato articolo 14, invece, il ricorso amministrativo può essere proposto solamente avverso un provvedimento di sospensione adottato per l’impiego di lavoratori irregolari.

Il ricorso in via gerarchica deve essere presentato all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento al datore di lavoro.[28] La pronuncia dell’autorità adita dovrà intervenire entro i successivi 30 giorni dalla notifica del ricorso. Nel silenzio dell’amministrazione, il provvedimento di sospensione perde efficacia. In altri termini, se l’autorità gerarchicamente sovraordinata, investita dell’impugnativa, non si attiva tempestivamente per decidere il ricorso amministrativo nei termini previsti, il provvedimento di sospensione decade e non ha più alcuna efficacia.

Escluso, invece, il contenzioso amministrativo per la sospensione dell’attività imprenditoriale per violazioni prevenzionistiche, la cognizione in caso di inottemperanza alla prescrizione è rimessa al giudice penale. Il nuovo comma 16 dell’art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 prevede che il decreto di archiviazione, emesso a conclusione della procedura di prescrizione di cui agli artt. 20 e seguenti, D.Lgs. n. 758/1994 per l’estinzione delle contravvenzioni accertate e poste a fondamento del provvedimento di sospensione, determini la decadenza del provvedimento stesso. Tuttavia, qualora il provvedimento di sospensione sia stato adottato (anche) in ragione della riscontrata presenza di lavoratori irregolari, resta ferma la sua validità ed efficacia ove la condizione di cui alla lett. a) del comma 9 - ossia la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza - non sia stata soddisfatta.

La nuova disciplina prevede, inoltre, che ai provvedimenti di sospensione si applichino le disposizioni di cui all’art. 3, della legge n. 241/1990, in materia di procedimento amministrativo. Conseguentemente, gli organi ispettivi hanno l’obbligo di motivare il provvedimento, sia pure sinteticamente, per consentire al destinatario di operare un controllo sulla correttezza, coerenza e logicità dello stesso. In punto di motivazione del provvedimento, espressamente esclusa dalla più risalente formulazione dell’articolo 14, era intervenuta la Corte costituzionale a dichiarare l’incostituzionalità della norma che, in deroga alla legge n. 241/1990, esonerava il provvedimento di sospensione dal dovere di motivazione.[29] Secondo la Corte, il dovere di motivazione assolve una fondamentale funzione di garanzia, a tutela del destinatario di un atto lesivo ed è espressivo di un principio generale fondato sull’esigenza di un controllo giurisdizionale dell’azione amministrativa ai sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione e sui principi di imparzialità e buon andamento dell’agire amministrativo stabiliti dall’art. 97 Cost.

Sospensione dell'attività imprenditoriale: il quadro sanzionatorio

A seguito dell’intervento di riforma, il quadro sanzionatorio collegato alla sospensione dell’attività imprenditoriale si articola su tre fronti: il potere riconosciuto all’Inl di imporre, unitamente al provvedimento di sospensione, specifiche misure idonee a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro; il reato di inosservanza del provvedimento di sospensione; la sanzione accessoria del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

Sospensione dell'attività imprenditoriale: un inedito potere dispositivo dell’Inl

Quanto al primo profilo, gli ispettori dell’Inl hanno la facoltà di imporre misure esecutive, perché provvisorie e legate a una situazione contingente di pericolo, ai fini dell’applicazione delle norme tecniche e buone prassi, qualora ne riscontrino la mancata adozione. In quanto organi di vigilanza, anche gli ispettori del lavoro possono quindi esercitare il potere di disposizione di cui all’art. 10 del D.P.R. n. 520/1955, che può trovare applicazione in ogni caso, a prescindere cioè dalla sussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento di sospensione. Un esempio è l’allontanamento del lavoratore nei casi di cosiddetta microimpresa.[30]

In aggiunta, al verificarsi delle gravi ipotesi di cui all’allegato I, gli organi ispettivi possono ricorrere al sequestro preventivo di cui all’articolo 321, codice di procedura penale, quale strumento ulteriormente incisivo, già ritenuto compatibile con il provvedimento di sospensione dell’impresa in ragione della gravità del pericolo e per evitare l’aggravamento o il protrarsi delle conseguenze dannose o pericolose del reato commesso.[31] In altri termini, i due strumenti non sono alternativi e possono essere adottati congiuntamente.

Il reato di inosservanza del provvedimento

Il reato di inosservanza del provvedimento di sospensione, prima previsto dal comma 10, viene oggi inserito nel nuovo comma 15. La previsione originaria della pena dell’arresto fino a sei mesi era stata riformata dal decreto legislativo del 3 agosto 2009, n. 106. Senza alcuna sostanziale modifica, l’attuale fattispecie incriminatrice prevede che il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione, e consenta quindi la prosecuzione dell’attività lavorativa, sia punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.

L’inottemperanza al provvedimento, quindi, continua a costituire un reato di natura contravvenzionale, che prevede due tipologie di sanzioni, a seconda del presupposto in base al quale è stato adottato il provvedimento cautelare: in caso di inottemperanza ad un provvedimento di sospensione impartito per violazioni in materia di salute e sicurezza, l’arresto da un minimo di cinque giorni fino a un massimo di sei mesi;  in caso di inottemperanza a un provvedimento di sospensione impartito per la presenza di lavoratori irregolari, la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda.

In quest’ultimo caso, trattandosi di una contravvenzione punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, sarà applicabile la procedura di prescrizione obbligatoria di cui all’articolo 301 del testo unico sicurezza sul lavoro, che richiama le disposizioni in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli articoli 20 e seguenti del D.Lgs. n. 758/1994. Nel primo caso, invece, trattandosi di una contravvenzione punita con la sola pena dell’arresto, potrà eventualmente applicarsi la procedura agevolata di cui all’articolo 302 del testo unico. In questo modo, su richiesta dell’imputato e previa eliminazione di tutte le fonti di rischio e le conseguenze dannose del reato, il giudice può sostituire la pena irrogata con il pagamento di una somma di denaro, ragguagliata secondo le modalità stabilite dal codice penale, ma comunque non inferiore a 2 mila euro.

La fattispecie incriminatrice in parola, in quanto reato formale che si consuma con condotta permanente, è integrata sin dal momento per tutto il tempo in cui l’imprenditore destinatario dello stesso non vi si conforma.[32] E anzi: si è ritenuto sussistente il reato di inosservanza del provvedimento di sospensione anche quando il datore di lavoro, pur avendo eliminato la violazione riscontrata dagli organi accertatori, per aver cioè regolarizzato la posizione del lavoratore, non abbia pagato la sanzione amministrativa irrogata ai sensi dell'art. 21 D.Lgs. n. 758/1994 e, in ogni caso, in assenza di una formale revoca della sospensione amministrativa disposta.[33]

Al contempo, secondo la giurisprudenza, il reato di inottemperanza al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale adottato dall’organo di vigilanza non sussisterebbe laddove il giudice ravvisi profili di illegittimità formale o sostanziale del provvedimento contestato come violato.[34] In ogni caso, non appare punibile l’imprenditore che riprenda l’attività per stato di necessità, per caso fortuito o per forza maggiore o dopo aver presentato un ricorso amministrativo che non sia stato espressamente rigettato nei 30 giorni successivi alla sua notifica.[35]

Il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione

Infine, con riferimento alla sanzione accessoria del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, la riforma ha confermato, e semplificato, la previsione del divieto all’impresa destinataria di contrattare con la pubblica amministrazione  e - aggiunge la legge di conversione - con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

La novità attiene alla circostanza che, mentre prima della riforma la disposizione prevedeva un divieto limitato temporalmente, ora la durata della sanzione accessoria attiene a tutta la vigenza del provvedimento cautelare. Diversamente dal passato, quindi, la durata del provvedimento interdittivo è pari a tutto il periodo di sospensione dell’attività imprenditoriale. Questo comporta che, qualora la sospensione abbia durata pari a zero, la comunicazione all’Anac e al ministero delle Infrastrutture[36] non dovrà essere effettuata. Questa circostanza si potrebbe verificare nelle ipotesi in cui gli effetti del provvedimento sospensivo siano stati differiti e, nel frattempo, lo stesso sia stato revocato. La sospensione cioè è stata revocata ancor prima del suo termine iniziale. Sul punto, L’Inl aveva già chiarito che il provvedimento interdittivo alla contrattazione con la Pa, diversamente dal provvedimento di sospensione dell’attività d’impresa, debba riferirsi all’impresa nel suo complesso, e quindi ad ogni attività contrattuale posta in essere dalla stessa nei confronti di qualsiasi pubblica amministrazione.[37]

Conclusioni

In conclusione, la mini-riforma che ha interessato il testo unico della sicurezza sul lavoro e, nello specifico, l’articolo 14 in punto di sospensione dell’attività imprenditoriale, si pone nell’ottica di intensificare i controlli e di irrigidire l’apparato sanzionatorio in caso di sfruttamento del lavoro sommerso e violazioni prevenzionistiche ritenute particolarmente gravi. A tal fine, il legislatore a previsto un rafforzamento e coordinamento delle competenze degli organi ispettivi; attività che dovranno tuttavia tradursi in concreto perché si rivelino realmente efficaci e utili allo scopo. Si attendono quindi ulteriori attuazioni delle previsioni legislative, a partire dalla creazione di banche dati consultabili telematicamente e dalla previsione di una formazione tecnica specifica del personale - già in forza o neo assunto - dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Lo stesso Inl ha anticipato che dovranno essere costituiti dei gruppi di intervento ispettivo, integrati anche con personale esterno dotato di adeguata specializzazione tecnica, da coordinare con le Asl attraverso una programmazione congiunta.

In definitiva, se da un lato un simile spiegamento di forze ispettive appare funzionale a una regolarizzazione più rapida possibile delle violazioni accertate; d’altro canto, pur condividendo l’intento legislativo di sollecitare ogni realtà imprenditoriale a ottemperare agli obblighi prevenzionistici, un approccio così fortemente repressivo si pone in una direzione diversa -perché si allontana - dallo scopo degli strumenti primari di prevenzione, improntati a una logica di organizzazione virtuosa capace di indirizzare al meglio il datore di lavoro nella programmazione della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Box 1

LE VIOLAZIONI GRAVI

Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi.
Mancata elaborazione del piano di emergenza ed evacuazione.
Mancata formazione e addestramento.
Mancata costituzione del servizio di prevenzione e protezione e nomina del relativo responsabile.
Mancata elaborazione piano operativo di sicurezza – Pos.
Mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto.
Mancanza di protezioni verso il vuoto.
Mancata applicazione delle armature di sostegno, fatte salve le prescrizioni desumibili dalla relazione tecnica di consistenza del terreno.
Lavori in prossimità di linee elettriche in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
Presenza di conduttori nudi in tensione in assenza di disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
Mancanza di protezione contro i contatti diretti ed indiretti: impianto di terra, interruttore magnetotermico, interruttore differenziale.
Omessa vigilanza in ordine alla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo.
12-bis: mancata notifica all’organo  di  vigilanza  prima dell’inizio  dei  lavori  che  possono  comportare  il rischio di esposizione all’amianto.

Box 2

IL TEMA PER PUNTI

Ambito di applicazione

Competenza: il provvedimento di sospensione può essere adottato dall’Inl e dalle Asl, nonché comando provinciale dei vigili del fuoco in materia di prevenzione degli incendi.

Automaticità: eliminata ogni forma di discrezionalità dell’organo accertatore che deve adottare il provvedimento in presenza dei presupposti.

Decorrenza: gli effetti possono decorrere dalle ore 12 del giorno successivo all’accertamento o all’interruzione dell’attività lavorativa (salvo pericolo o rischio imminente).

Ambito di applicazione oggettivo: attività imprenditoriale, appartenente a qualsiasi settore merceologico, in relazione alla parte interessata dalla violazione (per esempio, una singola unità produttiva ovvero un determinato lavoratore).

Il lavoratore conserva il diritto alla retribuzione.

Presupposti della sospensione

  • Soglia del lavoro nero abbassata al 10%:
  • scatta l’obbligo di comunicazione anche per i lavoratori autonomi occasionali;
  • il momento di riferimento per il calcolo dei lavoratori è quello dell’accesso ispettivo;
  • l’eventuale regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso è irrilevante;
  • impossibilità di adottare il provvedimento in caso di cosiddetta micro-impresa (idest, il lavoratore irregolare è l’unico occupato).

Violazioni gravi ma non reiterate

L’elenco delle violazioni gravi è tassativamente indicato nel novellato allegato I.

Revoca del provvedimento di sospensione

Regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza.

Accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro.

Rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’allegato I.

Nelle ipotesi di lavoro irregolare, pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5.000 euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari.

Nelle ipotesi di cui all’allegato I, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso allegato con riferimento a ciascuna fattispecie.

Ricorso amministrativo avverso il provvedimento e obbligo di motivazione dell’autorità: il quadro sanzionatorio

Potere dispositivo dell’Inl.

Il reato di inosservanza del provvedimento di sospensione.

Sanzioni accessorie: divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per tutto il periodo di sospensione.

[1] D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, recante «Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 21 ottobre 2021 ed entrato in vigore il giorno successivo.

[2] Legge, 17 dicembre 2021, n. 215, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili».

[3] Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e Sociale europeo e al Comitato delle Regioni «Quadro strategico dell'Ue in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027. Sicurezza e salute sul lavoro in un mondo del lavoro in evoluzione», Bruxelles 28 giugno 2021. La Commissione evidenzia in particolare come la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, sancita dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali, sia l’elemento fondante di un'economia al servizio dei cittadini. La pandemia da Covid-19 ha messo in risalto la fragilità e l’importanza della sicurezza sul lavoro, fondamentale per proteggere la salute dei lavoratori e per la continuità di attività sociali ed economiche. Per questo, nell’ottica delle istituzioni sovranazionali, la strada per la ripresa e la riattivazione delle economie nazionali deve passare attraverso un rinnovato impegno nel mantenere la sicurezza sul lavoro in prima linea.

[4] Comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 41 del 15 ottobre 2021.

[5] Così M. Giovannone, La sospensione dell’attività d’impresa dopo il Decreto Fiscale: tra vecchia e nuova disciplina, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, vol. 2, 2021, pag. 80; e P. Rausei, Poteri, sanzioni e diritti di difesa nella procedura di sospensione dell’attività imprenditoriale, in Lavoro nella giurisprudenza, vol. 5, 2014, pag. 441.

[6] Riforma operata dall’art. 9, comma 2, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito nella leggfe 9 agosto 2013, n. 99.

[7] Riforma operata dall’art. 14, comma 1, lett. b), d.l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito nella legge 21 febbraio 2014, n. 9.

[8] Comma 8, articolo 14, D.Lgs. n. 81/2008.

[9] Comma 4, articolo 14, D.Lgs. n. 81/2008.

[10] Inl, nota 20 giugno 2017, n. 5546 – «Provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale - attività formativa».

[11] Nota Inl 20 giugno 2017, n. 5546.

[12] M. Giovannone, La sospensione dell’attività, cit., p. 99.

[13] Circolare n. 3/2021, Ispettorato nazionale del lavoro.

[14] Secondo le modalità stabilite dall’articolo 15, comma 3, D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, richiamato dal novellato art. 14 testo unico della sicurezza sul lavoro, prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo di prestazioni di durata non superiore a trenta giorni, il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata all’autorità competente mediante sms o posta elettronica. In caso di violazione di questo obbligo di comunicazione per i lavoratori autonomi occasionali, tuttavia, la riforma ha previsto l’applicazione di una sanzione amministrativa da 500 a 2.500 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione.

[15] V. Lippolis, Sospensione dell’attività imprenditoriale: in quali casi e come effettuare il nuovo obbligo di comunicazione, in Ipsoa Quotidiano, 22 dicembre 2021.

[16] Ibidem.

[17] Circolare del M

ministero del Lavoro e dell’Inl, 11 gennaio 2022, n. 29 - Art. 13, D.L. n. 146/2021 convertito dalla legge n. 215/2021 - Obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali. Vedere anche la circolare del ministero del Lavoro e dell’Inl, 27 gennaio 2022. n. 109 - Art. 13, D.L. n. 146/2021 convertito dalla legge n. 215/2021 – Obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali – Ulteriori chiarimenti.

[18] Lettera circolare prot. n. 14184 del 5 agosto 2013.

[19] Con nota prot. n. 7127 del 28 aprile 2015, il ministero del lavoro ha delimitato ulteriormente il concetto di lavoratore computabile ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione, osservando che i soci amministratori che prestano attività lavorativa in azienda non vanno considerati nel calcolo della percentuale dei lavoratori complessivamente occupati ai fini della adozione del provvedimento di sospensione. Al contrario, i soci lavoratori cui non spetta l’amministrazione o la gestione della società, non disponendo dei poteri datoriali tipici, dovranno essere computati a tali effetti.

[20] Circolare n. 3/2021, Ispettorato nazionale del lavoro.

[21] L’Inl aveva già chiarito questa circostanza nella nota del 20 giugno 2017, n. 5546 in riferimento al testo previgente dell’art. 14 D.Lgs. n. 81/2008 (poi confermata nella successiva nota Inl 11 luglio 2017, n. 6210). Nello specifico, si era sottolineato che il personale rinvenuto in nero al momento dell’accesso ispettivo non regolarizzarsi se non in forza di tutti gli adempimenti previsti: comunicazione di assunzione e anche la consegna della lettera di assunzione nonché, laddove prevista, la visita di idoneità alla mansione e una attività formativa/informativa. Sicché il provvedimento di sospensione sarà adottato anche qualora, nel corso dell’accesso, sia effettuata una comunicazione di assunzione. Ciò anche allo scopo di garantire le finalità sanzionatorie del provvedimento.

[22] Circolare n. 4/2021 Ispettorato Nazionale del Lavoro.

[23] Ferma restando la contestazione della sanzione amministrativa da 2.457,02 a 8.108,14 euro di cui all’art. 55, comma 5, lett. f), del D.Lgs. n. 81/2008.

[24] Circolare n. 4/2021 Ispettorato nazionale del lavoro.

[25] Circolare n. 4/2021 Ispettorato nazionale del lavoro.

[26] Circolare n. 3/2021, Ispettorato nazionale del lavoro.

[27] Comma 10 dell’articolo 14, d.lgs. n. 81/2008.

[28] Pur non espressamente indicato dalla norma, qualora il provvedimento sia stato adottato dall’azienda sanitaria locale, permane la possibilità di presentare il ricorso al presidente della giunta regionale.

[29] Corte costituzionale, sentenza 10 novembre 2010, n. 310. Il caso traeva origine da un provvedimento di sospensione, non motivato, irrogato dalla direzione provinciale del lavoro di Genova a una pizzeria al taglio in cui era accertato l’impiego di due fattorini non registrati sulle scritture contabili. L’impresa aveva impugnato il provvedimento, che era sospeso in sede cautelare dal Tar Liguria, il quale sollevava quindi questione di legittimità costituzionale dell’art. 14, D.Lgs. n. 851/2008.

[30] Così l’Ispettorato nazionale dellLavoro nella circolare n. 3/2021. Inoltre, il potere dispositivo degli organi ispettivi, già previsto dall’articolo 10 del D.P.R. n. 520/1955, che prevedeva la generica esecutività delle disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia prevenzionistica, è oggi ripreso dall’articolo 302 bis del testo unico sicurezza sul lavoro. Le disposizioni, a differenza delle prescrizioni, costituiscono atti amministrativi immediatamente esecutivi. Contro di esse è ammesso ricorso gerarchico all’autorità sovraordinata a quella che ha impartito la disposizione. L’inosservanza delle disposizioni è a sua volta punita con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda a norma dell’art. 11, comma 2, dello stesso D.P.R. n. 520/1955.

[31] Così M. Giovannone, La sospensione dell’attività, cit., pag. 94 che richiama P. Rausei, L’arresto (Titolo I, Capo IV, artt. 55-61; Titolo XII, artt. 298-302-bis), in M. Tiraboschi, L. Fantini (a cura di), Il testo unico della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dopo il correttivo (d. lgs. n. 106/2009), Milano, Giuffrè, 2009, p. 997.

[32] Cassazione penale, sezione III, sentenza 21 giugno 2019, n. 27534.

[33] Tribunale di Frosinone, sentenza 21 febbraio 2018, n. 262.

[34] Ex multis Cass. pen., sez. III, sent. 21 giugno 2019, n. 27534.

[35] M. Giovannone, La sospensione dell’attività, cit., pagina 103.

[36] Comunicazione prevista dal comma 2 dell’art. 14 D.Lgs. n. 81/2008.

[37] Circolare Inl n. 33/2009.

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