Sospensione dell’attività lavorativa

L’emanazione del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, ha avuto un effetto quasi dirompente in quanto ha apportato importanti modifiche al D.Lgs. n. 81/2008, per quanto riguarda principalmente il sistema ispettivo e la sospensione dell’attività. Infatti, questo provvedimento ha introdotto, in primo luogo, importanti innovazioni all’art. 13 del citato D.Lgs. n. 81/2008, che definisce il modello ispettivo in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, basato fino ad allora sulla competenza primaria delle Asl e una integrativa, per determinate attività e ambiti, dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), del corpo nazionale dei vigili del fuoco e di alcuni altri enti. L’art. 13 del D.Lgs. n. 146/2021 ha così rimodulato questo modello, attribuendo la competenza primaria in materia anche all’Inl; quindi, gli ispettori dell’Inl hanno riacquistato una competenza generale, non più circoscritta solo all’edilizia e ad alcune altre attività; insomma, per effetto di questa norma si è ritornati un po’ al passato e, più precisamente, al periodo antecedente la riforma del Ssn del 1978, operata dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, con gli ispettori del lavoro che ritornano nelle aziende di tutti i settori produttivi, privati e pubblici

Sospensione dell’attività lavorativa.

Considerazioni introduttive

L’emanazione del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, ha avuto un effetto quasi dirompente in quanto ha apportato importanti modifiche al D.Lgs. n. 81/2008, per quanto riguarda principalmente il sistema ispettivo e la sospensione dell’attività.

Infatti, questo provvedimento ha introdotto, in primo luogo, importanti innovazioni all’art. 13 del citato D.Lgs. n. 81/2008, che definisce il modello ispettivo in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, basato fino ad allora sulla competenza primaria delle Asl e una integrativa, per determinate attività e ambiti, dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), del corpo nazionale dei vigili del fuoco e di alcuni altri enti.

L’art. 13 del D.L n. 146/2021 ha così rimodulato questo modello, attribuendo la competenza primaria in materia anche all’Inl; quindi, gli ispettori dell’Inl hanno riacquistato una competenza generale, non più circoscritta solo all’edilizia e ad alcune altre attività; insomma, per effetto di questa norma si è ritornati un po’ al passato e, più precisamente, al periodo antecedente la riforma del Ssn del 1978, operata dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, con gli ispettori del lavoro che ritornano nelle aziende di tutti i settori produttivi, privati e pubblici.

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Ma le novità su questo fronte non si esauriscono qui. Infatti, come accennato, l’altro fronte d’intervento riguarda l’istituto dalla sospensione dell’attività imprenditoriale, la cui disciplina è contenuta nell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 che, come vedremo, ha subito un deciso giro di vite in quanto sono state incrementate significativamente le ipotesi specifiche nelle quali gli ispettori sono tenuti ad adottare il provvedimento di sospensione.

BOX 1 - SOSPENSIONE DELL’ATTIVITÀ: LE ESCLUSIONI

Organizzazioni sindacali
Associazioni datoriali
Partiti politici
Datori di lavoro domestici (art. 2240 e seguenti del codice civile)
Professioni intellettuali
Onlus organizzate in forma associativa
Organizzazioni culturali, religiose e di tendenza

Sospensione dell’attività lavorativa: i risultati dei primi mesi di applicazione

Gli effetti di questi importanti modifiche si sono fatti subito sentire e in modo pesante. Basti pensare, infatti, che secondo la relazione periodica dell’Ispettorato nazionale del lavoro - Direzione centrale tutela, vigilanza e sicurezza del lavoro, pubblicata il 13 settembre 2022, nei soli primi sei mesi del 2022 sono stati adottati 3.879 provvedimenti di sospensione, di cui ben 1.512 per gravi violazioni alle norme antinfortunistiche e cui se ne aggiungono altri 2.367 per l'impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria.

I settori più interessati sono stati non solo l’edilizia, come si potrebbe subito pensare, ma anche il terziario e questi numeri – comunque parziali – ci fanno comprendere quanto sia stata voltata decisamente pagina.

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Tuttavia, diversi datori di lavoro ma anche molti professionisti sembrano non si siano ancora resi conto a pieno del mutato scenario normativo e dei seri rischi che ora corre un’azienda quando sono violate alcune norme fondamentali in materia di salute e di sicurezza sul lavoro. Non di rado, poi, si ha anche la percezione che soprattutto molte micro e piccole imprese non conoscano neppure questo istituto.

BOX 2 – CONDIZIONI PER LA REVOCA DEL PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE

La regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria anche sotto il profilo degli adempimenti in materia di salute e sicurezza; l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di violazioni della disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro; la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’allegato I del D.Lgs. n. 81/2008; nelle ipotesi di lavoro irregolare, il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro qualora siano impiegati fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5 mila euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari; nelle ipotesi di violazione delle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, di cui all’allegato I del D.Lgs. n. 81/2008, il pagamento di una somma aggiuntiva di importo pari a quanto indicato nello stesso Allegato con riferimento a ciascuna fattispecie.

(art. 14, comma 9, D.Lgs. n. 81/2008)

Ambito applicativo

Alla luce di ciò appare necessario, quindi, compiere un approfondimento delle modifiche apportate all’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, operando la ricognizione di quelli che sono i profili operativi più significativi che caratterizzano il riformato regime della sospensione dell’attività, anche alla luce degli importanti orientamenti interpretativi espressi recentemente in merito dall’Ispettorato nazionale del lavoro.

Una prima considerazione che può essere compiuta è che, in effetti, il D.L. n. 146/2021 non ha modificato né il campo di applicazione dell’istituto né i presupposti fondamentali del provvedimento di sospensione, ossia l’impiego di lavoro irregolare e la violazione delle norme antinfortunistiche.

Infatti, rimane fermo che lo “stop” si applica solo alle attività imprenditoriali, di conseguenza il provvedimento non è applicabile nei confronti dei datori di lavoro (vedere art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs. n.8 1/2008) che non rivestono la qualità d’imprenditore ai sensi degli artt. 2082 e 2083 del codice civile, è il caso, ad esempio, di coloro che esercitano una professione intellettuale protetta (artt. 2229 e seguenti del codice civile) per le quali è prevista l’iscrizione ad appositi albi o elenchi, salvo che si configuri come un’attività imprenditoriale (vedere il box 1).

Il provvedimento, inoltre, non è applicabile nemmeno nei confronti delle Onlus che sono organizzate in forma associativa, ma lo è nei confronti delle cooperative sociali (vedere la legge n. 381/1991) in quanto, comunque, svolgono un’attività imprenditoriale. L’esclusione, inoltre, è da ritenersi operante anche nei confronti delle organizzazioni culturali, religiose e di tendenza purché non si svolta un’attività imprenditoriale.

Obbligatorietà del provvedimento di sospensione

Come accennato, i presupposti fondamentali per l’adozione del provvedimento di sospensione sono rimasti, invece, invariati, tuttavia sono state profondamente rimodulate le cosiddette causali specifiche e, al tempo stesso, a differenza di quanto prevedeva la previgente disciplina dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, ora gli ispettori – sia dell’Ispettorato nazionale del lavoro sia delle Asl e degli altri enti – hanno l’obbligo di adottare in occasione dell’ispezione il provvedimento di sospensione 11 - salvo che in alcune ipotesi particolari che vedremo in seguito - nell’immediatezza degli accertamenti nonché su segnalazione di altre amministrazioni entro sette giorni dal ricevimento del relativo verbale (quest’ultimo termine è previsto specificamente per gli ispettori del lavoro).

Oggettivamente si tratta, come detto, di un autentico giro di vite che risulta ancora più evidente se si considera che per quanto riguarda l’impiego di manodopera in “nero” è stata abbassata dal 20% al 10% la soglia di lavoratori irregolari, presenti sul luogo di lavoro al momento dell’accesso ispettivo e senza preventiva comunicazione d’instaurazione del rapporto di lavoro, che fa scattare la sospensione dell’attività.

Occorre precisare che, comunque, rimane fermo che la sospensione non trova applicazione nel caso in cui il lavoratore risulti l’unico occupato dall’impresa; si osservi, inoltre, che come precisato dall’Inl nella circolare 9 novembre 2021, n. 3, ai fini della sospensione non potranno «(…) essere considerati irregolari i lavoratori rispetto ai quali non è richiesta la comunicazione, come avviene nelle ipotesi di coadiuvanti familiari ovvero dei soci, per i quali è prevista unicamente la comunicazione all’INAIL ex art. 23 D.P.R. n. 1124/1965».

Per altro, in sede di conversione del D.L. n. 146/2021, a opera Guida, è stato previsto che nel predetto calcolo devono essere considerati anche i lavoratori autonomi occasionali per i quali il committente non ha presentato l’apposita comunicazione preventiva all'Ispettorato territoriale del lavoro competente per territorio, mediante Sms o posta elettronica (art. 14, comma 1); la ratio di questa disposizione è di monitorare l’impiego di questi rapporti di lavoro che, non di rado, sono utilizzati per dissimulare veri e propri rapporti di lavoro dipendente: è il caso, ad esempio, di muratori, manovali eccetera impropriamente occupati in edilizia attraverso un contratto di lavoro autonomo.

E sotto questo profilo non va dimenticato che si tratta di un problema ormai risalente; infatti, già in passato il ministero del Lavoro, con la circolare 4 luglio 2012, n. 16, aveva fornito al personale ispettivo apposite indicazioni finalizzate al contrasto dell’utilizzo improprio di “sedicenti” lavoratori autonomi che, quindi, svolgono la propria attività sulla base di un contratto d’opera regolato dall’art. 2222 del codice civile che «però di fatto operano in cantiere inseriti nel ciclo produttivo delle imprese esecutrici dei lavori, svolgendo sostanzialmente la medesima attività del personale dipendente delle imprese stesse» (ad esempio, carpentieri, muratori eccetera).

Un notevole inasprimento si rileva, inoltre, anche per quanto riguarda l’altro presupposto fondamentale previsto per l’adozione del provvedimento di sospensione, ossia quello di gravi violazioni delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, individuate nel riformato allegato I del D.Lgs. n. 81/2008.

Occorre osservare che, in effetti, nella nuova versione di questo allegato è stata aggiunta come violazione che può portare alla sospensione dell’attività anche l’omessa vigilanza sulla rimozione o modifica dei dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo – quindi ciò rende ancora più importante la funzione di controllo del dirigente e del preposto (vedere gli artt. 2, 18 e 19 del D.Lgs. n. 81/2008) – e va precisato che questa nuova ipotesi è stata inserita dopo i numerosi infortuni registrati nel 2021, causati proprio dalla disabilitazione dei sistemi di sicurezza delle attrezzature di lavoro.

Inoltre, la legge n. 215/2021, ha inserito anche una nuova ipotesi di sospensione: quella della mancata notifica all'organo di vigilanza prima dell'inizio dei lavori che possono comportare il rischio di esposizione all'amianto (12-bis).

Ma, indubbiamente, la modifica più “dirompente” che, come già si è visto, è stata una dei fattori di forte crescita dei provvedimenti di sospensione adottati nei primi sei mesi del 2022, è stata l’eliminazione del requisito della reiterazione delle gravi violazioni in materia di sicurezza sul lavoro.

Infatti, l’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, nella previgente formulazione prevedeva non solo che la violazione commessa doveva essere, appunto, grave ma che, per la sospensione dell’attività, ci fosse anche la reiterazione che si realizzava quando, nei cinque anni successivi alla commissione di una violazione oggetto di prescrizione dell’organo di vigilanza, ottemperata dal contravventore, o di una violazione accertata con sentenza definitiva, lo stesso soggetto commetteva più violazioni della stessa indole.

Invece, ora per effetto della modifica introdotta dal decreto n. 146/2021, anche nell’immediatezza della prima grave violazione e senza necessità di reiterazione, quindi, l’Inl e gli altri organi di vigilanza (Asl, Ats, comandi provinciali dei vigili del fuoco) adotteranno il provvedimento di sospensione dell’attività o della parte di questa che ha manifestato le gravi criticità in materia antinfortunistica.

Va, inoltre, anche ulteriormente osservato che la sospensione è disposta ora in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni o, alternativamente, dell’attività lavorativa prestata dai lavoratori interessati dalle violazioni previste dai numeri 3 – mancata formazione e addestramento – e 6 – mancata fornitura del dispositivo di protezione individuale contro le cadute dall’alto – dell’allegato I del D.Lgs. n. 81/2008.

Di notevole rilievo, inoltre, è anche la previsione secondo cui insieme al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale l’Inl «può imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro»; a ben vedere si tratta del riconoscimento di un potere generalizzato di disposizione agli ispettori del lavoro nell’ambito della salute e della sicurezza sul lavoro.

La sospensione delle cosiddette “attività non differibili”

Il meccanismo di sospensione così com’è stato rivisto comporta, tuttavia, anche alcune criticità sul piano applicativo; infatti, l’obbligatorietà dell’adozione del provvedimento e l’istantaneità della violazione delle norme antinfortunistiche che fa scattare con immediatezza la sospensione pone, invero, non pochi problemi quanto si tratta delle cd. “attività non differibili”, ossia di attività la cui interruzione potrebbe comportare gravi conseguenze ai beni ed alla produzione (come può succedere, ad esempio, nel settore agricolo o in quello zootecnico) nonché la compromissione del regolare funzionamento di un servizio pubblico e, quindi, la compromissione anche di un diritto.

Su questo punto così delicato si è espresso l’Ispettorato nazionale del lavoro nella nota 7 giugno 2022, prot. n. 1159, in cui ha precisato, in primo luogo, che a seguito dell’introduzione del “nuovo” provvedimento di sospensione, l’attuale formulazione normativa prevede, diversamente dal testo previgente dell’art.14 del D.Lgs. n. 81/2008, l’assenza di discrezionalità in capo al personale ispettivo, fatta salva la possibilità di farne decorrere gli effetti in un momento successivo a meno che «non si riscontrino situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità» (art. 14, comma 4, D.Lgs. n. 81/2008).

Pertanto, anche in forza degli orientamenti espressi già in precedenza (vedere la nota Inl  n. 3/2021, e circolare del ministero del Lavoro n. 33/2009) secondo l’Ispettorato in questa ipotesi è necessario «valutare circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di non adottarlo».

Pertanto, laddove la sospensione dell’attività d’impresa possa determinare a sua volta una situazione di maggior pericolo per l’incolumità dei lavoratori o di terzi o di altre imprese secondo l’Ispettorato è opportuno non emanare il provvedimento; a titolo esemplificativo, ciò si verifica nei seguenti casi:

  • sospensione di uno scavo in presenza di una falda d’acqua;
  • scavi aperti in strade di grande traffico;
  • demolizioni il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura residua e/o adiacente
  • necessità di ultimare eventuali lavori di rimozione di materiali nocivi.

Il provvedimento, inoltre, non va adottato quando potrebbe determinarsi un grave rischio per la pubblica incolumità e «(…) la sospensione di un servizio pubblico che, in assenza di valide alternative che possano garantire l’esercizio di diritti spesso di rango costituzionale, va dunque salvaguardato (ad  esempio, attività di trasporto, di fornitura di energia elettrica ecc.)».

Analogamente questo provvedimento non andrà adottato quando è possibile che dalla sospensione dell’attività di allevamento di animali derivi un grave rischio per la pubblica incolumità, stanti peraltro le conseguenze di natura igienico sanitaria legate al mancato accudimento.

In questi casi, pertanto, la mancata adozione del provvedimento di sospensione dovrà essere “accuratamente motivata” da parte dell’ispettore ed è da considerare una “(…) estrema ratio rispetto alla fisiologica applicazione del richiamato art. 14, determinata dal rischio che dall’adozione del provvedimento possano derivare situazioni di pericolo imminente o di grave rischio per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità».

Invece, in tutte le ipotesi in cui non ricorrano i presupposti per la mancata adozione del provvedimento di sospensione, ma dallo stesso potrebbero, comunque, originarsi significativi danni per ragioni tecniche, sanitarie o produttive – si pensi, ad esempio, per l’interruzione di cicli produttivi avviati o danni agli impianti per l’improvvisa interruzione – sempre secondo l’Ispettorato nazionale del lavoro la valutazione che il personale ispettivo dovrà necessariamente compiere è sul possibile posticipo degli effetti della sospensione in un momento successivo a quello dell’adozione del provvedimento.

Ciò è previsto dal comma 4 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, in cui si fa riferimento al momento della «cessazione dell’attività lavorativa in corso che non può essere interrotta», intendendo per attività lavorativa «(…) non solo il singolo turno di lavoro ma il ciclo produttivo in corso, dalla cui interruzione possano derivare conseguenze gravi di natura economica (ad esempio, raccolta dei frutti maturi, vendemmia in corso eccetera) e sempre che dal posticipo degli effetti della sospensione non derivino rischi per la salute dei lavoratori o dei terzi o per la pubblica incolumità».

E in entrambi i casi – mancata adozione del provvedimento o posticipazione dei suoi effetti – rimane fermo che la continuazione dell’attività può avvenire solo nel «rispetto di ogni condizione di legalità e di sicurezza, cosicché sarà ad esempio impedito ai lavoratori cosiddetti “in nero” di continuare a svolgere la propria attività sino a una completa regolarizzazione e la possibilità, ai sensi del comma 1 dell’art. 14, di «imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro».

Appare chiaro, quindi, che in queste fattispecie l’ispettore si troverà a dover valutare numerosi elementi e a bilanciarli, cosa evidentemente non sempre agevole.

Casistica: profili generali

Precisato anche questo ulteriore importante profilo occorre compiere ora anche delle riflessioni su alcune delle ipotesi più significative di gravi violazioni alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, previste dall’allegato I al D.Lgs. n. 81/2008, che fanno scattare il provvedimento di sospensione dell’attività.

In primo luogo, occorre premettere a scanso di equivoci, che l’elenco delle violazioni riportate in questo allegato ha un carattere tassativo, nel senso che unicamente nelle ipotesi previste gli ispettori dovranno adottare il provvedimento in questione; la precisazione si rende necessaria in quanto negli ultimi mesi si è affacciata anche una tesi, seguita da una parte della dottrina più estremista, secondo la quale le fattispecie riportate andrebbero interpretate in senso estensivo.

Pertanto, secondo questo orientamento interpretativo, fortunatamente minoritario, come vedremo più avanti l’ipotesi n. 1 di violazione «Mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi» andrebbe interpretata nel senso che la sospensione non solo scatterebbe in caso di omessa redazione del Dvr ma anche nel caso del suo mancato aggiornamento.

Questo indirizzo, tuttavia, francamente non convince e, per altro, a ben vedere sembra che non sia stato nemmeno accolto dall’Ispettorato nazionale del lavoro nella circolare 9 novembre 2021, n. 3, e in quella del 9 dicembre 2021, n. 4.

La mancata elaborazione del Dvr e del piano di emergenza

In particolare, nella circolare n. 4/2021, l’Ispettorato ha espresso una serie d’indirizzi interpretativi, di particolare utilità, sulle diverse ipotesi di violazioni ritenute come gravi dell’allegato I del D.Lg. n.81/2008, che danno vita a un’articolata casistica.

Concentrando l’attenzione su quelle di cui si sta maggiormente discutendo è inevitabile riportare alcune ulteriori precisazioni sulla già citata ipotesi n. 1 relativa alla mancata elaborazione del documento di valutazione dei rischi (Dvr).

Secondo l’Ispettorato in questo caso qualora in sede di accesso venga dichiarato dal datore di lavoro che il Dvr è custodito in luogo diverso «(…) ferma restando la contestazione dell’illecito di cui all’articolo 29, comma 4, Tus sarà opportuno adottare il provvedimento di sospensione con decorrenza differita alle ore 12:00 del giorno lavorativo successivo, termine entro il quale il datore di lavoro potrà provvedere all’eventuale esibizione»; inoltre, ha ulteriormente precisato che «Solo nel caso in cui il Dvr rechi data certa antecedente all’emissione del provvedimento di sospensione, sarà possibile procedere all’annullamento dello stesso limitatamente alla causale afferente alla mancanza del Dvr».

Pertanto, in questo caso il datore di lavoro esibendo anche successivamente il Dvr con data certa, secondo quanto prevede l’art. 28 del D.Lgs. n. 81/2008 – quindi anche nella forma della data cosiddetta attestata dalla firma oltre del datore di lavoro anche del Rspp, del Rls e del medico competente ove nominato - potrà evitare il provvedimento di sospensione.

Trattandosi di un illecito, l’Ispettorato ha rimarcato che la mancata elaborazione del Dvr comporta anche l’attivazione del procedimento di prescrizione obbligatoria, di cui al D.Lgs. n. 758/1994, a eccezione dei casi in cui è previsto il solo arresto, ossia quando trattasi di attività che nel D.Lgs. n. 81/2008, sono state ritenute dal legislatore a maggior rischio e riportate nella citata circolare.

Ma, tutto sommato, il chiarimento più significativo – che sconfessa la citata tesi interpretativa estensiva – è che, secondo l’Ispettorato, il tenore letterale della previsione n. 1 riportata nel citato allegato I del D.Lgs. n. 81/2008, fa ritenere «(…) che il provvedimento di sospensione possa essere adottato solo laddove sia constatata la mancata redazione del Dvr di cui all’art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008».

Questa norma prevede, infatti, che «Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41»; di conseguenza secondo questa linea interpretativa la sospensione scatterebbe nell’ipotesi in cui il Dvr sia stata omesso e no, appunto, nei casi in cui, invece, lo stesso non è stato aggiornato.

Analogamente, chiarisce ancora l’Ispettorato, il provvedimento di sospensione troverà applicazione nei soli casi in cui sia constatata l’omessa redazione del piano di emergenza, in violazione di quanto previsto dall’art. 46, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 (ipotesi n.2 dell’allegato I del D.Lgs. n. 81/2008); si osservi che in materia nuove disposizioni sono state introdotte dal decreto del ministero dell’Interno 2 settembre 2021, in vigore dal 4 ottobre 2022.

Omessa formazione e omesso addestramento

Alcuni altri chiarimenti, di notevole rilevanza pratica, sono contenuti nella circolare n. 4/2021, anche per quanto riguarda l’ipotesi di violazione n. 3, prevista sempre dallo stesso allegato, relativa al caso di omessa formazione e addestramento.

È stato, infatti, chiarito che «(…) il provvedimento di sospensione va adottato solo quando è prevista la partecipazione del lavoratore sia ai corsi di formazione sia all’addestramento».

Pertanto, a quanto sembra di capire, per l’adozione del provvedimento di sospensione è necessario che sussistano entrambe le condizioni – ossia l’omessa formazione e l’omesso addestramento - e con riferimento al lavoratore e non alle altre figure previste dal D.Lgs. n. 81/2008 (ad esempio, il dirigente).

Nella circolare n. 4/2021, molto opportunamente l’Ispettorato ha anche riportato l’articolata casistica delle fattispecie in cui, in base alla vigente normativa, formazione e addestramento sono obbligatori; va ricordato che, per effetto della novella della legge n. 215/2021, l’addestramento va tracciato attraverso un apposito registro, anche in forma informatica.

Per la revoca del provvedimento il datore di lavoro dovrà dimostrare la «(…) prenotazione della formazione (…)», oltre a sanare le eventuali altre violazioni di cui all’allegato I del D.Lgs. n. 81/2008 e a pagare tutte le somme aggiuntive.

Nelle more, però, il lavoratore non potrà essere adibito alla specifica attività per cui, ai fini della sospensione, è stata riscontrata la carenza formativa; ciò fino a quando non sia attestato il completamento della formazione e addestramento.

Inoltre, va anche tenuto presente che, ai fini della definizione del procedimento di prescrizione, che potrà aver luogo successivamente alla revoca del provvedimento di sospensione, il trasgressore dovrà produrre la documentazione attestante il completamento della formazione ed addestramento.

La sospensione del singolo lavoratore

Nella citata circolare n. 3/2021, l’Ispettorato ha precisato, inoltre, che qualora il datore di lavoro abbia omesso la formazione e l’addestramento (o di fornire i necessari Dpi contro le cadute dall'alto) queste violazioni possono essere riferite e circoscritte alla posizione di un singolo lavoratore e « (…) la  sospensione, in tal caso, comporta quindi l’impossibilità per il datore di lavoro di avvalersi del lavoratore interessato fino a quando non interverrà la revoca del provvedimento secondo le condizioni previste dal comma 9».

In questi casi specifici, pertanto, si determina solo un’ipotesi di sospensione dell’attività del singolo lavoratore interessato dal provvedimento; essendo, tuttavia, riconducibile a un inadempimento degli obblighi prevenzionali da parte del datore di lavoro, di conseguenza quest’ultimo sarà tenuto a corrispondergli la retribuzione, per tutta la durata della sospensione, e versare la contribuzione previdenziale dovuta (art.1 4, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008).

La revoca del provvedimento di sospensione

Alcune brevi riflessioni devono essere compiute anche per quanto riguarda la revoca del provvedimento di sospensione che consegue al verificarsi delle condizioni previste dal comma 9 dell’art.14 del D.Lgs. n. 81/2008 (vedere il box 2).

In particolare, nel caso in cui il provvedimento sia scaturito dall’impiego lavoro “nero” la condizione fondamentale resta la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria.

Invece, nell’ipotesi di gravi violazioni alla disciplina antinfortunistica presupposto fondamentale per la revoca è l’accertamento del ripristino delle regolari condizioni di lavoro, oltre che la rimozione delle conseguenze pericolose delle violazioni nelle ipotesi di cui all’allegato I del D.Lgs. n. 81/2008.

Per la revoca del provvedimento è stabilito anche che il trasgressore paghi una somma aggiuntiva, così del resto come già era previsto dall’art. 14 del citato decreto; pertanto, nelle ipotesi di lavoro irregolare, è necessario il pagamento di una somma aggiuntiva pari a 2.500 euro qualora siano impiegati fino a cinque lavoratori irregolari e pari a 5 mila euro qualora siano impiegati più di cinque lavoratori irregolari; in precedenza era pari a euro 2 mila a prescindere dal numero dei lavoratori.

Nelle ipotesi di sospensione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, invece, la somma aggiuntiva che il trasgressore è tenuto a pagare varia a seconda delle violazioni accertate secondo quanto indicato nel già citato nuovo allegato I al D.Lgs. n. 81/2008, con riferimento a ciascuna fattispecie di illecito; sono previste tre soglie: euro 3 mila, euro 2.500 oppure 300 euro per ciascun lavoratore interessato e si osservi che in precedenza era pari a euro 3.200, a prescindere dal tipo di violazione accertata.

Tuttavia, queste somme aggiuntive sono raddoppiate nei casi in cui, nei cinque anni precedenti all’adozione del provvedimento, la medesima impresa sia stata destinataria di un provvedimento di sospensione; insomma, si tratta di una previsione a forte impatto, anche perché la recidiva sembra non circoscritta a una delle due ipotesi.

Si badi bene, però, che il pagamento di queste somme aggiuntive non esclude, comunque, l’applicazione, nei confronti del trasgressore, delle sanzioni penali, civili e amministrative previste dalla vigente normativa in materia di lavoro e di sicurezza, quindi anche quelle previste dallo stesso D.Lgs. n.81/2008; in passato in diverse occasioni è stato sostenuto che le somme aggiuntive tecnicamente non sono sanzioni ma, nella sostanza, si tratta comunque di penalità che si aggiungono a tutte le altre con il rischio concreto che, specie in questi tempi così travagliati, soprattutto i piccoli imprenditori interessati dal provvedimento potrebbero decidere di cessare l’attività.

Una piccola agevolazione, tuttavia, è stata prevista. Infatti, su istanza di parte, fermo restando il rispetto delle citate condizioni di cui al comma 9 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, la revoca è altresì concessa subordinatamente al pagamento del 20% della somma aggiuntiva dovuta; in questo caso, l’importo residuo, maggiorato del cinque per cento, dovrà essere versato entro sei mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca.

In caso di mancato versamento o di versamento parziale dell’importo residuo entro il già menzionato termine, il provvedimento di accoglimento dell’istanza di revoca costituisce automaticamente titolo esecutivo per l’importo non versato.

Da precisare, inoltre, che va anche tenuto presente che nella nuova formulazione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, è stato inserito il comma 16 in base al quale l’emissione del decreto di archiviazione per l'estinzione delle contravvenzioni accertate dagli ispettori, a seguito della conclusione della procedura di prescrizione prevista dagli art. 20 e 21, del D.Lgs. n. 758/1994, comporta la decadenza dei provvedimenti di sospensione «(…) fermo restando, ai fini della verifica dell'ottemperanza alla prescrizione, anche il pagamento delle somme aggiuntive di cui al comma 9, lettera d)»; questa previsione non appare del tutto chiara e pone, per altro, alcuni problemi applicativi.

I tempi della revoca in caso di violazione delle citate norme antinfortunistiche possono essere, quindi, anche abbastanza lunghi e, visto anche il momento difficile che tutti stiamo vivendo, potrebbero indurre qualche imprenditore a riprendere l’attività prima del provvedimento di revoca.

Sotto questo profilo è importante, quindi, far rilevare che il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di sospensione è punito con l'arresto fino a sei mesi nelle ipotesi di sospensione per le violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro nelle ipotesi di sospensione per lavoro irregolare.

Sostanziale assenza di un sistema di sicurezza aziendale

Va precisato ancora che anche per quanto riguarda la revoca del provvedimento l’Ispettorato Nazionale del Lavoro con le già richiamate circolari n.3/2021 e n.4/2021, ha espresso una serie di ulteriori precisazioni.

In particolare, in quest’ultimo provvedimento l’Ispettorato ha tenuto anche a precisare che nei casi di provvedimenti adottati per le violazioni qualora sia stata rilevata una sostanziale assenza di un sistema di sicurezza aziendale, andrà opportunamente valutata, successivamente alla revoca del provvedimento di sospensione, l’estensione dell’accertamento a tutti i profili di competenza e in particolare a quelli attinenti alla salute e sicurezza, attivando anche nuovi accessi ed avvalendosi, ove necessario, delle unità di progetto sicurezza già costituite ovvero delle opportune sinergie con le Asl.

Ricorso amministrativo: le tutele viaggiano a due velocità

La rimodulazione della disciplina sulla sospensione dell’attività operata dall’art. 13 del D.L. n. 146/2021, non riguarda però solo i profili illustrati finora; alcune modifiche si registrano anche sul versante del contezioso amministrativo e non tutte condivisibili.

Il novellato comma 14 del D.Lgs. n. 81/2008, infatti, stabilisce che solo avverso i provvedimenti adottati per l’impiego di lavoratori irregolari è ammesso il ricorso, entro 30 giorni, all’Ispettorato interregionale del lavoro territorialmente competente, il quale è tenuto a pronunciarsi nel termine di 30 giorni dalla notifica del ricorso; decorso inutilmente questo ultimo termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.

Pertanto, rispetto al testo previgente scompare la possibilità di proporre ricorso amministrativo contro il provvedimento di sospensione per le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro; tale scelta fatta dal legislatore appare discutibile in quanto si è creato, così, un regime differenziato in quanto pur di fronte ad un provvedimento viziato, originato da questioni legate alla sicurezza sul lavoro, bisognerà agire per altre strade.

Il divieto di contrattare con la Pa e le stazioni appaltanti

In definitiva, quindi, com’è possibile rilevare le modifiche introdotte hanno potenziato fortemente lo strumento della sospensione e, come dimostrano le prime statistiche diffuse, stanno già avendo avere un forte impatto sulla vita delle imprese e non solo.

Per altro, questo impatto potrebbe accentuarsi specie su quelle imprese che operano nel settore degli appalti pubblici; infatti, nella nuova versione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008, è confermata l’ulteriore sanzione interdittiva del divieto per l’impresa di contrattare con la pubblica amministrazione e con le stazioni appaltanti, come definite dal codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per tutto il periodo di sospensione (art. 14, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008).

In questa ipotesi il provvedimento di sospensione sarà comunicato all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) e al ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, e ciò evidentemente comporta un’ulteriore grave penalizzazione sul piano dell’operatività d’impresa.

[1] Si osservi che in merito l’Ispettorato nazionale del lavoro ha fornito diversi chiarimenti con la nota 11 gennaio 2022, prot. n. 29, e quella successiva del 27 gennaio 2022, n.109.

 

(Sospensione dell’attività lavorativa)

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