Le parole dell’ambiente – Bonifica

Breve analisi della fattispecie partendo dal quadro legislativo, passando attraverso l'analisi di presupposti e conseguenze fino ad arrivare alla giurisprudenza

(Le parole dell'ambiente - Bonifica)

1. Definizione

La disciplina relativa alla bonifica dei siti contaminati è oggi dettata dal titolo V, parte IV, D.Lgs. n. 152/2006 che ha sostituito il precedente articolato diretto a disciplinare gli interventi di bonifica contenuto nell’art. 17, D.Lgs. n. 22/1997 (cosiddetto “decreto Ronchi”).

Per bonifica si intende, ai sensi dell’art. 240, lettera p) «l’insieme degli interventi atti ad eliminare le fonti di inquinamento e le sostanze inquinanti o a ridurre le concentrazioni delle stesse presenti nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee ad un livello uguale o inferiore ai valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR)».

Malgrado si tenda, quindi, a identificare con il termine “bonifica” qualsiasi progetto diretto a sanare le più disparate situazioni di degrado ambientale, a livello normativo la sua necessità è regolata da presupposti ben determinati che sfociano poi in attività altrettanto ben delineate.

Sul punto è possibile citare la recente sentenza della Corte di Cassazione 16 luglio 2020, n. 21572. con la quale è stato specificato ad esempio che «La presentazione di un semplice piano di lavoro per la rimozione di materiali tossici non rappresenta la prova dell’avvenuta bonifica delle zone coinvolte dal disastro ambientale aggravato (Nel caso di specie, il piano di lavoro non era stato nemmeno portato a compimento e non concerneva il complesso delle aree nelle quali si erano verificati gli sversamenti di rifiuti)».

Innanzitutto, il presupposto principale che innesca tutti i seguenti è generalmente determinato dall’esistenza di un sito potenzialmente contaminato.

L’art. 240, comma 1, lettera d), del medesimo decreto, definisce “sito potenzialmente contaminato” un sito nel quale uno o più valori di concentrazione delle sostanze inquinanti rilevati nelle matrici ambientali risultino superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (Csc), in attesa di espletare le operazioni di caratterizzazione e di analisi di rischio sanitario e ambientale sito specifica, che ne permettano di determinare lo stato o meno di contaminazione sulla base delle concentrazioni soglia di rischio”.

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2. Presupposti e conseguenze

La presenza di Csc oltre soglia, difatti, non comporta di per sé l’avvio di una procedura di bonifica, bensì l’avvio di una fase di accertamento ulteriore che mira a verificare, attraverso attività di caratterizzazione e di analisi di rischio sito-specifica, se siano superate anche le Csr. Solo qualora sia accertato il superamento di specifiche concentrazioni soglia di rischio (Csr) secondo i principi di cui all'allegato 1 alla parte IV, D.Lgs. n. 152/2006, scatta l’obbligo di messa in sicurezza e di bonifica del sito.

L’art. 240, comma 1, lettera e), del medesimo decreto, difatti, definisce “sito contaminato” “un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (Csr), determinati con l'applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all'Allegato 1 alla parte quarta del presente decreto sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati”.

I contenuti e le caratteristiche del progetto di bonifica sono poi definiti dall’allegato 3 alla Parte IV, D.Lgs. n. 152/2006, il quale sintetizza la programmazione delle attività tipiche prevedendo le seguenti fasi:

  • definizione della destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti urbanistici;
  • acquisizione dei dati di caratterizzazione del sito, dell'ambiente e del territorio influenzati, secondo i criteri definiti nell'allegato 2;
  • selezione della tecnica di bonifica e definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell'allegato 1;
  • selezione delle eventuali misure di sicurezza aggiuntive;
  • studio della compatibilità ambientale degli interventi;
  • definizione dei criteri di accettazione dei risultati;
  • controllo e monitoraggio degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente e delle eventuali misure di sicurezza;
  • definizione delle eventuali limitazioni e prescrizioni all’uso del sito.

Lo stesso allegato precisa, altresì, che «gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor impatto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione dell'ambiente e della salute pubblica».

Il progetto di bonifica, acquisito il parere del comune e della provincia interessati mediante apposita Conferenza di servizi e sentito il soggetto responsabile (qualora identificato e rintracciabile), è approvato dalla Regione con eventuali prescrizioni ed integrazioni entro sessanta giorni dal suo ricevimento (art. 242, comma 7, D.Lgs. n. 152/2006).

3. Giurisprudenza

Una questione sempre molto discussa e trattata davanti ai più importati tribunali nazionali è la posizione del proprietario del sito contaminato che risulti essere incolpevole dell’inquinamento.

Un tema questo su cui da ultimo si è espresso il Consiglio di Stato nella sentenza 4 agosto 2022, n. 5742: «il proprietario non responsabile dell’inquinamento è tenuto, ai sensi dell'art. 245, co 2, D.Lgs. 152/06, ad adottare le misure di prevenzione di cui all'art. 240, co 1, lett. i) D.Lgs.152/06 e le misure di messa in sicurezza d’emergenza, non anche la messa in sicurezza definitiva, né gli interventi di bonifica e di ripristino ambientale».

Ipotizzando, quindi, che il proprietario/gestore del sito sia incolpevole rispetto alla contaminazione accertata, pur non essendo obbligato ad assumersi la responsabilità degli interventi di bonifica, qualora sia rilevato il superamento (o il pericolo attuale e concreto del superamento) delle Csc è, comunque, tenuto a darne comunicazione, ai sensi dell’art. 245, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 alle autorità territorialmente competenti, con conseguente attivazione delle misure di prevenzione più idonee.

Una posizione di garanzia quella del proprietario incolpevole che si manifesta ancor più tenacemente quando si tratta di contaminazione cosiddetta “storica”: «In caso di imminente minaccia di danno ambientale di un sito inquinato, il proprietario del terreno non rischia di rispondere del reato di mancata effettuazione della comunicazione inerente la contaminazione dei terreni, quando non abbia cagionato l'inquinamento del sito stesso. Questo perché non avendo provocato l’inquinamento, e quindi non essendo a conoscenza dello stesso, non gli si può, di conseguenza, addebitare il reato di omessa comunicazione» (Corte di Cassazione, sentenza 3 agosto 2017, n. 38674).

Ad ulteriore conferma di ciò, è possibile chiudere la disamina citando la recentissima sentenza 1° febbraio 2023, n. 3077 con la quale la Cassazione ha ribadito che la pubblica amministrazione non può ordinare al proprietario non responsabile della contaminazione di attivarsi per la messa in sicurezza d’emergenza per contrastare un esistente pregiudizio ambientale. Attività da non confondere con le misure di prevenzione che sono, invece, come anticipato, obbligatorie anche per il proprietario incolpevole.

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